Pediatria di Famiglia, un settore dove non esiste concorrenza—di Carlo Zanolini
La “Pediatria della mutua o di Famiglia” è iniziata in Torino negli anni ’60 su iniziativa di alcuni pediatri, e successivamente si è diffusa a livello nazionale.
L’idea fondante, originaria e stimabile, era quella di fornire assistenza sanitaria gratuita a tutti i bambini italiani seguendo le indicazioni della medicina preventiva, per cui promuovere la salute nelle prime età della vita significa garantire maggior salute per il resto della vita e maggior longevità.
I medici pediatri hanno una assetto giuridico di “liberi professionisti convenzionati”, ovvero sono liberi professionisti a tutti gli effetti, ma vincolati nella loro attività da alcune disposizioni imposte obbligatoriamente dal SSN o soggette a successiva contrattazione dietro retribuzione accessoria, regolate da una “Convenzione” Nazionale che viene rinnovata periodicamente tra lo Stato e i pediatri. Tra di esse, ad esempio, quelle di poter assistere i bambini da 0 a 14 anni, di tenere ambulatori aperti 5 giorni la settimana con “orario congruo”, di accettare richiesta di visita per la giornata entro le ore 10 del mattino dal lunedì al sabato, di avere approvazione da parte dell’ASL della regolarità dello studio medico, di poter fare libera professione a tariffa libera coi propri assistiti al di fuori degli orari stabiliti, ad es. domenica o sabato pomeriggio, di non potere avere più di un numero massimo di bambini assistiti (massimale) ecc…
I PdF per la loro attività convenzionata ricevono come retribuzione un quota per ogni bambino assistito.
L’accesso alla convenzione è limitato nel senso che esistono delle “liste di attesa” a cui gli specialisti pediatri si iscrivono per poter diventare PdF. Essi accedono solo se si evidenziano delle “carenze” in un certo territorio. Le carenze scattano una ogni 600 bambini tra 0 e 6 anni (non è calcolato il numero di bambini tra 0 e 14 anni).
In una città di 60.000 abitanti, presumibilmente “scatteranno” 6 posti da PdF, una volta assegnati i quali non è possibile altro accesso. La scelta dei genitori è dunque limitata a questi 6 pediatri i quali detengono il “monopolio” della assistenza pediatrica gratuita in quella città. E sovente capita che essi si accordino per evitare viste domiciliari, per limitare gli orari di studio, per non dare disponibilità a visitare a domicilio i bambini il sabato se la visita è richiesta entro le ore 10, ecc..
Le famiglie dunque non possono scegliere altri pediatri se non quelli, i quali, una volta ottenuta la convenzione, sono in pratica illicenziabili.
Non esiste, in pratica, concorrenza.
Oltretutto il pagamento “a quota per bambino”, ovvero “a forfait”, disincentiva la qualità, la quantità del lavoro e la meritocrazia. Un PdF con 1000 assistiti guadagna circa 6.000 euro al mese per 12 mensilità al netto delle tasse e delle spese (circa 12.000 euro al mese lordi).
Questo sistema di pagamento “a quota” con fisso mensile è idoneo a indurre l’80% dei PdF a cercare di lavorare il meno possibile: a fine mese la retribuzione sarà sempre la stessa.Non esiste possibilità di controllo di quantità e qualità di lavoro, come invece può farsi per i pediatri ospedalieri, in quanto essi lavorano sotto la direzione di un primario e di una direzione Sanitaria.
La lettura di blog di genitori attesta una bassa qualità dell’assistenza pediatrica convenzionata a fronte di uno stipendio – come detto, circa 12.000 euro al mese che, detratte tasse e spese, si riducono in ogni caso a 6.000 euro al mese, che rasenta quello di un parlamentare. Per la verità questa retribuzione non comprende tredicesima né quattordicesima, ne è previsto tfr al momento del pensionamento.
Ma può capitare che in una zona ad alta estensione territoriale e a bassa popolazione (ad esempio, la città di Susa: 6.000 abitanti) il numero di bambini 0 – 6 anni sia basso a tal punto da non permettere di far scattare una carenza e di prevedere un solo pediatra: la popolazione di tale territorio perciò non può in pratica liberamente scegliere un pediatra essendocene solo uno. Della serie: prendere o lasciare. E se il pediatra non è valido, questa popolazione avrà un pessimo servizio senza avere possibilità di altra scelta.
Dunque, in Italia, ottenuta la Specialità in Pediatria, occorre iscriversi in liste e attendere che si liberi una “carenza” che è stabilità in base al numero di bambini di quella zona.
In Francia, ove i pediatri non sono pagati “a forfait” per assistito, ma in base al numero di prestazioni (visite) che fanno e sono in un mercato libero, non “ingessato”, seppur regolamentato controllato dal SSN, chiunque con la specialità in Pediatria può aprire uno studio dove vuole e in base al numero di visite o prestazioni che fa è pagato, con uno stretto controllo per evitare abusi. In Francia, più un pediatra è bravo, più i pazienti ne richiedono prestazioni e più guadagna. I pediatri scarsi o poco disponibili lavorano poco e guadagnano poco. Ovvero: in Francia si applica la legge di mercato e della concorrenza. In Italia no.
Qui in Italia, un pediatra, che lavori tanto e bene o lavori poco e male, è pagato in ugual misura, come detto. Questo è uno dei motivo che induce le famiglie a rivolgersi a pediatri privati – libero professionisti – con ulteriori aggravi per i bilanci familiari, nonostante esista una pediatria di famiglia “pubblica”, per la quale si pagano già le tasse.
La concorrenza giova in ogni ambito, e anche la questione dei pediatri di famiglia vale a dimostrarlo.