24
Mar
2011

Portogallo dopo Grecia, nel disinteresse generale l’euroarea continua a far acqua

Il Consiglio Europeo apertosi in queste ore e che continua domani deve varare la nuova governance comune del Patto di stabilità, oltre a parlare di nucleare post Fukushima sull’onda di prese di posizioni elettoralistiche come quella di Frau Merkel, “prima ne usciamo meglio è”. In Italia, nessuno o quasi sembra dare importanza al fatto che al Consiglio si giunge con un nuovo euromembro collassato, il Portogallo il cui premier Socrates è andato sotto per il no del Parlamento al piano di austerità coerente con l’obiettivo di evitare il ricorso all’eurosalvataggio come per la Grecia.  Capisco che l’emotività converga verso l’atomo e la  vicenda libica, ma che a un anno dall’esplosione greca l’euroarea continui penosamente a imbarcare acqua senza che i politici diano troppa importanza alla cosa è un segno di grave incapacità. Delle due l’una: o la politica non sa misurare l’importanza e l’impatto reale di un rischio divergenza europea che continua a crescere, tra Germania Francia pochi altri e tutti gli “eurodeboli”; oppure significa semplicemente che la politica non ha voglia di dire la verità ai suoi elettori e ai contribuenti. Il presidente dell’eurogruppo Juncker ha detto l’amara verità, anticipando già oggi le cifre dell’intervento straordinario necessario per evitare al Portogallo di avvitarsi al fallimento: siamo nell’ordine dei 75-80 miliardi di euro. Socrates e la politica portoghese negano di averne bisogno, ma i rendimenti dei titoli pubblici portoghesi dopo il downgrading odierno  sono del 6.7% sul biennale, dell’8.2% sui quinquennale e del 7.7% sul decennale, in ulteriore salita (il picco sul quinquennala dice che il mwercato scommette sulla mancata tenuta). L’Irlanda, oggi, sul decennale ha superato il rendimento secco del 10%. Continuare a far finta di niente è suicidario. Imporre al Portogallo, come avvenne per la Grecia, aiuti a tassi ulteriormente maggiori – per poi dover cambiare idea come si è fatto a 7 mesi di distanza, sempre per la Grecia, due venerdì fa – è miope, perché i portoghesi hanno visto che cosa è avvenuto alla Grecia spinta in deflazione, e non sono disposti a seguire quella strada (né a destra né a sinistra, le opposizioni hanno votato no insieme).

Il meccanismo già stabilito per le nuove emisisoni di titoli pubblici dal 2013 – le clausole che espongono i prendutori a compartecipare al rischio di allungamento delle scadenze e ribasso degli interessi, cioè al rischio di default controllato – non potrà che estendere l’effetto-divergenza all’interno dell’euroarea.

Si continua a non dire l’amara verità. Se il problema è innanzitutto quello delle banche europee piene di titoli pubblici, allora bisognerebbe pensare esplicitamente a meccanismi che concentrino gli interventi – e i fallimenti pilotati, eventualmente – sulle banche stesse, non sulle economie nazionali. Inoltre, non come alternativa ma come ulteriore exit strategy, è il caso di mettere mano esplicitamente a meccanismi di uscita temporanea e sotto condizione dall’euro per quei Paesi che non reggano, la cui classe politica non abbia voglia o coraggio di dire la verità sul fatto che l’euro è uno scudo al solo patto di essere rigorosi nella finanza pubblica e produttivi nell’economia privata e pubblica insieme. Almeno l’uscita dall’euro funzionerebbe da sanzione per i politici che continuassero a tacere e a dire “non preoccupatevi”. Anche se non mi illudo:  in molti Paesi, compreso il nostro, probabilmente scopriremmo che le opinioni pubbliche lì per lì pur di non mutar passo brinderebbero alla svaluitazione monetaria, tornando a illudersi come negli anni dell’inflazione a doppia cifra e dando nuovo margine ai politici per accrescere il debito pubblico, visto che la svalutazione ne ridurrebbe il valore reale.

E’ quasi tutto comunque meglio del far finta di niente, però.

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22 Responses

  1. Claudio

    Dott. Giannino buonasera, ma perchè lei che ha le palle non indice o ci spiega come fare uno SCIOPERO FISCALE, far tremare i polsi e affossare questo governo vessatore e ladro.
    Se lei non ha il coraggio, o pensa che non sia fattibile, potrebbe spiegarcelo anche su radio 24, oppure se fosse possibile noi, e siamo tanti, siamo suoi seguaci a costo di pignoramento.
    La rivoluzione francese non iniziò così?
    dobbiamo smantellare equitalia e l’agenzia entrate.
    Ci spero.
    Grazie e continui così.
    Ruggieri Claudio

  2. Danilo Di Mambro

    Facciamo come gli americani, emettiamo titoli di credito fasulli, molliamoli a tutto il mondo, incameriamo il denaro e facciamo fallire una banca su cui si scarica tutta la responsabilità della truffa di stato.

  3. roberto

    Caro dott. Giannino, molte delle osservazioni che sta facendo sul tema del debito dei PIIGS sono assolutamente giuste ed ancor più condivisibile è la sua preoccupazione perché di fronte a questa situazione da quasi default: “.. significa semplicemente che la politica non ha voglia di dire la verità ai suoi elettori e ai contribuenti”.
    Ci sono però due aspetti che nell’arco del ragionamento sui motivi del perché siamo a questi punti e sul come uscirne, più volte esternati anche a Radio 24, che si dimentica puntualmente di ricordare perché “cozzano” profondamente con la sua tesi di fondo e con le sue radicate convinzione di economista liberista “puro e duro” fedele fino in fondo ai dettami di Von Mises e Hayek.
    Il primo che l’esplosione del deficit pubblico (con conseguente esponenziale aumento dello stock di debito) in almeno 2 dei 5 P.I.I.G.S. è stata causata dal subentro dello Stato al debito di famiglie ed imprese per salvare le banche e con esse scongiurarre una depressione biblica. Che fine ha fatto la magnificata ed osannata Irlanda, patria del liberalismo più puro, con la più straordinaria “politica dell’offerta” mai sperimentata? L’irlanda del libero mercato, delle tasse minime, dello “stato minimo”, del turbo-sviluppo dovuto al “mercato lasciato libero dai lacci e lacciuoli del welfare state”: quell’Irlanda è virtulamente fallita.
    A cosa si deve il fallimento di quel modello di sviluppo? Allo stato ivadente ed oppressore, alo stato dissipatore?
    Il baco di fondo, ed è questa la seconda cosa che Lei omette, è che, purtroppo, se lo Stato Redistributore viene meno, come è successo dagli anni ’80 in poi, la polarizzazione del reddito fra pochi ricchi sempre più ricchi e poveri (in forte aumento) sempre più poveri FA SCOPMARIRE UNA PARTE INDISPENSABILE DELLA DOMANDA PER CONSUMI ED INVESTIMENTI DELLE FAMIGLIE, senza la quale il PIL ristagna!
    A queto si ovvia soltanto con l’indebitamento di quelle famiglie: ed è questo che è successo! Il mercato, lasciato a se stesso, senza uno Stato che operasse sane politiche redistributive, ha prodotto questa crisi. Questa è la lezione che ci lascia sicuramente l’Irlanda, che si può leggere in parte anche nel caso Spagna: due peasi indicati come esempio di “stato virtuoso”, ma con una crescita del settore privato fondata tutta sulla scorictaoia del debito. Ed i debiti prima o poi si debbono onorare, altrimenti scattano i pignoramenti e si va a dormire sotto i ponti!
    Anche gli Americani ed i Britannici sono cresciuti con questo perverso meccanismo, ma loro non hanno labia dell’EURO, svalutano per trovare domanda esterna mentre tentano di far diminuire i debiti delle loro famiglie, anche e soprattutto grazie alle politiche monetarie non convenzionali.
    E qui, per chiudere, vengo al problema EURO. Anch’io, come Lei, la vedo male, ma molto male, la sopravvivenza della zona Euro così com’è.
    La Germania farà di tutto per tenere tutti dentro: sarebbe la prima a rimetterci per una fuoriuscita di uno o più PIIGS, dato che oltre il 70% delle sue exportazioni è intra Euro!
    La domanda è se i PIIGS messi peggio (Grecia Irlanda e Portrogallo) non accarezzeranno sempre più la prospettiva di uscire: ma chi glielo fa fare di rimanere dentro, con una valuta di fatto fortemente sopravvalutata rispetto agli altri paesi Core-euro, una banca centrale che fa aumentare il cambio verso i paesinon euro riducendo quidi al minimo le chances di avere respiro almeno dall’export, con draconiane politiche di rientro dal deficit per mantenere i finanziamenti dell’EFSF (ottenuti comunqe a tassi mica tanto di favore, anche se, ovviamente, inferiori a quelli che il mercato richiede!). Chi glielo fa fare?
    E l’Italia? da noi un precedente c’è, ed è chiaro: il ’92 e quanto è stato fatto in quei tempi dai governi Amato, Ciampi e poi Dini e Prodi. Se c’è stato, in Italia chi ha cercato di rimettere la barca nella giusta direzione, sono stati loro. Per accertarsene basta vedere come stava il rapporto Debito Pil nel 1999 per accorgersi che eravamo scesi sotto il 100% ed il saldo primario era molto, ma molto positivo, l’inflazione era sotto controllo, l’export trainava il Pil la cui crscita superava abbondantemente il 2%: il cammino di rientro era ben tracciato. Ma queste cose Lei le sa bene, solo che non le dice, le omette perché sarebbe riconoscre i meriti ad una parte politica che Lei avversa.
    Oggi, con il rapporto Debito/PIL che viaggia a vele spiegate verso ed oltre il 120% è molto più difficile. Scelte molto drastiche si impongono, prima di tutto sulla spesa pubblica, poi anche sulle entrate. Credo che solo Politici con la P maiuscola perché educati e cresciuti con un alto senso della Cosa Pubblica, non opportunisti o trasformisti o “mungitori” come la classe che oggi ci governa, possano tirarci fuori dal baratro nel quale stiamo precipitando. Certo, se lo Stato è solo il nemico da combattere e annientare, come traspare da quasi tutti quelli che scrivono su questo Blog, è difficile anche solo pensare di provarci!

  4. armando

    @roberto
    io non sono contro lo stato in quanto tale ma contro lo statalismo
    italiano dove lo stato viene usato per arricchirsi, farsi mantenere
    e pretendere servizi che l economia italiana non puo piu permettersi

  5. matteo

    io sono un piccolo risparmiatore di 20 anni avrò poca esperienza, può essere, in questa mia breve vita ho messo da parte 5000 €; quando è nato l’euro questi valevano 4000 dollari più o meno oggi ne valgono quasi 7000 di dollari.
    credo di dover ringraziare le politiche draconiane della bce se il potere d’acquisto del mio gruzzolo non s’è ridotto a botte del 4-5% annuo come soleva fare la lira dei mitici tempi andati

  6. @Claudio
    Anche quella Americana, iniziata prima, scoppiò sempre per le tasse….e dunque, caro Claudio, se aneli ad una “rivoluzione fiscale” dura&pura devi arruolarti come patriota nel TeaPartyItalia….Lavoriamo alacremente per annichilire il fisco ed equitalia(=antimateria).
    Nel 2010 l’immonda bestia, manovrata dal VILE sceriffo di Nottingham, sul quale,troppo spesso, OG indulge, ha rapinato maggiori entrate
    dall’Iva per circa 500M€, grazie all’aumento del petrolio e quindi dei
    carburanti. Nonostante i prezzi siano stellari, questi si accaniscono
    con altri 20€*40Mutenti=800M€. Restano esentate solo le di loro madri
    …che non deflettono dal ruminare…..
    ….Ma non è finita, poiche’ (aumento carburanti)=aumento inflazione==
    ==(aumento introiti IVA).
    Quando questo giochino veniva praticato dalla prodaglia, Tremonti urlava come un’aquila….mentre oggi razzola come un tacchino.
    Serenissimi Saluti
    Martino

  7. Andrea

    Il patto di stabilita’ e’ un crimine senza precedenti, cercate e diffondete la teoria moderna moneta..MMT ridicolizza i maghi della scuola neoclassica che nella storia economica ha prodotto solo disastri.

  8. Andrea

    L’euro e’ una moneta di nessuno o meglio non e’ una moneta sovrana e il debito pubblico sarà sempre un problema invece di essere strumento di ricchezza e piena occupazione.

  9. Rino

    @roberto

    Secondo te dovremmo sperare in Vendola per vedere ridurre la spesa pubblica, come giustamente suggerisci in chiusura di articolo?

    Ad oggi il massimo che persone di buon senso, come sembri essere tu, possono fare è di spingere questo governo ad essere coerente fino in fondo con il proprio messaggio politico: meno spesa = meno tasse (PER TUTTI).

  10. Piero

    cito Oscar “Il meccanismo già stabilito per le nuove emisisoni di titoli pubblici dal 2013 – le clausole che espongono i prendutori a compartecipare al rischio di allungamento delle scadenze e ribasso degli interessi, cioè al rischio di default controllato – non potrà che estendere l’effetto-divergenza all’interno dell’euroarea.”

    scusa tanto… ma questa notizia l’ho sentita solo da te.. e purtroppo è un altro brutto segnale… intanto le Banche fanno girare new Obbligazioni con Tasso 5% e Scadenza 5-10 anni x raccogliere PRIMA che si alzino i Tassi…

    potresti x cortesia dare qualche maggior dettaglio su questa norma :

    * si tratterebbe di una Norma Ue oppure di una Norma Italiana ?

    * ogni paese membro può decidere discrezionalmente se introdurla nel proprio ordinamento oppure è erga omnes valida x tutti ?

    * è già stata approvata o è solo una proposta ?

    * riguarderebbe solo le new emissioni a partire dal 1/1/20130 e quindi non i titoli con scadenza 2013 ma già in portafoglio.. giusto ?

  11. Andrea Tribulini - 61046 Piobbico

    Egregio dottor Giannino,
    Berlusconi pochi giorni fa aveva annunciato una “favolosa” scossa all’economia. Bene, guardiamo ai fatti.
    1) Non c’è che dire, parte proprio bene il federalismo fiscale che, nelle intenzioni dei promotori Roberto Calderoli e Giulio Tremonti, dovrebbe portare l’attesa (dal 1994) riduzione delle tasse per chi lavora. Verranno infatti esponenzialmente aumentate le addizionali comunali all’irpef e, in maniera ancora maggiore e direi insostenibile, le addizionali regionali all’irpef. Verranno inoltre aumentate le imposte provinciali sulle assicurazioni e trascrizioni delle automobili. A fornte di questi aumenti NON è prevista una parallela e di segno opposto diminuzione delle imposte statali. Quindi chi lavora e chi ha una utilitaria dovrà pagare molto più di prima e probabilmente non ce la farà. Gli italiani onesti che vivono di lavoro andranno in default. Invece chi possiede titoli e fondi continuerà a pagare un misero 12,5% di imposta sostitutiva e chi possiede case in abbondanza e le affitta pagherà una misera cedolare secca del 19-21%. Insomma: è dimostrato che anche col federalismo, come già avviene oggi (e ancora più di oggi), in Italia non conviene lavorare, conviene «possedere». Un popolo di «rentiers» destinato alla sconfitta sociale. A proposito, nei decreti sul federalismo c’era solo una piccola norma contro i ricchi «possessori» di mega suv inquinanti: l’addizionale al bollo auto per i KW oltre i 130 destinata al finanziamento del trasporto pubblico locale. Tra l’altro un obiettivo valido. È stata cassata perchè qualcuno si è opposto. Chi è questo qualcuno? Semplice: l’è Lü, el Baüscia milanés, che ol’g’ha ol Süv!
    2) Sono state aumentate le accise sulla benzina (che costa già € 1,60 al litro…) per finanziare la “cultura”, come nel 1935 per la guerra in Abissinia. Speriamo almeno che termini trionfalmente la marcia gloriosa e senza tempo del regio Esercito Italiano verso Addis Abeba….
    3) Con l’ultimo milleproroghe è’ stata poi data facoltà alle autonomie locali di aumentare l’accisa (di nuovo) sull’energia elettrica. Forse era questa la “scossa” che intendeva Berlusconi.
    Che delusione questo mistificatore, truffatore e bugiardo bauscia milanese che aveva avuto l’ardore di presentarsi (nel 1994) come colui che voleva ridurre le tasse e liberalizzare la società.
    Ha definitivamente perso il mio voto.
    Cordiali saluti.
    Andrea Tribulini – Piobbico (PU)

  12. mario unnia

    ‘Inutile piangere sul capitale interamente versato’ diceva quel signore che aveva perso tutto in un progetto sballato. Ebbene, l’Europa Unita è un progetto sballato. Non abbiamo dato retta agli inglesi che proponevano una zona di libero scambio dal Tago agli Urali invece di imbarcarci nella costruzione europea, tanto faraonica quanto impotente. Il federalismo ha un duplice obiettivo, smontare lo stato nazionale e costruire una confederazione di regioni europee. La via? se serve, anche l’ammutinamento fiscale.

  13. Massimo74

    @roberto
    La sinistra non ha risanato proprio nulla,infatti durante i governi amato,ciampi e prodi sia il debito pubblico che la spesa sono sempre aumentati,quello che è sceso è solo il rapporto debito/pil grazie al fatto che l’economia è cresciuta di più rispetta a quando ha governato il cdx.Oltretutto non bisogna dimenticare tutti i vari balzelli che ci sono stati imposti negli anni come la rapina sui c/c da parte di amato o la tassa sull’europa di prodi.In ogni caso lungi da me difendere le politiche dei governi presieduti da berlusconi che non si sono differenziate più di tanto rispetto a quelle dei governi di csx e questo è ancora più grave visto che il cavaliere si era presentato come colui che avrebbe dovuto portare avanti la rivoluzione liberale,rivoluzione che stiamo tutti aspettando invano da 16 anni a questa parte.

  14. Roberto Boschi

    @Rino
    Francamente non ho nomi di politici dell’attaule Opposizione da portare come esempio. Certo non può essere Vendola, del quale non mi permetto di valutare l’Uomo perché non lo conosco, perché le proposte di cui si fa promotore (alcune delle quali sono anche condivisibili, quali ad esempio le facilitazioni per gli investimenti in R&S) non affrontano il nodo del “problema Italia” che resta, secondo me, l’aumento della competitività del Paese da realizzare, in primis, con una profodonda revisione dell’organizzazione della Funzione Pubblica (a tutti i livelli), una diminuzione della Spesa Pubblica che verrebbe molto riqualificata dalla riorganizzazione e, conseguentemente, la rimodellazione del sistema di tassazione.
    Riorganizzare la Funzione Pubblica è essenziale perché solo togliendo risorse (dipendenti, budget, assessori, consuelnze, ecc.) ai settori che fanno SOLO BUROCRAZIA (cioè almeno il 50% degli Uffici Interni di Ministeri, Regioni, Provincie, Comuni), e spostando parte di queste ai settori che EROGANO SERVIZI per i cittadini (Ospedali, Trasporti, ecc) o FORNISCONO SERVIZI/PRODOTTI a pagamento per i Clienti (un esempio su tutti: i Musei!), solo così ri può pensare di far diminuire il peso dello Stato ed aumentarne, allo stesso tempo, il suo contributo alla crescita “sana” PIL.
    Chi può essere all’altezza di anche solo avviare una impresa così “dirompente” politicamente (pensate a quanti interessi e voti ci sono in ballo!) e che richiederà a molti di noi di Italiani di mettere in discussione certezze e posizioni date per immutabili? Non ne ho idea. Certo mi sembra ben difficile che lo faccia il Governo in carica, perché, purtroppo, è nato anche grazie al sotanzioso appoggio di buona parte di coloro che hanno molto da pardere da questa riforma della P.A. (interi segmenti di polazione dei vari territori, organismi di rappresentanza sindacali, ecc).
    Ritorno all’esempio del ’92. In quella situazione nella quale eravamo con le spalle al muro (o riforme profonde e misure impopolari o default stile Argentina!) si affidò il ns futuro a dei “non politici”, Dini e Ciampi, due ex Governatori, due cosidetti tecnici che, sicuramente anche grazie alla situzione di “ultima spiaggia” che stavamo vivendo, ebbero la forza, la costanza, la stazza morale e trovarono il consenso politico per ideare ed attuare scelte fino a poco prima impensabili.
    Leggendo i dati che ogni mese escono (saldo bilancia commerciale, andamento PIL, andamento debito pubblico) e osservando i mercati da vicino mi sembra, purtroppo che la strada sulla quale siamo incamminati ci porterà inevitabilmente sull’orlo dello stesso baratro vissuto allora (e questa volta senza neppure il salvagente della svalutazione):
    mi sa anche questa volta, se si vuole provare a non sprofondarvi, occorrerà affidarci ad un “non politico”, ma bisogna fare presto perché il mandato di Trischet sta scadendo…..!

  15. Vittorio Dalla Barba

    Caro Oscar Giannino,

    sono un suo lettore ed estimatore per la chiarezza con cui, a mio modesto parere, legge i fatti. Vorrei chiederle questo: trovo interessante il “display con il debito pubblico italiano che cresce continuamente e “mi atterrisce” allo stesso tempo, ma sarebbe altrettanto interessante se fosse affiancato da un “trend”, e cioè da un grafico, moto semplice con il debito in ordinate ed il tempo in ascisse per verificarne effettivamente l’andamento, se esponenziale o logaritmico !!!

    potrebbe essere una ulteriore vista della realtà, sicuramente esiste già qualcosa del genere, nel caso la prego di segnalare dove è reperibile

    cordiali saluti ed ancora complimenti per il suo lavoro

    Vittorio Dalla Barba

  16. Eddy

    Faccio una petizione : chiediamo a Giannino di scendere (in modo attivo) in politica!
    In quanti siamo pronti a seguirlo? In 2 anni (quanto ci separa dalle elezioni) potremmo far sentire la nostra voce……….

  17. Concordo pienamente col Signor Boschi per quanto riguarda la riduzione di spese. Si è incominciato a parlare, negli ultimi tempi, della necessità di tagli – per risanare il bilancio – a incominciare dalla simbolica riduzione dei compensi ai parlamentari ed agli alti funzionari; anche la presidente Marcegaglia ha detto, qualche tempo fa, che lo Stato dovrebbe “incominciare a tirare la cinghia”. E’ un progresso, questo, rispetto alla eterna tiritera, portata avanti come assioma da una parte politica e non sufficientemente contrastata dall’altra, della lotta all’evasione fiscale quale via per risanare i conti. La strada del recupero fiscale è certamente valida ma non sufficiente
    e, sopratutto, è fuorviante rispetto ai reali problemi. Bisogna mirare non ad aumentare le entrate ma a ridurre le spese e, questo, non con diminuzioni indiscriminate ma con tagli decisi: non attuando, come contropartita dei consueti benefici elargiti “a pioggia”, una diminuzione delle spese distribuita “a grandinata”. Da tagli selettivi deriverebbe non solo una riduzione delle spese ma, incredibile ma vero, un recupero di efficienza.
    Penso, e da molto tempo, che – non solo per tentare di guarire dai mali contingenti, legati alla crisi attuale, ma quale cura per le disfunzioni organiche di cui soffre – lo Stato avrebbe dovuto e dovrebbe, più che sottoporsi ad una dieta ipocalorica, cambiare regime di vita, eliminando totalmente ciò che gli fa male.
    Il troppo Stato e gli sprechi di questo sono alla base di tutti i problemi economici che ci affliggono: dalle pastoie burocratiche, che ostacolano chi ha intenzione di intraprendere – nate da una pletora di uffici che dovono giustificare la propria esistenza – all’eccessivo peso fiscale che ne consegue, destinato a mantenere questi organi non solo inutili ma dannosi; con imposte a carico di chi non può sottrarvisi e una scusa per gli evasori, che hanno motivo di considerare non del tutto privo di giustificazione il loro operato quando vedono il denaro dato al fisco usato per realizzare le “incompiute” che ci mostra “Striscia la notizia” o per pagare funzionari che li ostacolano nelle loro attività, con adempimednti che ricordano le “prove” di Asterix nel palazzo della burocrazia.

    Si era lanciata l’idea, qualche tempo fa, di invitare i cittadini a denunciare i loro vicini evasori. Non si protrebbe – organizzatore il Dott. Giannino, se ci sta – istituire una rubrica cui segnalare gli enti inutili, le procedure burocratiche vessatorie e costose e le spese inutili: in una parola, gli sprechi? Servirebbe quale collaborazione ai politici che hanno intenzione di porvi rimedio – se qualcuno c’è – e per togliere a tutti ogni scusante di ignoranza quando, a fine mandato, ci diranno che hanno fatto il possibile per individuare e sopprimere le spese inutili.

  18. Riccardo

    Volevo sapere da il Dott. Giannino perchè nessuno parla che in un periodo di tagli, di sprteco di soldi per referendum e tagli alla cultura i parlamentari HANNO IL CORAGGIO DI AUMENTARSI LO STIPENDIO

  19. MauroLIB

    Qualcuno ha notato la ‘notiziuola’, appena accennata sulla stampa a lagra diffusione, sui due Stati americani che hanno deciso di accettare l’oro come mezzo di pagamento?

    Sapete questo che vuol dire? Vuol dire che stanno cominciando ad accorgersi che i dollari (ma anche euro, yen e tutte le monete di tutto il mondo), sono false! Sono soldi creati dal nulla.

    I fantastiliardi di dollari ed euro stampati per i salvataggi bancari, le iniezioni di moneta per sostenere l’economia o per far ripartire i consumi, il criminale maneggio dei tassi d’interesse al ribasso da parte delle banche centrali per imbrogliare gli imprenditori a investire in nuove iniziative, su cui non metterebbero un centesimo se dovessero usare i loro risparmi (tipo net economy o bolla immobiliare), e i privati a fare debiti (tanto il denaro non costa nulla), a cosa servono?

    Se i maledetti keynesiani che dominano le banche, i governi e le università sono così convinti che stampare soldi, emettere debito pubblico o manipolare i tassi sono gli strumenti per ‘stimolare’ l’economia, perchè non fanno un bel decreto in cui dicono a tutti – da oggi ai vostri conti correnti aggiungiamo uno zero – ? Tutti con più soldi = economia stimolata. Questo insegnano nelle università, no?

    Non lo fanno per un semplice motivo. La carta straccia fresca di zecca arriva per prima nelle tasche ‘loro’ (banche, grande capitale, big business e politica). E in quel momento ha il potere d’acquisto corrente, quando dopo due/tre anni quella carta straccia arriva ai cittadini vale di meno perchè intanto, ovviamente, è ripartita l’inflazione e noi siamo più poveri. Risultato? Hanno trasferito ricchezza ‘da noi a loro’. Ecco cos’è un ciclo economico.

    E quali sono le cose che, a differenza della cartastraccia moltiplicabile a piacimento, ‘loro’ non possono stampare o creare dal nulla? Oro, i metalli preziosi, la quantità di cotone, caffè o frumento, insomma le commodities. L’oro? Quello è (se ne estrae pochissimo ogni anno perchè costa sempre di più). Il cotone? Quello produce la terra, così come il caffè o il frumento. Allora andatevi a guardare l’inarrestabile corsa verso l’alto di oro, metalli e commodities negli ultimi dieci anni.

    Gli investitori (e i due Stati americani che vogliono tornare all’oro) hanno cominciato a capirlo. E in Egitto, Tunisia, Siria, Barhein (e altri si aggiungeranno) non riescono più a mettere insieme il pranzo con la cena. Ecco che significa quando leggiamo che la Ben Bernanke sta esaurendo le cartucce per ‘stimolare’ l’economia.

    Tra un po’ comincerà la vera resa dei conti e il sistema (questo sistema) crollerà e si dovrà ripartire con un nuovo, vecchissimo, paradigma: non esistono pasti gratis. Il futuro rubato ai nostri figlioli è la prima tranche del pagamento.

  20. Davide

    Giannino, è inutile, i politici ormai parlano in base ai sondaggi. Invece di essere delle guide per il popolo e fare scelte dove è necessario farle (indipendentemente dalla loro popolarità), puntano esclusivamente alla propria rielezione: non ridurranno mai il peso dello stato, perché significherebbe tagliare stipendi, tagliare servizi, tagliare fondi. E il popolo insorgerebbe sobillato dalle opposizioni.

    Sarebbe utile una applicazione sul Chicago Blog, un termometro per monitorare la gravità della situazione europea. Così uno può rendersi conto in tempo reale quando è ora di emigrare in Svizzera…

  21. lo scimmione

    Ho proposto, qualche giorno fa, di segnalare sul blog le spese inutili e gli sprechi in genere della pubblica amministrazione. Vorrei aggiungere che sarebbe opportuno contare i consensi e i motivati dissensi dei partecipanti circa le varie segnalazioni.
    Condivido in parte il pessimismo di “Davide” circa la volontà di riforme del governo e, ancor più, del parlamento, ma mi sforzo di pensare che non è giusto, per noi, rinunciare alla lotta, non foss’altro per scarico di coscienza. E’ poi da considerare che il momento che stiamo attraversando è, paradossalmente, favorevole al tentativo di spingere alle riforme: il principio generalmente applicato quando impera la demagogia, per cui nessuna parte politica è disposta ad adottare misure impopolari, potrebbe non essere applicabile a questa maggioranza. All’aria che si avverte intorno – ed i sondaggi degli uffici studi dei partiti di governo dovrebbero confermarlo – questa maggioranza ha pochissime probabilità di essere confermata alle prossime elezioni, e ciò non per quella fisiologica delusione dell’elettorato che porta spesso all’alternanza, o per le attività personali del premier, ma per la situazione economica – che non migliorerà certo, con questo andazzo, nell’ultima parte del mandato – e per il fatto che non sono state attuate quelle indispensabili misure di snellimento dello stato in cui aveva fatto sperare il programma elettorale.
    In questa situazione, con prospettive di sicura sconfitta, cosa avrebbe da rischiare il governo (in tutte le sue componenti) dallo scontentare qualche categoria? Lo sfaldarsi al momento del voto in aula, per compiacere qualche gruppo o lobby, significherebbe essere mandati a casa fra pochi anni. Uno sprazzo di intelligenza lungimirante e un sobbalzo di coraggio, dettato dalla disperazione, potrebbe significare la salvezza; anche per tutti noi.

    Detto questo, segnalo alcune possibili forme di risparmio, fra quelle su cui ho invitato a confrontarsi:

    1) Soppressione delle Province (non sono originale!!). I compiti di queste – quelli utili – potrebbero essere ripartiti fra Regioni e Comuni: i dipendenti attuali potrebbero essere assegnati all’uno o all’altro ente, in sostituzione di chi raggiunge la quiescenza; o anche, in attesa, essere retribuiti senza prestazione di lavoro: costerebbe meno che tenere in vita uffici inutili e fonti di altre spese (presso i Comuni e le Regioni esistono uffici che dialogano con le Province, spesso a dirimere questioni di competenza) Vi sono, è vero, problemi che riguardano più Comuni vicini tra loro, ma questi Comuni con sono necessariamente ubicati nella stessa Provincia – spesso nemmeno nella stessa Regione – e, per problemi di questo genere, hanno senso i Consorzi.
    2) Soppressione dei “municipi” all’interno delle grandi città. (In questi giorni un municipio della città dove abito ha bandito un concorso per l’ideazione dello stemma del municipio stesso) Il contatto del Comune con i cittadini può essere mantenuto in modo più agile e meno costoso e il “parlamentarismo” non è, di per sé, indice di democraticità.
    3) Revisione del funzionamento di molti enti. Le ASL, ad esempio. Per ritirare lancette e strisce per la misurazione della glicemia, i pazienti devono recarsi, in determinati giorni della settimana, presso appositi uffici e “fare la coda”; in alcune regioni, più solerti, il materiale per le analisi viene recapitato, da dipendenti dell’ASL, al domicilio dei diabetici, che debbono rimanere in casa ad aspettare. Non sarebbe più comodo per i cittadini, e meno costoso per il servizio sanitario, permettere che questo materiale venga ritirato presso la farmacia sottocasa, come avviene per i farmaci, talvolta di prezzo molto elevato, relativi alle altre patologie? Può darsi che ci sia un valido motivo per il comportamento adottato, ma ho il forte timore che si tratti solo del desiderio di “creare posti di lavoro”.

    Penso che i frequentatori del blog possano fornire altre segnalazioni. Ricordo di aver letto dell’esistenza di enti anacronistici, per la liquidazione di pratiche di una vetustà grottesca; e di altri, inattivi, in cui gli importi in entrata, assegnati dallo Stato o percepiti dalla tassazione dei cittadini (mi pare si tratti di consorzi di bonifica o depurazione delle acque) vengono usati per la retribuzione del personale amministrativo.

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