29
Mar
2021

Maratona concorrenza. Più competizione e più infrastrutture di TLC

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Sergio Boccadutri.

Il capitolo sulle infrastrutture è il primo della segnalazione, ed è aperto dal paragrafo sulle “reti per la digitalizzazione”, confermando come non solo in generale il tema delle infrastrutture è ancora la grande cenerentola del discorso pubblico sulla crescita e la competitività del paese, ma che tra queste quelle di tlc sono centrali.

La segnalazione dell’Antitrust parte da un importante dato di fatto: dal 2015 al 2020 la copertura di reti di tlc ad altissima velocità è raddoppiata grazie all’ingresso di nuovi operatori e allo sviluppo dei primi accordi di co-investimento. Inoltre, pur senza esplicitarlo, l’Antitrust sembra voler affidare alla segnalazione la sua valutazione sul dibattito pubblico sulla cosiddetta “rete unica”. In questo senso l’opinione dell’Autorità sembra essere quella di preferire una soluzione di concorrenza infrastrutturale. Infatti, secondo la segnalazione, gli aiuti pubblici destinati a colmare il gap tra aree nere e grigie (le aree bianche sono state già oggetto di uno specifico intervento pubblico, i cui esiti andrebbero approfonditi, ma non in questa sede) dovrebbero essere destinati a “modelli di investimento” in grado di assicurare nel lungo periodo la competitività degli operatori di tlc: non solo quindi servizi wholesale only, ma anche modelli di co-investimento con diritti di uso di lungo periodo su reti primarie e secondarie. A questo proposito, prima di concretizzare tali proposte, sarebbe necessaria un’approfondita analisi sullo stato della “rete primaria”, posto che la realizzazione di tale rete ha un’incidenza molto bassa sui costi complessivi dell’investimento (spesso anche inferiore al 15%) e che moltissimi operatori l’hanno già realizzata in autonomia. La rete primaria insomma potrebbe non rappresentare in moltissimi casi una bottleneck rispetto alla realizzazione di una rete diffusa.

L’Autorità ritiene inoltre, in coerenza con altre parti della segnalazione, che “gli oneri amministrativi e autorizzatori” rappresentano un freno alle tempistiche di realizzazione delle reti di telecomunicazione fissa e mobile, in particolare per le infrastrutture che ricadono in aree in concessione. In particolare, l’Antitrust auspica una modifica degli articoli 93 e 94 del “Codice delle comunicazioni elettroniche”, stabilendo che i concessionari non possano imporre oneri per la posa di reti di telecomunicazione e per snellire il processo di imposizione delle servitù sulle sedi autostradali di proprietà dei concessionari. Inoltre è prevedibile che nei prossimi mesi il tema delle controversie relative all’accesso presso i condomini per la posa di reti in fibra ottica (per i cosiddetti verticali degli immobili) possa aumentare, non a caso l’Autorità propone di prevedere meccanismi di conciliazione e di definizione delle controversie. Eppure, la proposta di affidare tale compito al Garante delle Comunicazioni non è convincente: affiderebbe infatti all’autorità di regolazione un compito molto eterogeneo rispetto alle sue funzioni “core” e rischierebbe di rendere poco efficiente il meccanismo, anche perché le sarebbe devoluto il compito di dirimere microcontroversie su tutto il territorio nazionale.

L’Antitrust, nel ribadire la necessità di un rapido recepimento del Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche, il cui termine è scaduto a dicembre del 2020, coglie l’occasione per porre l’accento sull’orizzonte del contesto regolamentare che spesso appare difficilmente intellegibile dagli operatori con gravi effetti sul dispiegamento degli investimenti e il corretto svolgersi della concorrenza. L’Autorità propone quindi di ricostruire un quadro di regole certe e di lungo periodo sui rinnovi delle frequenze e sui relativi canoni di rinnovo. A questo va giustamente accompagnata una revisione dei limiti delle emissioni elettromagnetiche, i quali ai livelli attuali (troppo bassi anche rispetto al confronto UE) determinano una proliferazione delle antenne e frenano l’espansione di nuovi servizi, anche in previsione dello sviluppo e della qualità delle reti 5G.

Infine, la segnalazione pone l’attenzione su alcune questioni dal lato della domanda. Nell’intenzione dell’Autorità dovrebbero essere inserite alcune regole utili a completare le disposizioni già previste nella precedente (e finora unica) Legge annuale per il mercato e la concorrenza del 2017. Anche se andrebbe sempre ricordato che – soprattutto nella telefonia mobile – la concorrenza tra operatori in Italia raggiunge dei livelli sconosciuti in altri paesi.

Le proposte sono tese a stimolare la mobilità dei consumatori tra diversi operatori. Da questo punto di vista, se è vero che artificiosi e poco chiari meccanismi di lock-in vanno rimossi, le offerte collegate alla fornitura degli apparati, seppur vincolano il consumatore, gli consentono tuttavia di acquisire apparati (in particolare smartphone di ultima generazione) che hanno un costo sostenuto. L’Autorità propone di comprimere a 12 mesi (dagli attuali 24) il limite temporale dei contratti collegati all’offerta di apparati, una proposta non necessariamente a vantaggio del consumatore, potendo avere come effetto quello di spingere il consumatore stesso ad attivare formule di finanziamento di vario tipo per diluire oltre i 12 mesi il costo dell’apparato. Finanziamenti questi che potrebbero risultare più onerosi e meno accessibili per certe categorie di consumatori. Inoltre, si rischierebbe di creare proprio a carico degli operatori di telefonia uno svantaggio competitivo a favore di soggetti terzi, meri finanziatori e non soggetti quindi alle disposizioni proposte dall’Autorità, nel mercato dell’acquisto degli apparati di telefonia. Inoltre, l’Antitrust pone l’accento sulle difficoltà nel mantenimento del numero telefonico e sulla continuità del servizio quando vi è un trasferimento su reti diverse, anche se non è ben chiaro a cosa alluda, posto che la portabilità del numero non incontra (almeno in teoria) un limite nel cambio di tecnologia. Infine con riferimento ai servizi di connettività più innovativi (per esempio FWA o FTTH) c’è da considerare che i costi per la connessione di una singola utenza non sono banali e che spalmarli in più tempo consente di rendere maggiormente accessibili le offerte.

A margine di questa breve esposizione sulla parte relativa alle reti, la segnalazione affronta alcuni temi legati all’economia digitale in un paragrafo del capitolo relativo ai poteri dell’Autorità. L’Antitrust italiano utilizza la segnalazione per schierarsi apertamente a favore delle scelte compiute dall’Antitrust tedesco che ha visto espandere la propria competenza grazie all’introduzione del concetto di dipendenza economica alle grandi piattaforme digitali. Ciò proprio nel momento in cui a livello europeo si sta consolidando la ricerca di una nuova regolazione delle piattaforme che riesca a coniugare l’innovazione e la concorrenza. La proposta del Digital Services Act muove proprio da questi passi, aprendo la discussione da un lato su nuove forme di trasparenza rafforzata e di audit indipendenti, dall’altro su nuove forme di regolazione possibili. E’ fondamentale che su questi temi l’Unione Europea adotti regole comuni per evitare la frammentazione del mercato interno: si tratta – come ha anche scritto Antonio Nicita sul Sole 24 Ore – di mettere al centro la “politica del dato” che ridefinisce un pezzo della nostra cittadinanza digitale, che non può che essere armonizzata a livello europeo.

Il primo articolo della maratona #concorrenza2021 e la lista degli altri articoli sono disponibili qui.

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