4
Feb
2014

Quando l’anticorruzione moltiplica la burocrazia—di Lorenzo Castellani

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Lorenzo Castellani.

La legge 190/2012 ha introdotto l’obbligo per gli enti locali di adottare entro il 31 Gennaio 2014 un piano triennale anti-corruzione con l’obiettivo di prevenire il verificarsi dei fenomeni corruttivi. All’interno dei piani triennali anticorruzione dovranno essere individuate le aree a rischio e per ciascuna di essa gli interventi per ridurre i rischi, programmare le iniziative di formazione, individuati i referenti e i soggetti tenuti a relazionare al responsabile della prevenzione. Per ciascuna delle misure previste nel Piano, dovrà essere individuato il responsabile ed il termine dell’attuazione, prevedendo le modalità e i tempi d’attuazione delle altre misure a carattere generale contenute nella l. 190/2012 e introdotto un sistema disciplinare che includa le sanzioni per i casi d’illecito. Dovranno, inoltre, essere definite misure per l’aggiornamento e monitoraggio del Piano adeguando i sistemi informativi per gestire i corrispondenti flussi d’informazione.

Come già si può notare la disciplina appare farraginosa e non è chiaro come il Governo  possa vigilare, e soprattutto sanzionare, eventuali inadempienze degli enti locali. Le disposizione introdotte dalla legge anti-corruzione devono inoltre essere lette in combinato disposto con i decreti legislativi n. 33/2013 e n.39/2013 ed il DPR n.62/2013 che hanno completato la normativa dedicata alla prevenzione della corruzione. Questi prevedono una serie di adempimenti da inserire nel Piano, alcuni dei quali sembrano viaggiare verso un aumento della spesa degli enti locali e della moltiplicazione della burocrazia. Ad esempio, ha senso che l’ente locali finanzi un “programma di formazione in materia di etica, integrità e altre tematiche attinenti alla prevenzione della corruzione”? E’ davvero necessario che le giunte degli enti locali stabiliscano una disciplina per ogni incarico, formazione di commissioni, rapporto di lavoro inerente alla P.A.? L’impressione è che si continui ad ampliare la legislazione anticorruzione senza riuscire a scardinare con incisività le pratiche corruttive che si realizzano negli enti locali. L’impianto dei piani triennali per gli enti locali, inoltre, ha detestato già diverse perplessità sia per quanto riguarda la scelta della figura del responsabile della prevenzione alla corruzione, sia per il coordinamento con gli altri Piani (come quello per la trasparenza), che per il  collegamento tra questo e il regolamento del sistema dei controlli interni.

Durante questi anni il legislatore, senz’altro con nobili propositi, ha espanso il numero dei reati che costituiscono il capitolo dei reati contro la Pubblica Amministrazione sia le buone pratiche delle amministrazioni a fini preventivi. Le relazioni della Corte dei Conti indicano però un costo della corruzione pari a 60 miliardi e senza alcuna indicazione di decrescita, mentre nell’indice di percezione della corruzione stilato da Transparency International l’Italia è in costante discesa (nel 2013 siamo al 69esimo posto). Quale strategia, dunque, perseguire per ridurre il mercimonio della funzione pubblica? Il modo più efficace per ridurre il fenomeno è quello di limitare spazi e possibilità della corruzione con una forte riduzione dell’interposizione pubblica. A questo dovrebbe affiancarsi l’implementazione dei Piani per la trasparenza, oggi introdotti in pochissimi enti locali, così da favorire un miglior controllo sull’operato dei funzionari pubblici. Più che piani, responsabili, normative, discipline e finanziamento di corsi la corruzione andrebbe combattuta con un piano di riforme: riduzione della spesa pubblica e degli enti pubblici, privatizzazione delle società municipalizzate e liberalizzazione dei servizi pubblici locali, ricorso a procedure competitive di evidenza pubblica per l’assegnazione degli appalti, riforma del titolo V della Costituzione per quanto riguarda assetto, competenze e responsabilità degli enti locali, trasparenza dei bilanci e diffusione degli open data on line. Insomma, come scriveva Tacito “Corruptissima re pubblica, plurimae leges”, e non è con le pandette e le procedure che si combatte la corruzione, ma con una drastica riduzione delle occasioni in cui questa possa manifestarsi. Per limitare gli accordi corruttivi bisogna, semplicemente, eliminare quanti più  punti di contatto affaristici tra funzionari pubblici e imprenditoria privata.

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2 Responses

  1. Piero

    se elimini controlli e burocrazia pubblica hai uno Svantaggio (privati rubano ancor di più) ed un Vantaggio (meno salari pubblici e ricatti dei dipendenti pubblici x autorizzazioni).. dire come fate Loi liberisti che il Vantaggio e maggiore dello svantaggio è Fede.. dire che lo Svantaggio e maggiore del vantaggio come fanno gli Statalisti è anch’essa un atto di Fede Opposta.. sono 2 esercizzi dall’impossibile calcolo metafisico.. siamo il popolo più corrotto d’occidente perchè siamo corrotti in-side ed in-massa.. è genetica antropoligica.. per esempio i sinistri fan spallucce dopo quel che ha combinato il Pd con Mps o con la Legge sull’Amianto con megabuco all’Inps.. e dall’altra parte ci sono 10 miloni di evasori che da 20 anni votano il capo di stato platealmente più corrotto d’occidente (nessuno sano di mente ed onesto intelletualmente può negarlo dentro di sè).. degli Imprenditori taciamo xrchè son quasi tutti (quelli Grossi) silenziosamente contenti che abbiano praticamente semi-abolito il falso in bilancio (x dirne 1 a caso).. nn è vero che il pesce puzza dalla testa.. nel nostro caso puzza dalla base.. e nn c’è niente da fare..

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