Privatizzazioni à la (tre) carte
Anche i tecnici si danno alla finanza creativa. Ieri un pezzo molto informato di Massimo Mucchetti delineava la strategia del governo per procedere alla privatizzazione delle aziende controllate dal Tesoro. In sostanza, venderle a se stesso.
Cito direttamente dall’articolo di Massimo, la cui ricostruzione è peraltro avvalorata oggi, sempre sul Corsera, da Stefania Tamburello:
L’idea prevalente, ancorché niente sia stato ancora deciso, consiste nell’acquisto di partecipazioni azionarie del Ministero dell’Economia da parte della Cassa depositi e prestiti. In prima battuta, lo Stato potrebbe cedere pacchetti azionari fino a 50 miliardi… Con tali risorse, il Tesoro ritirerebbe dal mercato una quantità nettamente superiore di titoli di Stato, approfittando del calo delle loro quotazioni. Al tempo stesso, il governo non perderebbe la possibilità di esercitare un’influenza generale, nell’ambito della sua politica industriale, sulle società vendute alla Cassa. E un domani, quando i mercati riconoscessero prezzi decenti alle azioni, la stessa Cassa avrebbe l’opportunità di rivendere quei beni oggi acquisiti che il governo suo primo azionista non reputasse essenziali. Ma questo è il futuro. Oggi, grazie al tesoretto giratole dalla Cassa, il Tesoro inizierebbe a rientrare dall’eccesso di debito pubblico con maggiore tranquillità.
Quest’idea è balzana a dire poco, per una serie di ragioni pratiche e per una ragione politica.
Le ragioni pratiche ruotano attorno al fatto che la Cdp non è un soggetto privato (la radice è la stessa del termine “privatizzazioni”, nel caso a qualcuno fosse sfuggito) ma un istituto posseduto al 70 per cento dal Tesoro e per il resto da fondazioni bancarie (i cui amministratori sono nominati dai comuni). Il passaggio dal Tesoro a una sua controllata è, come dire, uno spostamento in famiglia: il controllo effettivo resta in capo al ministro dell’Economia, che continuerà – direttamente o indirettamente, di fatto o di diritto – a scegliere amministratori delegati, presidenti e consiglieri e a indirizzare le scelte strategiche. Quindi, dal punto di vista dell’influenza concreta, nulla cambierà. Quello che cambierà sarà semplicemente un dato formale. Per usare le parole del misterioso battutista dell’Inkiesta, Gengis:
La Cassa Depositi e Prestiti, ad esempio, è Stato al 70% ma sta fuori; e suoi equivalenti altrove in Europa pure. Il che può essere utilissimo, se non provvidenziale. Se riesci col suo aiuto a spostare un pezzo di debito fuori del perimetro quel debito non e’ più, tecnicamente, debito “pubblico” (statale). Grazie alla formula hai contabilmente “ridotto” il debito e dovrebbe riuscirti più facile di (ri)finanziarti vendendo titoli di Stato o altrimenti… riuscire a ridurre il proprio debito comprando da sé stessi è senz’altro ed esclusivamente mestiere per tecnici.
L’operazione sarebbe l’uovo di Colombo: la Cdp trasferisce liquidità (cioè i risparmi della nonna e il libretto postale del bambino) al Tesoro che la usa per abbattere il debito, e il Tesoro cede a Cdp le sue partecipazioni. Poiché la transazione avviene “in casa” c’è spazio per una certa fantasia nella scelta del transfer price: non siamo di fronte a una soluzione di mercato ma a un gioco di prestigio che ha l’unico scopo di “confondere” (legalmente) le statistiche sulla contabilità pubblica e, attraverso di esse, il mercato. (Che però è meno fesso di quanto lo considerino i tecnici in politica, e molto meno fesso di quanto pensino i politici di mestiere).
L’obiezione a questo pasticcio è, però, soprattutto politica (in senso lato). Se si privatizza, non lo si fa per scambiare la liquidità della tasca destra con gli asset della tasca sinistra. Si privatizza perché si ritiene che lo Stato non debba fare cose come vendere elicotteri alla Casa Bianca, la benzina, il gas o l’elettricità agli italiani, assicurare i lavoratori contro gli infortuni, eccetera. L’uscita dello Stato da tutti questi ambiti ha ovvie e importanti conseguenti pro-concorrenza e pro-crescita, come abbiamo spiegato.
Se davvero l’esecutivo pensa che questa sia la soluzione, siamo davvero di fronte a un comportamento degno della peggior politica. All’Italia non servono trusoni tecnicamente preparati, ma scelte coraggiose e riformiste.
La verità è che dai “tecnici” non mi aspettavo nulla di diverso
Io sono sorpreso nel leggere ancora che ci sono ingenui che hanno creduto che un governo composto da burocrati e professori universitari abbia veramente l’intenzione di privatizzare alcunchè . Fin che si tratta di giornalai, tassisti o anche professionisti i burocrati non si sentono toccati – ve lo vedete un alto burocrate che pensa che i propri figli facciano quesri mestieri ? – ma quando si tratta di posizioni appetibili in qualche importante azienda pubblica i burocrati non priveranno mai i loro simili della possibilità di essere coloro che designano i ruoli di primo piano .Questi personaggi sanno benissimo come inbrogliare le carte , tra leggi, leggine,decreti, regolamenti, interpretazioni della casta dei magistrati civili, penali, amministrativi . E’ il loro pane – e ricco companatico -quotidiano. Smettiamo di illuderci e per contro di stupirci quando i professori agiscono secondo il loro DNA .
adesso che finalmente siamo entrati nella dittatura dei professori, questi dovrebbero rispondere ad una semplice domanda: chi è lo Stato?
Alcuni dicono: “lo Stato siamo tutti noi cittadini”. Anche gli autori di questo blog attribuiscono a me cittadino una parte del debito pubblico, additandomi come debitore. Questa risposta secondo me non regge per molti motivi, ma soprattutto per una banalità: che succede se me ne vado? Mi prendo un pezzettino di un altro Stato e del suo debito? E se ho la doppia cittadinanza?
No, non mi convince. Non torna proprio.
Altri dicono: lo Stato è un ente che raccoglie tasse per emettere servizi. Se la visione è questa, dato che siamo in un’economia di mercato, tali servizi non dovrebbero essere in monopolio e io dovrei poter scegliere.
Ma, soprattutto, se questa è la visione, il debito non è di certo mio, che anzi sono un cliente pagatore, quindi posso al massimo essere un creditore.
Infine qualcuno dice che lo Stato è l’unione di quattro poteri: legislativo, esecutivo, giurdiziario e monetario. Gli asset servono per esercitare i primi tre, mentre il debito pubblico è un trucco contabile per emettere moneta.
Forse in molti al di fuori dell’area Euro sarebbero d’accordo con questa definizione.
Ma nell’Euro così, di certo, non è: quindi, alla fine, chi è lo Stato Italiano?