Per fermare le lancette dell’orologio, tagliamo la spesa. di Vito Tanzi
Il “debt clock” dell’Istituto Bruno Leoni, che vede l’orologio muoversi in avanti al ritmo di 2700 e rotti euro al secondo, mi ha fatto ricordare quello che dicevano sul debito pubblico alcuni grandi pensatori del passato. Ne voglio citare solo due.
Nell’anno 43 A.C. Cicerone diceva:
Il bilancio nazionale deve essere mantenuto in equilibrio. Il debito pubblico deve essere ridotto, e l’arroganza dei politici deve essere controllata (…) Il popolo deve di nuovo imparare a lavorare, invece di vivere con l’assistenza pubblica.
David Hume il grande filosofo e storico scozzese del 18mo secolo scrisse:
È una grande tentazione per un ministro usare i prestiti pubblici che gli permettono di fare bella figura senza imporre il peso delle tasse sulle spalle dei cittadini…L’abitudine di contrarre debiti sarà inevitabilmente abusata (…) Le conseguenze (…) saranno due: o la nazione distruggerà il debito, o il debito distruggerà la nazione.
Ci sono molti esempi nella storia del mondo in cui il debito ha distrutto nazioni.
Mezzo secolo fa, la spesa pubblica in Italia, così come in altri Paesi, era circa la metà del livello attuale. Nel 2008 la spesa primaria, cioè la spesa pubblica al netto del pagamento di interessi sul debito pubblico, era il 43,6 per cento del PIL. In quell’anno in Australia era il 30,4 per cento; nella Svizzera era il 31,0 per cento; in Giappone era il 33,5 per cento;in Canada e negli Stati Uniti era il 36,1 per cento. Nella spendacciona Norvegia, la spesa primaria era il 38,5 per cento del PIL (dati del FMI).
Tutti questi altri Paesi hanno una qualità della vita e servizi pubblici tra i migliori nel mondo, e migliori che in Italia. Generalmente si trovano ai primi posti, per qualità della vita, nelle classifiche internazionali – per esempio nella classifica pubblicata dal Human Development Report delle Nazioni Unite. Ridurre la spesa primaria italiana al livello di quella norvegese, la più alta tra i Paesi menzionati, farebbe aumentare il superavit primario italiano (cioè al netto di interessi) di più del cinque percento del PIL, abbastanza da far marciare indietro il debt clock. Riducendo la spesa primaria al livello di quella svizzera, aumenterebbe il superavit primario al dieci per cento del PIL, abbastanza da far impazzire il “Clock” nella corsa all’indietro, eliminando il debito pubblico italiano in pochi anni.
Oltre agli ostacoli politici nella riduzione della spesa che sono ovvi, sarebbe davvero così dannoso portare la spesa pubblica primaria italiana (quella al netto degli interessi sul debito pubblico) al livello di quella norvegese? È vero che la riduzione della spesa ridurrebbe la qualità della vita in Italia? Forse la diminuirebbe fino a raggiungere quella dei Norvegesi o degli Svizzeri? Magari!
Vito Tanzi è fra i più noti economisti italiani. È stato direttore del Dipartimento di Finanza Pubblica del FMI, e consulente della Banca Mondiale, delle Nazioni Unite. Fra il 2001 e il 2003, è stato Sottosegretario all’Economia e alla Finanza. Ha scritto diversi libri, fra cui (con Ludger Schuknecht) La spesa pubblica nel XX secolo. Una prospettiva globale (Firenze University Press 2007).
Per l’Istituto Bruno Leoni Vito Tanzi ha pubblicato:
“Il ruolo dello Stato e della spesa pubblica nell’epoca della globalizzazione”, Occasional Paper n. 25 (25 gennaio 2006) [PDF]
“Stato assistenziale e performance economiche. Il caso dei Paesi scandinavi” (con Ludger Schuknecht), Occasional Paper n. 31 (28 aprile 2006) [PDF]
“Politica fiscale. Quando teoria e realtà si scontrano”, Occasional Paper n. 33 (7 agosto 2006) [PDF]
“Strade convergenti. La politica fiscale in Italia e negli Stati Uniti”, IBL Focus n. 147 (14 novembre 2009), disponiible qui [PDF].
Tanzi, tutto giusto, tutto bello ma siamo sempre alle solite, enunciazioni di pricipi alle quali non seguono i fatti. Tutti dicono BISOGNA RIDURRE IL DEBITO ma quasi nessuno ha il coraggio o l’onesta’ di dire A CHIARE LETTERE “COME SI PUO’ RIDURRE IL DEBITO”.
La vita ci insegna che per guarire da gravi malattie bisogna sottoporsi ad interventi traumatici e molto dolorosi ed e’ cosi’ anche in materia di finanza pubblica.
Non vedo altra via praticabile che quella di RIDURRE l’ ingerenza dello Stato nella vita dei cittadini e di conseguenza ridimensionare la PA sia centrale che locale e quindi il relativo costo di almeno il 5% (vedi cancellazione delle Provincie, Comuni sotto i mille abitanti, Comunita’ Montane, ecc.) inoltre, lo Stato SMETTA di prendere in giro i nostri giovani offrendo loro assunzioni per lavori inesistenti con contratti denominati ” precari” che non fanno altro che alimentare il BAMBOCCIONISMO e creare cosi’ la nuova falsa categoria dei cosi’ detti “PRECARI”.
Mia definizione dI “PRECARIATO NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE” : “Ricerca spasmodica di scorciatoie per ottenere con il minimo sforzo posti da “travet” da parte di coloro che, in gran parte, sono precari, cioe’ malfermi o deboli o non abbastanza determinati, in se stessi a fronte di una scellerata offerta di sussidi da parte di una classe politica interessata solo al mantenimento del potere. “.
Definizione volutamente esagerata e provocatoria proprio per dire: ” Cari ragazzi, non fatevi illudere dalle sirene, non esistono SCORCIATOIE, ora piu’che mai, non fatevi rubare la vita, una e breve ma studiate ed impegnatevi nella competizione della vita reale altrimenti sarete schiacciati dai vostri colleghi coetanei d’ oltremare, d’ oltre oceano.
Per approfondimenti ed altre idee:
http://WWW.SEGESUFOSSETREMONTI.BLOGSPOT.COM
Grazie per l’ ospitalita’ e la tolleranza.
Anton
Confermo: tutto giusto tutto bello ma … l’autore dell’articolo non e’ per caso la stessa persona che stava al governo con Voltremont nella sua incarnazione precedente, quella in cui il governo aumentava la spesa allegramente?
Io sono molto welcoming di ogni pentimento, anche quelli tardivi, ma sia in quei casi che in altri mi sembra opportuno chiedere che ci si spinga un pelo piu’ avanti. Per esempio: discutendo come e perche’ si sia aumentata al spesa quando si era al governo, come e perche’ questo governo (come tutti gli altri, ma anche e soprattutto questo viste le chiacchere roboanti del titolare di via XX Settembre) non abbia tagliato niente ed infine, last but not the least, COSA andrebbe tagliato e come.
Aiuterebbe a rendere il dibattito piu’ trasparente e le responsabilita’ di ognuno, individuo o raggruppamento politico, meno offuscate. Perche’ la politica, alla fin fine, richiede assumersi la pubblica responsabilita’ delle proprie azioni e saper/voler giudicare quelle degli altri.
Cari saluti,
m
Egr. Vito Tanzi:
sai che casino se da noi facessero come in Gran Bretagna e licenziassero 500’000 dipendenti pubblici?
Purtroppo temo che, dovesse succedere, verrebbero licenziati quelli bravi mantenendo quelli pubici (ovvero abituati a fare un c…o).
Comunque, non vi è dubbio che sia lo Stato a dover dimagrire, e non vi è dubbio che i politici di tutto faranno per non cambiare.
I giornali terranno bordone ai politici, e così via.
La mia impressione è che saremo costretti a toccare ben bene il fondo, perché se non muore l’ospite, i suoi parassiti non se ne andranno. Alternativa? Gli antibiotici, ma temo sotto forma di guerra civile. Già hanno iniziato con le stelle a 5 punte…
E’ semplice. Con la secessione. I vantaggi sarebbero evidenti per tutti: in primo luogo per i meridionali, finalmente liberati dalla dose sotto forma di assistenza pubblica che quotidianamente gli viene somministrata per tenere il Sud sotto controllo. Certo ci sarebbe sicuramente una crisi di rigetto, una crisi da astinenza. Ma una volta liberato dalla dipendenza non ho dubbi che, come già in passato, il meridione d’Italia saprebbe sicuramente fare molto meglio di quanto non faccia da quando è stato colonizzato dal regno Sabaudo.
In secondo luogo sarebbe un bene per le popolazioni settentrionali, finalmente liberate dalla necessità di foraggiare l’infame carrozzone pubblico italico, che dei meridionali come dicevo, è causa di miseria, dei settentrionali, di schiavitù.
Ogni altro discorso è pletorico, ogni altra ricetta inutile: è come cercare di curare la peste con un pannicello caldo. Ah, dimenticavo, serve anche la liberalizzazione della stampa della moneta, monopolio da sottrarre ai pazzi che, come Bernake, pensano che la ricchezza possa essere generata stampando banconote.
Utopia? Si vedrà quando, improvvisamente, il debt clock si fermerà. E non perché improvvisamente si siano rinsaviti i politici italiani (solo a scriverlo mi vien da ridere), ma perché finalmente, già finalmente, questa cloaca chiamata Stato italiano farà bancarotta. Che questo avvenga a causa di una ribellione fiscale dei sudditi italiani, o per putrefazione del cancro burocratico che attanaglia questo stato, o per qualche altro imprevedibile accidente, sarà la storia a dirlo. Quel che è sicuro è che succederà. E non credo ci vorrà ancora molto tempo per sapere se ho ragione.
Concordo con quanti sostengono che le diagnosi corrette sono molte, che qualche cura efficace viene (da pochi analisti lungimiranti) proposta, ma che non c’è nessuno che possa tradurre in pratica i buoni enunciati. Il problema è politico e in mancanza di politica (la politica in Italia è morta da tempo) non c’è speranza di avviarsi a soluzione. A questo punto concordo con le pessimistiche conclusioni di stefano.
Grazie. silvano
Il recente decreto-legge (n. 78 del 2010) varato a maggio dal Governo ed approvato con la fiducia dal Parlamento lo scorso mese di luglioè stato da più parti considerato necessario ed urgente. Ho avuto modo, tuttavia, di evidenziare che di fatto il decreto (che taglia il deficit di 25 miliardi di euro circa per allinearlo a quanto concordato in sede europea) ottiene quel risultato attraverso un aumento delle entrate di 48 miliardi di euro che, appunto per 25 miliardi, vanno a tagliare il deficit, ma per i restanti 23 miliardi servono a finanziare un aumento di spesa pubblica di 23 miliardi, per di più con un aumento di spese correnti per 26 miliardi e una riduzione in valore assoluto di 3 miliardi di investimenti pubblici. Possiamo allora dire che i conti pubblici sono oggi a posto? Forse si sul piano dei saldi finanziari, tanto che ora la legge di stabilità non fa altro che ratificare e confermare quelle decisioni e, per questo, il Ministro Tremonti l’ha definita una “finanziaria tabellare”.
Sono un dipendente pubblico. Non sto a girarci intorno, avete ragione, siamo troppi rispetto a quel che facciamo. La ragione è nota, circa uno su quattro di noi è stato assunto per clientela, non per necessità effettiva (mi pregio di non essere tra i suddetti, io santi in paradiso non ne ho avuti, mai). Tradotto in cifre, il taglio dovrebbe aggirarsi sui 750-800.000 dipendenti, con una contrazione della spesa (per stipendi e contributi) di circa 24 mld €/anno.
Sul discorso provincie, piccoli comuni, comunità montane, si fa più demagogia che altro. Le funzioni devono essere svolte a scala territoriale adeguata, chi afferma il contrario dice fesserie, parla di argomenti che non conosce. Ovviamente si può discutere su quali specifiche provincie e com. montane, e quali piccoli comuni non abbiano senso, aggiungerei anche una regione, di cui i più ignorano l’esistenza (la Regione Trentino-Alto Adige. Esiste davvero, stupiti?).
Mi auguro solo che il taglio, qualora venga deciso, non sia indiscriminato e “lineare”, ma agisca su quelle funzioni che effettivamente sono state create ad arte. In caso contrario sarebbe un semplice gioco al massacro nei confronti di una categoria ormai messa peggio degli appestati.
Solo una domanda, infine: come fanno Svizzera e Norvegia ad avere una spesa pubblica inferiore alla nostra? Conoscendo gli stipendi dei miei colleghi svizzeri, ed il loro rilevante numero (parlo di strutture tecniche) la cosa mi stupisce un po’.
Totale votanti del sondaggio sul debt clock alle 12:06 del 12/11/2010: 279! Che tristezza!
Caro Prof. Boldrin, io trovo la sua polemica, nel senso buono del termine, fondamentalmente giusta e argomentata da fatti inequivocabili.
Tuttavia, mi domando sempre: fra il niente ed il qualcosa, cos’è meglio in politica? Senza provocazione ma per dibattito, chiederei a lei e ad altri critici di Tremonti, come si potrebbe realmente farsi portatori di un cambiamento di mentalità quando appena si propugna una linea di chiusura dei cordoni della borsa si assiste ad una sfilza di piagnistei qualunquistici, dove last but not least persino il presidente della Repubblica entra a gamba tesa in un territorio che non gli compete, criticando le politiche di taglio? Io sono il primo a concordare che bisogna attentamente selezionare dove e come tagliare, ma mi sono reso conto che se non si fossero almeno stretti i rubinetti in certi settori (es. l’università) nemmeno si sarebbe fatto lo sforzo di capire se e dove c’erano sprechi inaccettabili, ma sempre tollerati in virtù di politiche finanziarie irresponsabili e irresponsabilmente tollerate dal regime di assistenzialismo in cui l’Italia versa, oramai semi-moribonda.
In un momento di cotanta incertezza, anche suggerire strategie politiche, oltre che tecnicismi economici di indubbia validità, che possano portarci oltre il guado riducendo finalmente spesa pubblica e prelievo, potrebbe davvero indicare la direzione di un auspicabile cambio di mentalità.
Mi unisco a coro, ottime e chiare parole nel messaggio di Tanzi, ma pur sempre statement of principles. Credo sia evidente a chiunque che questa seconda repubblica abbia incistato i problemi storici della classe dirigente italiana, oltretutto inquinando gravemente la qualita’ del dibattito pubblico (il personaggio con la maggior responsabilita’ individuale in tutto questo mi sembra ancora piu’ evidente). E’ tragicomico che gli unici accenni di politiche di liberalizzazione e riduzione del corporativismo siano arrivati nella parentesi Prodi/Bersani…
Mi sembra che la pre-condizione per qualsiasi cambiamento sia la rimozione del governo attuale, seguita da una coalizione con un’ agenda anti-corporativista (dx o sx fa lo stesso). E credo sia cosi’ urgente che varrebbe pure la pena di farlo nel contesto di turbolenza dei bond market (che tra l’altro gia’ includono nel prezzo l’instabilita’ del governo).
Non so quale probabilita’ assegnerei a soluzioni di questo tipo (bassina, temo), tuttavia mi sembra l’unica alternativa alla retoricA “doom and gloom” del “dobbiamo toccare il fondo”, default dello stato, etc.
Mauro, ammiro la Sua onesta’ intellettuale e concordo con quanto ella ha scritto.
Sono sempre piu’ convinto che un graduale “DISIMPEGNO” dello Stato ove questo “impegno” non e’ necessario ne’ richiesto non possa che far bene al Paese, sopra tutto in una ottica di medio-lungo periodo che e’, in definitiva, l’ottica alla quale dobbiamo guardare se vogliamo tentare di dare un futuro ai nostri figli.
Bisognerebbe quindi FARE PRESTO ed avviare quelle riforme ineludibilI e che tutti sanno essere necessarie in questo Mondo nuovo ( e si parli piu’ di destra, centro, sinistra, per favore, BASTA) ma che temo NESSUNO avra’ il coraggio e la forza di attuare.
http://www.segesufossetremonti.blogspot.com
Grazie
Anton
Il debito pubblico e più in generale il risanamento dell’intero apparato pubblico, non potrà avvenire per via democratica. Non conosco alcuna forza politica che sia disposta a suicidarsi per il bene della Nazione.
Caro Michele, la tua critica mi sembra ingenerosa, per due ragioni: una specifica, l’altra generale. Quella specifica si riferisce alla natura di questo articolo: si tratta semplicemente di una breve testimonianza di Vito Tanzi in merito a uno strumento che IBL ha creato, l’orologio del debito, con l’unico obiettivo di ricordare a tutti, compresi quelli che non sono “del mestiere”, perché la spesa pubblica non può aumentare. (Se anche tu vuoi scrivere qualcosa per noi, la pubblichiamo molto volentieri, non c’è neanche bisogno di dirlo). La questione generale, però, mi sta più a cuore. Non credo Tanzi abbia bisogno di pentirsi, data la natura della sua esperienza al governo. Tanzi non è stato un “believer” che si è convertito: è stato un tecnico che ha creduto di (e provato a) poter dare un contributo esattamente nella direzione da te indicata, e non c’è riuscito. Tant’è che si è dimesso dopo appena due anni. Qui trovi un racconto delle esperienze maturate in quel periodo che è, mi pare, sufficientemente esplicito: http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/OP/33_Tanzi.pdf . Lo dico perché mi pare che Tanzi le sue responsabilità se le sia già prese, e non ha lesinato, allora e dopo, critiche alla gestione allegra delle finanze pubbliche. Ci ha provato, e non ci è riuscito. Ha apertamente e pubblicamente discusso questo e altri aspetti. Non vedo cosa si possa pretendere di più, sul piano umano.
@Francesco F.
esatto, laprobabilità è bassina. Tu credi forse che a me piacerebbe vedere azzerata la ricchezza italiana? O che la visione di ammazzamenti vari, che siano in stile BR o tutti contro tutti, mi renderebbe felice?
Magari si potesse raddrizzare la rotta. Il problema è che questi sanno dove stiamo andando, arraffano quello che possono finché possono e poi chi s’è visto s’è visto. E non credo affatto che Berlusconi sia il problema maggiore.
Certo, non ha fatto quello per cui è stato eletto, potremmo mandare via questo esecutivo e sostituirlo con uno “tecnico” simpaticamente in mano, che ne so, a Montezemolo, per esempio.
Uno che di meritocrazia se ne intende (a parole) e di sprechi anche (Italia ’90). Ed è lì che scalpita, visto che la FIAT l’ha messo alla porta, la Ferrari deve lasciarla a breve, e alla Juve è appena il caso che non si faccia più vedere. Gli resta solo la politica: possa Dio allontanare dall’Italia quest’altra jattura.
Il problema, dunque, non è Silvietto, sono le mezze cartucce come ritengo sia Fini, o i furbacchioni come penso siano Prodi e Casini.
In più Berlusconi è ricco di suo, mi risulta.
Gli altri stanno ancora combattendo per avere privilegi e ricchezze.
L’unica vera soluzione l’ha indicata Giannino: Tea Party anche in Italia. E mandiamo a casa questi politicanti di professione, capaci solamente di fare i parassiti.
Non è vero che non si riesce a far qualcosa dal basso, io ho qui vicino un fulgido esempio di azione efficace dal basso.
L’inadempienza degli stati equivale a tassazione straordinaria non generalizzata, le nazioni restano perche’ le patate si continuano a coltivare e la componente estera equivale a fallimento di impresa concordabile o meno cfr Argentina
Qualcuno propone di fare un versamento a fondo perduto per ridurre il debito dello stato. Secondo me potrebbe anche essere possibile ma solo dopo che si siano date concrete garanzie che tali soldi non verrebbero utilizzati per ulteriori sperperi. Sarebbe necessario anche ottenere PRIMA una drastica riduzione degli sperperi. Cosa sono gli sperperi ? Mi sono reso conto recentemente che una certa parte della popolazione italiana lavora pochi mesi all’ anno, regolarmente, e per il resto dell’ anno lavora in nero percependo l’indennità di disoccupazione ( che pare sia molto superiore alla pensione minima ). Non credo che il fine dell’ indennità di disoccupazione sia questo e ritengo che questo sia un esempio di sperpero. Come risolvere questo problema senza nulla togliere a quelli che effettivamente hanno bisogno ? Forse basterebbe utilizzare tale manodopera, nei limiti di quanto versato, per lavori di pubblica utilità effettivamente svolti. Forse qualcuno con buona volontà riuscirebbe pure a trovare stabile occupazione nelle aziende del ramo.
E’ vero che molti politici, esaurito il mandato, conservano alcune facilitazioni tipo uffici, collaboratori od altro pagati dallo Stato ? Quanto sopra oltre la pensione ?
Forse non è molto giusto. Quanti ce ne sono di questi sperperi ? Penso che molti, anche non estremamente ricchi, sarebbero disponibili a versare una somma a fondo perduto per vedere finalmente riemergere la nostra bella Italia ma a certe precise condizioni.
Grazie dell’ospitalità.
Sergio
@Mauro
Concordo pienamente col Sig. Bendazzoli.
La secessione delle principali regioni del Nord (Piemonte, Lombardia e tri-Veneto), creerebbe uno stato piccolo ma ricchissimo di tessuto produttivo, agricoltura, risorse turistiche e beni culturali, capace di ridurre drasticamente in pochi anni la sua quota di debito pubblico.
Condivido anche sulla ineluttabilità che cio’ possa accadere, fosse anche attraverso un periodo di sangue, sudore e lacrime.
La classe dirigente di questo nuovo stato dovrebbe pero’ essere capace di affrancarsi totalmente dalle pessime abitudini acquisite, dal dopoguerra in avanti, nella pessima “vecchia” Italia.
A questo proposito non scommetterei un centesimo sulla capacità delle “cariatidi” politiche che eventualmente sopravivessero alla secessione del Nord (Bossi, Berlusconi e loro seguaci), di saper governare meglio il nuovo stato.
Meglio sarebbe se spuntassero nuovi soggetti politici e nuovi leader, capaci di imparare come si governa dai nosti vicini svizzeri.
E allora, ecco la ulteriore allettante ipotesi: perche’ invece che alla secessione, non puntare alla annessione delle regioni del Nord alla Svizzera stessa ?
Forse gli svizzeri potrebbero essere interessati…
@Claudio Tolomeo
Concordo anch’io con quanto aggiunto da Tolomeo a ciò che ho scritto. Purtroppo infatti, neanch’io credo più alla capacità e credibilità dei dirigenti leghisti.
Meglio l’annessione alla Svizzera, nazione che ha dimostrato meglio delle altre di riuscire ad opporsi al grande leviatano, che una brutta copia della Serenissima Repubblica.
@Claudio Tolomeo
Non era certamente mia intenzione criticare questa iniziativa che anzi ho apprezzato molto per la sua capacità di mettere a nudo il vero problema che ci affligge: il mostruoso debito pubblico che ci grava sulle spalle. Ti ringrazio anzi, se questa era l’impressione che ho dato, di avermi dato la possibilità di precisare in merito.
Anche qui, lungi da me criticare persone come Vito Tanzi che anzi stimo e ammiro oltre che per la sua coerenza, proprio per la sua indistruttibile fiducia nella possibilità di cambiare le cose, la mia riflessione voleva semplicemente essere uno sfogo di sentimenti che ho lentamente maturato. Se vuoi anche il fatto che una persona irreprensibile come Tanzi sia stato costretto, “per coerenza”, a dimettersi, è un’ulteriore prova dell’irriformabilità di questo sistema e che viene a supporto di quanto ho scritto.
Di natura sono sempre stato ottimista, ma di fronte alla lapalissiana e continuamente ripetuta dimostrazione dell’incapacità del sistema politico italiano di fare la benché minima riforma che vada nella direzione giusta, non vi è che da prendere atto della situazione da basso impero che si è venuta a creare: siamo a bordo del Titanic, l’orchestra continuerà a suonare fino alla fine, fino alla fine ci sarà qualcuno che cercherà di mettere sull”avviso il capitano che la nave corre il rischio di sbattere contro un iceberg, ma ciononostante, la nave affonderà comunque. E a questo punto, vista la nave, abbiate pazienza se dico: finalmente. Meglio essere costretto a nuotare in mezzo a un mare gelido dopo un naufragio, che essere costretto a a guardare l’indegno balletto di chi, nonostante tutto, continua a far festa.