Please, rileggiamo Buchanan! – di Michele Silenzi
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Michele Silenzi.
Si perdono ore, giorni, mesi ad analizzare la crisi, le sue cause, le sue conseguenze quando per sapere praticamente tutto basterebbe rileggere James M. Buchanan, il grande economista della Public Choice (che analizza, tra le altre cose, il comportamento dei politici nella loro gestione della finanza pubblica in base alla propria utilità personale di breve termine: la rielezione). Perché ostinarsi a perdere tempo quando qualcuno ha già pensato tutto per noi e la storia lo ha ampiamente legittimato? Uno dei suoi capolavori (scritto in collaborazione con Richard Wagner, l’economista, non il compositore) è del 1977 e si intitola Democracy in deficit. Si tratta di materiale straordinario, ben al di là della semplice letteratura accademica. Non è un libro come gli altri ma una profetica analisi storico-economica in cui con un linguaggio diretto, ironico, efficacissimo, Buchanan smonta l’intera architettura dei keynesiani toccando tra l’altro da un punto sacrosanto che sempre viene dimenticato: Keynes ha pubblicato la sua General Theory nel 1936 sull’onda della grande depressione. È morto nel 1946 senza essere stato per nulla in grado di vedere il nuovo mondo che si sarebbe venuto formando e di cui lui aveva contribuito a gettare le basi come uno dei protagonisti di Bretton Woods. Avrebbe continuato a perseverare nelle sue idee? O le avrebbe adattate ad un mondo del tutto diverso?
In Democracy in deficit si descrive come politiche keynesiane di deficit spending dal 1961 al 1976 abbiano portato ad una terribile staglflazione (alta disoccupazione alta inflazione) negli Stati Uniti. Le politiche responsabili per quella situazione furono le medesime di quelle che da più parti vengono evocate oggi contro il rigore imposto dal mostro germanico: niente pareggio di bilancio, più deficit spending, più emissione di moneta tutto chiaramente ad maiorem gloriam dei politicanti.
Non bisogna dimenticare che l’orizzonte di Keynes era quello di una “borghesia illuminata” al potere, di una sorta di governo da Circolo Bloomsbury. All’interno di questo orizzonte strutturalmente non democratico, le sue politiche avevano tutt’altra possibilità applicativa. Tuttavia, come scrive Buchanan, “l’economia non è controllata dai saggi di Harvey Road [residenza di Keynes, nda] ma da politici in continua competizione per una poltrona”.
Ricorrere continuamente al deficit (bersaglio principale dell’analisi di Buchanan) crea una sorta di dipendenza, di vizio strutturale a cui né i politici né i cittadini riescono più a fare a meno e puntualmente, non volendo alzare troppo le tasse, provvedimento troppo impopolare, si inizia a stampare moneta (creando la più infida e oscura delle tasse: l’inflazione). E si crea un circolo vizioso: “Dopo un periodo di money-financed deficits, di crescita del settore pubblico e di inflazione, qualsiasi sforzo da parte dei politici o delle autorità monetarie di riportare l’economia nazionale entro un regime di balanced budget, di stabilità nell’estensione del settore pubblico e della stabilità dei prezzi, porterà a deludere le aspettative già costituite e porterà proprio alle conseguenze predette dai modelli keynesiani”. Ecco che le politiche di keynesiane si trasformano in una self-fullfilling prophecy causando, attraverso la loro applicazione, le conseguenze che si riprometteva di evitare. Nel momento in cui quelle politiche vengono sospese, per cercare di riportare l’economia su binari più bilanciati, si imputano a queste nuovi provvedimenti di rientro la causa della recessione.
Ed è proprio a questo punto che Buchanan, tornando alla parte a più intrigante della Public Choice theory, si interroga sulle conseguenze politiche di questo tipo di operazioni economiche: “Possiamo davvero aspettarci che l’ordinaria politica democratica sia in grado di prendere le decisioni difficili richieste per operare il necessario cambiamento di politica [economica]? Questo sembra l’aspetto più tragico di tutto il lascito keynesiano. Una democrazia politica, una volta impegnatasi in una sequenza di money-financed deficits, potrebbe rendersi incapace di modificare la direzione presa”.
Buchanan ricorda bene la lezione di Schumpeter sull’inflazione che il grande austriaco vedeva come una delle forze più letali per scardinare una democrazia liberale a partire dai suoi effetti devastanti per l’impresa privata: “perenni pressioni inflazionistiche possono giocare una parte importante nell’eventuale conquista, da parte della burocrazia, delle imprese private” a cui vengono attribuiti gli aumenti dei prezzi in realtà causati da una sciagurata politica monetaria. E bisogna sempre ricordare da dove deriva l’inflazione: dal budget deficit finanziato con nuova moneta. L’aumento dell’offerta di moneta non è mai neutrale.
Democracy in deficit analizza con assoluta chiarezza tutti questi punti che sommariamente ho elencato e si conclude mettendoci di fronte ad un fatto inequivocabile. I politici, alla fine dei conti, non sono dei mostri egoistici che agiscono ingannandoci. Al contrario, essi agiscono rispondendo alle voci dell’elettorato e le colpe, prima che loro, sono dell’elettorato: la loro follia, quella dei politici, è la nostra follia, quella degli elettori. Their folly is our folly.
Eccolo, è arrivato anche Buchanan, ennesimo Premio Nobel per l’Economia (che non esiste) proveniente dalla cricca di Chicago (che purtroppo esiste). Allora ricapitoliamo, e andiamo per ordine. La prima osservazione di Buchanan è quanto meno di cattivo gusto, perché secondo lui una delle colpe principali di Keynes sarebbe stata quella di essere nato nel 1883, e di essere morto 1946, quindi troppo presto per riuscire ad elaborare una teoria più moderna e attinente agli sviluppi successivi del dopo guerra. Lascio cadere la cosa qui perché francamente la questione mi fa accapponare la pelle. La seconda osservazione poi… non è nient’altro che una falsità. Secondo Buchanan, Keynes sarebbe stato uno dei principali protagonisti di Bretton Woods. Magari lo fosse stato davvero, magari le Nazioni partecipanti avessero accettato il piano di Keynes, ora non saremmo preda della finanza rapace, invece accettarono il piano di White, e così ora siamo tutti schiavi del dollaro e degli USA, con le conseguenze che possiamo vedere, ma andiamo avanti. Secondo Buchanan se i politici sono attaccati alle poltrone è colpa di Keynes, se i politici sono corrotti e bugiardi è colpa di Keynes, chissà, magari per Buchanan anche quando piove è colpa di Keynes, “piove, Keynes ladro”. Ma questo è niente, questa è solo la fiera delle banalità, ancora niente di grave è stato detto, perché Buchanan il meglio/peggio di sé lo da quando scrive “possiamo davvero aspettarci che l’ordinaria politica democratica sia in grado di prendere le decisioni difficili richieste per operare il necessario cambiamento?” La domanda è posta in modo da far supporre una sola risposta: “no, non possiamo aspettarcelo”, ma allora cosa facciamo? Se la democrazia non basta… dovremmo per caso affidarci a qualche tipo di governo anti democratico? Buchanan non lo dice, ovvio, se lo avesse detto lo avrebbero messo in galera subito e senza passare dal via. Concludo dicendo che Alfred Nobel non istituì mai il premio per l’economia, e che la Banca di Svezia nel 1969 abbia istituito un premio dedicandolo a Nobel è stata ed è tuttora una forzatura inaccettabile, ma che poi questi premi siano stati dati a gente come Friedman, amico di Pinochet, e Buchanan, apologo della tirannia, è semplicemente scandaloso. Saluti.
questa lezione spiega il punto chiave di tutta la storia recente delle democrazie occidentali, anche Hayek oltre a Buchanah ha descritto benissimo il problema (Legge legislazione e libertà, vol. 3), e CHIUNQUE abbia la pazienza di leggerli con attenzione e comprenderli capisce subito che hanno ragione da vendere e che fino a che non porremo rimedio ai mali delle nostre democrazie come da loro indicato non usciremo dall’impasse e resteremo destinati a un (lento?) inesorabile declino……..
il mondo tra un numero sufficente di anni capirà che deve difendere certi valori con le unghie, insegnando A TUTTI la lezione magistrale di questi autori
@alexzanda
Vero, Hayek e Buchanan ebbero più di un tratto in comune, ad esempio furono entrambi bravissimi a praticare la critica distruttiva, e sempre ambedue dovettero essere obbligatoriamente molto sibillini per quello che riguardava le loro proposte politiche. Per forza, se avessero parlato più chiaro sarebbero finiti in galera direttamente (e come ho già detto sopra: senza passare dal via).
Tralasciamo polemiche su date e dettagli marginali. Il concetto per me chiaro e’ che era meglio quando era peggio.
Mi tocca fare l’apologia di Buchanan contro John Law, anche se magari mi sto solo mettendo a polemizzare con un troll.
Allora, primo: Buchanan non dice affatto che una delle “colpe principali” (ma dove lo hai letto?) di Keynes sarebbe quella di essere morto nel 46, semplicemente fa una constatazione. Keynes non ha potuto vedere il dopoguerra, il boom economico e la crisi degli anni 70, perchè era morto, quindi non poteva sapere a suo tempo come si sarebbe evoluta l’economia. Nemmeno Leonardo ha avuto il tempo di elaborare un progetto di macchina volante che funzionasse, purtroppo era già morto quando i fratelli Wright hanno inventato il primo aereo. Come ciò possa farti accapponare la pelle, è per me un mistero.
Secondo: la prossima volta, invece di leggere la voce di Wikipedia in italiano su Bretton Woods, leggiti una cosa un po’ più completa, tipo questo (http://www.princeton.edu/~ies/IES_Essays/E192.pdf). E’ lungo ma è interessante.
Terzo: di nuovo non riesco a trovare dove hai letto che secondo Buchanan se i politici sono corrotti è colpa di Keynes, innanzitutto non parla proprio di politici corrotti ma parla di politici che vogliono essere eletti e rimanere al loro posto, cosa che non presuppone la corruzione nè la malafede, e la differenza è davvero facile da capire. Buchanan non dà a Keynes la colpa di niente, si limita a criticare il fatto che la teoria di Keynes presuppone che il governo sia un’entità benevolente e capace, mentre la realtà dimostra in modo lampante che non è così, che il governo è invece formato da persone, persone che sono mosse da incentivi propri e che non sono tutte degli economisti scafati. Quindi costruire le proprie proposte sull’ipotesi che il governo agisca in modo benevolente e capace rende quelle proposte fragili e potenzialmente controproducenti nel momento in cui la politica di comporta diversamente (e di nuovo, non vuol dire che allora la politica è corrotta, vuol dire solo che fa le scelte sbagliate perchè mossa da altri incentivi, magari pure in buona fede).
E infine, quarto, la cosa peggiore: tu concludi che siccome Buchanan dice che la politica potrebbe essere incapace di prendere le decisioni difficili per operare i necessari cambiamenti una volta fatto il casino, allora Buchanan vuole la dittatura. No, mi dispiace ma qui proprio dimostri di non aver capito un cazzo. Quello che dice Buchanan è che vuole che il governo EVITI AL PRINCIPIO di fare politiche come il money-financed deficit perchè quelle POI portano inevitabilmente a situazioni in cui alla politica sono richieste decisioni difficili che potrebbe non essere in grado di prendere. Anche qui, non è difficile da capire. Infatti dalla stagflazione degli anni ’70 non si è usciti con la dittatura, ma semplicemente cambiando la politica economica e monetaria.
Lasciando da parte le teorie economiche il punto e’ che la nostra non e’ una democrazia ma una spartitocrazia!
So’ che la cosa non piacerà al sig. Law, ma diceva M. FRIEDMAN:
“Se mettiamo il governo a governare il Sahara in capo a 5 anni ci sarà scarsità di sabbia”, beh mi sembra calzante a quanto sta’ succedendo in Italia!
“Spartitocrazia” è una definizione davvero calzante per un caso, quello italiano, unico al mondo. Tanto – io credo – da non essere nemmeno immaginabile dagli illustri economisti citati.
Gentile Sig. Law, visto che lei è così sicuro dei suoi teoremi, le dispiace chiarire il suo pensiero su finanza ed economia globale? Grazie
Scusate, io sono molto terra terra e tante cose non le capisco.
Qualcuno potrebbe spiegarmi perche’, poiche’ negli ultimi 100 anni s’e’ creato un debito spaziale per dare retta a Keynes, ci si affanna ancora tanto a difenderlo?
E’ la difesa strenua di cio’ che ancora si propaga nelle universita’ oppure e’ l’incapacita’ di buttarlo nel cestino perche’ turiamoci il naso oppure e’ ancora il modello piu’ comodo per dire che lo stato serve e piu’ forte che mai?
Non funziona. E’ evidente. E’ come il comunismo. Bello in teoria, ma nella pratica un disastro.
Costa cosi’ tanto liberarsene?
Mi ricordano le discussioni degli aristotelici contro i copernicani, queste.
Keynes non va. Perche’ non e’ chiaro?
Ciao
Gianfranco.
@Aldus
Del mio punto di vista su finanza ed economia ho già parlato a più riprese anche nel blog che ci sta ospitando, ma se volesse soddisfare la sua curiosità…
http://laleggedijohn.blogspot.it/2012/09/prendo-spunto-dallarticolo-di-massimo.html
qui potrà trovare le risposte.
La saluto.
Abbastanza bene come Bignami, ma sunteggiare e pensare che chi non ha avuto a che fare colle elaborate realizzazioni di criptici derivati, o con una attitudine alla scommessa da parte di investitori sempre più impreparati, possa costituire una risposta attuale, mi sembra una pretesa identica a quella di evocare un Keynes in versione originale. Come la fisica o la filosofia o la biologia anche l’economia è una scienza sistemica che muta col mutare delle conoscenze e delle influenze ambientali, sono scienze evolutive e devono essere costantemente riviste a attualizzate per produrre risultati sempre probabilistici, applicabili con un margine di errore più o meno tollerabile in funzione della concentrazione probabilistica favorevole al risultato auspicato, e talora bisogna avere un certo coraggio di rischiare. Per questo è saggio remunerare il dovuto un professionista affidabile invece che consegnarsi a stregoni troppo ciarlieri e superficiali, sovente ladri per manifesta incompetenza a realizzare altrimenti guadagni paragonabili. Nè i consiglieri regionali nè i presidenti o i deputati hanno proposte affidabili e nemmeno sanno valutare le proposte dei loro consulenti di un quarto di tacca (quelli di mezza tacca quando vedono il loro sguardo perso nel vuoto si spazientiscono e vengono congedati). Per questo sono costretti a rubare fin quando sono al potere, dopo possono soltanto spendere la refurtiva. Alla faccia di tutti i narratori del passato che avevano tutto sommato analoga bassa considerazione dei politici, quindi potremmo assumere tale sfiducia come una delle poche costanti scientifiche, come il Pgreco o quella di Plank.
@John Law
posso sommessamente chiedere cosa possiamo fare quando una democrazia come la nostra è guidata da politici che in mente hanno solo la poltrona, che si sono costruiti un sistema di privilegi, immunità, e condizionamento mediatico per cui è IMPOSSIBILE scardinarli dai loro scranni?
Grazie per l’eventuale risposta, per quello che mi riguarda userò Grillo per azzerarli, poi vedremo.
La critica mossa a keynes riguarda la parte riguardante gli investimenti. La funzione di spesa non deve essere esercitata dal pubblico perché, per una serie di ragioni, viene allocata in modo inefficiente. Per questo motivo dal punto di vista economico la scelta migliore è la riduzione della tassazione lasciando decidere alle imprese private come investire. Oggi si discute molto di banda larga. Se Telecom fosse completamente privata lo Stato non dovrebbe mettere voce a riguardo ma saranno gli operatori sul mercato a decidere in piena autonomia come meglio sviluppare le loro infrastrutture.
Peccato. Tutto quanto detto nel non breve intervento era assolutamente giusto e totalmente condivisibile, ora in questo breve intervento distrugge quasi tutto. Il grillismo è molto simile al leghismo: è politica, economia e politica economica da osteria. E’ fatto di tutto quello che si gridano davanti ad un litro di vino i cittadini scontenti di non sanno cosa cui vogliono rimediare non sanno come. I politici attuali sono scardinabili, basta FARE politica, farla con competenza e cercare i veri rimedi. Se in politica cominceranno ad entrare quelli che sono mossi da cause nobili, questa gente scomparirà (nonostante la legge di Gresham). L’idea che nessuno possa mettersi in politica se non per interesse personale è vera, ma solo in questo momento. Ad esempio in politica italiana abbiamo avuto De Gasperi, Togliatti, Nenni e molti altri che erano politci per motivi iderali. Lo stesso Mussolini, pur giustamente condannato dalla Storia, non è mai stato accusato né prima né dopo il suo potere di aver rubato soldi allo Stato. Come anche Stalin. Ma restiamo in Italia.
@Simone Garbuglia
Troll? Si chiamano così quelli che non sono d’accordo con voi?
Per quanto riguarda le mie osservazioni… non prendertela con me, prendila con chi ha scritto l’illuminante contributo che stiamo commentando, io ho solamente parafrasato l’autore, anche perché… conosco Buchanan da altri testi di economia, non certo dal suo libro, visto che per leggere il libro di cui si parla dovrei rovistare tra le bancarelle dei libri usati considerando che se non erro questa perla della letteratura economica è stata pubblicata solo da… Armando Editore (sic).
@waldimiro
Non conosco la sua età ma se fosse ancora sui 30 o 40 anni mi faccia e si faccia un piacere, cerchi su internet “L’Uomo Qualunque”. Era una rivista pubblicata da un certo Guglielmo Giannini, che già 60 anni fa faceva gli stessi discorsi di Beppe Grillo. Ah… dimenticavo… il termine “qualunquismo” deriva proprio da lì, e non è traducibile in altre lingue, proprio come “liberismo”.
@Gion Lò
Il qualunquismo era per lo “stato amministrativo”, perché era convinto che la voracità dei politici avrebbe stritolato le povere massaie, i poveri artigiani, i piccoli lavoratori e commercianti ecc.ecc.
Non a caso Giannini tentò inutilmente di allearsi coi liberali di Benedetto Croce e, dopo non esserci riuscito, tentò inutilmente di allearsi coi comunisti, portando il proprio partito nel giro di due anni dalle stelle alle stalle [infatti sparì subito]…..
Quindi, come fa un antiliberista a citare Giannini?
@ilsensocritico
ha ragione, in effetti il mio intervento e’ rimasto monco della parte relativa al mio parere assolutamentee negativo su Giannini e sul fuoco di paglia nel quale si risolse il suo movimento.
@John Law
la ragione non ha età e se Lei ha la pazienza di rileggere e riflettere sull’azzeramento della attuale classe politica che siede in parlamento, ridotta a casta per semplificazione di tutti i mali che ha generato, converrà spero che la loro tanto enunciata disponibilità al cambiamento altro non è che ennesima prova di gattopardismo, l’unica arma democratica che abbiamo oggi per azzerarli si chiama Grillo, poi siccome siamo un popolo intelligente solo nei momenti peggiori, sapremo trovare risorse umane per far ripartire la democrazia nel binario della nostra bellissima COSTITUZIONE, vituperata da questi attuali criminali politici nella sua applicazione.
@waldimiro
“nel binario della nostra bellissima COSTITUZIONE”
Ti stai preparando per partecipare a zelig?
@john.law
Suvvia john. ma perchè continui a credere all’araba fenice. L’economia va male, c’è depressione, la gente perde il lavoro, chi può cerca di non pagar le tasse. Tutti chiedono al governo di fare qualcosa. Sistema monetario aureo, quindi non si stampa moneta per semplicità. C’è l’on.Rossi che dice abbassiamo le tasse e l’on.Verdi che dice: “No, come ha detto Keynes costruiamo dei ponti”. (Dal punto di vista analitico nel modellismo dell’economia politica è quasi la stessa cosa). Vince Verdi, lo stato ha soldi o può indebitarsi dai ricchi, costruiscono un ponte, un po’ di gente ottiene lavoro, un po’ di politici rubano sulle commesse, SI STIMOLA LA DOMANDA AGGREGATA. Talvolta accade che il ponte non serve a un cazzo, qualche altra volta ci prendono, e il ponte serve sul serio. In ogni caso hai STIMOLATO LA DOMANDA AGGREGATA e allora dici: “Che figata. Costruiamo un altro ponte”. Assumi dell’altra gente, un altro po’ di stecche e così via. In realtà ti rendi conto che quelli che hai assunto per costruire i ponti alle 2 di pomeriggio vanno a fare gli idraulici in nero ma continui a dire che è una figata. Il tuo rating migliora con tutti quelli che hai assunto e anche con tutti gli altri, anche se costruisci ponti inutili, sino a quando non AUMENTI LE TASSE PER COSTRUIRE NUOVI PONTI. A quel punto son nuovamente cazzi, perchè per accontentare gli uni scontenti gli altri.
Invece vince Rossi, la gente ha più soldi in tasca, se li spende a puttane o comperando iPhone o Fiat500-tamarre, insomma se li spende come cazzo vuole STIMOLANDO LA DOMANDA AGGREGATA.
Magari un francese dice: “Perchè non andiamo in Italia dove si pagano meno tasse”. I disoccupati all’inizio imprecano poi qualcuno inizia a trovar lavoro e impreca un po’ meno. E nessuno ha preso stecche. Sino a qui, comunque, vince Keynes 4 a 3.
Certo che all’inizio, quando non ci sono ponti, è facile individuare un ponte necessario, che permetta sì qualche stecca, ma che sia necessario e che dia risultati PRIMA di quelli ottenibili con la riduzione delle tasse. Ma quando sei avanti nel programma, e di ponti ne hai già costruiti tanti, ho il dubbio che la stecca e la ricerca del consenso siano prevalenti. Se poi per costruire ponti devi chiedere nuove tasse ahimè i conti non tornano, a meno che tu non sia un Dio che riesce ad individuare esattamente lo sweet spot per lo stimolo della domanda aggregata. Ma Dio purtroppo appartiene a un altro mondo.
Sai già come la penso, Keynes era senza rivali negli anni ’30, potevi costruire quanti ponti volevi senza aumentar le tasse. Ma lui poverello è morto nel 1946, credeva che la costruzione di ponti servisse di tanto in tanto, non che l’on.Verdi ci prendesse così gusto. Oggi sei fottuto, perchè a forza di costruire ponti devi aumentar le tasse solo per la manutenzione di quelli inutili e, cazzo, LA GENTE LE TASSE NON LE VUOLE MAI PAGARE. Il che per le stecche non sarebbe neanche male, senonchè ai fini della rielezione non fa tanto bene. Ma alla fine dici: “Dai andiamo avanti, tanto oggi nessuno fa più la fine di Giuseppe Prina”
Per questo motivo, caro John, siamo qui su Chicago-blog, noi che abbiamo tutti studiato su testi keynesiani, che magari siamo stati marxisti all’università, a domandarci con maggiore o minore intensità se l’on.Rossi non avesse ragione. E’, da poveri tapini, rivalutiamo la mano invisibile del mercato, questo credo quasi religioso, dicendo: “Non è che fosse meglio diminuire T invece che aumentare G ?”. Tutto qua.
Caro John,
beato te che sei un uomo pieno di certezze fideistiche, le keynessiane illuminate idee per le quali basta scavare fosse e poi riempirle nuovamente per essere tutti felici e contenti sono un porto sicuro per dormire tra due guanciali.
Nel frattempo sul pianeta Terra esiste un paese chiamato Italia, un bel paese una volta, ma con un piccolo problemino imprevisto dal sig. Keynes (che era un galantuomo): l’ incredibile voracità e la totale mancanza di pudore di una classe politica furfante.
Io purtroppo non ho la tua fede, la notte dormo poco e faccio brutti sogni….
Giusto ieri nel sonno sentivo i lamenti di un uomo…era il povero Sig. K., si rivoltava nella tomba per lo scempio compiuto dai ns. Governanti oltraggiando il suo buon nome!
Ma davvero pensi che si possa affidare ai ladri il portafoglio perché così si alimenta l’ economia ?
Caro Maurizio
davvero mi dispiace che le mie parole ti abbiano dato l’impressione che io nutra certezze assolute in qualcun altro che non sia me stesso. Davvero, per me Keynes e’ stato un punto di partenza, uno spunto iniziale che mi e’ servito ad elaborare mie personalissime idee, una mia teoria che definisco di “etica economica” e che sto mettendo su carta. Pero’ non mi scadere anche tu nel banale come fa sempre G. Coco che ce l’ha sempre con gli “animal spirits” e non e’ mai riuscito a capire cosa fossero. Lasciamo stare l’esempio della buca, almeno tu ricorda che quando Keynes elaboro’ le sue teorie, i concetti che esponeva erano talmente nuovi ed assurdi per la cultura dominante, da imporre all’economista l’uso di semplificazioni estreme per rendere comprensibili i concetti stessi. Per quanto riguarda lo scempio compiuto dai nostri governanti… sono sempre piu’ convinto che la colpa principale sia dei mandanti, e per mandanti intendo tutti quelli che a quei governanti hanno assicurato il loro voto. Ti saluto.
@Valerio Lucchinetti.
Si vabbe’… con quella faccia un po’ cosi, quell’espressione un po’ cosi che abbiamo noi che abbiamo letto Galbraith…
Benvenuto anche tu nel club degli “sono italiano ma non e’ colpa mia”.
Caro John,
sono felice di vedere che anche tu dormì poco! 🙂
Mi fa piacere leggere che non sei appiattito su tesi preconfezionate e che hai fede assoluta solo in te stesso, l’ individualismo ed la capacità di ragionare sono un buon viatico….per diventare liberale!
Per quanto riguarda la classe politica, concordo sul fatto che gli elettori li abbiano eletti, ma ancora voglio credere che il mandato degli elettori non fosse esattamente il magnamagna. Ed e’ per questo che dopo il mandato bisogna mandarli …a casa.
A tal fine io ho aderito a “fermare il declino” e credo che in quel contesto anche il tuo contributo di persona senza dubbio raziocinante e preparata sarebbe di grande aiuto.
Con stima
Maurizio
@waldimiro
un popolo che vende il suo voto e la sua dignità per 50 € lei lo definisce intelligente?
Curiosa accezione la sua del lemma indicato.
@Gianfranco
non sono in grado di stabilire se il suo debito pubblico l’abbia “accumulato” Keynes od altri e non scomodo Aristotele o Copernico, basto da solo, per ribadire alla nausea che il debito pubblico italiano non esiste, lo capisce anche una qualunque massaia di Voghera e mi scusi se è poco.
@fra
ma lo stato a cui si riferisce è quella massa di cog…..i che si vende il voto per 50€ (sic!)?
@Aldus
finora non sono riuscito cibarmi con un piatto di buone lasagne approntate dal sig. Giovanni Legge.
@marco
lei scrive: “…sovente ladri per manifesta incompetenza…, al contrario a me sembrano particolarmente ferrati.
@lionello ruggieri
i leghisti ed i grillini non si sono mai venduti, a differenza di altre schiere, il proprio voto per 50 € o per cucinare salamelle; comunque mi pare di leggere sulle sue parole che gli ritiene di una classe inferiore, o di evoluzione ridotta, alla sua.
Mi sono smpre piaciuti i distributori di patenti e di etichette.
@Massimo74
divertente!!
@Valerio Lucchinetti
dovrebbe parlare solamente per se e non affermare:”…siamo qui su Chicago-blog, noi che abbiamo tutti studiato su testi keynesiani, che magari siamo stati marxisti all’università…. con i testi riguardanti il primo ci facevo le barchette ed il secondo mi faceva schifo, dal momento che esercitava l’onanismo con gli inconsapevoli come lei, forse?
@giorgio.andretta
parlo per me circa i testi keynesiani, coi quali purtroppo non potevo farci barchette, poichè altrimenti sarei stato bocciato agli esami. ma visto che ho 50 anni penso che molti fossero nella mia condizione. circa il barbuto non mi è mai piaciuto molto, forse perchè non ero ricettivo all’onanismo o forse perchè ero più consapevole, o forse perchè quelli li al tempo ti davano pure le botte qualche volta, chi lo sa. ma le garantisco che di liberali odierni che erano marxisti allora ce ne sono molti.
@Valerio Lucchinetti
la conosce la fiaba di Cappuccetto Rosso?
Il lupo è travestito.
@Valerio Lucchinetti
Standing ovation.
@John Law
Se per te Friedman è solo un amico di Pinochet e Buchanan solo un apologo della tirannia, hai solo bisogno di un sacchetto pieno di semi, di una zappa, e di un po’ di terra. Buon lavoro!
@ Giorgio Andreatta
un ladro forse non sa far altro che rubare molto bene
Al di là di rubare i nostri parlano male pure l’italiano e non san fare un O col bicchiere o altro
Provi a chiedere a Gasparri cosa sa di Economia
Provi con la Santachè sul diritto
con Crosetto sui carri armati (era alla difesa)
a Veltroni di sanità
a Prodi perchè non ha dato l’Alfa alla Ford
a Tremonti per Alitalia
se non rubano come si mantengono un tenore di vita di lusso? andando nelle partecipate dopo lo show in TV