Politiche verdi o grigie per le città?
L’Urban Climate Change Research Network evidenzia come, se da una parte le città sono particolarmente sensibili agli effetti dei cambiamenti climatici, dall’altra è proprio da esse che possono arrivare idee e proposte per affrontare tale sfida. Una sfida particolarmente ardua in Italia dove, secondo il VII rapporto dell’Ispra sulla Qualità dell’ambiente urbano, tra i 48 maggiori centri la metà delle città possiede meno del 5% delle aree verdi, mentre aumenta l’utilizzo del suolo e dei rifiuti. Solo in 8 città il verde supera l’20%.
Il problema è che per migliorare la situazione non sono necessarie solo analisi scientifiche, ma anche maggiori investimenti in infrastrutture, trasporti, costruzione di edifici, in un contesto, come quello attuale, di forte crisi finanziaria e inevitabili tagli agli enti locali. Dobbiamo quindi rassegnarci a un futuro sempre più grigio e inquinato?
Secondo la legge italiana sì. Sono infatti due i provvedimenti inutili con cui si interviene in materia: il primo è il Dl 138/ 2011 sui servizi pubblici locali che, come era già stato detto, liberalizzava molto poco mentre lasciava troppo potere ai Comuni per poter avere effetti significativi in termini di efficienza economica ed ambientale. Ciò che mancava, si era scritto, erano gli “incentivi a fare”, anziché gli obblighi. Allo stesso modo, risulta inefficace la legge per le aree verdi che prevede l’istituzione della Giornata nazionale per gli alberi (prevista per il 21 novembre) e di un Comitato per lo Sviluppo del verde pubblico, che dovrebbe aiutare i comuni a realizzare gli obiettivi ed evitare che venga disattesa la norma approvata lo scorso marzo la quale, riprendendo la legge n. 113 del 1992, obbliga a piantare un albero per ogni bambino nato o adottato. Inoltre costringe i comuni a compiere, entro un anno, il censimento degli alberi e il sindaco a redigere, alla fine del mandato, un “bilancio arboreo”. Il Comitato dovrà poi “proporre un Piano nazionale che fissi criteri e linee guida per la realizzazione di aree verdi permanenti intorno alle maggiori conurbazioni e di filari alberati lungo le strade”. Si favoriranno quindi i “giardini pensili, gli orti urbani, e il rinverdimento delle pareti degli edifici, sia tramite il rinverdimento verticale che tramite tecniche di verde pensile verticale”. L’idea alla base è che più verde consente di assorbire una maggior quantità di CO2 e riduce le temperature, richiedendo meno spese per raffreddare case e uffici. Con tale legge, però, si crea l’ennesima istituzione, che andrà a pesare, oltre che sulle già provate casse pubbliche, anche sulla flessibilità delle scelte politico-ambientali, non consentendo alle amministrazioni locali di adattarsi ai cambiamenti climatici e stabilendo un piano nazionale incurante delle specificità locali.
In realtà è possibile vivere in città più ecologiche senza avere i conti in rosso, come dimostrano Chicago, New York, Austin, Houston, Los Angeles, New Orleans, Philadelphia, Portland, San Francisco e Seattle: esse fanno parte del Large Cities Climate Leadership Group, che oggi comprende 58 città in tutto il mondo (chiamate le C40). Si tratta di un gruppo che mira a ridurre le emissioni di gas serra attraverso un range di misure di efficienza energetica e programmi di energia pulita. Tali risultati sono stati ottenuti non attraverso grandi opere di ingegneria, ma tramite piccole modifiche: tra queste, i prati sui tetti (i cosiddetti “green roof”), che aiutano a mantenere freschi gli edifici in estate e, quindi, riducono il fabbisogno energetico per raffreddarli, oltre a consentire di trattenere l’acqua durante le tempeste e combattere l’effetto “isola di calore” tipico dei centri urbani. Quando, poi, i bus devono essere sostituiti, si opta per i modelli ibridi, che producono il 60% in meno delle emissioni di carbonio e possono consentire un risparmio di carburante pari a 7 $ al metro. Oppure si riasfaltano i pavimenti con superfici permeabili e chiare, riducendo l’acqua nelle fogne e riflettendo il calore e la luce solare. Grazie al Climate Action Plan (CCAP), in 2 anni a Chicago sono aumentati i fruitori del trasporto pubblico, sono stati conservati milioni di galloni di acqua e sono stati aggiunti un centinaio di bus ibridi.
Ciò che ha consentito il successo di tale progetto sono la volontarietà e la diversificazione dei progetti. Per quanto riguarda la prima, nessuna città è costretta a far parte di questo gruppo, ma vi rientrano solo quelle che lo decidono spontaneamente. Relativamente alla seconda, dal momento che uno strumento può essere utile in un posto ma non funzionare in un altro, i piani cittadini variano da una città all’altra, riuscendo comunque a raggiungere obiettivi comuni in termini di risparmio energetico ed efficienza ambientale: il passaggio a mezzi di trasporto ibridi, la preferenza per il riciclo e il compost, lo stimolo a convertire i rifiuti in energia, l’incentivo a costruire case ed uffici a maggior efficienza energetica. Grazie a queste scelte politiche non vincolanti e basate sulle reali necessità locali, sarà possibile raggiungere migliori risultati ambientali, ma anche economici, dal momento che consentono di risparmiare i soldi dei contribuenti. In Italia non risolveranno certo la situazione economica degli enti locali, ma contribuiscono a ridurre le spese e gli sprechi. Basterebbe comunque aprire anche il mercato dei servizi pubblici locali per avere benefici più consistenti.