Proprio sicuri che debba cambiare la Merkel, e non noi?
Come si è capito dalla visita a EXPO ieri della Merkel e dall’incontro con Renzi, l’Italia di oggi non è un problema prioritario per la Germania, che tifa per le riforme di Renzi. Il voto del Bundestag domani sulla Grecia, il rallentamento della Cina, i migranti, la testa del premier germanico è su quello. Ma, al contrario, il dibattito pubblico italiano vede la Germania come il problema numero uno. Berlino viene considerata come il freno deliberato all’economia nostrana ed europea, attuando un disegno che ci avrebbe reso schiavi delle sue convenienze. Nelle difficoltà, ci si rifugia nei paradossi. I paradossi hanno qualche elemento di verità. Ma li forzano all’estremo, fino a renderli inconseguenti. Forse è il caso di riflettere su quattro punti.
Più Europa o sovranismo? La Germania della Merkel viene considerata ostacolo insormontabile a un’Europa politica solidale. Al parlamento greco, Varoufakis ha attaccato frontalmente le 47 “azioni prioritarie” contenute nelle 30 pagine del memorandum firmato dalla Grecia per ottenere i primi 26 miliardi aiuti, sostenendo che è “un’abdicazione totale alla sovranità greca”. E’ la stessa accusa che da noi alimentano sinistre e destre anti euro. Delle due l’una, però. Non è affatto detto che l’idea di Europa con vigilanza comune su banche e bilanci d’impronta tedesca sia quella giusta, ma Berlino – e nelle ultime settimane, proprio Schaueble – ne avanzano con forza nuove proposte e sviluppi. Criticabilissimi, perché vogliono smontare la Commissione Europea e chiedono che i bilanci siano sorvegliati da un’autorità tecnica, distinta dal Consiglio Europeo che prende le decisioni politiche, perché in realtà stufi di vedere Francia e Italia che ogni anno chiedono eccezioni e rinviano gli impegni. Questa idea di Europa tedesca è interstatale, cioè difende l’idea che i passi in avanti debbano avvenire, ma senza che un solo euro venga trasferito a meno che i parlamenti nazionali dei paesi più forti votino ogni volta. In questo, fanno a mio modesto avviso meglio di noi che su questioni europee il parlamento non lo facciamo votare mai, e tanto meno convochiamo referendum. Se tale idea non ci piace, dobbiamo contrapporre un’altra idea di Europa, con proposte concrete di strumenti comuni sovrannazionali. Non l’abbiamo fatto. Anche perché se logica europea interstatale tedesca ha il difetto di frenare su strumenti comuni federali, in realtà è la francia da sempre a difendere l’idea sovranista nazionalitaria. Se però l’obiezione alla Germania è quella di voler difendere le sovranità nazionali, allora è più coerente chi dice di esser pronto a uscire dall’euro, cosa che viene meglio alle destre antieuro sovraniste (anche a casa nostra) che ai critici dell’euro da sinistra. Ma in ogni caso allora siamo noi, a non credere in una qualunque sfera sovranazionale che dia solidità all’euro, non la Germania che ha comunque un’idea sua, per criticabile che sia.
Concessioni, la strateghi dei pitocchi. Anche in questo pre –autunno 2015, l’Italia chiede alla Germania e alla Ue sforamenti degli impegni già assunti. Poiché sommando i diversi annunci del governo sulla scena nazionale – tra clausole fiscali da far saltare, decontribuzione dei contratti, abolizione dell’IMU, nuovi contratti al pubblico impiego, recupero delle pensioni prima stoppate, misure per le imprese, per la scuola, prepensionamenti e interventi a favore della povertà – la manovra in legge di stabilità supera i 30 miliardi di euro, ma la spending review se va bene è di 10 miliardi. Ecco che ancora una volta chiediamo che non valga l’impegno a contenere il deficit 2016 all’1,8% del PIl, che già l’anno scorso Bruxelles ci ha consentito di accrescere rispetto al deficit all’1,4% che avrebbe dovuto essere obiettivo per il 2016. C’è chi dice che Renzi punti nel 2016 al 2,2% di deficit, chi al 2,5%, chi addirittura al 2,9%. Ma è sempre la stessa storia. Noi i tagli alle spese pubbliche per recuperare copertura a tagli di imposte li rinviamo sempre. La spesa pubblica è salita dal 2012 al 20124 da 821 a 838 miliardi. Nei primi 6 mesi del 2015, è cresciuta di 18 miliardi rispetto al 2014. E’ colpa dei tedeschi, o nostra?
La frenata generale. I dati del secondo trimestre del PIl europeo hanno deluso tutti. Il nostro +0,2% ha però fatto compiacere molti, comparato al +0,4% tedesco invece del +0,5% atteso, e allo 0% francese. L’Europa cresce poco rispetto a USA e Uk, malgrado l’euro in calo, il petrolio sotto i 50 dollari, e il quantitative easing della BCE. La colpa è dei tedeschi, dicono in molti. Ne siete sicuri? O siamo vittime di un’ubriacatura generale nell’interpretazione dei dati? Il punto non è che la Germania crescerà – nelle stime – dell’1,5% nel 2015 rispetto al nostro, forse, stentato +0,7%. Il punto è che gli andamenti annuali vanno parametrati rispetto a quello che ciascuno ha perso o guadagnato negli anni alle nostre spalle. Anche se la Germania perderà di più di noi dalla frenata cinese, l’Italia è l’unico paese che si è impoverito da quando è entrato nella moneta unica: dal 1999 ad oggi il PIL pro capite italiano è sceso di 3 punti percentuali. Nello stesso periodo il PIL pro capite medio dell’area euro è cresciuto di oltre 10 punti, quello della Spagna di 9, quello della Grecia comunque di 3 punti, nonostante la terribile voragine registrata dalla crisi. Negli stessi anni, il PIL pro capite tedesco è salito del 21%, quello americano e britannico del 17%, quello giapponese del 15%. L’export italiano ha fatto miracoli, passando a prezzi correnti dai 440 miliardi di euro del 2008 ai 475 del 2014. Mentre quello tedesco è passato da 1113 a 1325 miliardi. Ma il debito pubblico italiano è passato dal 102% del 2008 al 132%. Su questo, potete pensare che la colpa è dei tedeschi solo se non guardate che nel frattempo abbiamo sempre alzato la spesa corrente pubblica con una spremuta di tasse per non tagliarla, e realizzare comunque possenti e positivi avanzi primari. Siamo il paese record per avanzi primari pubblici nell’euroarea, per ben 591 miliardi in 15 anni a fine 2014 rispetto ai 428 della Germania (la Francia negli stessi anni ha accumulato deficit primari per 338 miliardi). Ma i tedeschi nel frattempo hanno tagliato spesa e tasse, entrambe per più del 5% di Pil, noi le abbiamo fatte crescere. E’ colpa nostra, o tedesca?
La produttività. Ancora una cosa. Tutti guardano alla finanza pubblica, chiedono più deficit e teorizzano che il debito non è un problema, tanto alla peggio basta cancellarlo. Ma in realtà nel nostro paese dovremmo tenere prioritariamente lo sguardo fisso soprattutto a un altro dato, visto che il basso debito estero complessivo e l’elevata patrimonializzazione delle famiglie rende il debito pubblico comunque solvibile. Dovremmo maniacalmente tenere lo sguardo fisso sulla competitività. Da quando siamo entrati nell‘euro a inizio anni Duemila, il nostro CLUP (costo del lavoro per unità di prodotto) nel manifatturiero è aumentato del 37% rispetto a quello tedesco, e se contiamo gli interventi sin qui realizzati dal governo Renzi il gap scende nel 2015 da 37 punti a 35. I tedeschi dal 2002 al 2005 hanno cambiato welfare, puntato ancor più sulla contrattazione aziendale, realizzato in moltissimo grandi gruppi un grande patto tra stop all’aumento dei salari reali e anzi loro diminuzione per la difesa dell’occupazione e più produttività. Da noi i sindacati sono ancora contrari a lavorare a ferragosto all’Electrolux di Susegana per smaltire gli ordini, e sono stati smentiti dai lavoratori che invece hanno lavorato. Sono i tedeschi, a dover cambiar testa, oppure noi? Non dovremmo esser noi per primi a cambiare molto in casa nostra, proprio per aver titoli migliori per eventualmente controproporre una diversa strategia per l’Europa, rispetto a quella interstatale che la Germania persegue?
Grazie Oscar! Sentire che la colpa dei mali Italiani siano i Tedeschi mi fa venire voglia di una sola cosa: Emigrare in Germania! Rispetto a tutto ciò che hai elencato ti chiedo solo una cosa: Quanto incide l’inefficenza della pubblica amministrazione nei calcoli di produttività dell’impresa privata? Te lo chiedo perché lavorando in una impresa privata sono testimone di altissimi livelli di produttiva’ e vedo, anche presso clienti e fornitori, ottimi livelli di professionalità ed efficienza. Empiricamente mi viene da dire: come fa ad essere bassa la produttività del lavoro considerando il paese inefficiente che siamo e i livelli di successo internazionale che ogni anno otteniamo?
Grazie & Saluti.
L’industria e’ lavoro.
Il lavoro non e’ piu’ nella nostra cultura, poiche’ fatica.
Quando arriveremo alla fame, vedra’ che ci rientrera’.
Fino ad allora, c’e’ poco da fare.
Saluti.
Oscar si ostina a sperare/credere che la politica italiana possa calare la spesa pubblica. Io credo che i partiti come noi li conosciamo in Italia siano in vita solo ed esclusivamente per quella. Lo sport di indicare l’ avversario brutto e cattivo che non ci fa andare tutto bene come vorremmo é un classico sempreverde nel bel paese ( i comunisti, Berlusconi, i Tedeschi i criminali paesi europei che ci fanno concorrenza sleale tenendo le tasse basse). Alla fine il taglio del debito sarà forzato da un Europa malvagia e i cittadini italiani saranno molto più poveri ma con finalmente un avversario unico per tutti.
il ragionamento non fa una grinza. Aggiungerei che c’è un ulteriore aspetto che non mi pare mai evidenziato a sufficienza: oltre ad essere inefficiente ed invasiva, la macchina dello Stato (magistratura compresa) è fatta da persone che, in maggioranza, è convinta che la libera intrapresa sia da combattere come un male sociale perché gli imprenditori sono, nell’ordine, evasori fiscali, irrispettosi delle leggi, inquinatori, sfruttatori dei poveri operai. A parole tutti affermano che senza l’impresa un Paese non può crescere, ed è vero; poi fanno di tutto per boicottare chi fa impresa, soprattutto manifatturiera.
Chi opera nel settore rifiuti sa benissimo quanti miliardi sono sprecati ogni anno per gestire in modo scellerato il problema della gestione dei rifiuti. Nel mio caso, ho avviato una nuova attività innovativa in tale settore, rilevando gli asset di un’azienda già autorizzata, e dopo tre anni non sono ancora riuscito ad ottenere l’autorizzazione ambientale!
Mi scuso dottor Giannino se la mia domanda apparirà banale, poco informata e persino poco gradita in un contesto come questo. Apprezzo sempre la lucidità dei suoi commenti, ma mi resta un dubbio su un ambito specifico. Posto che la globalizzazione ci ha messo tutti in competizione e che mantenere basso il CLUP é un importante parametro di competitività, esiste una soglia al suo perseguimento? Voglio dire, nella frazione, immagino, si possa agire aumentando l’efficienza produttiva o calmierando gli stipendi (o ancora, se non sbaglio, diminuendo gli attivi con stipendi più elevati) ma non è che si rischia un gioco al massacro, se tecnologia e organizzazione delle procedure non bastano? Grazie e saluti.
Certo, l’avversario unico.
Pero’ basta toccare qualunque, dico qualunque, corporazione ed apriti cielo. Lo sport e’ non aver voglia di far nulla per cambiare.
Tra l’altro, appare lampante, non ci puo’ essere un “punto d’inizio”, perche’ nel momento in cui qualcuno cambiasse qualcosa, tutti gli altri si spaventerebbero e gli toglierebbero voti e consenso.
Renzi non sta traghettando un bel niente, con le riforme. Cio’ che fa, ed e’ l’unica cosa che puo’ fare, e’ farci arenare senza ribaltarci.
Il disprezzo della classe politica e’ lo stesso che la classe politica usa nei confronti della Germania.
Per questo vanno capiti e rispettati: sono i nostri portavoce in tutto e per tutto.
Non vedo differenza tra CGIL, sindacato poliziotti, casta dei taxisti, casta dei notai, monopolio telecom sull’ultimo miglio… o c’e’?
Ciao
Gianfranco.
l’analisi e’ giusta nell’individuare le cause della maggiore efficienza e produttivita’ tedesca ma sbagliata nell’individuarle come cause della differenza di crescita del pil tra italia e germania dall’inizio dell’eurozona. tutti gli stati federali o unitari (quindi con stessa moneta) hanno debito in comune e trasferimenti fiscali.
la germania dell’est necessita di trasferimenti fiscali dalla germania dell’ovest, eppure ha “fatto le riforme” visto che le leggi la spesa pubblica e il sistema fiscale e’ uguale in tutta la germania. gli usa non hanno trasferimenti fiscali tra stati fino al 10-15% del pil di un singolo stato? e che riforme devono fare i singoli stati americani? se hai stessa moneta senza un meccanismo di correzione alternativo alla svalutazione monetaria, lo stato piu’ efficiente e produttivo prospera, gli altri falliscono
Guido alcuni economisti hanno studiato la cosa e’ hanno trovato una solida correlazione tra inefficienza della PA e produttività. Mi pare che il paper fosse di Zingales tra gli altri. La nostra PA non solo costa ma affonda anche l’economia sana col suo malfunzionamento
io cambierei su due piedi da ADESSO anche solo per 3 motivi
1)-una prospettiva meritocratica n volte (con n sopra il 1000) superiore alla nostra colle due conseguenze che rappresentano gli altri due motivi
2)- una classe dirigente con competenze molto superiori alla nostra in ogni settore (escludendo il cacciaballismo)
3)- un atteggiamento etico per noi complessivo invidiabile dagli imprenditori ai sindacati ai politici tutti abbastanza motivati ad andarsene dopo evidenti figuracce (anche senza avviso di garanzia) e con reimpieghi a zero deleghe e molti controlli e vincoli
ma i nostri cacciaballe ci faranno una testata tanta con la nostra creatività e simpatia tralasciato il guano nostro alimento quotidiano e destino
Credo che il Sig. Valli abbia perfettamente centrato uno dei punti più’ scottanti e causa forse primaria nella crisi italiana: la scarsa cultura industriale della classe politica del paese. Merita la citazione: “La macchina dello Stato (magistratura compresa) è fatta da persone che, in maggioranza, è convinta che la libera intrapresa sia da combattere come un male sociale perché gli imprenditori sono, nell’ordine, evasori fiscali, irrispettosi delle leggi, inquinatori, sfruttatori dei poveri operai.”
E’ la stessa cultura che, per mano del fisco, ha sferrato un attacco devastante e decisivo sulle piccole e medie imprese costringendole alla chiusura e distruggendo così’ l’intera classe media italiana. Come possa riprendere un mercato interno senza la sua classe media, resta un grande mistero, soprattutto se si pensa che solo l’export non è sufficiente a creare e distribuire ricchezza. Non è un caso se l’unico interlocutore imprenditoriale riconosciuto dallo stato e sul quale si ritagliano politiche ad hoc sia confindustria (imprese pubbliche, banche e poco altro).
Il CLUP troppo alto: è appena il caso di chiedersi se, con una fiscalità così’ devastante, potrebbe essere più’ basso. Le aziende italiane, tra gli anni 80 e 2000, hanno realizzato grandi conversioni, raggiungendo livelli di efficienza sconosciuti in Europa (chi scrive ha lavorato in Italia ed in Nord Europa); dire che il CLUP è alto per inefficienza delle nostre aziende è semplicemente una cosa non vera e pertanto non seria.
Infine, a proposito di Germania, una perla: rappresentante l’UE presso l’ASEAN è Gerd Muller, Ministro federale tedesco per la cooperazione allo sviluppo economico, assieme all’ambasciatore tedesco a Kuala Lumpur. Che interessi credete rappresentino, di fronte ad un mercato di mezzo miliardo di persone?
Condivido al 100%. Il mostro della spesa pubblica sta divorando il nostro futuro. Gli ultimi investimenti seri sono stati fatti a fine anni 70. Ora pur conservando ambiti industriali di eccellenza non riusciamo più ad essere competitivi a causa dell’insufficienza di infrastrutture e servizi all’altezza. La precarietà della rete viaria causa aumento dei costi e tempi di trasporto; l’assenza di una politica energetica seria causa costi esagerati per le imprese energivore; l’insufficienza delle infrastrutture TLC causa arretratezza, ferma la diffusione della conoscenza e lo sviluppo di nuovi business; la burocrazia e l’incertezza del diritto fanno esplodere i rischi legati agli investimenti e di fatto li devia da altre parti. La sindrome di Nimby oramai diffusa a tutti i livelli aiutata dalla farraginosità del nostro impianto normativo ferma tutto…. Forse per cambiare le cose bisogna sul serio arrivare alla fame….
Tutto molto condivisibile, anche nei molti commenti (quello del sig.Valli certamente). La cosa a cui però non so dare risposte (non ho ricette e non ho competenze ma credo e spero, di avere un minimo di cervello per cui se qualcuno mi spiega magari capisco ed imparo), è come si faccia a tagliare la spesa, abbassare le tasse sia sul lavoro che sulle persone (ma in modo però che ognuno lo veda) e nel contempo non uccidere gli anziani, i pensionati, coloro che ci si stanno avvicinando a quelle età, e dare lavoro ai giovani (ed un loro futuro quando diventeranno anziani). Ecco, se le voci anziani, vecchi, giovani, proviamo a sostituirle con “noi”, i nostri genitori e nonni”, “i nostri figli”, qualcuno (?) riesce a farmi capire le risorse dove si trovano: chi le trova, chi le fornisce, quando le fornisce, come le fornisce, in che misura le fornisce. Dire che la spesa è fatta soprattutto di welfare (sanità, assistenza, pensioni) è quel che sempre sento, ma non capisco se si intenda la solita ricetta: abbassare la spesa tagliando welfare e conseguentemente (forse) abbasso le tasse e dopo averlo fatto, …. pagatevi il welfare (non è più affar di Stato). Ovviamente nel solito metodo: cambio le regole della partita mentre la partita è in gioco. Mi ripeto: io ormai ho quasi finito, ma vorrei capire come si fa? Con gli avanzi primari? Non ci credo. …. e non ho parlato della filiera educativa: cioè della scuola dalla materna al phd, dove tutto sembra ricondursi agli stipendi degli insegnanti: possiamo per cortesia ricordarci delle nostre maestre (ho 62 anni) e confrontarle con quelle dei nostri figli di oggi? Se siamo diventati così, qualcosa vorrà pur dire. Qualcuno ci avrà anche messo del suo. O no? E poi leggo di gente che si scandalizza di cosa dicono Mons.Galatino ed il sindaco Brugnaro: le verità bruciano, a destra e sinistra (ma il malaffare del nostro federalismo: Regioni, Provincie, Comuni, lo consideriamo solo nel momento delle ostriche in Regione Lazio? Le addizionali che sono esplose grazie a queste Istituzioni sul territorio, contano qualcosa o no nelle tasche dei singoli?). C’è oggi su La Stampa un bell’articolo di Alberto Mingardi sui migranti come risorsa. Bene, in quell’articolo, all’ordine pubblico riserva 3 righe (e su twitter mi risponde che in un articolo non si può dire tutto ma che ho ragione); ecco, prendendo a riferimento il tema dell’accoglienza, per #cambiare-verso davvero, sono le regole ed i doveri che vanno preservati e pretendere osservati. Ma chi lo può e soprattutto sa democraticamente fare? Facendo stare cioè un po’ peggio tutti (perchè è così) e non i soliti che hanno e stanno dando. Quando finirà il QE, il petrolio tornerà a 90 dollari, la Cina farà il suo di interesse invece che trainare le riprese altrui, l’euro salirà, …., cosa succederà?
“Il freno deliberato all’economia nostrana” è l’euro.L’ “altra idea di Europa” è quella limitata ai rapporti di scambio,lasciando perdere l’utopia di unione politica a partire da quella monetaria.Ritenere “basso” un “debito estero complessivo” che è oltre il 30% è singolare,come singolare è citare la patrimonializzazione delle famiglie.Chissà come sono contente a sapere di essere i garanti finali.Il debito estero basso è quello del Giappone perchè non c’è,mentre quello complessivo è doppio del nostro e non dà problemi di solvibilità,indovini perchè.Non dobbiamo cambiare nè noi nè la Merkel,anche perchè se lo volessimo fare non potremmo.Come sembra dica un proverbio “chi nasce quadro,non muore tondo”.Spiace constatare che la convinzione di poter “educare le masse” e portarle dove si vuole sia passata allegramente dalla cultura comunista a quella liberale.Questa pretesa ideologica ha “portato” loro alla rovina e lo farà anche con noi.
Le idee e i principi tedeschi non sono sbagliati, ma non sono adatti a tutti. Il 1999 o meglio forse citare il 1998, rappresentano la partenza per globalizzazione ed euro, (entrato poi nelle tasche degli italiani nel 2002), ma i politici dei vari Paesi europei hanno valutato che impatto avrebbe generato questa tremenda accoppiata (globalizzazione ed euro) nelle economie dei vari Paesi? Evidentemente no, se lo avessero fatto vorrebbe dire che siamo in mano ad autentici storditi, in quanto l’effetto è stato negativo per tutti gli Stati fuorché la Germania, che evidentemente ha valutato con maggior attenzione nonché positivamente i provvedimenti imminenti. Non posso pensare che i tedeschi non avessero valutato l’impatto negativo che euro e globalizzazione avrebbero avuto sui partner europei, quindi possiamo pensare ad una motivazione positiva all’egoismo tedesco? Far crollare le economie dei partner europei per costringerli ad attuare quelle riforme che preventivamente erano incapaci di attuare? Francamente mi sembra una visione un tantino ingenua e poco credibile. L’intenzione di servirsi dell’euro e della globalizzazione per conquistare i nuovi mercati asiatici a spese di quegli Stati europei che avrebbero dovuto confrontarsi con tali mercati è fin troppo evidente e avrebbe consentito alla Germania un bonus collaterale che sarebbe stato quello di leader europeo sempre più forte in una UE sempre più debole. I difetti preesistenti e in parte ancora presenti nelle strutture dei vari Paesi europei, compresa l’Italia, erano ben conosciuti, e quindi perché non pensare ad un modo per eliminarli prima di arrivare alla globalizzazione e all’euro? Perché non spingere l’acceleratore sulle riforme prima e non dopo, in modo da consentire a tutti i Paesi europei di approfittare e non subire gli effetti dell’euro e della globalizzazione? Occorreva un atto di forza a livello europeo, una legislazione unica europea su determinati argomenti che annullasse quelle nazionali e che realizzasse quell’omogeneità strutturale di cui la UE aveva e ha tutt’ora bisogno. E’ come se avessimo organizzato una gara podistica in cui tra i concorrenti vi erano fisici atletici e obesi, salvo poi meravigliarsi se gli obesi sono arrivati ultimi. Quello che chiede la Germania è una UE composta da 27 Germanie con le medesime regole, legislazioni, mentalità, obiettivi, determinazione. Sarebbe il caso di cominciare a capire che non si potrà mai arrivare a questo, in quanto le differenze culturali e strutturali accumulate in millenni di storia nazionale non si possono eliminare secondo i “desiderata” di Berlino e dei politici europeisti senza se e senza ma alla Letta. Tutto questo i tedeschi lo sapevano, ma sapevano anche che sarebbe stato a loro favore……
La spesa pubblica può essere tagliata anche senza impattare sul welfare. Innanzitutto il taglio degli enormi sprechi mai affrontato in modo serio (a proposito è stata fatta almeno 1 cosa raccomandata da Cottarelli? No, quindi anche il suo compenso è annoverabile tra gli sprechi!). Poi, più nella sostanza: taglio province, accorpamento comuni (minimo 15000 abitanti), taglio comunità varie, taglio consulenze PA, riforma di tutta la PA, taglio delle municipalizzate inutili e privatizzazione di quelle in perdita, rinnovare il quadro normativo sulle cause civili alleggerendo i tribunali… etc,…. Poi anche una serie di manovre una tantum che consentirebbero di ridurre il debito (e di conseguenza gli interessi che oramai ammontano a circa 80 miliardi l’anno!): privatizzare tutto il privatizzabile, alienare i beni di stato inutilizzati o male utilizzati…. Purtroppo però in Italia niente viene fatto per le solite ragioni propagandistiche ed elettorali.
bella scoperta.
e poi ch lavora nelle province, nei comuni, nelle comunita’ varie, nelle consulenze inutili, nella riforma nella PA eccetera, cosa fa?
non si chiama welfare questo?
morale: e’ impossibile tagliare alcun articolo di spesa perche’ sarebbe devastantemente impattato il welfare. cioe’ dare a qualcuno dei soldi senza niente in cambio.
ciao.
Bah, è proprio questa visione distorta di stato sociale che ci ha portato dove siamo ora. Creare enti e organismi finalizzati solo a dare reddito agli amici o a scopi clientelari. Poi, mi chiedo perchè un dipendente di una società privata che chiude può morire mentre ai dipendenti pubblici deve essere garantito il reddito sempre e comunque. Figli e figliastri. Secondo la mia visione non ci dovrebbe essere differenza e lo stato dovrebbe garantire solo i giusti ammortizzatori sociali (in stile UK, non nel nostro solito stile assistenzialistico). Ad ogni modo, siamo in Italia e, sarebbe già tanto che i dipendenti delle province e degli enti inutili venissero reimpiegati in altri enti (si spera utili e produttivi…..) e raggiunta la pensione non venissero più reintegrati.
Quanto dice lei, Gianfranco, è senz’altro giusto ma è altrettanto giusto affermare che il lavoro inutile non sia welfare in senso stretto: è inefficienza dello stato e non altro. Un comune di poche centinaia di abitanti è un insulto e le ragioni a statuto speciale (Trentino su tutti) si comprano i voti in questo modo. Anche questa è corruzione e malgoverno.
E tutto appare ancor più’ assurdo alla luce della pulizia etnica operata sul ceto medio e sulle piccole medie imprese, autentiche galline dalle uova d’oro di questo paese. Le parlo da una regione (Emilia) ove le aziende meccaniche “artigiane”, polmone insostituibile delle grandi aziende e non di rado detentrici di tecnologie, erano spesso meglio attrezzate e più’ avanzate delle committenti.
Lo stesso discorso si può tranquillamente estendere al settore tessile/abbigliamento, ove i piccolissimi subfornitori possedevano un patrimonio di conoscenze e tecnologie che è definitivamente scomparso.
Sembrerebbe più’ razionale combattere la disoccupazione e l’impoverimento incentivando la nascita di nuove attività e favorendo la piccola imprenditorialità con una tassazione bassa per tutti. Questo direbbero la logica e la nostra storia.
Soprattutto quando veniamo a scoprire che la Germania impone riforme draconiane a tutti per poi andarsi a comperare interi paesi a prezzo di saldo (Grecia per prima). Il caso Asean da me citato ieri è anch’esso degno di una qualche considerazione. I 1,000 tank Leopard venduti alla Grecia stessa, quando la Germania ne possiede solo 250, è un altro piccolo tassello verso la comprensione di quel che in realtà è EU.
Caro Gianfranco, non vorrei appartenesse anche lei al partito “le tasse sono belle” specie se tante e gravose.
Rileggendo, non avevo colto appieno il senso ironico di Gianfranco…. Effettivamente il sistema assistenzialistico-clientelare che si è sviluppato in Italia si autosostiene con il legame tra spesa pubblica e consenso elettorale… Bisognerebbe rompere completamente gli schemi….
Grazie Giannino, sempre puntuale e ricca la Tua analisi. Nulla da eccepire, solo alcune considerazioni. Colpa nostra o dei tedeschi ? Colpa nostra. Purtroppo sia noi che i nostri governanti siamo rimasti al “panem e circenses” con il quale gli antichi imperatori romani tenevano buono il popolo, ma che hanno portato allo sfascio e rovina dell’impero romano. Che gli antichi barbari “tedeschi” stiano nuovamente invadendo la nostra cara Italia ?? Anche il disfacimento dell’impero fu dovuto ad un certa corruzione ed inefficienza dello stato, che portava addirittura alcuni cittadini romani delle provincie più esterne a richiedere protezione agli invasori. Educazione civica e senso della patria, si sono perse da tempo e credo che non ritorneranno. Su questo dovremmo riflettere. Nei pochi giorni di vacanza che mi sono concesso ho avuto occasione di girare diversi paesi europei e su tutti un denominatore comune: organizzazione, assistenza e regole uguali per tutti e loro rispetto. Il nostro brodo social-culturale contempla tutto ciò ?? Piange il “vu cumprà” di turno e tutti a pagargli la multa. La parola forte in Italia è Diritto, ma se non ricordo male nell’ora di educazione civica mi insegnavano che dietro un diritto c’è un dovere, che da noi oggi è una parolaccia. Come dietro un beneficio/assistenza c’è un costo. La casta pubblica pur di mantenere il controllo del potere è disposta a tutto. Le nostre proprietà? Non sono più in mano nostra da tempo e continueranno ad essere “munte e tosate” fino all’estrema povertà. Ma loro sempre li. L’italia ? Paese da Terzo Mondo. Parliamo prima di regole, strutture ed organizzazione perché altrimenti i dati ed i risultati saranno sempre gli stessi: un fallimento. Il resto belle chiacchiere. L’ora dei fatti è passata da tempo ed ora il Paese è in liquidazione. Pessimismo cosmico leopardiano ?? No, semplice realtà italiana.
Ma caro Filippo,
innanzitutto mettiamoci pure un bel “chissenefrega”, per tutti coloro che non sono amici e parenti. Sinceramente, chissenefrega?
O c’e’ un motivo, uno solo, per cui dovrebbe importare qualcosa a qualcuno? Non ne vedo.
E’ proprio della cultura italiana, credo, aspettarsi qualcosa da qualcuno per niente.
Se vedessimo lo stato come azienda, invece che come manifestazione terrena della divinita’, forse potremmo assumere posizioni diverse.
Culturalmente, aspettandoci che lo stato faccia tutto, non possiamo nemmeno criticare. Lo stato non e’ Dio.
Lo stato e’ una manica di cazzoni che fanno il loro interesse, qui da noi. Punto.
Quindi in realta’ non c’e’ niente da capire. O fai parte del giro, o sei fuori dal giro. Oppure c’e’ altro?
E non cominciamo coi “non e’ giusto” o “si dovrebbe” o “e’ colpa della merkel” o “ah, la democrazia e’ in pericolo” o “berlusconi qui e la’”.
L’Italia si divide in due: chi e’ nello stato e chi non ne gode. Chi non ne gode o vota 5 stelle o non vota. Gli altri sono tutti allineati.
Voglio chiarire solo che anch’io mi associo a Giannino; la Merkel e la Germania mica sono la Charitas ed è giusto che perseguano i loro (sporchi) interessi. Se gli altri sono la Grecia e/o l’Italia, fanno bene a fare quel che fanno e a mungere finché ce n’è. Si può eccepire sul fatto che vendere sottomarini, tanks ed altre attrezzature inutili alla Grecia, pagando stecche miliardarie possa essere poco etico ma, anche qui, bisogna poi essere sempre in due …
Anche il “chissenefrega” di Giancarlo ci sta proprio tutto. Me lo ha detto anche Equitalia quando … lasciamo perdere …
A Gianfranco, però, mi viene da chiedere una cosa: in un (ipotetico?) futuro parlamento potrebbe accadere che la maggioranza sia anti EU (certamente contro questa EU). Non crede che sarebbe interesse precipuo degli italiani avere una coalizione di governo che ci porti fuori da questo inferno?
“Rileggendo, non avevo colto appieno il senso ironico di Gianfranco”
ignorare la mia replica, per favore.
ciao.
g.
“A Gianfranco, però, mi viene da chiedere una cosa: in un (ipotetico?) futuro parlamento potrebbe accadere che la maggioranza sia anti EU (certamente contro questa EU). Non crede che sarebbe interesse precipuo degli italiani avere una coalizione di governo che ci porti fuori da questo inferno?”
Guarda che l’inferno ce lo siamo creati noi, con le nostre mani, e non ci sara’ niente e nessuno che ce ne fara’ uscire, perche’ non siamo in grado di reagire.
La massa, intendo il puro numero, di persone che ormai vivono del nostro sistema welfare, oramai distorto, era gia’ tale da creare un’inerzia invincibile.
Dal punto di vista dello stato, il problema e’ sempre stato uno solo: dove prendere i soldi da distribuire. Dopo gli americani (crisi anni 90) abbiamo trovato l’Europa.
Dopo l’Europa? Qualcun altro. Vedi Cina. Oppure nessuno, quindi catastrofe (catastrofe vera, con bollette del gas da 500 euro).
Di fronte al bisogno dello stato di fagocitare continuamente danaro, la maggioranza parlamentare fara’ come in Grecia: promettera’ di tutto per farsi votare e poi non potra’ fare nulla se non chinare la testa. Con la differenza che, non esistendo il mandato elettorale, nessuno sara’ obbligato a dare nemmeno le dimissioni.
Saluti.
errata corrige:
“La massa, intendo il puro numero, di persone che ormai vivono del nostro sistema welfare, oramai distorto, era gia’ tale da creare un’inerzia invincibile.”
+ “alla fine degli anni 80”.
Grazie al cambio forte, a Saint Kitts tutti i morti di fame hanno un master.
E che dire allora del Botswana dove i novantenni fanno trading per non pesare sulla loro INPS?
Oppure, che dire della Repubblica di Nauru dove gli abitanti, per non pesare sui contribuenti, si fanno dare le multe – apposta! – per finanziare i comuni?
Insomma, perché solo noi italiani facciamo così fatica a capire che la globalizzazione vale anche per noi?
macello fiasconero, 2 settembre 2015
Perche’ ci siamo lasciati comprare, dopo il compromesso storico, ed il nostro prezzo sono stati servizi e burocrazia.
Soprattutto i servizi. Siamo comodi e stiamo bene. E guai a chi prova a toccare tutto questo.