Parigi e Berlino dissentono, l’eurodebito riballerà e noi con lui
Tra Natale e Capodanno i media italiani si sono un po’ distratti, anche perché una costante dei sondaggi è che le eurocronache annoino lettori e ascoltatori italiani. Ma in realtà è già sfumato l’apparente compromesso franco-tedesco, raggiunto al vertice europeo di metà dicembre sulla decisione di una modifica al Trattato di Lisbona per sostituire al 2013 l’attuale EFSF, il fondo si stabilità finanziaria messo in piedi alla bell’e meglio per evitare il default greco a maggio scorso, con un ESM, cioè un meccanismo permanente allo scopo di dare il segnale ai mercati che nessun paese membro verrà mai lasciato solo, perché l’euro è troppo importante per tutti. Non è così. L’eurodebito riballerà. E noi con lui, con l’attuale instabilità politica e l’attacco alla finanza pubblica per spendere di più di cui si legge ogni giorno sui media. Anche perchè c’è un precedente storico, che a ricordar bene è proprio di casa nostra.
Il 22 e 23 dicembre la Süddeutsche Zeitung di Monaco ha pubblicato ampi stralci di un documento che il ministero delle Finanze germanico si è visto costretto a confermare, ammettendo anche che al suo draft hanno partecipato sherpa degli analoghi dicasteri di Irlanda, Olanda e Finlandia. Invece che ESM, lo strumento permanente di garanzia del debito dei 17 euromembri – dal primo gennaio all’eurozona si è aggiunta l’Estonia – si chiamerebbe ESGIF, Fondo Europeo di Stabilità, Crescita e Investimenti. Il fine è di superare gli attuali acquisti di obbligazioni pubbliche dei Paesi a rischio da parte della BCE, funzione d’emergenza che snatura la banca centrale europea, in questo molto diversa dalla FED. Solo che il sostegno da parte dell’ESGIF esporrebbe gli euromembri a conseguenze molto diverse da quelle immaginate dai francesi, e date in pasto alla stampa come punti condivisi nel summit di metà dicembre.
Per Parigi e diversi euromembri tra cui l’Italia, sarebbe il Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo, a valutare caso per caso le misure di finanza pubblica necessarie per ogni Paese che ricorresse al Fondo. Per i tedeschi e il blocco nordeuropeo, al contrario, l’intervento dell’ESGIF imporrebbe misure automatiche commisurate ex ante all’esposizione e al premio di rischio, misure sino al vincolo costituzionale al deficit secondo il preciso modello germanico. Il Fondo Monetario Internazionale resterebbe a bordo del Fondo coi suoi 250 miliardi. Ma le decisioni per gli aiuti dell’ESGIF nonché la conferma delle sanzioni automatiche per esservi ammessi dovrebbero avvenire secondo i tedeschi all’unanimità, non a maggioranza nel Consiglio Europeo come richiesto da Francia ed euromembri latini.
Il ministro dell’Economia francese, Christine Lagarde, si è affrettata a liquidare l’indiscrezione del piano tedesco con un seccatissimo “non abbiamo bisogno di nuove trovate”. E ha al contrario aggiunto che ciò che serve è un aumento sensibile dell’armonizzazione e della concertazione delle politiche nazionali in sede di Consiglio europeo, a cominciare da quelle per ridurre l’eccesso di parte corrente, argomento che suscita il malumore dei tedeschi con il loro più 6% di Pil dovuto all’exploit dell’export. Il collega tedesco, il ministro Rainer Brüderle, le ha subito risposto che il governo Merkel non è d’accordo. Brüderle è un liberal-liberista della FDP, nemico di ogni armonizzazione che sappia di dirigismo. Analogamente la Lagarde ha precisato che la somma delle attuali munizioni finanziarie del Fondo, 550 miliardi di euro cioè un triliardo di dollari, potrebbe essere benissimo accresciuta in caso di necessità. E i tedeschi hanno replicato che non se ne parla, questa volta anche con esponenti della CSU come Hans-Peter Friedrich.
Quello di metà dicembre è stato un finto compromesso. Resta tutto da scrivere. Angela Merkel quest’anno deve affrontare una nuova raffica di appuntamenti elettorali locali di grande importanza, rispetto alla sua popolarità che al momento non migliora nei sondaggi. Ogni Ecofin vedrà i tedeschi pensare agli equilibri di casa propria, a cominciare dall’importantissimo test di fine marzo in Baden-Württemberg. E i media tedeschi dedicano tutti pesanti interrogativi a quanto l’eurodebolezza pesi sulla durata e solidità della crescita record tedesca.
Per i mercati, il segnale si legge solo in un modo. Tra fine febbraio e marzo, far ripartire la forbice degli spreads sui titoli europei. L’eurosport di molti non germanici è sparare addosso alla presunta insensibilità dei troppo rigidi teutonici. Ma è il caso di ricordare un precedente. Il debito pubblico moderno lo abbiamo inventato noi italiani, al tempo dei Comuni medievali. Il primo prestito forzoso di cui ci resti non solo notizia ma i particolari di rendimento e onerosità venne imposto dalla Serenissima di Venezia ai suoi cittadini abbienti, era il 1167. Subito seguita da Genova e Firenze. Le tecniche del debito pubblico sono nate in quel triangolo italico. A Genova nel 1274 la Repubblica dovette decidere il primo consolidamento del debito, che aveva raggiunto le 305mila lire genovesi del tempo. Ma nel 1407 ci risiamo, era esploso alla bellezza di 3 milioni. I genovesi creditori dello Stato presero una decisione epocale. Si consorziarono per aver più forza. E diedero vita a un ente, la Casa di san Giorgio. Che divenne praticamente il padrone dello Stato, finché 120 anni dopo Andrea Doria prese il potere con l’oro degli spagnoli. E’ un po’ singolare che ciò che abbiamo fatto secoli fa a casa nostra coi debitori pubblici inadempienti, pretendiamo oggi che non siano i tedeschi a non farlo pari pari nell’euroarea. O no? Tra l’altro, la Cina ha oggi confermato che continuerà a copmparere debuito pubblico spagnoo, e un domani quello di altri euromembri “deboli”. Pensate che i cinesi lo facciano gratis? O preferite come guardiani e padroni del nostro debito pubblico i comunisti cinesi ai virtuosi tedeschi? Non mi meravigliwerei che molti, in Europa, fossero per la prima ipotesi!
C’è un refuso. Il fondo di stabilità finanziaria dispone attualmente di 750 milioni di euro, non 550. Per il resto, articolo interessante e condivisibile, come al solito.
Miliardi, non milioni, ovviamente.
Insomma, a tutti fa comodo avere un’Europa unita a velocità differenti blindata nell’euro e nelle normative. Splendido il passaggio:”Per i tedeschi (…) le decisioni per gli aiuti dell’ESGIF, nonché la conferma delle sanzioni automatiche per esservi ammessi, dovrebbero avvenire all’unanimità, non a maggioranza nel Consiglio Europeo come richiesto da Francia ed euromembri latini.”, vale a dire che nel guazzabuglio normativo europeo (lecitamente, considerando il Peso tedesco) i Länder tedeschi, per i non-germanici (?), contano più di un Stato comunitario.
Da genovese quale sono apprezzo il riferimento di Giannino ai fatti della Repubblica di Genova ed al Banco di San Giorgio ed aggiungo, per chi non lo sapesse, che il termine
‘bancarotta” deriva dall’uso dei genovesi di allora di “rompere il banco”, fisicamente, con l’ accetta, dei cambiavalute in stato di insolvenza.
Perche’ gli italiani che hanno i mezzi non “rompono il banco” dello Stato insolvente anche oggi come allora, in cambio di interventi legislativi strutturali che RIDUCANO DRASTICAMENTE LA SPESA CORRENTE, aspettiamo che lo facciano i tedeschi od i cinesi per diventare cosi’ loro debitori e schiavi ?
Investano i ricchi ed i potenti nel futuro del nostro Paese conferendo spontaneamente allo Stato una piccola parte della loro ricchezza per ridurre il DEBITO PUBBLICO dando un segno di fiducia e speranza nel futuro dell’Italia.
Invito ancora una volta chi volesse approfondire l’argomento a leggere il pamphlet
“Se Gesu’ fosse Tremonti…” sul blog:www.segesufossetremonti.blogspot.com.
Devo pero’ ammettere che dopo mesi di attesa non ho ancora ricevuto alcun messaggio o commento di supporto od incoraggiamento verso detta iniziativa, neppure da chi si dichiara liberista ed interessato al futuro del Paese.
Non basta parlare o scrivere, bisogna agire, anche sborsando quattrini, altrimenti lo faranno i tedeschi o peggio i cinesi ed allora sara’ finita.
Anton
Articolo molto interessante