Piccoli proprietari crescono: come liberare i poveri dell’India — di Alex Chafuen
Riceviamo e volentieri pubblichiamo dallo Atlas Network.
Quando si analizza il tema dello sviluppo economico pochi casi suscitano tanto interesse interesse e hanno le medesime ripercussioni dell’esempio dell’India. Il minimo cambiamento in un paese che conta oltre un miliardo e 200 milioni di abitanti ha un grande effetto sul mondo. Oggi esiste la possibilità di fare un cambiamento al prezzo di appena un dollaro.
Poco più di vent’anni fa l’India ha iniziato a liberalizzare il commercio, gli investimenti e altri settori dell’economia. Politiche fiscali e monetarie più prudenti hanno condotto ad una minore inflazione e il paese, che era solito implorare aiuti allo sviluppo, si è trasformato in quella che potrebbe diventare un’autentica superpotenza. Molto rimane ancora da fare e l’inflazione ha ripreso a crescere, ma il modo in cui guardiamo all’India è cambiato.
Uno dei problemi più gravi consiste nel migliorare l’accesso ai diritti di proprietà. Dal 2005 al 2010 la tutela dei diritti di proprietà si è ridotta dal 7,88 al 5,49 nell’indice compilato dal Fraser Institute. Analogamente, nell’Index of Economic Freedom pubblicato dalla Heritage Foundation l’India continua ad avere il punteggio di 5 (su 10) che esibiva vent’anni fa.
La proprietà privata è così essenziale che gli autori dell’Indice del Fraser Institute sostengono che la libertà economica «dovrebbe misurare in quale misura i beni legittimamente acquistati siano tutelati e gli individui possano concludere transazioni volontarie». La proprietà, tuttavia, può sprigionare il proprio potere solo quando è tutelata da titoli sicuri e ben definiti. È in questo campo che l’India ha bisogno di fare i progressi più grandi.
Il Liberty Institute, un think tank che si occupa di politiche pubbliche, sta collaborando con Action Research in Community Health (ARCH), una ONG basata nello stato indiano del Gujarat con la missione di agevolare lo sviluppo rurale. L’obiettivo della collaborazione consiste nel rendere milioni di individui più liberi e autonomi per il tramite dei loro diritti di proprietà. Le attività per assegnare diritti di proprietà ben definiti si basano si tre pilastri: operare dal basso a livello locale, solide basi economiche e nuove tecnologie. Come affermano i due istituti nel loro materiale promozionale, «lo scopo di questa iniziativa è quello di creare una mappa dei terreni agricoli e comuni degli abitanti dei villaggi rurali, raccogliendo le coordinate geografiche di ogni singolo appezzamento, le informazioni relative alle rivendicazioni su di essi e all’uso dei terreni stessi».
I due istituti insegnano agli abitanti delle campagne ad usare dispositivi GPS e a leggere mappe topografiche e immagini dal satellite. Queste informazioni vengono utilizzate per documentare le rivendicazioni sulla proprietà dei terreni, che vengono successivamente sottoposte all’assemblea generale del villaggio (gram sabha), che può approvarle o respingerle. Attualmente l’iniziativa interessa 150 persone. Si tratta del tentativo di applicare sul terreno il Forest Rights Act del 2006, una legge che per la prima volta ha riconosciuto i diritti sui terreni delle comunità situate in zone forestali, che riguardano circa 100 milioni di abitanti e almeno 25 milioni di appezzamenti.
L’assenza di chiari diritti di proprietà è una delle cause della congestione del sistema giudiziario: si calcola che circa l’80 per cento delle cause – specialmente nei tribunali di ordine più basso – in ciascuno stato indiano sia relativo a vertenze sulla proprietà di terreni. Ovviamente questo crea enormi opportunità di corruzione. Se, come si dice, “un buon recinto crea buoni vicini”, l’assenza di confini chiari accresce enormemente i problemi, come dimostrato dal fatto che oltre il 10 per cento degli omicidi nel paese è collegato a dispute sulla proprietà di appezzamenti di terreno.
In alcuni villaggi il ricorso alla tecnologia ha già prodotto un deciso miglioramento nell’approvazione delle rivendicazioni. Barun Mitra, fondatore e direttore del Liberty Institute, che da quasi venti anni opera per attuare soluzioni di mercato, sembra più attivo che mai. Mi ha descritto il caso di Amarsingh Vasava, segretario della Commissione Diritti Forestali del villaggio di Andu, situato nel taluka di Dediapada, un sotto-distretto di Narmada, nello stato del Gujarat: «In questo villaggio le autorità distrettuali avevano precedentemente respinto una settantina delle 117 richieste di convalida di diritti di proprietà. Tuttavia, grazie alle mappe e alle immagini da satellite presentate nelle udienze di appello, il villaggio ha potuto ottenere il riconoscimento di 66 delle richieste precedentemente respinte, per di più per tutta l’area soggetta a coltivazione!»
Le famiglie che hanno ottenuto il riconoscimento di un titolo di proprietà per la terra che coltivano non devono più temere le vessazioni quasi quotidiane della burocrazia. La tutela dei loro titoli, inoltre, permette di ottenere permessi e assistenza per effettuare migliorie, come scavare pozzi o livellare il terreno, migliorando così la loro produttività e aumentando il loro reddito. Somabhai Vasava, abitante nel villaggio di Sagai (appartenente al medesimo taluka, ossia raggruppamento di villaggi, del precedente) può testimoniare di esperienze simili. Utilizzando le nuove mappe gli abitanti del villaggio hanno potuto ottenere il riconoscimento delle loro 53 richieste precedentemente respinte. Questi successi hanno generato un enorme entusiasmo nei villaggi vicini. ARCh spera di poter giungere ad un tasso di approvazione complessivo intorno al 90 per cento.
Grazie alle nuove tecnologie e alla liberalizzazione è possibile esaminare il progetto e individuare i villaggi online, o anche effettuare donazioni dirette o per il tramite di enti benefici internazionali. Barun Mitra e Anil Patel, membro di ARCH, cercano di far sì che collaborare con i loro sforzi sia il più semplice possibile. Molto semplicemente, il loro appello è questo: «Con appena un dollaro questo terreno potrebbe appartenere a questa famiglia. Con 250 dollari si possono garantire i diritti di proprietà di un intero villaggio. Con 500 dollari possiamo acquistare due GPS per effettuare rilevamenti di tutti i villaggi».
Alex Chafuen è Presidente di Atlas Network. Una versione più ampia di questo articolo è stato originariamente pubblicato su forbes.com.
LA SUPERPOTENZA DEGLI STRACCI (DI TERRA)
Questo articolo confonde la certezza della proprietà agricola e sviluppo.
Si ha lo sviluppo, sostenuto, nel campo agrario, quando ad essere proprietari dei terreni sono grandi aziende, ossia proprietarie di terreni estesi, sui quali investire in coltivazioni intensive, con i margini di ottimizzazione ecc ecc.
Se gli dai 1 euro per lo straccio di terra, quello rimarrà lo straccione con lo stesso straccio di terra.
Lo sviluppo passa attraverso la diminuzione di straccioni e stracci di terra, attraverso la diminuzione di forza lavoro impiegata nell’agrario.
lo spostamento di forza lavoro dal primario al secondario non è obbligatorio, quello è un effetto del migliorameto delle condizioni di vita nelle città dato dall’aumento della produttività delle campagne, obbiettivo che va perseguito con ogni mezzo non solo con le economie di scala, ben vengano quindi sistemi che migliorano la divisione delle proprietà
@ LIBERISTI ALLA CARBONARA
«obbligatorio» è piuttosto fuorviante, si allude alla frusta di sovietica memoria?
Possiamo dire che è auspicabile?
Ma questa divisione di proprietà preclude alla possibilità di rendere i terreni produttivi a tal punto da creare quel «aumento della produttività delle campagne» responsabile della migrazione nelle città ed il conseguenziale arricchimento della massa del mercato del lavora (per il terziario).