25
Gen
2014

Poste e l’aiuto di Stato: il risparmiatore beffato

Siamo nel 2016 e Poste è appena stata sanzionata dalla Commissione Europea per aiuti di Stato. Appena due anni dopo la privatizzazione, che di fatto privatizzazione non fu, una sentenza durissima per il colosso italiano che da’ lavoro ancora a quasi 150 mila dipendenti.

Il presidente, come al solito in quota CISL, è esterrefatto di questa decisione che proprio non comprende. L’amministratore delegato si dice indignato, mentre i quarantenni al Governo si dicono profondamente contrari alla decisione della Commissione Europea.

La gestione continua ad essere pubblica e i sindacati continuano ad avere un peso inusitato, come succede ormai da decenni, nonostante la presenza di privati.

L’azienda non ha effettuato nessuna ristrutturazione, per acquisire una maggiore redditività e gli utili continuarono a scendere nel corso degli anni.

Una decisione invece che si poteva prevedere. Non era allora un caso che il Prof. Ugo Arrigo nell’indice delle liberalizzazioni aveva puntualmente bocciato la concorrenza mancante del mercato postale.

Ma perché Poste, ormai al 40 per cento detenute da privati, in maggioranza piccoli risparmiatori, è stata sanzionata?

Il decreto 58/2011 aveva recepito la direttiva 2008 di liberalizzazione, ma il mercato si è andato aprendo molto lentamente.

Infatti i vantaggi fiscali, in particolare il regime d’IVA applicato ai concorrenti ma non a Poste Italiane rimangono di fatto una distorsione critica.

L’assegnazione del servizio universale viene ancora affidata senza nessuna gara con un contratto quindicennale dallo Stato a Poste Italiane, in contrasto con la normativa europea.

Ultimo, ma non meno importante, il settore che per anni ha trainato i conti del gruppo postale è il ramo bancario, grazie agli oltre 200 miliardi di risparmio dello Stato, tramite Cassa Depositi e Prestiti.

Tutti questi “aiuti” al gruppo bancopostale già si conoscevano nel gennaio del 2014 quando la vendita del 40 per cento venne fatta anche ai piccoli risparmiatori.

E ora, la condanna per aiuto di Stato da parte della Commissione, è un colpo duro per i contribuenti e per i risparmiatori.

Sicuramente l’utile si trasformerà in una perdita e la colpa verrà additata solo ai freddi calcolatori nelle stanze di Bruxelles.

Per fortuna, come diranno diversi sindacalisti, non c’è stata “macelleria sociale” tra il 2014 e il 2016.

In realtà il gruppo ha perso negli anni la possibilità di ristrutturarsi per potere fare a meno dei soldi che i contribuenti fornivano con le proprie tasse a vario titolo a Poste.

La posizione dominante dei sindacati, come per Alitalia, hanno fatto una “frittata” molto grossa, sia nei confronti del cittadino contribuente che nei confronti del cittadino risparmiatore.

La sentenza di condanna per “aiuti di Stato” era prevedibile dato che:

a)     il servizio universale viene assegnato per una durata quindicennale senza alcuna gara

b)    siano di fatto solo le Poste a detenere la liquidità dello Stato.

c)     il trattamento IVA è differente tra i concorrenti e Poste non poteva passare inosservato.

Niente. Nessun avviso ai naviganti che gioivano di fronte alla finta privatizzazione.

Sindacati e politici decisero di andare avanti e di non modificare in tempo quanto stava succedendo, di fatto “beffando” i piccoli risparmiatori che pensavano di avere un titolo da “cassettista”.

Illusi. Una finta privatizzazione all’italiana.

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