10
Giu
2009

Pax bancaria: Usa, Ue e Italia orano insieme S.Matteo

Lo ammetto, mi era sempre sembrata saggezza popolare di grana un po’ grossa, quella per cui Matteo l’evangelista – alias Levi “il pubblicano” – viene da duemila anni considerato protettore insieme degli esattori fiscali e dei banchieri. All’epoca, gli ebrei osservanti disprezzavano chi raccoglieva le tasse per conto del regime fantoccio sostenuto dagli occupanti romani. Versavano un anticipo a Roma, e poi si rivalevano prestando denaro a usura, si diceva ai loro tempi. Ma l’accostamento al banchiere diceva solo che nei secoli successivi – allora come in seguito, fino ai nostri tempi – l’opinione comune aveva continuato a considerare chi esercita il credito non meno arbitrario e vessatore dell’agente delle tasse.

Ora però, si capisce meglio che la fede popolare – capita spesso, assai più di quanto credano scettici e volterriani, secondo me – coglie nel segno. Nel senso che stiamo qui a imbrattar carta e occupare internet da un anno e più sulla crisi generata da un modello sbagliato e rischioso di intermediazione finanziaria, consentito e generato da scelte sbagliate della politica monetaria come da scelte sbagliate del legislatore e dei regolatori americani. Riempiamo volumi e convegni della necessità di una nuova svolta regolatoria, che impedisca ciò che in passato la regolazione aveva consentito. Ma si rivelano quasi tutte chiacchiere e distintivo, alla prova dei fatti che sono poi l’unica cosa a contare davvero. Allineo quattro novità appena maturate negli Usa come in Europa. Negli States, l’amministrazione Obama ha rinunciato al tanto sbandierato progetto di accentrare in una super Fed i poteri ispettivi sugli intermediari finanziari si qui divisi tra quattro regolatori diversi, a livello federale. All’Ecofin, il progetto di una vigilanza comune sui maggiori intermediari cross border continentali non ha ottenuto il consenso necessario, ieri. La Germania, cioè il Paese nel quale gli attivi bancari restano più tossici nel nostro continente, continua a difendere la linea per la quale nessuno ha titolo per condurre stress test agli istituti di credito tedeschi con risultati “pubblici”.   Lo Iasb, per parte sua, ha appena respinto l’appello a far presto, quanto  a nuovi criteri contabili e patrimoniali condivisi: se ne parla, se va bene, a fine anno, di conseguenza per il momento ogni Paese europeo concede alle banche di agire diversamente. E dire che il deleveraging bancario tra passività e capitale in Europa si sta sgonfiando assai meno rapidamente che negli Usa: vedi questa tabella tratta dall’ultima analisi comparata delle maggiori banche Usa ed Ue, a cura di R&S Mediobanca.

Negli States come in Europa la politica scommette sul fatto che, per scongiurare ogni residua paura sulla stabilità dell’intermediazione finanziaria, tanto vale a questo punto dire che tutto il necessario è stato già fatto. Dunque, nella sostanza bisogna “coprire” le banche senza più far polemica. Chi mi conosce, sa che ho sempre pensato che Larry Summers – l’artefice delle scelte regolatorie  sbagliate a metà anni 90 che hanno concorso a portarci alla crisi – non era cambiato, ma avrebbe semplicemente adattato ai nuovi tempi la sua funzione di ambasciatore dei grandi istituti presso una politica “prigioniera”, oltre che sprovvista dei fondamentali in materia.  Che avvenga anche in Germania, dove il sistema bancario è pubblico per due pilastri su tre, non sorprende. Che siamo invece arrivati al punto che avvenga anche nell’Italia del centrodestra, verbalmente tanto polemica verso le banche, un po’ sì. Ieri, al congresso dell’Acri, il professor Bazoli ha impartito la sua benedizione a Tremonti. E questi, seppellita la sua ascia di guerra in nome del fatto che occorre preservare il pieno sostegno delle fondazioni alla CDP riviando loro di tre anni la prevista conversione di obbligazioni ibride in azioni con la quale oggi avrebbero perso, ha attaccato non più le banche ma le partite Iva, che sono a suo giudizio troppe e nascondono evasione fiscale.

Banchieri ed esattori delle tasse, uniti oggi nella grande battaglia di reperimento risorse per rendere sostenibili le proprie passività. C’è chi lo fa con le obbligazioni bancarie piazzate allo sportello come in nessun altro paese Ocse, c’è chi lo fa con le obbligazioni della Repubblica. Il fine è eguale, il santo patrono pure. Non chiedetevi chi finanzierà negli Usa lo sforzo gigantesco per rendere Fiat-Chrysler pubblica profittevole, visto che di capitale fresco privato non ce n’è neanche da parte italiana. Ci penseranno le banche sottoposte al lending coatto del Tarp, obbedendo al Tesoro.

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2 Responses

  1. Paolo Cassioli

    purtroppo tali sciagurati amministratori di sudati redditi da lavoro vero hanno attualmente in mano le leve del potere e ci porteranno dritti, dritti al disastro; peraltro farà come prime vittime proprio loro, essendo entità parassite. è solo questione di tempo.

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