Quando lo Stato non mantiene gli impegni: la storia della Oliver Ogar di Montebello
Il Corriere della Sera di oggi racconta la storia della Oliver Ogan, un’azienda di Montebello (Vicenza) all’avanguardia nella ricerca biotecnologica, alla quale il ministero dell´Università deve 5 milioni di euro misteriosamente bloccati tra gli ingranaggi della burocrazia, e che oggi rischia di dover vendere nonostante il prodotto, frutto di un progetto rivoluzionario nel campo della produzione vinicola, sia per l’85% venduto ancor prima di uscire dalla fabbrica.
«Il mercato premia i vini sempre più locali», spiega l’amministratore delegato Salvatore Vignola. Ma i lieviti sul mercato sono prodotti standardizzati di grandi multinazionali. Oliver Ogar vuol colmare il vuoto: selezionare ceppi locali, estraendoli dall’uva e sviluppandoli per via biotecnologica, per produrli in un impianto per piccole quantità. Una rivoluzione: le aziende potranno produrre vino con i lieviti derivati dalle loro uve. L’idea diventa un progetto a marzo 2007, presentato al ministero dell’Università; a dicembre viene approvato: verrà finanziato per 5 dei 7 mililioni necessari, il 15% a fondo perduto dal ministero, il resto agevolato da Centrobanca. Oliver Ogar avvia il nuovo stabilimento a Montebello, 9mila metri nell’area dismessa dell’ex Denim, lungo l’A4.
Apre un laboratorio di 600 metri, assumendo 4 ricercatori diretti da un «guru » italiano, riportato a casa dall’Olanda e avvia l’impianto. Ma i fondi concessi non arrivano, nonostante l’ok delle ispezioni sull’avanzamento lavori. «A novembre 2009 abbiamo chiuso il sesto dei dieci previsti », aggiunge l’Ad. I rimborsi attesi arrivano a 1,4 milioni di euro. L’azienda sollecita il ministero, si appella a tutti i santi. «Abbiamo scritto al ministro Scajola, è intervenuta la presidente di Confindustria Marcegaglia, Confindustria Vicenza ci spalleggia, abbiamo scritto a maggio a Berlusconi e al ministro dell’Agricoltura Galan ». La soluzione pare sempre dietro l’angolo, ma non arriva. «Beffa nella beffa – aggiunge Vignola – la mancata firma del ministero sulla quota a fondo perduto blocca il finanziamento agevolato, nonostante Centrobanca sia disposta a pagare». Così ora tutto è fermo: «Non possiamo esporci oltre: siamo in tensione finanziaria per i fondi che abbiamo anticipato. Per fortuna il fatturato cresce del 18% e Popolare di Vicenza e Unicredit comprendono e ci hanno dato altro credito. Potremmo salire da 10 a 15milioni di euro di fatturato e assumere 10 neolaureati. Invece dovremo rinviare la produzione per il secondo anno consecutivo». Intanto si fanno avanti multinazionali disposte a rilevare il progetto. Cinesi comprese: «Abbiamo detto di no – conclude Vignola – vogliamo resistere ». Per quanto ancora?
Non ci sarebbe molto da aggiungere, se non che la storia ricorda molto quelle, numerosissime ma meno clamorose, delle aziende agricole che stanno ancora aspettando i fondi promessi dai Piani di Sviluppo Rurale delle regioni, e che rischiano di non vedere più un euro, se il 31 dicembre l´UE vorrà riprendersi i soldi concessi alle regioni inadempienti. Anche in questo caso si tratta di finanziamenti approvati, lavori cantierati e spesso ultimati, e famiglie che si indebitano per far fronte a creditori e fornitori. Deve essere questa l’economia sociale di mercato…
Magari se avessero cercato fondi privati non avrebbero questi problemi!
Magari se l’idea era veramente buona qualche finanziatore lo avrebbero sicuramente trovato
Un bello esempio di come “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. ” art.41 comma 2 Costituzione Italiana.
Ora, pensiamo tutti, c’è bisogno di modificare la costituzione o di legiferare secondo costituzione e togliere un bel po’ di costosa e antieconomica burocrazia?
errata corrige “comma 3”
Magari i 5 milioni si sbloccherebbero subito ungendo la ruota giusta.
Magari se la smettessero di tassarci per il bene comune perché lo Stato sa come allocare al meglio le risorse, aziendine come questa produrrebbero begli utili invece che chiudere.
Poi mi sovviene una cosa: non era stato vinto un referendum per eliminare il ministero dell’agricoltura?
Lancio un sondaggino: chi è d’accordo di chiudere lo Stato prima che lui chiuda noi?
Ripropongo la fetta di mortadella dentro la scheda elettorale al posto del voto. Mi hanno definitivamente rotto.
Magari se non fossimo sotto il giogo della repubblica delle banane italiota, cose come queste non capiterebbero.