Quando la democrazia è sapiente: a cosa serve il ministero dell’oscurantismo?—di Gemma Mantovani
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Gemma Mantovani.
Nel libro edito da IBL di Ilya Somin “Democrazia e ignoranza: perché uno Stato più snello sbaglia di meno” viene molto bene evidenziato come uno dei maggiori problemi delle democrazie riguarda la scarsa preparazione dei cittadini, l’estrema difficoltà di conoscere gli effetti di una certa scelta elettorale e come questo avvantaggi il decisore pubblico nel fare quel che vuole, quando vuole e senza limiti; per questo, per Somin il governo che governa meno non è sempre il migliore sotto ogni aspetto, ma è la forma di democrazia meno vulnerabile all’ignoranza politica. Solo così il controllo democratico dello Stato funziona meglio quando c’è meno Stato da controllare.
Somin propone uno smaller government come unica possibilità concreta per avere uno smarter government. Ed è esattamente quello che gli italiani hanno deciso e voluto in ben 24.325.394 ovvero il 70,2% dei votanti, con l’abrogazione via referendum del ministero dell’agricoltura.
Giorni fa è comparso su un quotidiano nazionale il solito articolo sulla solita manifestazione nella solita Bruxelles di produttori italiani di latte arrabbiati. I motivi? Cito testualmente: “Il prezzo del latte italiano è più alto che nel resto d’Europa, da noi produrre latte costa di più perché paghiamo di più l’energia, c’è una burocrazia onerosa ed è più alto il costo del lavoro”. Vorrei sapere quale imprenditore, oggi come oggi, in qualsiasi settore, dal ferro al legno, dalla plastica alla robotica, non abbia gli stessi identici problemi di quelli lamentati dai produttori di latte, che comprendiamo e per i quali c’è senz’altro di che arrabbiarsi. Eppure c’è un ministero mantenuto apposta per le cosiddette politiche agricole: ma a cosa serve? Sembra che i diretti interessati non ne siano contenti e soprattutto la stragrande maggioranza degli italiani ha indiscutibilmente deciso che non serve. Ministero incompreso e solo contro la follia collettiva?
Una politica agricola ministeriale, recentemente espressa, è quella contraria agli OGM, che si aggiunge alla manifesta contrarietà all’agricoltura industrializzata: insomma, un bella frittata di “politiche” regressive ed oscurantiste, una visione del tutto contraria alle predisposizioni evolutive dell’uomo di cui, per fortuna, razionalmente ed assennatamente scrive e spiega Matt Ridley, e con lui molti altri, e dalla loro ci sono i numeri di un mondo che è sempre meno povero e patisce sempre meno la fame.
Ci si chiede anche come, con queste idee retrograde si possa veramente compiere, nel mondo attuale, l’unica missione nazionale del ministero che riguarda la tutela della qualità dei prodotti e della valorizzazione e tutela del Made in Italy. Ma serve davvero un ministero per fare questo? Come se tutelare il made in Italy dei mobili e delle altre produzioni fosse cosa diversa. Certo è diverso se lo si vuole fare in nome “delle buone verdurine dell’orto della nonna” e si vuole chiudere l’Italia in un enclave di proibizioni, divieti, restrizioni, normative farraginose che non faranno altro che lasciarla al palo in termini di competitività, ricerca innovazione e perciò anche miglior qualità dei prodotti.
Il ministero dell’agricoltura è stato soppresso dalla volontà dei cittadini con il referendum del 1995, quando si chiamava Ministero dell’Agricoltura e Foreste, per essere poco dopo intollerabilmente ripristinato come Ministero delle Politiche agricole e forestali. Ma perché esiste un ministero statale, dal momento che la materia è di competenza dell’UE e delle Regioni? Solo per controllare un po’ di etichette/denominazioni e garantire i privilegi dei monopolisti delle etichette? E con che costi: il ministero dell’agricoltura costa, e costa assai, è uno dei ministeri più costosi, all’anno circa un miliardo e 300 mila euro, cifra davvero ragguardevole.
Ma forse non sono abbastanza, visti i vergognosi scandali degli ultimi anni che hanno coinvolto il ministero “equo e solidale”. Sembra nozione chiara e semplice che per governare l’economia agricola non è necessario un ministero e sarebbero sufficienti le competenze del Ministero per lo sviluppo economico e del Ministro delle politiche comunitarie. Per dirla con le ironiche parole di Luigi Einaudi: “Si tratta della scissiparità, ossia della autoctona spontanea moltiplicazione dei pani e dei pesci, ed i pesci sono gli impiegati, i commissari, i ministri”.
Il problema sembra essere che non esiste la possibilità di avere un governo minimo, poichè qualsiasi “minima” quota di potere può essere utilizzata da una istituzione per accrescere il prorpio potere (può avvenire per un puro interesse personale, o per la convinzione ideologica di essere nel giusto guidando le persone “dall’alto”). Per questa ragione nella Democrazia del Liberalismo classico non vi sono “Istituzioni” di tale tipo, ma solo organi nei quali i Cittadini partecipano direttamente. [vedi “Oltre la Socialdemcoraiza” http://www.lucabottazzi.com/lib/libblog/irdbdocslibforum-sezioni/testi-di-l-b/%5D
L’esempio del ministero dell’gricoltura forse non è dei più felici, visto che di recente sembra molto allineato a quanto chiede buona parte del mondo agricolo ( NO-OGM dovrebbe garantire la sopravvivenza degli operatori nostrani, almeno fino a quando i consumatori si accorgeranno che non significa no OGM nel paese).