Quattordici libri che dovreste leggere nel 2015
Il 2015 è cominciato senza fare economia di colpi di scena, orrori, eventi che creano grande incertezza sulla scena economica come su quella politica. Un buon libro non salva il mondo, ma ci aiuta a capirlo. Per questo abbiamo chiesto ai nostri Fellow e ad alcuni collaboratori di questo blog alcuni suggerimenti di lettura per l’anno nuovo.
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— Edwin A. Abbott, Flatlandia. Racconto fantastico a più dimensioni, Adelphi 1993 (1884).
Abbott, teologo inglese di epoca vittoriana, racconta se stesso e la propria società con una metafora geometrica in cui egli è un quadrato in un mondo a due dimensioni, rigidamente organizzato e suddiviso in categorie in base al numero di lati di ciascuna figura. Quando incontra una sfera, l’autore scopre con entusiasmo l’esistenza della tridimensionalità e corre a illuminare i suoi concittadini, i quali, tuttavia, lo credono pazzo e lo imprigionano. La sfera, in ogni caso, si dimostrerà non meno ottusa: leggere per credere. Pur basandosi su un ben preciso contesto storico, Flatlandia è una distopia universale, una satira dissacrante contro la paura di ciò che è nuovo, diverso e che, soprattutto, potrebbe essere “migliore” di se stessi.
Giacomo Lev Mannheimer, Fellow IBL
— José Antonio De Aguirre, La lezione della crisi economica. Quello che è stato e quello che verrà, Rubbettino 2014 (2014).
Una lettura “alternativa” rispetto a quella keynesiana – ma anche dei monetaristi classici – del gigantesco problema di fondo irrisolto sui mercati dal 2008 a oggi. E’ un librino agile, ma condensato di pensiero radicale: inutile inseguire la crisi degli intermediari finanziari inventando politiche monetarie sempre meno ortodosse, è altrettanto irreale credere di affrontare la questione con il controllo dell’offerta di moneta, base monetaria e velocità di circolazione. Il punto di fondo è che paghiamo un’errata concezione della moneta, e lo sviluppo di questa idea da quando nel 1868 nasce nella banca d’Inghilterra l’idea del corso forzoso cartaceo. Il risultato sono state banche centrali sempre più lontane dalla capacità di registrare la “vera” domanda di moneta, che avviene a livello di ogni singola banca. Di qui l’affannarsi vano tra ricette contrapposte nello strumentario delle banche centrali. E’ possibile tornare a un’offerta di credito monetariamente misurata sulla vera domanda? Sì se cambiamo funzione e strumenti della banca alla base della piramide (o almeno delle maggiori tra esse), NON della banca centrale. Una sana provocazione intellettuale mengeriana, molto più densa di significato per chi fa riferimento alla scuola austriaca nel dibattito tra Krugman, Piketty, Tsipras e tutti quelli che volete voi.
Oscar Giannino, Senior Fellow IBL
— Vittorino Andreoli, Il Gesù di tutti, Edizioni Piemme 2013.
Lo psichiatra Andreoli racconta il “suo” Gesù, cosa ha significato nella sua vita, quando anche aveva abbandonato la religione assorbita da piccolo. Ma racconta anche il Gesù “di tutti”, nell’idea che la figura e la vita di Gesù possano rappresentare un archetipo per ogni persona, di qualsiasi religione. Nelle sue parole: “Ecco dunque la mia convinzione profonda: Gesù è un topos comportamentale, è una visione del mondo e uno stile di vita, l’esempio per vivere serenamente”. Perché lo consiglio? Io credo che l’instabilità che la nostra società sta sperimentando non si estinguerà a breve, ma il cambiamento diverrà sempre più veloce. A livello individuale, l’unica possibilità di trovare stabilità in un periodo storico che non è mai stato così instabile è dentro di noi e questa ricerca è un qualcosa che accomuna tutti gli esseri umani. A questo proposito, vorrei sottolineare l’importanza del capitolo “Gesù interreligioso”, in cui si ricorda quante volte la sua figura ritorni nella letteratura religiosa arabo-islamica.
Emilio Rocca, Fellow IBL
— Dan Ariely, Prevedibilmente irrazionale, Rizzoli 2008 (2008).
Un libro di behavioral economics che sottolinea i limiti della nostra razionalità e volontà con una serie di esperimenti, il cui esito è spesso non scontato, suggerendo strategie e possibili trucchi.
Luciano Lavecchia, Fellow IBL
— Emanuele Coccia, Il bene nelle cose. La pubblicità come discorso morale, il Mulino 2014.
Fa impressione leggere un filosofo dire cose sensate sul mercato. Lo fa Emanuele Coccia partendo dalla pubblicità, intesa come discorso pubblico della nostra epoca, che ci parla dai muri, la “cosa politica” per eccellenza. E la pubblicità conduce un discorso pubblico che ha per oggetto le merci, “l’ultimo nome che l’Occidente ha dato al bene”. Ne esce una trattazione originale di temi che di solito ricevono dalla filosofia uno sguardo sprezzante. Il capitalismo è addirittura visto come estensione “radicale ed estrema” della moralità. Coccia non è riconducibile a etichette di comodo, come può essere anche quella di liberale, però ha il coraggio di condurre la sua ricostruzione usando categorie politiche, etiche ed estetiche tipiche della filosofia contemporanea, non restandone prigioniero. Senza farsi paladino del “consumismo sfrenato”, l’autore di Il bene nelle cose si fa beffe di molti tic filosofici e di tante tendenze culturali tipiche dell’anticapitalismo di maniera.
Nicola Iannello, Fellow IBL
— Alex Epstein, The Moral Case for Fossil Fuels, Portfolio 2014.
Raccomando un libro che non ho ancora letto, ma che è di sicuro interesse e sta già suscitando un vivo dibattito. Segnalo l’articolata recensione di Bryan Caplan per EconLog: parte 1, 2, 3, 4, 5.
Francesco Ramella, Fellow IBL
— Harry G. Frankfurt, Stronzate. Un saggio filosofico, Rizzoli 2005 (2005).
Tutti sanno che le “stronzate” sono dappertutto, e tutti contribuiscono (contribuiamo) a diffonderle e ingigantirle. Ma perché? E cosa sono, poi, le stronzate? Un saggetto imperdibile per chiunque voglia capire il dibattito pubblico italiano.
Carlo Stagnaro, Senior Fellow IBL
— Adam Grant, Più dai, più hai. Un approccio rivoluzionario al successo, Sperling & Kupfer 2013 (2013).
Agli amanti del mercato non potrà non piacere il modo in cui Grant ci ricorda quanto siamo dipendenti gli uni dagli altri. Ancor più nel mondo di oggi, sempre più piccolo e interconnesso, il successo personale dipende dal successo di chi ci sta intorno. Aiutare gli altri ogni volta che si può, cioè agire al modo di quelli che il professore di Wharton chiama givers, nel lungo periodo si rivela la strategia vincente per tutti.
Paolo Belardinelli, Fellow IBL
— James Grant, The Forgotten Depression. 1921: The Crash That Cured Itself, Simon&Schuster 2014.
Chi critica il modo in cui le autorità pubbliche sono intervenute nelle crisi, dal ’29 al 2007, si scontra spesso con un’obiezione non insensata. E’ relativamente facile individuare errori ed esempi di cattiva gestione, ogni volta che lo Stato s’avventura a “salvare il mondo”. Si può, certo, spiegare come proprio intervento pubblico e regolamentazione sono spesso artefici di quelle catastrofi da cui si propongono di proteggerci. Ma questo di per sé non significa che, non fosse entrato in campo lo Stato, una crisi si sarebbe risolta più in fretta. Mancherebbe insomma un “esperimento naturale” di una crisi in cui si è provato (con successo) il laissez faire, anziché affidarsi all’intervento salvifico delle autorità. In questo libro James Grant racconta un crollo drammatico, quello del 1921, dal quale gli Stati Uniti, per una serie di circostanze storiche, si risollevarono, e velocemente, senza alcun “New Deal”.
Alberto Mingardi, Direttore Generale IBL
— Dieter Haselbach, Armin Klein, Pius Knüsel, Stephan Opitz, Kulturinfarkt. Azzerare i fondi pubblici per far rinascere la cultura, Marsilio 2012 (2012).
Pur facendo riferimento alla situazione tedesca, molte situazioni, riflessioni e proposte contenute nel libro sono ben adattabili anche al contesto italiano. Il sottotitolo dell’edizione originale dice “Troppo di tutto e ovunque le stesse cose”. L’intervento pubblico ha infatti gonfiato e appiattito l’offerta culturale. Inoltre, l’assunto che la cultura non possa sopravvivere in un sistema di mercato (e che invece vada lautamente sovvenzionata) ha prodotto clientele, scarsa capacità di innovazione e di autonomia, poca responsabilizzazione nella gestione delle istituzioni culturali e una inadeguata attenzione verso i gusti e le preferenze del pubblico. Kulturinfarkt fornisce un quadro concettuale nuovo per ripensare le politiche culturali.
Filippo Cavazzoni, Direttore Editoriale IBL
— Giuseppe Maranini, Il mito della Costituzione, Ideazione 1996 (1957).
Se dopo sessant’anni la Costituzione italiana è ancora ammantata da una melliflua deferenza che ne fa “la più bella del mondo”, figurarsi quanto acume occorreva a nemmeno due lustri dalla sua entrata in vigore per vederne i limiti e le reali, non ideali, condizioni storiche in cui era nata. A chi pensa che la nostra Costituzione sia stata il frutto di una momento illuminato di ispirazione da ideali astratti e immutevoli, Maranini ricorda che non da e per una sovranità teorica, ma da e per una sovranità partitica nacque la nostra Costituzione, nel bene e nel male. Con questa analisi pacata, rispettosa, lucida, non sempre preveggente ma assai lungimirante, la Costituzione assume il ritratto che merita: l’esito di un momento storico e politico delicato e cruciale, il miglior esito forse che in quel momento si poteva ottenere, ma anche un testo pieno di ambivalenze e ambiguità che avrebbe potuto aprire l’Italia verso una democrazia matura o immatura a seconda delle dinamiche politiche, prima che istituzionali.
Serena Sileoni, Vice Direttore Generale IBL
— Gerald O’Driscoll e Mario J. Rizzo, L’ economia del tempo e dell’ignoranza, Rubbettino 2002 (1985).
Il 2015 segna il trentennale di un classico moderno della scuola austriaca: L’economia del tempo e dell’ignoranza, che si può leggere nella traduzione italiana o nell’edizione riveduta e arricchita in uscita per Routledge, munita di un prezioso corredo telematico (http://timeandignorance.com). Lungi dal presentare una mera ricognizione della tradizione austriaca, O’Driscoll e Rizzo si proponevano di rielaborarne e aggiornarne il paradigma, a partire dai fondamenti metodologici (l’opzione soggettivista, la teoria della conoscenza, la concezione del tempo) fino a giungere a una ristrutturazione dell’edificio teorico (si pensi all’approccio ai temi dell’equilibrio generale e della concorrenza). Così facendo, gli autori intendevano aprire la strada a una nuova generazione di studiosi, legati alle premesse austriache ma aperti alla contaminazione di altre famiglie intellettuali: la ripubblicazione del volume è un’opportunità per riflettere sul successo di quell’operazione.
Massimiliano Trovato, Fellow IBL
— David Skarbek, The Social Order of the Underworld. How Prison Gangs Govern the American Penal System, Oxford University Press 2014.
Per credere nei sistemi di produzione di diritto e norme decentrati, nell’ordine spontaneo, è necessaria l’ipotesi che la natura umana sia buona? Skarbek prova con le gang delle prigioni quello che qualche anno prima Leeson aveva provato con i pirati: dimostrare che anche là dove le premesse antropologiche, per propensione alla violenza e al rischio, sono le peggiori emergono dal basso norme e organizzazioni in grado di creare ordine. Contrariamente a quel che si crede, infatti, le gang non servono ad aumentare la violenza ed il razzismo, ma servono a garantire ai detenuti la possibilità di cooperare con (maggiore) sicurezza. Insomma, un libro che sa cercare in un caso estremo, ben documentato e interessante, la risposta ad una delle più importanti domande delle scienze sociali.
Rosamaria Bitetti, Fellow IBL
— Jonathan Steinberg, Why Switzerland?, Cambridge University Press 1996 (1976).
Con ogni probabilità, questo dello storico inglese Steinberg è il miglior testo tra quelli che si propongono di illustrare le specificità di una realtà politica e sociale, quella elvetica, che soprattutto grazie alle sue istituzioni è riuscita a lasciarsi alle spalle secoli di povertà (per molto tempo, infatti, gli svizzeri sono stati spesso costretti a emigrare e anche ad accettare di fare i mercenari). Grande esperto della storia tedesca da Bismarck al nazismo, in questo volume (che fu pubblicato per la prima volta nel 1976 e di cui è annunciata una nuova versione) Steinberg esamina con notevole finezza una vicenda tanto marginale quanto ricca di insegnamenti. Le buone ragioni del federalismo, della neutralità, della democrazia diretta, delle proprietà condivise e della pace sociale vengono illustrate con un linguaggio piano e mai banale.
Carlo Lottieri, Direttore Dipartimento “Teoria Politica” IBL
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Che ne pensate di “A macroeconomic regime for 21st century”, di Christopher Taylor?
Comunque i libri da leggere per me saranno quelli di gestione d’impresa e di leadership: creiamo imprese ed emigriamo.
Oscar, hai promesso una puntata sul free banking, mi raccomando :-).
Per quanto riguarda “Why Switzerland?” ne riparliamo fra qualche anno.
Ho come la sensazione che questa piccola e prospera nazione abbia deciso di suicidarsi.
Abbandono del nucleare, rinuncia al segreto bancario e ora l’ultima geniale mossa di politica dei cambi che porterà deflazione, disoccupazione, aumento delle tasse e blocco del mercato immobiliare.
Ho come l’impressione che troppi decenni di benessere abbiano intorpidito i cervelli, soprattutto della classe dirigente, facendo loro perdere il contatto con la realtà e instillando la convinzione che i progressi raggiunti fossero eterni e immutabili. Temo, da residente in Svizzera, che le cose stiano ben diversamente.
“Kulturinfarkt. Azzerare i fondi pubblici per far rinascere la cultura”, letto tempo fa, ma sostanzialmente in disaccordo. Tutto dipende da come si intende che debba essere la cultura. Io penso che debba essere il più possibile priva di condizionamenti, ed a rigore ciò è più facile se è supportata da uno Stato Democratico piuttosto che da aziende private. Di Mecenate, nella storia, ce n’è stato uno solo.