4
Set
2014

Provvedimenti del Governo Renzi in materia penale: né riformismo, né liberalismo—di Rocco Todero

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Rocco Todero.

Non è una novità che l’amministrazione della giustizia in Italia sia afflitta dall’incapacità di portare a compimento migliaia di processi penali in tempo utile ad evitare la prescrizione del reato prevista dalla legge.

Lo Stato procede ad imbastire prima le indagini e poi il processo, mette in campo considerevoli risorse umane e materiali e poi, in molte occasioni (migliaia come detto), non riesce a concludere i tre gradi di giudizio – Cassazione compresa – entro i termini previsti. Risultato: l’imputato viene prosciolto per prescrizione del reato contestatogli.

È colpa del cittadino/imputato, che vistosi accusare di un reato dallo Stato, si è avvalso di tutte le garanzie difensive e dei tre gradi di giudizio per discolparsi? O è responsabilità di una macchina elefantiaca, divoratrice di migliaia di miliardi ed al tempo stesso inefficiente come poche?

La soluzione quale dovrebbe essere? Quella di rendere efficiente l’amministrazione della giustizia o di allungare ulteriormente i tempi della prescrizione costringendo il cittadino/imputato ad un calvario che può durare anche un decennio?

La prescrizione dei reati non particolarmente gravi in Italia può arrivare a 7 anni e mezzo. Se vi dovesse capitare infatti di dare dell’ebete a qualcuno, invece di risponderne esclusivamente davanti ad un tribunale civile per il risarcimento del danno, potreste essere costretti a subire un processo che potrebbe durare anche 90 mesi prima che venga dichiarata la prescrizione. Se foste accusati di peculato potreste attendere sino a 12 anni e mezzo, se foste accusati di concussione addirittura 15; sino a 10 anni se doveste rispondere di corruzione ed a 7 anni e mezzo se il PM dovesse accusarvi dell’indecifrabile reato d’abuso d’ufficio. Gli imputati di associazione a delinquere possono aspettare 17 anni e mezzo prima che il reato (contestato e non ancora provato in via definitiva) si estingua, coloro che sono accusati di omicidio colposo causato in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti 12 anni e mezzo, mentre i reati per i quali è previsto l’ergastolo non si prescrivono mai.

Coloro che non hanno simpatia per gli avvocati e che parteggiano “ a prescindere” per la pubblica accusa devono sapere subito che non concorrono alla maturazione del termine di prescrizione le sospensioni del processo penale accordate per ragioni di impedimento dell’imputato o del suo difensore o su richiesta dei medesimi.

Quelli sopra elencati sono solo alcuni esempi, fra i tanti, che si possono trovare nelle disposizioni penali attualmente vigenti nel nostro ordinamento.

Sia chiaro: chi si macchia di un reato deve essere processato e punito. Ma ad alcune condizioni irrinunciabili. Primo, l’imputato deve potere esercitare il diritto di difesa senza alcuna soverchia limitazione funzionale esclusivamente all’accelerazione del processo. Secondo, lo Stato deve processare l’imputato in un tempo ragionevole, perché stare sotto processo per molti anni significa già scontare una pena a prescindere dal fatto che l’imputato risulti colpevole o innocente. Più è lungo il processo più la vita dell’imputato rischia di rimanere segnata per sempre da quell’esperienza e di ridursi prevalentemente ad essa. Il principio della ragionevole durata del processo riconosciuto dalla nostra Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo dovrebbe rappresentare in questa materia un caposaldo non negoziabile. Terzo, la pena deve tendere alla rieducazione. Subire una pena, per quanto dovuta, dopo dieci anni dalla commissione del fatto non è per nulla rieducativo e svilisce la funzione general-preventiva della sanzione stessa; i cittadini, cioè, non sono affatto dissuasi dal commettere reati da uno Stato che più tempo impiega ad accertare e punire più perde credibilità. Il tempo vissuto durante il processo – e ciò vale in particolar modo per le imputazioni gravi – è un tempo sospeso a mezz’aria, nel corso del quale tutto appare ancora più precario ed incerto e pensare al futuro diventa un esercizio di controllo dell’angoscia.

Non sarebbe male poi se i processi penali si celebrassero per accertare ipotesi di reato carichi di un disvalore riconosciuto ed accettato dalla stragrande maggiorana dei cittadini. Andare sotto processo penale per un’ingiuria o per una diffamazione non ha più alcun senso, punire comportamenti oltremodo diffusi come quelli che coinvolgono le droghe leggere – condotte che trovano giustificazione nel sentire comune – riduce il diritto penale a qualcosa di radicalmente estraneo alla cultura di una società. In Italia sono reati ancora oggi l’ingiuria, la diffamazione, la costruzione di una pensilina senza autorizzazione e molte altre sciocchezze. La pretesa dello Stato di rieducare, in questi casi, è costantemente irrisa da cittadini adulti, consapevoli e responsabili.

Cosa dire poi di coloro che risultano innocenti alla fine dell’estenuante cammino giudiziario? Ebbene, costoro vivono anni di inutile calvario, al termine del quale, se sono stati fortunati e non hanno frequentato le patrie galere per ragioni cautelari, potranno accontentarsi di richiedere ed ottenere un risarcimento economico per l’eccessiva durata del processo, mentre se sono stati ingiustamente detenuti in forza di misure cautelari – di cui si abusa abbondantemente – di certo non potranno trovare ristoro per la perdita della loro libertà nel risarcimento economico da ingiusta detenzione.

Il Governo Renzi qualche giorno fa ha emanato alcune nuove disposizioni in materia di processo civile e pare avere predisposto alcuni disegni di legge in materia penale di cui ancora non si conoscono tuttavia i dettagli.

Fra le altre cose il Governo ha preannunciato di volere introdurre la sospensione di due anni della prescrizione per gli imputati che, risultati colpevoli in primo grado, si volessero avvalere del sacrosanto diritto di appellare la sentenza e di un ulteriore anno per quanti volessero ricorrere in Cassazione. La sospensione della prescrizione non avrebbe altro effetto che prolungare ulteriormente i termini reali per l’estinzione del reato.

Il Governo, in realtà, non è il solo ad avere pensato a “ trovate” di questo genere; giacciono in parlamento alcune proposte di legge con le quali si intendono elevare ulteriormente i termini di prescrizione.

Lo Stato, in sostanza, vorrebbe autoassolversi, ponendo rimedio alla propria inefficienza con la modifica a proprio vantaggio delle regole del gioco. Invece di sfoltire la pletora di reati che giornalmente ostacolano l’esercizio della libertà anche dei più ligi fra i cittadini, invece di assicurare processi celeri che riconsegnino al più presto gli imputati alla loro vita quotidiana – vittime innocenti della giustizia – o che garantiscano l’effettiva di una pena, rieducativa oggi solo a parole, il Governo asseconda le tendenze più retrive di una certa opinione pubblica rumorosa, sempre pronta a strapparsi le vesti dinanzi all’ennesima notizia stampa, accuratamente diffusa, relativa alla prescrizione di qualche processo di personaggi eccellenti.

La misura che il Governo vorrebbe introdurre, peraltro, si porrebbe in contrasto col fondamentale canone della proporzionalità; la prescrizione è tanto più lunga quanto più grave è il reato contestato, cosicché prevedere una sospensione biennale uniforme per tutti i processi in attesa della celebrazione dell’appello ( evento che, presentato il ricorso, dipende esclusivamente dall’amministrazione della giustizia) non appare di certo ragionevole.

A ciò si aggiunga che la sospensione della prescrizione a carico degli imputati condannati in primo grado e non anche di coloro che sono stati assolti creerebbe una ingiustificabile disparità di trattamento: al pari dei secondi i primi sinché la sentenza di condanna non diventerà definitiva sono innocenti per espresso dettato costituzionale.

Chi scrive non dice nulla di nuovo, né di originale. La dottrina penalistica autenticamente liberale da decenni invoca un cambiamento di rotta nei rapporti fra lo Stato, l’Autorità, il diritto penale ed il cittadino, l’individuo, l’uomo.

Purtroppo sin’ora nelle conferenze stampa, nelle slide, negli annunci, nei proclami e nei siti web appositamente messi in piedi, il Governo non ha dato segnali né di riformismo, né di liberalismo, ma a quanto pare vorrebbe semplicemente stravolgere la lettera e lo spirito dell’articolo 27 della Costituzione secondo il quale un imputato condannato in primo e secondo grado è ancora innocente. Si, avete letto bene: innocente.

@roccotodero

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3 Responses

  1. Paolo

    Purtroppo non posso che concordare, per esperienza diretta.
    Due anni per concludere le indagini
    Due anni per superare la fase GUP e rinvio a giudizio
    Prima udienza dopo quattro anni e 6 mesi dall’inizio delle indagini
    Questi sono tempi dettati solo ed esclusivamente dalla Pubblica Accusa, GIP, GUP.

  2. paolo

    concordo totalmente.
    Anzi, io sarei ancora più radicale, metterei un limite massimo anche alla prescizione nel diritto civile, non essendo possibile che, per le lentezze della giustizia, si abbiano sentenze dopo addirittura anni dalle conclusioni delle parti

  3. dario

    Aggiungerei una cosa di grande importanza liberale: la possibilità di difendersi da soli in ogni grado di giudiziio, senza gi azzeccagarbugli che difendono solo la loro parcella! Basta limitazioni della libertà di autotutela in favore della casta degli avvocati!

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