23
Giu
2010

Pomigliano, chi ha paura e chi no

Non si capisce il referendum dei lavoratori di Pomigliano, senza una premessa. La Fiat di Sergio Marchionne e John Elkann ha scelto una via nuova. Non prende più contributi pubblici, e dunque rifiuta di essere considerata una branca dell’INPS. Resta a produrre negli stabilimenti italiani non per fare assistenza pubblica in perdita, ma solo se la produttività è tale da realizzare utili. Perché solo così si riesce a fare altrettanto anche negli USA con Chrysler. E’ vero che a Pomigliano c’è una storia particolare, di alto assenteismo e finti malati. Ma la nuova Fiat addita al Paese una realtà che molti continuano a non voler vedere.

La bassa crescita del Pil italiano, da anni, nasce dalla bassa crescita della produttività, che provoca continue perdite di competitività. Nell’industria manifatturiera, tra l’avvio dell’euro e il 2007, prima della grande recessione, il costo del lavoro per unità di prodotto è cresciuto in Italia del 19%, mentre si è ridotto del 7,5% in Francia e del 9,8% in Germania. Abbiamo ceduto ai tedeschi ben 32 punti di competitività. Per questo, tra il 1997 e il 2007, il PIL italiano è aumentato dell’1,4% l’anno contro il 2,5% del resto dell’eurozona, il 2,7% degli altri Paesi Ue, il 3% degli USA. E il reddito per abitante degli italiani è arretrato di 7 punti rispetto alla media dell’area euro.

Sinistra antagonista, FIOM e CGIL hanno levato grida di giubilo, al risultato del referendum a Pomigliano che ha visto più un lavoratore su tre respingere l’intesa. Pensano che a questo punto la Fiat debba fermarsi, e ritrattare tutto. Lo capisco, sono esplicitamente e orgogliosamente depositari di una visione per la quale, ostinatamente, sir ifiuta che sia il mercato, secondo logiche di costo comparato per valore aggiunto, a dettare le condizioni globali delle allocazioni produttive e d’investimento. Al contrario, a me pare che la vera notizia sia che due lavoratori su tre – anche in un realtà particolare come Pomigliano – abbiano capito che non c’è alternativa a lavorare di più, a non mettersi in finta malattia per il secondo lavoro in nero, e a non scioperare quando l’azienda chiederà straordinari, notturni e sabati di lavoro. Cisl, Uil, Ugl e Fismic, che hanno sostenuto l’accordo, possono essere soddisfatti. Hanno dimostrato che la paura del lavoro aggiuntivo non batte la consapevolezza che senza di questo, semplicemente, lo stabilimento chiude.

Chi ha votato sì è pronto a nuove regole di condivisione, non di scontro. E’ più coraggioso di molta parte della classe dirigente italiana, che nelle ore immediatamente successive al voto ha temuto che Marchionne facesse tanto sul serio da tirare comunque giù la serranda. E ha iniziato a dire che mica è una svolta nazionale, è solo un caso particolare. E dunque la Fiat non faccia troppo la difficile, spenda i suoi bei 700 milioni di investimenti e mantenga la parola.

Bisogna dire le cose come stanno. Quando la Fiat dice che a questo punto l’azienda procederà solo con sindacati e lavoratori che si sono impegnati, ha ragione. Non si aumenta per otto la produzione, sotto la minaccia di ridiscutere tutto altrimenti si incrociano le braccia. Se la FIAT sceglierà la strada di una newco solo per i lavoratori che s’impegnano alle nuove condizioni, si scatenerà un pandemonio. Sarebbe senza precedenti. Legioni di protestatari si ergerebbero, da settori assai diversi da quelli della sinistrra antagonista. valuterà l’azienda, ma io penso che quella scelta sarebbeb ancor più limpida e apprezzabile. Penso infatti che classi dirigenti serie dovrebbero aggiungere che la svolta non deve fermarsi a Pomigliano. I dati dicono che in mezza economia italiana, c’è bisogno di qualcosa di simile. Chi lo nega, non ha capito nulla del mondo nuovo in cui con la crisi siamo entrati. Parla di produzione alternativa al modello seguito dalle aziende, solo perché preferisce “padroni” – per usare il vecchio frasario antagonista-  che prendono i soldi pubblici, e sono di conseguenza più influenzabili – diciamola meglio: ricattabili – da politici e sindacati.

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9 Responses

  1. dante Shanti

    Con la (finta) proposta della Fiat, siamo arrivati alla limitatezza di questo capitalismo malato. In questo taglia e cuci, nessuno si è preoccupato dei lavoratori Polacchi. Questi lavoratori che guadagnano poco e rendono molto: contro ogni logica di mercato, sono condannati a morire. Un atto di ingiustizia che i lavoratori Polacchi non meritavano! Ma bisogna andare avanti. In Italia si sta celebrando la Madre di tutti i contratti. Come il nuovo corso della concertazione fra l’industria e il sindacato, per il progresso della società. In tutto questo Io non vedo nessun progresso: avere la felicità per sé a discapito dell’altro, è semplicemente odioso! Sembra di assistere al pietoso paradosso de: il dilemma del prigioniero e sappiamo che brutta fine han fatto. Che delusione scaturisce da questi manager laureati a go-go, master e super-master nelle principali università mondiali. Ci si potrebbe domandare? Tutto qui quello che sanno partorire queste menti eccelse! Siamo molto lontani dal pensiero dell’economista e premio Nobel Amartya Sen, circa il rimedio di curare le persone per risanare le diseguaglianze della società. In questo scenario, una proposta lungimirante sarebbe stata una benedizione! Una proposta che scartasse il fremito dell’immediato guadagno egoistico, con una visione d’idee che lasciasse tutti a bocca aperta: aumentare lo stipendio del 30% (non solo di questi in causa) si aumenterebbe anche il Pil del 5.8%. Non è molto, ma è pur sempre un buon inizio! Qualcuno dirà che così facendo non si più concorrenziali con il mercato? Queste sono solo balle. I cento miliardi di euro falsamente rientrati dalla Svizzera -e gli altri duecento ancora nascosti- sono la prova che li smaschera. E così, i lavoratori della Fiat firmeranno; con il mal di pancia ma firmeranno per il Si. Poi, scopriranno di essere stati beffati! … Ma accadrà un imprevisto che colpirà anche la Fiat: la quale, non potrà cantar vittoria. Conoscerà uno smacco dove si aspettava una vincita; e qui mi riferisco alle vendite della Panda, di quest’auto non più benedetta a cui le persone, ( soprattutto gli Italiani) non ci vorranno più mettere il proprio sedere! Per la prima volta le persone riconosceranno il vero volto della società che non è più Fiat, ma F.i.a.t. e ne avranno orrore.

  2. Alberto

    @dante Shanti
    Sono completamente in disaccordo con il tuo punto di vista, e sinceramente trovo che
    a)”nessuno si è preoccupato dei lavoratori Polacchi. Questi lavoratori che guadagnano poco e rendono molto: contro ogni logica di mercato, sono condannati a morire” sul fatto che rendano molto sono d’accordo, ma che guadagnino poco.. rispetto a chi?Ai lavoratori Italiani?Cinesi?Russi?Americani? a meno che tu non stia proponendo una retribuzione standard operaia mondiale ( RSOM), di sovietica memoria…
    Ma se in valore assoluto la loro retribuzione è minore, ti assicuro che i “poveri polacchi” non rimarranno con le mani in mano per molto tempo.
    b)”come il nuovo corso della concertazione fra l’industria e il sindacato, per il progresso della società. In tutto questo Io non vedo nessun progresso: avere la felicità per sé a discapito dell’altro, è semplicemente odioso! Sembra di assistere al pietoso paradosso de: il dilemma del prigioniero e sappiamo che brutta fine han fatto.” A parte la melensa e demagogica retorica, è da Adam Smith che l’economia funziona così, il dilemma del prigioniero fà riferimento alle strategie dominanti attuabili da due individui che non possono collaborare tra di loro ( o colludere), quindi la loro strategia attuata è la migliore date le circostanze ( e comunque non riesco a capire il nesso.. che c’azzecca?)
    c) “Che delusione scaturisce da questi manager laureati a go-go, master e super-master nelle principali università mondiali. Ci si potrebbe domandare? Tutto qui quello che sanno partorire queste menti eccelse!” qui è più una questione di logica, o meglio di buon senso.. diciamo semplicemente che la “genialità” non è direttamente collegata al numero di master conseguiti..
    d)”Una proposta che scartasse il fremito dell’immediato guadagno egoistico, con una visione d’idee che lasciasse tutti a bocca aperta: aumentare lo stipendio del 30% (non solo di questi in causa) si aumenterebbe anche il Pil del 5.8%. Non è molto, ma è pur sempre un buon inizio” Questa è stata la parte migliore.. aumentare gli stipendi del 30 % mantenendo inaltareta la produttività è un suicidio..piuttosto un taglio netto delle tasse, da buon neo-Lafferiano credo che sia L’UNICA maniera per ottenere qualcosa di concreto nel lungo periodo..
    e)Il restante sinceramente non lo commento, un’accozzaglia di populismo su cui mi trovo d’accordo SOLO ED IN PARTE sui capitali scudati, grazie al nostro (d)emerito min.Tremonti….

    Dante questo non vuole essere un attacco simil-talebano, ma un modo di confrontarsi, seguendo l’adagio di Voltaire.

  3. gianpiero

    Meritoria certo è la nuova visione di azienda finalmente privata, indipendente da assistenza statale, incentivi, cassa integrazione da usare quando il mercato non tira o quando è necessario far manutenzione alle linee. Se fosse vero sarebbe certamente una gradita novità.
    Resto perplesso sul metodo, il referendum è strumento certamente democratico, ma sono dell’avviso che l’azienda sia la forma sociale ed economica meno democratica, e giustamente, che l’uomo abbia inventato. Perchè alla fine qualcuno deve assumere la decisione di ciò che si ‘deve’ fare secondo logiche economiche e di mercato.
    Ed è proprio qui che non capisco. La produzione in Polonia e prossimamente in Serbia, costa meno, sia per costi interni, sia per costi esterni (burocrazia, fisco in primis). Quindi la scelta tra Pomigliano e la Polonia o la Serbia mi sembra economicamente scontata.
    Ma non volendo fare processi alle intenzioni allora dico ok, non sarà tanto ma il 62% è una percentuale “bulgara” quindi avanti con il piano senza se e senza ma, come dovrebbero dire a sinistra, ed invece all’ultimo momento esce la terza via, il piano C. Forse il quorum doveva essere dichiarato prima no?! Cambiare le regole del gioco a risultato acquisito mi sembra tipicamente italiano, non me lo sarei aspettato dal Manager “americano”, innovatore, etico e virtuoso, così come dipinto da molta stampa italiana e non.
    Per quanto riguarda i sindacati favorevoli, ora si deve chiedere fermamente il rispetto del piano proposto e non solo, in cambio della revisione al ribasso dei salari, dei turni piu pesanti e della “sospensione” del diritto di sciopero, si può e si deve chiedere una clausola di salvaguardia, un impegno dell’azienda a presentare piani di produzione che traguardino non il triennio, alla fine del quale sarà produttivo il nuovo impianto serbo, ma di più lungo respiro, così tanto per scongiurare il boccone avvelenato di un impegno a scadenza brevissima.
    Questo non mi sembra ostruzionismo, ma semplice buon senso applicato ad un contratto tra parti realmente pronte a collaborare, per il bene dell’azienda, dei lavoratori, del sistema paese.
    Saluti. GianPiero.

  4. Alberto

    GianPiero, concordo con te..
    Sinceramente mi sono stupito di come un sindacato, quale la Fiom, si sia sforzata per non fare rispettare il primo dei diritti dei lavoratori, ossia quello di Lavorare.
    Pomigliano mi puzza un pò di “accorducolo” tra governo e Azienda ( ovviamente sotto banco), perchè non vedo i motivi validi per invischiarsi in una realtà “melmosa” come quella italiana, ed in decadimento come la realtà di Pomigliano.
    Quello che frega l’Italia è la scarsa produttività media la quale andrebbe aumentata esponenzialmente, oltre che a creare un sistema fiscale in grado di attirare le imprese estere a stabilirsi negli Italici lidi ( questa a mio avviso la pecca più grande e che ogni volta non si vuole risolvere).
    Ragionando da possibile Outsider, non mi verrebbe mai in mente di stabilirmi in una nazione come l’Italia…sarebbe da pazzi…
    saluti Alberto

  5. la Fiat può anche andare fuori dall’italia. ma chi se ne fregaaaaaa, Cari napoletani, fate come i vostri nonni (e quelli di altre nazioni), andate via dall’italia. è sempre meglio. io lavoro per una multinazionale dell’alimentazione e posso dire che gli sprechi e la produttività:
    1- NON dipendono dall’operaio, bensi dal management (mediocre, a mio parere)
    2- da come viene organizzato il lavoro,
    3- dalla qualità di macchine e materie prime impiegate in produzione.

    e da qui non ci si muove!! è anche normale che se un capoturno rompe le Balle all’operaio, questo sicurramente viene DISINCENTIVATO a lavorare al meglio.

  6. la Fiat può anche andare fuori dall’italia. ma chi se ne fregaaaaaa, Cari napoletani, fate come i vostri nonni (e quelli di altre nazioni), andate via dall’italia. è sempre meglio. io lavoro per una multinazionale dell’alimentazione e posso dire che gli sprechi e la produttività:
    1- NON dipendono dall’operaio, bensi dal management (mediocre, a mio parere)
    2- da come viene organizzato il lavoro,
    3- dalla qualità di macchine e materie prime impiegate in produzione.

    e da qui non ci si muove!! è anche normale che se un capoturno rompe le Balle all’operaio, questo sicuramente viene DISINCENTIVATO a lavorare al meglio.

  7. enzo

    un dubbio mi assale: siamo sicuri che la via scelta da Marchionne per Pomigliano sia quella giusta, intendo dal punto di vista economico? Nell’articolo si dice che fiat non vuole più essere considerata una branca dell’inps e che rinuncia a prendere contributi pubblici. Benissimo. La globalizzazione non lo consente in un’era da ‘dopo Cristo’. Sta storia però, devo dire, mi puzza un pò. Ma perchè mai fiat auto, considerata la straordinaria produttività e qualità degli stabilimenti di Vichy che Marchionne stesso si è più volte premurato di sottolineare, si è intestardita così tanto su Pomigliano? Qui gatta ci cova, o meglio, il lupo fiat perde il pelo ma non il vizio nel gioco politico italiano.

  8. gianpiero

    Enzo, domanda lecita la tua:
    forse perchè la capacità produttiva è satura e i nuovi impianti in Serbia saranno operativi solo fra 3 anni?
    forse perchè il rinnovo degli incentivi finora negati e non richiesti, almeno ufficialmente, possono essere ancora il giusto compromesso?
    forse perchè si potrebbero aprire le porte a produttori concorrenti in Italia, magari provenienti dall’est, e potrebbe essere un impianto vendibile?
    Stiamo a vedere cosa succede.

    ps
    intanto un’idea su chi mandare alle linee di montaggio su tre turni e con il nuovo contratto iperflessibile e lowcost ce l’ha data la partita di oggi …

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