Project bond anche per i rischi da burocrazia?
L’esigenza della crescita del Paese ha imposto al legislatore la necessità di individuare nuove modalità attraverso le quali – considerata la difficoltà delle imprese a ottenere credito bancario e contributi di natura pubblica a causa della crisi – si potessero finanziare soprattutto progetti a medio/lungo termine. La realizzazione di opere infrastrutturali e di servizi di pubblica utilità, infatti, riveste un ruolo fondamentale ai fini della ripresa della competitività e del conseguente sviluppo economico, ma richiede altresì canali di approvvigionamento finanziario di non facile reperibilità.
Per tale motivo, il legislatore ha inteso favorire il ricorso a capitali privati, rivalutando una tipologia di investimento già presente nel nostro sistema giuridico[1], ma scarsamente utilizzata. Si tratta dei project bond, vale a dire strumenti finanziari (obbligazioni e titoli di debito), standardizzati e liquidi, emessi esclusivamente da soggetti privati (quali società di progetto e società titolari di concessioni, autorizzazioni o contratti) per la realizzazione di opere o servizi pubblici nel settore dei trasporti, dell’energia e della banda larga[2].
L’utilizzo dei “nuovi” project bond è stato reso più agevole mediante l’eliminazione di precedenti condizioni restrittive: di tipo soggettivo, potendo essere ora emessi da una molteplicità di soggetti previsti dall’art. 157 del c.d. codice degli appalti; di tipo oggettivo, in quanto si è derogato ad alcune disposizioni del codice civile in materia di obbligazioni, in particolare di limiti quantitativi all’emissione delle stesse (limite del doppio del c.d. patrimonio netto) e di garanzie ipotecarie.
La principale novità di questi strumenti sta nel fatto che essi possono contribuire a supportare la fase più rischiosa dell’opera, quella dell’avvio, nella quale l’infrastruttura non è in grado di generare flussi di cassa positivi, “a differenza degli attuali strumenti, dove le obbligazioni vengono ripagate tramite il cash flow (pedaggi, canoni ecc.) delle opere infrastrutturali già realizzate”[3]. Essendo così utilizzabili per raccogliere la liquidità necessaria alle opere in costruzione (c.d. progetti greenfield) – mentre attraverso gli strumenti tradizionali ciò era possibile esclusivamente per le infrastrutture già in esercizio (c.d. progetti brownfield) – i project bond possono in concreto non solo finanziare nuovi progetti di pubblico interesse, ma anche permettere di sbloccare progetti in stallo o terminare opere incompiute per mancanza di fondi.
La fase realizzativa dell’opera non è solo resa incerta dalla mancanza di cash flow, ma altresì dalla presenza di rischi quali quelli di progettazione, di costruzione, di ritardo, di abbandono, di costi non previsti, di inflazione, di fornitura/di mercato, di variazione normativa ecc., nonché di quelli connessi alle lungaggini dell’iter burocratico e autorizzativo, che in Italia caratterizzano i progetti in cui sia coinvolta la pubblica amministrazione.
In considerazione dei suddetti profili di pericolosità, i project bond sono riservati esclusivamente a investitori qualificati: vale a dire soggetti che possiedono conoscenze e competenze adeguate per assumere decisioni di investimento e valutare i relativi rischi.
Le obbligazioni e i titoli di debito in esame possono essere assistiti da specifiche garanzie (wrap) prestate dal sistema finanziario. Il decreto interministeriale del 7 agosto 2012 ha previsto che queste ultime vengano rilasciate – tra gli altri, da banche, intermediari finanziari, imprese di assicurazione autorizzate, Cassa depositi e prestiti, Sace e Bei – sulla base della valutazione del merito di credito del soggetto emittente e della adeguata sostenibilità economico finanziaria degli investimenti, tenendo conto della redditività potenziale dell’opera.
Le garanzie rivestono un ruolo fondamentale ai fini dell’attrattività dei project bond per gli investitori e, quindi, della loro diffusione sul mercato: la possibilità di ottenerle da un soggetto terzo, disponibile ad assumersi il rischio di costruzione e di gestione dell’infrastruttura, è subordinata alla sostenibilità economico/finanziaria dell’iniziativa. Ne consegue che, oltre a tutelare l’investimento, le garanzie rappresentano una sorta di asseverazione della meritevolezza dell’opera finanziata[4], in aggiunta a quella resa dai soggetti a tal fine specificamente incaricati. Sotto diverso profilo, se esse costituiscono un costo per gli emittenti, incidendo negativamente sulla redditività degli strumenti che assistono, tuttavia presentano il vantaggio di ampliare la platea dei potenziali investitori mediante l’inclusione di quelli meno propensi al rischio.
Al fine di ridurne l’onerosità economica per chi vi faccia ricorso, le predette garanzie che, ai sensi del citato decreto interministeriale, devono essere “esplicite, irrevocabili, incondizionate e stipulate in forma scritta”, potrebbero rendersi meno rigide. Considerato, infatti, che i project bond sono riservati a investitori professionali, non sussiste un particolare need of protection di questi ultimi.
Il legislatore non dovrà cedere alla tentazione di estendere alla clientela retail l’investimento in tali strumenti al fine di favorirne la diffusione, come da parte di taluni si auspica: la non corretta valutazione dei rischi da parte di soggetti non qualificati potrebbe sortire risultati opposti, producendo fenomeni speculativi che già hanno caratterizzato l’offerta di strumenti finanziari non adeguati a non addetti ai lavori. Al fine di incentivarne l’impiego, invece, il legislatore potrebbe ampliare l’estensione temporale delle agevolazioni fiscali cui si è fatto cenno, attualmente previste solo per i project bond emessi nei tre anni successivi alla data di entrata in vigore del decreto sviluppo.
In base a quanto fin qui esposto, i project bond potranno essere concretamente utili alla crescita del Paese, rilanciandone lo sviluppo economico, se gli operatori sapranno valutarne le potenzialità come tali canali alternativi di finanziamento e se gli investitori coglieranno l’opportunità di diversificare il proprio portafoglio con questi titoli a medio/lungo termine, dalla remunerazione sufficientemente garantita. Il successo dei project bond dipenderà, tuttavia, anche dai soggetti che se ne avvarranno: solo se l’opera pubblica da finanziare sarà valida, sostenibile e remunerativa, gli emittenti potranno ripagare gli investitori, conferendo così affidabilità allo strumento utilizzato.
Si sottolinea, da ultimo, un particolare profilo di criticità correlato alla previsione fra gli eventuali garanti della Cassa Depositi e Prestiti e della Sace. Se la presenza di soggetti riconducibili allo Stato[5] conferisce maggiore affidabilità alle garanzie rispetto a quelle prestate da privati tuttavia, qualora attivate, esse potrebbero comportare il ricorso ai fondi pubblici, con le relative conseguenze in termini di debito statale, che mediante gli strumenti in esame si è voluto evitare. L’intervento di CdP e di Sace finirebbe cioè per configurarsi, da un lato, come una sorta di sussidio pubblico implicito alle opere garantite, dall’altro, come l’ennesimo paradosso di uno Stato che mette pezze peggiori dei buchi dei produce: ciò laddove la garanzia fornita da soggetti che sono emanazione dello Stato venisse esercitata a copertura dei rischi connessi alle pastoie della burocrazia dello Stato medesimo.
Pertanto, concorrerà al più ampio ricorso a tali strumenti anche un generale ripensamento delle procedure amministrative necessarie alla realizzazione dei progetti di project finance, caratterizzate in Italia dall’assenza di regole e tempi certi per la relativa execution: una sostanziale riduzione degli oneri burocratici è da tempo doverosa, e non solo per la diffusione dei project bond.
Le opinioni sono espresse a titolo personale e non coinvolgono in alcun modo l’ente di appartenenza (Consob)
[1] Legge Merloni – art. 37-sexies della L. n. 109/1004, introdotto dall’art. 11 della L 415/1998
[2] Decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, (c.d. decreto liberalizzazioni) convertito in legge, con modificazioni, dall’Articolo 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27, che sostituisce l’Articolo 157 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (c.d. codice degli appalti) e Articolo 1, comma 5, del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (c.d. decreto crescita)
[3] Relazione di accompagnamento al c.d. decreto liberalizzazioni.
[4] L’istituto disciplinato dalla legge nazionale è in linea con quello previsto in ambito europeo nell’ambito dell’iniziativa “Prestiti obbligazionari Europa 2020”, che accorda 230 milioni di euro di garanzie e prestiti per i project bond che saranno emessi tra il 2012 ed il 2013 e prevede che la BEI sostenga parte del rischio entro la percentuale massima del 20%. Un’importante caratteristica delle garanzie ai bond nazionali sta nel fatto che esse possono altresì operare congiuntamente con quelle europee, in modo da ottimizzare il merito di credito della singola emissione.
….è auspicabile che i bond così opportunamente descritti nell’articolo non siano contraddistinti dai potenziali utilizzatori dallo stesso silenzio che caratterizza il forum su questo tema.
Progetti di messa a norma ed in sicurezza di scuole, musei, ospedali, …. realizzazione di infrastrutture di comunicazione (strade ed autostrade, ponti e tunnel, canali navigabili o porti efficienti, linee ferroviarie e centri di smistamento, …., autostrade digitali ed aree coperte da wireless, ….) potrebbero avvalersi di tali strumenti ed ottenere il duplice effetto di migliorare lo stato di importantissimi beni pubblici e privati e nel contempo contribuire al ritorno alla crescita del Paese.
Il ministro Lupi e molti suoi colleghi dovrebbero tenerne conto.