Preoccupazioni di uno Stato “servo”
Non passa giorno senza leggere di imminenti “manovrine” necessarie per recuperare soldi ed arginare gli sforamenti di bilancio: rimodulazione delle aliquote IVA, introduzione di nuove accise, interventi sugli acconti delle imposte, … e chi più ne ha più ne metta; qualche ipotesi di dismissione patrimoniale a favore della Cassa Depositi e Prestiti (praticamente tutto rimarrebbe in casa); timidissimi interventi di taglio alle spese.
Anche le pietre hanno ormai capito che ogni Euro sottratto ai Cittadini ed alla circolazione del danaro è una spinta alla recessione che di questo passo è destinata a progredire continuando a seminare povertà e disperazione. Bisogna avere perciò il coraggio di cambiare radicalmente rotta: lo Stato deve smetterla di comportarsi come un servo preoccupato di assecondare le richieste del padrone anche a costo di calpestare la propria dignità.
Visto che si è privato della sovranità monetaria, che è costretto a prestarsi i soldi dalle banche per funzionare e che non può ridurre le entrate tributarie perché deve pagare i propri debiti, lo Stato abbia almeno il buon senso di non reprimere l’intraprendenza dei suoi Cittadini, di sgravare i Contribuenti dall’ossessione di un fisco deprimente che scoraggia la spesa e frena la circolazione del danaro, di lasciar liberare a vantaggio della ripresa economica le ingenti risorse finanziarie congelate nei forzieri privati.
E’ ormai divenuto improcrastinabile adottare per qualche anno una tregua fiscale nell’applicazione degli strumenti presuntivi più devastanti (spesometro, redditometro, studi di settore e indagini bancarie), aumentare significativamente la soglia del contante spendibile, agevolare il rientro dei capitali finanziari giacenti all’estero ed il riversamento nel circuito bancario di quelli giacenti improduttivamente sul territorio. In una situazione economica disperata come quella attuale, è meglio tollerare gli effetti positivi del cd. “sommerso interno”, che comunque alimenta la produzione della ricchezza, incrementa il gettito nei vari passaggi, favorisce l’occupazione, sgrava gli oneri dell’apparato assistenziale pubblico, riduce in generale la spesa pubblica per effetto della proliferazione dell’iniziativa privata. Finiamola di voler essere “bigotti” a tutti i costi e di perseverare nel fare del male agli Italiani e ai tanti Giovani ai quali viene pregiudicato il futuro trasformandoli in emigranti del terzo millennio dopo averli cresciuti, istruiti e formati!
La lotta all’evasione, seppur necessaria, deve essere prima di tutto “giusta” e non basata su atti di prepotenza lasciati alla discrezionalità dell’Amministrazione finanziaria, troppo spesso avallati da una Giurisprudenza di legittimità spregiudicatamente pro-fisco; in secondo luogo, deve svolgersi con criteri e metodi rispettosi della dignità e dei diritti fondamentali dei Cittadini che non possono essere considerati evasori fino a prova contraria; in terzo luogo, deve essere percepita come reazione dell’ordinamento legittima e proporzionata rispetto alle violazioni rilevate che non trasformi il trasgressore in vittima di intollerabili soprusi accertativi; infine, deve cominciare nelle scuole di ogni ordine e grado educando all’adempimento dei doveri civici ispirati ai nobili sentimenti della solidarietà sociale. Tutti principi certamente facili da enunciare e neppure difficili da applicare quando le scelte politiche sono guidate dal bene dei Cittadini e non dal rimpinguamento delle casse pubbliche.
Uno Stato deve prima di tutto preoccuparsi di farsi apprezzare dal Suo Popolo che deve essere orgoglioso di farne parte; con lo stesso orgoglio può poi relazionarsi efficacemente nei rapporti sovranazionali, senza però sacrificare mai la pelle dei propri Cittadini … a nessun costo!
Tutto condivisibile.
Ma a me sembra che i buoi siano già scappati da tempo.
Crede che ad un qualche proclama governativo di cambio di rotta qualcuno veramente si fiderebbe ?
Qualcuno rimetterebbe i contanti in banca?
Qualcuno aderirebbe a questo o quel condono?
Qualcuno si fiderebbe di uno Stato che ha dimostrato che il cittadino e’ un servo, che le leggi/patti coi servi possano essere tranquillamente cambiate/modificate/violate a proprio uso e consumo in qualunque momento e anche retroattivamente?
Io temo che questa classe politica abbia ormai perso qualsiasi credibilità e che ormai possa usare solo la forza. La forza e’ l’unica arma credibile che rimane al nostro Stato. L’unico strumento credibile che gli rimane sono le centinaia di migliaia di forze dell’ordine, mi sembra di ricordare tra le piu’ numerose in Europa, il cui compito principale e’ proteggere la nostra classe dominante e perpetuare il nostro Stato.
Buongiorno Jack,
arrivati a questi livelli certamente non possiamo parlare di fiducia degli italiani nello Stato. Però sarebbe a mio avviso auspicabile che acquisissimo maggior consapevolezza del peso che in qualità di cittadini possiamo esercitare nei confronti dello Stato e delle sue manovre.
Per arrivare a ciò è tuttavia necessario un passaggio preliminare. Bisognerebbe risvegliare un popolare sano comportamento di analisi, comprensione e critica di ciò che accade in questo Paese. Sono convinta che certe bestialità avrebbero meno possibilità di successo!
Quel che credo manchi di frequente tra gli italiani (e parlo in primis di me stessa) siano gli strumenti per leggere e capire l’attualità. Motivo per cui, ad esempio, ho iniziato a leggere il Leoni Blog.
Sono convinta che se in ogni biblioteca d’Italia si organizzassero dei corsi di “approfondimento sull’attualità” nel giro di poco tempo saremmo sorpresi del buon riscontro. Semplici iniziative di questo genere è ciò di cui secondo me abbiamo bisogno per provare ad uscire dalle sabbie mobili del qualunquismo nel quale troppo spesso ci rifugiamo.
Il suo articolo sarebbe in linea di principio del tutto condivisibile a patto che quello che evidenzia e denuncia fosse diventato operativo dall’inizio degli anni ’70, quando partì la riforma fiscale del 1972. Questo non è accaduto. Le ingenti risorse drenate ai cittadini hanno costituito i presupposti per accelerare sempre di più la spesa castale burocratica,
Lo Stato non è “servo” , ma è diventato il monarca assoluto di noi sudditi.
Mi si permetta qualche analogia, se il ministero delle finanze è Jean-Baptiste Colbert ed Equitalia è La Ferme o la Gabelle. Il Parlamento sarà Le Roi. Allora le nostre tasse servono solo per il mantenimento dell’Aristocrazia Politica e del Clero Burocratico.
@Elisa
Gentile Elisa, purtroppo il gioco è finito. Tardi per educare, tardi per qualsiasi cosa. Sono arrivato ieri da States a Malpensa, via Londra, e mi ha preso la depressione: là aeroporti pieni di gente che si muove, traffico vivo e vitale; qui Malpensa mi ha ricordato il campo volo di Bresso negli anni cinquanta: se non c’è movimento, non c’è business. Siamo come la rana nella pentola, sotto la quale il fuoco viene alzato con gradualità: non ancora del tutto, ma quasi bolliti.neppure più la forza non dico di tentare una ribellione, ma di saltare fuori dalla pentola. E la pochezza di chi ci governa non permette di sperare.
@Mario45
Caro Mario,
ho trentuno anni e tra una decina di giorni nascerà la mia prima figlia, concepita peraltro durante la campagna elettorale conclusasi con le elezioni di fine febbraio 2013, per le quali ero candidata regionale con FARE per Fermare il Declino. Lasciando perdere l’esito delle elezioni, quel che mi preme dire è che non POSSO permettermi di perdere la speranza. Non voglio.
I risultati migliori si ottengono con l’impegno e la fatica. Ha ragione: è deprimente rientrare in Italia in questo momento se si proviene da paesi dove si percepisce energia nell’aria, nella gente. Ma cosa le devo dire?! Devo deprimermi insieme a Lei? Ora più che mai non posso permettermelo. Mi scusi per lo sfogo, ma in questa fase storica del Nostro Paese c’è proprio bisogno del contrario. Visto che le importazioni di beni materiali dall’estero sono in calo, potremmo quantomeno importare un po’ di ottimismo!
Stato servo?Io direi che i servi siamo noi che lavoriamo come schiavi il 70% del nostro tempo per mantenere la classe poliitica più corrotta al mondo e finanziare le loro continue razzie.
@Elisa
Le assicuro che se avessi la a Sua età, anzi, anche solo dieci anni più di Lei, me la darei a gambe da questo paese e dalla banda che lo depreda da 40 anni.
Caro Mario,
condivido in pieno.
Ormai mi sembra tardi, senza un qualche evento prorompente.
Ma il paragone con Malpensa non è tra i migliori. (Fiumicino non è così triste…)
Malpensa e’ sempre stato tra gli aereoporti più tristi e inutili d’Italia.
Eccetto ovviamente per coloro che abitano in un raggio di 50km.
Una dei tanti investimenti infrastrutturali inutili degli ultimi venti anni.
Ciao Jack, felice di risentirti.
Malpensa la conosco bene, ci ho pure lavorato negli anni sessanta, quando mi occupavo di spedizioni e dogane, mio primo lavoro, ed esisteva solo il terminal 2. Il traffico merci da Usa era notevole per il tempo, vi atterravano i jumbo, ché la pista di Linate era troppo corta. Malpensa fu scelta perché i fermi per nebbia erano rari ed intorno c’era veramente poco da disturbare o che potesse disturbare. La collocazione è sempre stata un po’ triste, ma il traffico c’era, gli aerei arrivavano e partivano con frequenza, si aveva l’impressione di business non dico frenetico, ma almeno sostenuto. Arrivandovi l’altra sera l’impressione è stata di abbandono e degrado. Nessun decollo, se non quello di piccolo aereo, tipo turboelica. Su quattro nastri di distribuzione valige, solo uno funzionante, per il mio volo. Mi è venuta voglia di tornare immediatamente indietro.
C’è stata a Milano un’iniziativa bellissima del “Sentinelle in piedi” contro la legge sull’omofobia. Meglio morire in piedi che subire seduti o in ginocchio. Voglio dire che se fossimo e ci sentissimo un vero popolo, non una massa, allora ci saremmo coalizzati e avremmo messo questi signori in condizione di non essere una casta priviegiata, ma la politica sarebbe stata un vero e prorpio dovere civico al quale un cittadino sentiva di dover contribuire, per il bene del paese. Avremmo insegnato nelle scuole che il benessere della comunità si raggiunge quando ognuno cerca di fare il massimo anche per se stesso ma senza calpestare l’altro, avremmo insegnato che lo Stato è di tutti e quindi è un bene da preservare, allora colui che sarebbe andato a lavorare per lo Stato, non avrebbe cercato di approfittare di tutto finaché timbrare il cartellino di ingresso al lavoro e poi subito dopo uscire per andare a fare la spesa, questa è evasione fiscale, come anche quello che non fa il suo dovere al massimo nell’amministrazione pubblica, anche questa è evasione fiscale, come anche le riforme strutturali che non vengono fatte per un intreccio di interessi personali di lobbi dei partiti, che non combaciano mai tra di loro, anche questo è rubare. Purtroppo a noi massa tutto questo non piace ma non facciamo niente. E allora almeno scriviamo sl blog. Roberto.
http://milano.repubblica.it/cronaca/2013/10/12/foto/milano_sentinelle_contro_la_legge_sull_omofobia-68462970/1/#1
@R.Fioretti
se una cosa ho imparato in qualche lustro d’esperienza è che lo stato non è di tutti, ma nemico di tutti. occorre tener sempre alta la guardia e reagire con durezza ogni qual volta attenti ai diritti della maggioranza, e, soprattutto, delle minoranze. la scuola statale non è che uno strumento che il nemico usa per l’omologazione della stupidità. un politically correct si manovra molto meglio che uno difficile da omologare. Luoghi comuni come “lo stato siamo noi” o “la scuola deve educare…” secondo chi i principi etici che fanno capo allo stato stesso aiutano ad asservire anziché a renderci cittadini migliori.
Gentili amici Anche se nei dibattiti si parla sempre di chi evade le tasse, contrapposto a chi le paga tutte, la verità é che tutti i cittadini almeno una volta non le hanno pagate. L’evasione dell’iva é la norma anche per i tromboni che pontificano, ma poi preferiscono usare qualcuno che non fattura (magari senza neppure partita iva) per economizzare sul lavoro domestico, su una ristrutturazione etc.
Per inquadrare il problema bisogna capire due cose semplici: la funzione delle tasse e la psicologia del contribuente. La tassa non é un male necessario, ma un contributo che il cittadino distoglie da suo bilancio immediato, a volte con fatica, perché crede che serva al bene comune del paese in cui vive. Altrimenti sarebbe un’estorsione. Chiunque però rinunci ad un euro e veda che il ricevente si affretta a gettarlo dalla finestra, davanti ai suoi occhi, prova una certa ritrosia a darne un altro.
in Italia lo stato, come la maggior parte delle istituzioni pubbliche, se ne frega dei cittadini e lo dimostra quotidianamente in tutte le sue manifestazioni. La ragione é semplice: é una macchina che funziona male, che consuma 10 litri al Km ed è quindi in continuo affanno per alimentare se stessa. Ha molto più personale del necessario, con diversi profili di impegno: c’è chi ha lo stipendio ma non ha nulla da fare. Per fortuna produce un danno erariale solo perché prende uno stipendio inutile (20% dei lavoratori pubblici?). Chi invece purtroppo lavora e produce una burocrazia persecutoria del cittadino. Non sono al servizio del cittadino, ma lo tormentano con richieste assurde, senza fornire informazioni per facilitare la comprensione di cosa deve fare per soddisfare le richieste stesse. Questa tipologia (40%?) produce sia un danno erariale, sia un danno sociale, con costi enormi per i cittadini e le imprese. Infine c’è anche chi crea qualcosa di utile per la società e si guadagna uno stipendio, a volte da fame.
Abbiamo uffici pubblici dove gruppi di dirigenti dirigono pochi impiegati. Dove un impiegato che volesse svolgere un servizio viene redarguito dai superiori e dai colleghi per il suo atteggiamento troppo servizievole. Tutta questa massa di costi inutili vengono ancora prima degli sprechi, delle ruberie, della corruzione, dell’incapacità, del menefreghismo, dell’impunità, che vanno a sommarsi amplificando la disastrosa performance dello stato.
Ecco la zavorra che impedisce di ridurre le tasse e di migliorare i servizi, che lasciano a desiderare perfino nella città modello di Milano. Immaginiamo altrove.
Come faceva Padoa Schioppa a dire che é bello pagare le tasse? Come faceva Monti a dire che chi le evade mina il patto tra stato e cittadini? Chi farebbe un patto con questo stato, di cui ci si vergogna per quello che tutti i giorni c’é scritto su tutti i giornali? Come faceva Monti a dire che “evadere le tasse equivale a offrire pane avvelenato ai propri figli”? Non stiamo mica parlando di caviale! Non é meglio una pagnotta oggi che il nulla domani?