Quel capitalismo all’italiana
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Anita Likmeta
Dopo la Italian Tech Week a Torino, è emerso un quadro complesso e incerto per l’industria automobilistica italiana, con diverse voci che riguardano potenziali fusioni e nuovi scenari produttivi. Stellantis, il colosso nato dalla fusione tra FCA (Fiat Chrysler Automobiles) e PSA (Peugeot Citroën), si trova al centro di queste speculazioni, che coinvolgono un possibile avvicinamento con Renault. Sebbene Stellantis e Renault abbiano smentito ufficialmente ogni ipotesi di fusione, i rumors persistono, alimentando il dibattito sul futuro del settore automobilistico in Europa.
Stellantis, attualmente guidata da Carlos Tavares, è già un gigante industriale con una forte impronta franco-italiana. Tuttavia, il possibile addio di Tavares, previsto alla scadenza del suo mandato, ha aperto la strada a speculazioni su una sua sostituzione con Luca De Meo, attuale CEO di Renault. De Meo, considerato un “discepolo” di Sergio Marchionne, potrebbe chiudere simbolicamente il cerchio tra FCA e Renault, consolidando ulteriormente l’influenza francese sul gruppo. In questo contesto, i legami sempre più stretti tra lo Stato francese e le sue aziende automobilistiche potrebbero far pendere ulteriormente la bilancia a favore di Parigi, marginalizzando ulteriormente l’Italia.
L’Italia, infatti, fatica a mantenere un ruolo di primo piano nella produzione automobilistica. Con Stellantis che continua a delocalizzare la produzione verso paesi come la Polonia e il Marocco, il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, cerca disperatamente di rilanciare il settore. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha fissato l’obiettivo di produrre un milione di veicoli all’anno in Italia, ma con Stellantis che riduce la sua capacità produttiva nel Paese, è evidente che servano nuovi attori per raggiungere questo traguardo. In quest’ottica, si parla di un possibile coinvolgimento di Tesla, interessata a espandere la propria produzione in Europa, e di produttori cinesi pronti a investire.
John Elkann, presidente di Stellantis e figura chiave dell’industria automobilistica italiana, ha preso atto delle difficoltà di mantenere una produzione competitiva in Italia. Nonostante la lunga tradizione industriale della famiglia Agnelli-Elkann, Elkann ha progressivamente orientato i suoi interessi verso l’innovazione tecnologica e gli investimenti finanziari, come dimostrano le sue partecipazioni in GEDI e The Economist. Durante la recente Tech Week di Torino, Elkann ha intervistato Sam Altman, fondatore di OpenAI, consolidando la sua attenzione per il mondo dell’intelligenza artificiale e dell’innovazione digitale. Tuttavia, questo allontanamento dalla produzione industriale ha creato frizioni con il governo italiano, in particolare con Giorgia Meloni, con la quale i rapporti sono notoriamente tesi.
L’attenzione di Elkann sembra sempre più concentrata su Exor, la holding della famiglia Agnelli, che investe in settori ad alto potenziale come le startup e l’AI. Questa strategia riflette la crescente consapevolezza che l’Italia stia deindustrializzando, passando da una manifattura tradizionale a un’economia basata sul terziario avanzato. Prodotti come le supercar di Ferrari, marchio separato da Stellantis, restano un’eccezione in questo panorama, ma il cuore produttivo italiano sembra destinato a spostarsi altrove.
Le tensioni tra il governo italiano e Stellantis rappresentano solo una parte della più ampia crisi che sta attraversando l’industria automobilistica in Europa. I rumors su una possibile fusione tra Stellantis e Renault, sebbene smentiti, riflettono la crescente influenza della Francia nel settore e il declino dell’Italia come hub produttivo. Per Meloni e Urso, la sfida è attrarre nuovi produttori e preservare posti di lavoro, ma il contesto globale non è favorevole. La competizione con paesi emergenti, dove il costo del lavoro è molto più basso, rende difficile mantenere la produzione in Italia.
In questo scenario, Elon Musk potrebbe essere un alleato prezioso. Le recenti discussioni su un possibile ingresso di Tesla in Italia, forse con il supporto dei fondi del PNRR, suggeriscono che il governo stia cercando di posizionarsi come un partner tecnologico strategico, piuttosto che solo come un produttore di massa. Tuttavia, rimane da vedere se queste iniziative saranno sufficienti a contrastare la tendenza alla deindustrializzazione e a mantenere l’Italia rilevante nel panorama globale dell’auto.
Come ci insegna Karl Popper, il futuro è incerto e non determinato da alcuna legge storica. L’Italia, di fronte a questi cambiamenti, ha la possibilità di ripensare il proprio ruolo nell’industria globale, ma dovrà farlo in un contesto di competizione feroce e di risorse limitate. La transizione verso un’economia più orientata all’innovazione e ai servizi avanzati appare inevitabile, ma il rischio è che il Paese perda il suo storico ruolo di protagonista nella produzione industriale europea.
Il destino dell’Italia, dunque, dipenderà dalla capacità delle sue istituzioni e dei suoi imprenditori di navigare tra le sfide della globalizzazione e della digitalizzazione, mantenendo al contempo una visione chiara del futuro che desiderano costruire.