Su Riina, Vespa e, soprattutto, sulla Rai—di Mario Dal Co
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Mario Dal Co.
L’occasione
L’intervista di Bruno Vespa al figlio di Riina per la pubblicazione del suo libro autobiografico ha dato luogo ad una serie di polemiche in cui il mondo politico si è tuffato a capofitto.
Dall’intervista emerge una separatezza della vita e dei valori allucinata, stupefacente per uno spettatore non esperto di mafia. Qualcuno sostiene che il figlio di Riina si sia candidato a fare l’erede del padre. Forse. Ma mi ha colpito in modo assai più profondo la sensazione che, con il tipo di vita imposto alla famiglia, il padre non gli abbia dato scampo, non gli abbia concesso nessuna chance: non la scuola come gli altri, non la libertà di ribellarsi alla famiglia come accade a quasi tutti i giovani, non la possibilità di trovare una sua strada. Ma non sono un esperto di mafia. Il servizio giornalistico in sé era interessante e non avrebbe dato adito ad alcuna polemica se la Rai non fosse pubblica. E’ questo filtro distorto che impedisce una discussione normale sui contenuti, imponendo il terreno tutto politico di discussione sul quesito se il servizio pubblico debba occuparsene e come. Un quesito che nulla ha a che fare con la qualità del lavoro giornalistico e dell’informazione. Il quesito verte sul se e sul cosa deve dire il servizio pubblico.