Perché la globalizzazione non ha funzionato – di Gerardo Coco
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Gerardo Coco.
Il processo di produzione si basa sulla divisione del lavoro. Ogni produttore si specializza nell’ottenimento di determinati prodotti e si procura gli altri di cui abbisogna attraverso lo scambio. Il mondo della produzione fondato sulla divisione del lavoro è necessariamente un’economia di scambio dove il denaro svolge la funzione di unità di conto e di mezzo di pagamento. Come scrive Karl Marx, dalla catena “merce contro merce” si passa alla catena “merce-denaro-merce” cioè dal baratto allo scambio indiretto. Poiché il denaro è solo un intermediario sono i beni ad essere permutati. David Hume scrive: “Il denaro non è propriamente parlando una delle materie del commercio, ma solo lo strumento su cui gli uomini si sono accordati per facilitare lo scambio da una merce all’altra. Non è una delle ruote del commercio: è l’olio che rende il movimento delle ruote più facile e scorrevole”.
L’economia di scambio è anche una comunità di pagamenti: ogni acquisto e ogni vendita fa sorgere un debito e un credito che prima o poi devono essere regolati mediante trasferimento di denaro. Pertanto un’economia di scambio è anche un’economia monetaria. Ma ciò non cambia la realtà sottostante: i prodotti si pagano con i prodotti, non in denaro. Non appena il commercio supera i confini nazionali si parla di economia internazionale. Molto prima che le politiche economiche degli stati si interessassero allo scambio internazionale, i soggetti privati di un paese trovarono conveniente vendere beni e servizi a soggetti di altri paesi o comprare da loro. E’ chiaro che le relazioni economiche interstatali nella forma di esportazioni e importazioni hanno ampliato la divisione del lavoro. L’enorme e rapido sviluppo nella produzione di beni nel commercio internazionale avvenuto negli ultimi duecento anni è proprio la conseguenza della divisione internazionale del lavoro. Oggi, il fenomeno globale di integrazione dei mercati si chiama globalizzazione.
L’equità nello scambio
All’inizio del XIX° secolo, l’economista inglese David Ricardo diede un contributo significativo al concetto di divisione del lavoro con la dottrina dei vantaggi comparati. Famoso è l’esempio di interscambio tra Inghilterra e Portogallo. Anche se questo paese fosse più efficiente nella produzione di panno e vino, se cioè avesse un vantaggio assoluto nella produzione di entrambi, gli converrebbe specializzarsi nella produzione del solo vino dove ha un vantaggio comparato maggiore ed importare panno dall’Inghilterra. Producendo invece localmente anche panno dovrebbe dedicare capitale e lavoro alla sua produzione ottenendone magari qualità e quantità inferiori. I costi comparati si riferiscono ai rapporti fra i costi reali interni delle due merci prodotte nello stesso paese. In sostanza la teoria afferma che per conseguire il massimo vantaggio ogni paese ha interesse a specializzarsi nella produzione di quelle merci per cui incontra comparativamente il costo minore. L’esistenza di vantaggi comparati promuove gli scambi apportando benefici reciproci mentre l’isolamento e il protezionismo causano perdite e impoverimento. La legge sottintende che in un contesto di libertà commerciale nessun paese o regione nel mondo rimane escluso dalla divisione internazionale del lavoro perché i paesi più avanzati hanno sempre convenienza ad acquistare anche dai paesi privi di qualsiasi vantaggio assoluto purché in grado di produrre alla meno peggio.
E’ opportuno sottolineare che tra l’acquisto di panno inglese e l’acquisto di vino dell’esempio, non c’è nessuna relazione diretta. Vale qui infatti la proposizione ricardiana: “Ogni transazione commerciale è una transazione indipendente”. Nessuno vende allo scopo di importare. L’esportatore portoghese non vende vino per comprare stoffa inglese, ma per conseguire un guadagno. Con le sue esportazioni otterrà divise che daranno ad altre unità economiche la possibilità di pagare. D’altra parte l’importatore inglese, in quanto debitore, può procurarsi denaro ed estinguere il debito solo vendendo il suo prodotto. Nell’esempio di Ricardo l’importazione di panno ha un valore equivalente all’esportazione del vino. Ma nella realtà non esiste questa equivalenza perfetta tra due paesi perché ciò presupporrebbe che i loro rapporti di domanda e offerta siano tali che il valore dell’importazione dall’uno eguagli il valore dell’esportazione dall’altro, il che non accade mai.
Tale equivalenza di valori per un paese può essere solo multilaterale e nel lungo periodo: il valore totale delle sue esportazioni deve essere sempre uguale a quello delle importazioni perché una comunità di pagamenti non può indebitarsi nei confronti di un’altra indefinitamente. Alla fine deve saldare i debiti e sono le esportazioni a pagare le importazioni. Nel sistema monetario aureo lo scambio era possibile solo se si vendevano e compravano prodotti di valore equivalente ed è questo principio a rendere equo lo scambio internazionale.
Lo scambio ineguale
La globalizzazione non ha portato i benefici sperati e lo sviluppo mondiale ha subito una battuta d’arresto. Sebbene beni e servizi si siano diffusi in ogni paese come non mai, l’integrazione mondiale dei mercati ha avuto conseguenze negative specialmente nei paesi più avanzati portando a diseguaglianze nei redditi, bassi standard di vita e squilibri economici strutturali. Come mai la teoria dei vantaggi comparati non ha funzionato? La risposta scontata è che il basso costo del lavoro dei paesi emergenti ha eroso la competitività dei paesi industrializzati mettendo in crisi le loro economie. Ma è proprio così?
Ai tempi di Ricardo il costo del lavoro in Inghilterra era più elevato rispetto al resto del mondo eppure questo paese era competitivo. Lo stesso si può dire per gli Stati Uniti, la Germania o il Giappone che per gran parte del XX secolo sono stati tra i paesi più competitivi anche avendo costi del lavoro elevati. I veri motivi della crisi vanno pertanto ricercati altrove.
Quando Ricardo sviluppò la sua dottrina, il commercio internazionale era regolato da una valuta stabile, l’oro e la sua circolazione permise alla produzione internazionale di espandersi immensamente a beneficio di tutti.
In un’economia basata sulla divisione del lavoro affinché la ricchezza possa circolare nella forma specifica di beni e servizi è necessario produrre ricchezza in forma generica o moneta, che si scambi con la prima. Solo così può misurarne il valore e permettere lo scambio di beni eterogenei secondo rapporti equivalenti. L’oro assolveva appunto a questo ruolo. Le sue fluttuazioni temporanee non ne alteravano la funzione di unità di misura della ricchezza perché estendendosi a tutti i beni simultaneamente ne lasciavano immutati i valori relativi sebbene espressi da prezzi in oro più alti o più bassi. Tramite la sua intermediazione il rapporto di scambio tra beni esportati e importati non mutava a meno che mutasse la produttività dei paesi scambisti. E’ infatti la produttività a determinare le ragioni di scambio, non il denaro che è un intermediario neutro. Pertanto un paese poteva regolare il proprio deficit o pagando in oro o con una maggiore quantità di beni, cioè in termini di produttività. Ma a partire dall’ultimo trentennio del XX secolo il commercio internazionale privato della valuta aurea si è avviato verso la disintegrazione.
Quando il dollaro sostituì definitivamente l’oro come strumento di pagamento globale, la sua richiesta aumentò in tutto il mondo. Poiché il dollaro a differenza dell’oro poteva essere prodotto praticamente a costo zero, gli Stati Uniti acquisirono rispetto ai paesi partner il vantaggio, poi tramutatosi in danno, di pagare le importazioni non con gli introiti delle esportazioni ma stampando i mezzi di pagamento. Così da quando il dollaro è diventato valuta di riserva gli USA non hanno più saldato in termini reali i propri debiti. Da questa situazione hanno tratto vantaggio i paesi emergenti, in particolare la Cina che ha scambiato i suoi prodotti a basso costo con la valuta esclusiva per acquistare petrolio e le altre materie prime indispensabili per il suo rapido sviluppo. Per contro, gli USA incentivando la produzione cinese e disincentivando la propria non solo si sono ridotti la disponibilità del mezzo reale per estinguere i debiti ma hanno anche avviato un processo di deindustrializzazione interna.
A partire dalla fine del sistema aureo praticamente nessun debito è stato più saldato nel commercio internazionale perché tutti i governi hanno creato sulla scia del dollaro valute fittizie. Poiché oggi i mezzi di pagamento sono prevalentemente creazioni di credito privi di garanzie reali, l’economia monetaria è diventata un’economia di debiti dove nessuna obbligazione viene più regolata in modo definitivo. Infatti come già osservato, i debiti in termini reali costituiscono obbligazioni a cedere ricchezza, non denaro. In regime di denaro fittizio i beni non si pagano più con i beni né le importazioni si pagano con le esportazioni. Con la demonetizzazione dell’oro il commercio internazionale è entrato in un circolo vizioso autoalimentantesi: i deficit deprezzano le valute le une rispetto alle altre, la svalutazione riduce il valore delle esportazioni rispetto alle importazioni facendo aumentare ulteriormente i deficit. Per ridurli le nazioni svalutano sempre di più con l’effetto di distorcere le ragioni di scambio e di innescare processi di deindustrializzazione. Finché le nazioni accettano valute inflazionate in pagamento di beni e servizi finanzieranno il consumo a spese della produzione. Infatti la svalutazione monetaria riduce il valore dell’export aumentandone la domanda. Ma questo processo lungi dal favorire la crescita costringe i paesi ad esportare di più a fronte dello stesso valore di importazioni il che equivale a produrre di più ma essere pagati di meno e quindi, alla fine, ad abbassare la produttività, i redditi reali e il potere d’acquisto.
Il gold standard tendeva ad allineare il potere d’acquisto delle valute convertibili alle ragioni di scambio per cui anche i tassi di cambio fungevano da meccanismo di trasmissione dei tassi di produttività. Ma oggi tutto il processo di creazione, trasmissione di ricchezza e competitività è stato completamente distorto e oscurato dall’uso di denaro fittizio ed è per questo che la globalizzazione invece di promuovere la cooperazione economica e sociale si è trasformata in una lotta suicida fra nazioni. Per ristabilire uno sviluppo equilibrato a livello globale è necessario e urgente rimettere in circolazione il denaro autentico.
Questo articolo è stato pubblicato il 6 ottobre 2012 su Cobden Centre con il titolo “Making globalisation work requires real money”.
Questo pezzo è ottimo perché spiega esattamente le cose come stanno. Il problema è, come tornare all’utilizzo di una moneta dal valore reale? Con l’idea dei “bit coin” per esempio? Non sarebbe male, a mio avviso. Oppure come? Ci dev’essere un modo…
Tutto vero, ma manca un pezzo.
Quando parla di “nazione”, di chi parla?
La fabbrica americana in Cina che produce a costi ridicoli, che per essere raggiunti hanno implicato la chiusura dello stesso stabilimento nel New Jersey, a che “nazione” appartiene? All’America, alla Cina, a nessuna delle due? A tutte e due?
La globalizzazione non ha fallito ovunque.
Ha fallito solo in quei paesi che non avevano una specializzazione tale da prevalere su almeno un paio d’altre limitrofe.
In Italia si parla sempre di “moda” e di “alimentare”. Non facciamo altro meglio degli altri tali da essere indispensabili all’economia globale. Forse qualche mobile di lusso?
La Germania, che ha un’industria pesante eccellente, e’ competitiva molto piu’ di noi.
Insommma, l’Italia cosa e’ brava a fare?
Parlando con un politico una volta mi ha detto che dobbiamo orientarci ai servizi.
Completamente fuori dal mondo.
🙂
Saluti
Gianfranco.
la globalizzazione è un bene per tutti coloro che prima lavoravano, tutti i giorni, prevalentemente nei campi, dall’alba al tramonto immersi nel fango fino alle ginocchia per 80-120 € al mese.
Paesi come India e Cina hanno aumentato il loro tenore di vita lavorandone ora “solo” 10-12 ore senza ferie e per salari di 200 € al mese. L’aumento del tenore di vita di questi ha comportato una riduzione del tenore di tutti coloro che nei paesi industrializzati fanno lo stesso lavoro; inutile sostenere che bisogna aumentare la professionalità, preparazione o scolarizzazione dell’occidente per migliorare le condizioni lavorative sono panzanate.
Per mungere il latte devi avere le mucche, devi essere capace di mungere e avere la volontà di svegliarti presto : non serve una laurea in agraria o scienze dell’alimentazione.
Il precedente equilibrio, con cui abbiamo convissuto per decenni, tra paesi dell’est e dell’ovest, è stato rotto e i danni ormai sono visibili nella crisi attuale. Ogni tanto accade anche in natura come lo è stato l’estinzione dei dinosauri.
… manca anche un altro pezzo… Quando si mettono in contatto praticamente totale economie con costi di produzione totalmente diversi a causa di esigenze sociali ed ambientali disallineate storicamente, si crea una concorrenza sleale devastante, almeno finchè non si esaurisce il transitorio di allineamento sociale.
Finchè sono state aggiunte modeste ciò ha funzionato (anche l’Italia ha fatto questo percorso), quando ti arrivano masse di gente come il BRIC la destabilizzaizone è forte.
Le vicende monetarie mi sembrano più una conseguenza che una causa dei tutto ciò.
Il problema del Gold Standard, anche di quello di classico, è che per funzionare correttamente avrebbe bisogno di un libero mercato dell’oro.
Purtroppo questo non è assolutamente garantito finché si accetta il concetto stesso di Stato: chi ci garantisce che i più grandi produttori d’oro non nazionalizzino la produzione e facciano cartello creando quindi una vera e propria “banca centrale globale” che regola a suo piacere la domanda e l’offerta di denaro.
Serve altro, temo, purtroppo. Anche se la moneta vera resta sempre una bella salvaguardia nei confronti dello svilimento della banconota…
Il paragone con l’Inghilterra non calza. In Inghilterra nel XIX secolo c’erano 18 milioni di abitanti su un miliardo e 200 milioni sulla Terra. Lo 0.01%. Questa volta in 10 anni si sono messi a produrre 3 miliardi di persone. Il 50%. Era ovvio che ci asfaltassero.
Mi sembra vi sia un errrore fondamentale nel ragionamento. La Cina vende agli Stati Uniti, ma si fa pagare in dollari, non in “Renminbi”. Questo, a mio parere, fa cadere tutto il castello logico del ragionamento presentato.
La causa delle crisi economiche non sta nella maggior libertà di scambio e nell’ampliamento dei mercati, ma nel semplice fatto che nei “paesi avanzati” ciò che avanza di più sono le classi parassitarie, a scapito di quelle produttive.
La “produttività”, come ha ben indicato l’articolo, dipende dalla divisione del lavoro, cioè da quella “mano invisibile” Smithiana che pressione fiscale ed ostacoli burocratici di queste parti hanno ridotto ad un moncherino.
L’efficienza economica non dipende né dalla moneta, né dalla tecnologia, né dalle materie prime.
Citando Hayek, “Un Mercato è un Sistema Giuridico, in assenza del quale l’unica economia possibile è la rapina di strada”.
In conclusione, il confronto economico tra paesi non traduce il valore delle rispettive materie prime, dei rispettivi governi o leader, e neanche delle rispettive classi manageriali. Semplicemente, rispecchia il confronto dei rispettivi sistemi giuridici.
Quelli dei paesi europei in crisi economica sono semplicemnte sfasciati, da buttare a mare e rifare. Copiando quelli dei pochi paesi che sono sempre andati benone, con o senza “globalizzazione”, come Svizzera e Nuova Zelanda.
La cui Costituzione, tra le altre cose, impedisce loro di rinunciare alla sovranità monetaria (cosa che ha fatto invece persino la GB. Da cui l’inizio del suo debito e del suo declino, esattamente parallelo al nostro) nonché di spendere in deficit. Ma questi sono dettagli.
@nessuno
“la globalizzazione è un bene per tutti coloro che prima lavoravano, tutti i giorni, prevalentemente nei campi, dall’alba al tramonto immersi nel fango fino alle ginocchia per 80-120 € al mese. ”
Non mi sembra il caso Svizzero. Dove peraltro la retribuzione media è la più alta d’Europa.
Complimenti signor Coco, e aggiungo: finalmente!
Il suo non è solo un articolo, ma una “lectio magistralis” di economia classica, che andrebbe riletta e meditata più volte.
Io stesso che la studiai bene all’università avevo la necessità di ripassarla; spero che molti in questo blog abbiano l’umiltà di fare altrettanto.
Per quanto riguarda i nostri politici invece, ho perso ormai ogni speranza.
@Guido Cacciari
Non ci siamo nenche un pò; rileggiti bene l’articolo.
Proprio perchè gli USA pagano in dollari, che vengono creati a costo zero ed accettati come fossero oro, l’interscambio Cina-USA non è equo, i meccanismi automatici di compensazione dell’economia classica in gold standard non possono agire e si creano disavanzi e squilibri gravissimi e sempre peggiori.
Di nuovo: i prodotti si devono pagare con altri prodotti.
Non con della carta.
Forse è un’affermazione e una domanda stupida ma: l’effetto Gold Standard si vede alla resa dei conti e questa a quando potremmo collocarla?
una cosa che certamente conferma la versione del Sig.Coco e’ che se guardate il tasso di cambio tra dollaro ed euro degli ultimi 6 anni, piu’ o meno e’ rimasto costante.
se pero’ confrontate il tasso dell’euro con il tasso di valute che prima valevano “poco”, quale il dollaro australiano, vi rendete subito conto della perdita di valore che abbiamo subito.
Complimenti per l’articolo.
Il nocciolo della crisi è tutto lì, nel continuo immettere sul mercato moneta fittizia che non ha alcun riscontro con la ricchezza reale.
Prima di lasciare post basati su sensazioni invece che su informazioni documentate, consiglio ai lettori interessati di visitare qualche sito serio istituzionale specializzato e verificare, ad esempio, lo sbilanciamento incredibile della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti, che li porterebbe all’immediata bancarotta se non continuassero a stampare moneta fittizia basata sul nulla, o meglio giustificata solo dalla potenza militare.
Consiglio la lettura di due libri che mi sono sembrati particolarmente interessanti:
Elido Fazi – La terza guerra mondiale – Libro primo e secondo;
David Graeber – Debito – I primi 5.000 anni
In effetti quando vedo un telefonino costare come 40 quintali di grano, sufficienti per produrre 4000 kg di pane, più o meno il consumo di 10 famiglie per un anno, mi chiedo cosa significhi esattamente il denaro.
Mi sembra che ormai gli strumenti di analisi forniti dalle teorie economiche semplicemente non funzionino più, se mai hanno funzionato visti gli insuccessi inanellati dalla categoria.
Sono preoccupato, smobilito tutto e mi compro della terra da coltivare, come fanno i cinesi.
Raramente mi sono trovato così in disaccordo con un articolo, pubblicato per di più su Chicago Blog
L’autore, che non conosco, raccoglie un numero di considerazioni più o meno dotte,
che però non combinano affatto tra di loro, anzi sembrano affastellate a caso.
Al di là di alcune osservazioni qualunquiste che ammiccano alla moda del mugugno e all’apologia della crisi, il rifiuto della globalizzazione appare pregiudiziale e non motivato, sembra quasi che tutto il discorso miri a trovare argomenti per arrivare a questa tesi preconcetta. Le cosiddette conseguenze negative per i paesi più avanzati sarebbero una diseguaglianza nei redditi (e quando mai? li vogliamo tutti uguali? in ogni caso è semmai un problema redistributivo, che peraltro sembra essere l’unica cosa che conta in Italia, certo molto più che come produrre reddito), basso standard di vita (ma scherziamo? rispetto a cosa, dove o quando nella storia è basso lo standard di vita in Italia?) o squilibri economici strutturali (all’interno dei singoli paesi? cosa vuole dire?).
Sul fatto che il basso costo del lavoro dei paesi emergenti non sia una risposta, per fortuna l’autore si risponde da solo.
In realtà, quello che resta dopo aver depurato questo arzigogolato ragionamento, è solo l’auspicio di proteggere le economie avanzate dai prodotti dei paesi emergenti, in primo luogo la Cina. E ciò, se possibile, rafforzando le loro posizioni di forza con la reintroduzione del Gold Standard, di cui si pensava ormai acquisito il fatto che una tale rigidità non possa funzionare in mercati aperti.
La globalizzazione, invece, ha funzionato, e molto bene.
Si è detto e ridetto che non c’è mai stato in ogni epoca un periodo in cui così tante persone in tutto il mondo stessero così bene come oggi, dall’abbandono del sistema aureo (per dare una data) il mondo intero ha vissuto una stagione di 40 anni di crescita e di benessere senza precedenti. Centinaia di milioni di persone sono uscite dalla povertà più estrema e hanno potuto raggiungere condizioni di vita dignitose.
Mi chiedo quali sono i “benefici sperati” a cui Coco si riferisce.
L’economia monetaria mondiale è certamente un sistema fortemente interconnesso, con intrecci di garanzie a diversi livelli (governi, istituzioni monetarie internazionali pubbliche e private, banche), ma non è necessario che questi si risolvano in modo definitivo. Inoltre, queste garanzie reciproche, così come i vantaggi economici della globalizzazione, sono anche quelle che alla fine ci hanno permesso decenni di pace, come non se ne erano visti precedentemente.
Il problema dell’eccessivo indebitamento è piuttosto attribuibile all’eccesso di spesa degli stati, che dopo anni di vacche grasse e nessuna responsabilità politica dei loro governi, si sono a un tratto visti presentare il conto dai mercati finanziari, non più disposti a sostenere una tale dilapidazione di risorse.
Ma questo è un altro discorso, di cui avremo senza dubbio modo di seguire lo svolgimento nei prossimi anni.
“Finché le nazioni accettano valute inflazionate in pagamento di beni e servizi finanzieranno il consumo a spese della produzione.”
La Cina accettando valuta inflazionata in pagamento di beni e servizi con cui ha acquistato a sua volta beni e servizi e altra carta straccia obbligazionaria americana, ha finanziato la piu’ incredibile e rapida crescita industriale della storia.
@paperino
Certamente! Ed infatti l’errore non è della Cina ma degli USA.
@FabGalluzzi
E’ proprio vero che ognuno capisce le cose come gli pare.
L’articolo in esame non è affatto contro la globalizzazione, ma spiega perchè essa ha funzionato bene per alcuni Paesi e invece male per altri; e questo caro signore è un semplice dato di fatto.
E’ verissimo che con la globalizzazione centinaia di milioni di persone hanno migliorato molto le loro condizioni di vita, ma di nuovo: solo nei Paesi emergenti del III mondo.
Nelle economie avanzate invece il benessere ha iniziato a regredire, prima lentamente poi sempre più rapidamente; e Coco ci spiega che questo succede a causa di SCAMBI DI MERCATO NON EQUI.
Dall’abbandono del sistema aureo si è avuto un periodo positivo di crescita economica anche consistente ma, essendo fondato su transazioni non eque e su moneta fittizia, questa ricchezza é in gran parte apparente, non reale.
A questo storico e macroscopico “errore” si è poi sommato l’enorme indebitamento degli Stati per eccesso di spesa pubblica; e su questo sono del tutto d’accordo con te.
Il piu’ puro esempio di globalizzazione, con una moneta come l’euro che e’ quella che cerca di avvicinarsi maggiormente a gold-standard, ce l’abbiamo davanti agli occhi, e produce il risultato di rendere sempre piu’ ricchi e forti i paesi forti, e sempre piu’ poveri e deboli i deboli: e’ l’Europa. Certo ai ricchi, all’interno dell’Europa, conviene, e infatti tengono ben stretti i cordoni dell’euro-oro che viaggia a fiumi verso le loro casseforti. A noi no.
Non riesco a seguire tutte le elucubrazioni sulla economia mondiale , sulle diverse monete e così via . La globalizzazzione è stata ed è molto utile ai paesi del cosidetto terzo mondo che hanno aumentato e di molto il loro tenore di vita . Ci stanno rimettendo i cosidetti paesi sviluppati e secondo me la ragione è molto semplice : quando un popolo ha la pancia piena non ha più nessuna voglia di faticare e di sacrificarsi . Vogliono tutti il “posto di paga ” garantito lavorando il meno possibile . In queste condizioni il futuro nostro è molto nero fino a quando tutti non si renderanno conto della situazione e reagiranno , imponendo anche alla mafia politico/burocratica che ci governa di ridurre drasticamente il furto fiscale che ci impone.
@giovanni zura
@Roberto 33
condivido le vostre riflessioni.
Mai previsioni si sono verificate più disattese di quelle degli “esperti” come pure le loro analisi e questo blog ne pullula.
Il Sommo Poeta esortava ad esercitare la conoscenza, ma a ben guardare, che effetto abbiano prodotto le sue parole in quest’ostello? Praticamente nullo.
Come può un telefonino costare come 6000kg di pane?
Allo stesso modo come il ministro Severino, pur se menomata del braccio destro, guadagna milioni di euro, mentre in natura soccomberebbe immediatamente.
Ciò a dimostrazione dell’artificiosità delle regole economico/finanziarie, artatamente manipolate per sottrarle ai dettami della vita.
A volentieri rileggervi.
@paperino
No, il paragone euro = sistema aureo non regge.
In primis perchè esistono anche fortissimi scambi commerciali con Nazioni senza l’euro; solo in Europa si pensi a Gran Bretagna, Svizzera, Russia, poi vi è tutto il resto del mondo.
In secondo luogo perchè lo stesso euro è una MONETA FITTIZIA nel senso spiegato da Coco, infatti esso non è “agganciato” né all’oro né ad alcun altro bene reale.
L’euro ha instaurato fra i Paesi che l’hanno adottato un sistema di cambi fissi, che è cosa diversa dal sistema aureo.
Poi fra i Paesi-euro ci sono gli “stampatori forsennati” ed altri più moderati, ma questo è un altro discorso.
Antonio Marcianò scrive sul suo blog:
“Il denaro è un simbolo, letteralmente, poiché, come tutti i simboli, esso sta per.
Già questo basterebbe per trasferirlo da mondo della venalità ad una sfera superiore, ermeneutica. Siamo, però, abituati a considerare il denaro come qualcosa di concreto, di solido, su cui fondare le nostre sicurezze economiche, eppure esso possiede una natura mercuriale, fuggevole, mobile. I soldi circolano: circolante è sinonimo di denaro. I beni mobili sono quelli monetari.
Tralasciate complesse e sovente astruse questioni di tipo economico, riscopriamo il vero valore dei lingotti e delle monete nell’antichità. Il loro valore non era solo nel conio e nel titolo, ma nel baluginio divino ed astrale che l’oro, l’argento e l’elettro custodivano. L’oro è il sole, l’argento la luna. Nei tempi remoti i metalli scintillanti riverberavano una luce sacra, sia pure destinata a stimolare la virgiliana sacra fames auri, un’esecranda avidità. Allora le monete, che portavano l’effigie di un dio, a volte erano tesaurizzate, tenute come talismani o gioielli: per gli scambi si poteva ancora ricorrere al baratto, ai doni reciproci, al bestiame. Era questa l’economia della cultura omerica.
I primi banchieri furono i sacerdoti delle città di Sumer: a loro già si deve la lenta, funesta trasformazione della pecunia da amuleto, da strumento per le transazioni commerciali in merce. Dall’uso del denaro all’usura il passo è breve. Con usura, ci ammonisce Ezra Pound, si può solo corrompere e rovinare. Non è un caso se Dante, condannando i prestatori ad essere tormentati nell’inferno, li reputa peccatori contro l’arte. L’arte è il lavoro onesto: nulla è disonorevole e disonesto come l’arricchimento frutto di speculazioni e di frodi. Che cosa penserebbe il sommo poeta dell’ignobile sistema definito signoraggio bancario?
A Cesare quel che è di Cesare; a Dio quel che è di Dio;… a me quel che è mio, come chiosa Gesù in un altro Vangelo. Dubitiamo che il Messia intendesse avallare, con la sua risposta ad una domanda insidiosa dei Farisei, il tributo all’imperatore. Piuttosto, come ritiene Elémire Zolla, si può congetturare che egli, esortando a rendere il denaro a Cesare, dichiarasse che la coniazione è un atto di forza. “Il Messia accusa i banchieri di essere dei ladri, perché speculano sui cambi. Se si fosse ascoltato il Cristo, o il denaro non esisterebbe o solo una moneta sacra avrebbe circolato, con un rapporto fisso tra oro ed argento.” Il numerario, benché non più sacro, può essere, se frutto di attività probe, giovevole, favorendo i commerci ed un certo benessere, purché si creda nel suo portentoso potere di trasformarsi in un oggetto d’uso o in una prestazione d’opera. Le persone che dimostrano fede non sono tanto quelle che credono in Dio, ma coloro i quali si affidano alla magica virtù del denaro: fede, fido, fideiussione… sono termini dell’economia.
E’ quindi possibile pensare ad una società in cui la moneta sonante sia usata per acquistare e vendere, ma senza che essa sia gravata di interessi. Anche un interesse dell’un per cento annuo è usura: peccato che la Chiesa di Roma l’abbia dimenticato, anzi apprendendo perfettamente le scaltre, spregiudicate pratiche dei feneratori, si è trasformata in una banca. Se, invece, il denaro diventa banconota, carta forzosa, cifra digitata sullo schermo di un elaboratore si smaterializza in un’entità astratta. Pur non esistendo, essendo un ente creato dal nulla per dominare tutto e tutti, opprime i deboli, depaupera i derelitti, stringe in un cappio soffocante i debitori, rende schiavi di tesori chimerici gli avari, rafforza lo scellerato dominio dei potenti che impiegano i loro immensi, insanguinati capitali per uccidere, distruggere, inquinare, compiere delitti di ogni genere.
A Cesare quel che è di Cesare, dunque: come il Messia rifiutiamo in toto il potere. Poco importa se un celebre interprete del suo messaggio raccomandava che gli schiavi obbedissero ai padroni, legittimando così de facto e de iure quelle inique autorità politiche e religiose contro cui Cristo (o chi per lui) aveva consigliato la spada.”
Mi auguro sia stato di vostro gradimento.
Gerardo Coco non è serio. “lo sviluppo mondiale ha subito una battuta d’arresto” non è vero e lui lo sa. Il PIL mondiale mondiale continua a crescere del 5% all’anno!!! La recessione è in Italia, Grecia, Spagna e pochi altri paesi ricchi. I paesi poveri crescono del 5-6% invece che del 7-8% ma crescono. Loro hanno un mercato del lavoro flessibile, noi no.
Cosa vuol dire la sua ricetta finale? la solita utopia impossibile. Troppo facile prospettare soluzioni impossibili. Nessuno potrà mai verificarle e Coco non sarà mai sbugiardato dai fatti.
Il denaro sara’ un simbolo, ma a pensarci un po’ anche la quasi totalita’ dei cosiddetti beni di consumo, nella forma attuale, lo e’.
Fermare il gioco linguistico in un punto arbitrario e’ utile per dare un senso al mondo che ci circonda, senso di cui abbiamo estremo bisogno, ma va sempre ricordato che tale punto e’ arbitrario, specialmente nei momenti in cui, a dispetto delle nostre definizioni, si sposta.
In altre parole definire cosa e’ fittizio e cosa non lo e’ non e’ cosi’ semplice e soprattutto, univoco. Neanche quando l’oggetto della definizione e’ il denaro.
Per questo l’economia e’ una pseudoscienza, che va con attenzione considerata come tale.
Ridimensioniamola, per evitare fra qualche anno di ridere (amaro) sull’attuale, storicamente ricorrente in una incarnazione o nell’altra, ubriacatura.
In proposito e’ un bellissimo libro, peraltro piu’ o meno in linea con questo sito, “maledetti economisti”, di sergio ricossa.
…inutile sostenere che bisogna aumentare la professionalità, preparazione o scolarizzazione dell’occidente per migliorare le condizioni lavorative sono panzanate.
Per mungere il latte devi avere le mucche, devi essere capace di mungere e avere la volontà di svegliarti presto : non serve una laurea in agraria o scienze dell’alimentazione.
Sono panzanate? Quanti telefonini, tablets, televisori ecc. produce l’Italia e quanti ne producono Corea, Taiwan, Giappone e ora anche Cina? Mio figlio fa la 3^ media e quando torna a casa non ha quasi mai compiti da fare e i professori fanno pena. In quei paesi si studia sul serio e la selezione è durissima, ma sfornano legioni di ingegneri preparatissimi (non mungitori di vacche, che con tutta la migliore buona volontà del mondo non potranno mai progettare oggetti high tech). Questa è una delle differenze tra l’Italia e quei paesi (purtroppo ce ne sono moltissime altre, ma non allarghiamo il discorso, tanto le conosciamo tutti).
Secondo me in parte ha già funzionato anche se è avvenuta troppo velocemente. L’Italia dal profondo del suo torpore televisivo pluridecennale ancora non si rende conto di quanto sarà in salita la strada da oggi. E comunque questa ulteriore crisi mondiale spingerà paesi come la Cina a varare riforme relative al mercato interno dandoci un poco d’ossigeno per provare a ripartire… Classe politica permettendo !
Se non ricordo male il Gold Standard ha provocato più di un grattacapo negli anni ’30…
@Guido Caciari
sono 1000 anni che la svizzera si fa gli affari sui. Se è per confortarla neppure il principato di Monaco, il Lussemburgo e una manciata di altri paesi la cui economia si fonda in prevalenza sui “servizi finanziari” offerti al resto del mondo. Oppure pensa che il reddito pro capite svizzero derivi dal cioccolato o dagli orologi ?
Il suo esempio non riflette la realtà della maggioranza della popolazione occidentale. Prima la maggioranza della popolazione era dedita all’agricoltura, poi all’industria pesante e non. Poiché per fare l’operaio non è mai servita una laurea, si produce dove costa meno e finché in Cina e India il prodotto costerà di meno lentamente la forza lavoro produttiva in occidente verrà trasferita. A quel punto a voglia far diventare i 400 milioni di europei tutti consulenti finanziari è più probabile un ritorno all’agricoltura.
Da che mondo è mondo molti lavorano duramente e producono, pochi vivono alle loro spalle fornendo servizi non sempre necessari (molti burocrati e molti professionisti che vivono grazie ai primi) ma finché sono pochi vivono. Un sistema in cui la maggioranza spende più di quanto produce e spende sempre più e produce sempre meno è destinato ad indebitasi fino al collasso.
La globalizzazione distribuisce la ricchezza creando opportunità, ma ciò non significa più ricchezza per tutti soprattutto con chi non riesce a competere e provi ad indovinare chi ci perde.
Si possono fare delle congetture, ma nessuno può essere certo del futuro. In passato si risolveva tutto con una guerra.
@nessuno
La Svizzera è anche una potenza industriale, non solo finanziaria.
Non ha sprecato le sue risorse e quando Swissair ha fatto un buco l’ha lasciata fallire.
Lì sono molto meno quelli che mangiano a ufo e così il sistema regge.
buona visione :
http://www.youtube.com/watch?v=gEhZMldT-FE&feature=youtu.be
Non tutti ricordano che l’equilibrio competitivo è una situazione in cui la moneta è soltanto numerario.Se ricordate il sistema di equazioni lineari,la condizione che un bene sia esogenamente fissato pari ad 1,assicura la ‘esistenza della soluzione.Con una valuta come base del commercio internazionae,si è voluto dare attuazione ai risultati della teoria.Il problema,quindi,non è tanto nel dollaro,quanto in quelle istituzioni internazionali che cercano di dare valore diverso dal numerario alle monete anzionali,attraverso i diritti di partecipazione o altre invenzioni diaboliche.
Ma com’è che come esempi virtuosi citano stati a moneta sovrana? Com’è che la stagnazione dell’Italia coincide con l’entrata dell’Italia nell’Euro e la recessione con il cambio Euro/Dollaro sopra l’1,25$? Qualcuno me lo dovrà spiegare un giorno! E pensare che i tecnocrati dell’unione europea, tra bignè allo zabaione, ostriche e champagne (coi miei soldi) dichiarano in pompa magna che per un Europa forte serve un forte settore manufatturiero. Bellissimo. Lasciamo arrivare l’Euro ad 1,60$, come è già successo. Che goduria proveranno i popoli europei, quanto sarà bello, quanti chiodi esporteremo in Brasile, quante scarpe invieremo in America! Fuori dall’Euro! Subito!
La politica prevale sempre sull’economia, vi parlano di economia di mercato, di libero mercato o mercato libero, ma non è mai vero.
Nessuno degli attori del mercato vuole un mercato libero dove chiunque possa entrare in concorrenza con gli attori già presenti. Così nonappena un soggetto economico raggiunge un livello sufficiente comincia ad erigere potenti barriere all’ingresso dei potenziali concorrenti e normalmente lo fa utilizzando la politica.
Spero che a nessuno sfugga il fatto che un iPhone prodotto in USA in una fabbrica ad alta automazione sfornerebbe telefoni di migliore qualità (pur altissima per la maniacale e costosa attenzione dedicata che porta letteralmente ad impazzire i poveri operai addetti) a costi inferiori impiegando magari 7.000 addetti invece dei 70.000 della fabbrica foxconn che li produce.
Ma se è così perchè produrli in Cina ?
Per ragioni politico/macroeconomiche. I 70.000 operai cinesi che lavorano a 4 USD l’ora iniziano a diventare consumatori i 4.000.000 di americani che si comprano un iPhone attingono da “riserve” accumulate nei decenni addietro.
Questo è il modello economico imposto dalla dittatura delle multinazionali.
Il problema monetario è una bufala.
Abolendo o riducendo fortemente i confini doganali e creando (anche con l’aiuto della tecnologia digitale) un mercato mondiale è successo che anche la merce-lavoro, prima protetta da recinti protezionisti, ha acquisito anch’essa un valore medio globale, più alto in paesi dove era assai basso, più basso e meno tutelato dove le aristocrazie operaie a costo di secolari sacrifici avevano imposto al capitalismo un welfare protettivo ma costoso. Il cosiddetto compromesso socialdemocratico oggi in crisi. Oggi il lavoro ha nel mondo unificato un costo sempre più omogeneo e si vende e si compra come fosse petrolio o mais. E’ una commodity. Forse si sarebbe dovuto costruire la fortezza europa, pagando magari di più certe merci (e producendole in casa anzichè importarle) ma è tardi. In ogni caso chi ha deciso questa evoluzione non sono organismi elettivi o democratici. Nessuno ha chiesto alla gente se voleva la globalizzazione. Ora che c’è dobbiamo lavorare meglio e di più accettando un calo dei salari. Certo, si può fare e può darsi che da questo discenda un ripensamento positivo per la società. Intanto so che i miei figli non avranno una pensione decente. Per una generazione se la caveranno vendendo la casa dei genitori ma dopo non so.
@Andrea Chiari
Dopo servirà la violenza per andare a espropriare e rimettere in circolo la ricchezza sequestrata.
Violenza vera, sangue vero, non chiacchiere.
E poichè la ricchezza è ancora qui , si dovrà richiudere il recinto e cacciare a fucilate quelli che cercano di entrare, fucilate vere, non chiacchiere.
Vi par troppo crudo lo scenario? L’alternativa è la schiavità al governo mondiale dell multinazionali.
non ho capito questo passaggio:
[i]Da questa situazione hanno tratto vantaggio i paese emergenti, in particolare la Cina che ha scambiato i prodotti a basso costo con la valuta esclusiva per acquistare petrolio e le altre materie prime indispensabili per il suo sviluppo[/i]
nel senso che la cina esportando i prodotti ha iniziato a importare dollari (ovviamente è stata pagata)con cui ha comperato le materie prime?
Il motivo per cui la globalizzazione in occidente non ha funzionato, è semplicemente perché alcuni governi non hanno saputo gestirla e approfittare delle occasioni presentatesi, occasioni tipo quella proposta in questo articolo…
http://senzacasta.blogspot.it/2013/12/il-xix-secolo-viene-ricordato-dalla.html?m=1