8
Lug
2016

Storia di un locale sfitto causa burocrazia–di Michele Pisano

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Michele Pisano.

In occasione del policy breakfast IBL di ieri mattina Stefano Caviglia ha presentato il suo libro “Storia di un locale sfitto, viaggio allucinante nei meandri della burocrazia” (Rubbettino 2016). Caviglia, giornalista di Panorama, si occupa di economia e di Pubblica amministrazione. Nel suo libro racconta una storia vera, la sua, che spiega bene quanto la burocrazia possa mettere i bastoni tra le ruote al cittadino e rischiare di vanificare qualsiasi sforzo e volontà produttiva. L’incredibile vicenda viene raccontata dall’autore-protagonista con un’analisi dello stato della Pubblica amministrazione italiana, dei suoi limiti, dei suoi inefficienti apparati e incomprensibili decisioni o silenzi. Già nel 2007, un altro giornalista, Luigi Furini, scrisse qualcosa di simile nel libro “Volevo solo vendere la pizza. Le disavventure di un piccolo imprenditore“, raccontando le innumerevoli peripezie in cui è dovuto incappare quando decise di aprire una pizzeria al taglio. Magari non sapremmo scriverla bene come Caviglia o Furini, ma tutti noi probabilmente abbiamo una storia da raccontare, su una esperienza conflittuale, vissuta sulla nostra pelle, con la Pubblica amministrazione. Read More

7
Lug
2016

Una prospettiva di lungo periodo sulla Brexit: Liberalismo, Nazionalismo e Socialismo–di Deirdre N. McCloskey

Concludiamo il nostro “Seminario on line” sulla Brexit con un contributo di Deirdre McCloskey. McCloskey, Distinguished Professor of Economics, History, English, and Communication at the University of Illinois at Chicago, è fra i maggiori storici contemporanei dell’economia ed è autrice di una fondamentale trilogia sulle “virtù borghesi”. IBL Libri ha pubblicato il suo “I vizi degli economisti, le virtù della borghesia”. Ringraziamo la Professoressa McCloskey per il suo contributo. La versione originale dell’articolo è disponibile qui.

Nel corso degli ultimi tre secoli quello che potremmo definire il “clero laico” d’Europa si è ispirato, in economia e in politica, a tre idee: una è molto, molto buona, mentre le altre sono decisamente pessime. La prima idea, nata nel Diciottesimo secolo dalla penna di pensatori del calibro di Voltaire, Tom Paine, Mary Wollstonecraft e, più di ogni altro, il beato Adam Smith può essere definita usando proprio le parole di quest’ultimo: «consentire a ciascun di perseguire autonomamente il suo proprio interesse personale, su un piano di uguaglianza, di libertà e di giustizia». La realizzazione pratica del liberalismo nel Diciannovesimo secolo, così come nel Ventesimo, quando riuscì a prevalere sulle due idee ad esso opposte, produsse frutti straordinari. Diede alle persone comuni il coraggio di sottoporre le opere del loro ingegno alla prova del mercato. Questo processo ebbe come esito quello che chiamiamo il “Grande Arricchimento”, vale a dire l’aumento dei redditi europei, grosso modo dal 1800 a oggi, di qualcosa come il 3000 (tremila!) per cento. Read More

7
Lug
2016

The Long View on Brexit: Liberalism, Nationalism, and Socialism–by Deirdre Nansen McCloskey

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Deirdre Nansen McCloskey. La versione italiana dell’articolo è disponibile qui.

In the past three centuries the European clerisy has had, when it comes to politics and economics, three ideas, one of them very, very good and the two others very, very bad. The first one, emerging in the eighteenth century from the pens of people like Voltaire, Tom Paine, Mary Wollstonecraft, and above all the Blessed Adam Smith, is what Smith called “allowing every man [or woman, dear] to pursue his own interest in his own way, upon the liberal plan of equality, liberty, and justice.” The implementation of liberalism in the nineteenth century, and in the twentieth, when it could make its way against the two bad ideas, was astounding it its fruits. It made ordinary people bold, bold to try out betterments in a market test. Their boldness in pursuing their own interests resulted in the Great Enrichment, which is to say the rise of European incomes per head by 3,000 percent, 1800 to the present. Read More

7
Lug
2016

Pensioni d’oro, Corte costituzionale e Stato di diritto

Non conosciamo ancora la motivazione che ha permesso alla Corte costituzionale di ritenere compatibile con la Costituzione il contributo di solidarietà sulle cosiddette pensioni d’oro che lo Stato è autorizzato a prelevare sino alla conclusione dell’anno in corso.

Lo scarno comunicato stampa emesso dal Palazzo della Consulta unitamente a qualche precedente pronuncia della medesima Corte sulla stessa materia ci permettono tuttavia di fare alcune prime seppur brevi considerazioni. Read More

5
Lug
2016

Brexit, un seminario on line. Parte 2

Seconda parte dei commenti sulla Brexit. La prima parte è stata pubblicata il 1 luglio scorso.


Il voto del 23 giugno 2016 è stato qualcosa di molto rilevante nella storia europea e credo che un giorno sarà davvero ricordato come la caduta del muro di Berlino dell’Europa occidentale.

Gli inglesi (dico questo perché il voto per uscire dalla UE è prevalentemente inglese) hanno salvato più di una volta il Continente europeo dai tentativi di imperializzazione – da Napoleone a Hitler – e con il voto hanno certificato che anche l’unificazione perseguita per via di accordi fra governi democratici non stava creando un spazio di libertà, ma una gabbia che era solo il paradiso dei burocrati e il fortilizio a difesa delle aree più tassate al mondo. Read More

1
Lug
2016

Brexit, un seminario on line

LeoniBlog ospita oggi una prima parte di commenti su Brexit, scritti da studiosi italiani e stranieri che, dalla prospettiva delle loro competenze e dei loro studi, possono aiutare a comprendere aspetti singoli e implicazioni particolari rimasti all’ombra dei pareri e delle reazioni di questi giorni.

Una seconda parte del «seminario on line» verrà pubblicata martedì prossimo. Read More

30
Giu
2016

Diritti di proprietà e libertà di impresa: chi li salverà?

L’accettazione cieca del punto di vista giuridico contemporaneo condurrà alla distruzione graduale della libertà individuale di scelta nella politica come nel mercato e nella vita privata, perché il punto di vista giuridico contemporaneo comporta una sempre maggiore sostituzione delle decisioni collettive alle scelte individuali e l’eliminazione progressiva degli aggiustamenti spontanei, non solo fra domanda ed offerta, ma anche fra ogni tipo di comportamento, attraverso procedure rigide e coercitive come quella della regola della maggioranza.

Con queste parole tratte dalla sua opera più importante, La libertà e la legge, il filosofo del diritto Bruno Leoni già nel 1961 metteva in guardia i suoi lettori dal considerare la democrazia come un campo di battaglia sul cui terreno, all’esito dello scontro elettorale, la maggioranza possa innalzare il vessillo della vittoria a danno delle minoranze. Read More

27
Giu
2016

Elezioni spagnole, perde il populismo–di Diego Sànchez de la Cruz

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Diego Sànchez de la Cruz.

I risultati elettorali di domenica in Spagna confermano che un’ampia maggioranza degli elettori rifiuta il populismo autoritario di Podemos e dei suoi alleati. In appena un semestre, i voti raccolti dalla estrema sinistra si sono ridotti di 1,1 milione.

Nel frattempo, il Partito popolare ha rafforzato i suoi risultati elettorali condividendo un messaggio riformista in cui sono ricomparse, dopo anni di incertezza, le proposte liberali. Read More

27
Giu
2016

La ripresa non arriverà il prossimo anno: quello dopo.

La scorsa settimana l’esito inaspettato del referendum sulla Brexit ha dato ragione a quell’adagio per cui “è più facile inventare il futuro che predirlo”. Questa frase vale anche per tante delle previsioni fatte dagli economisti che spesso si rivelano non tanto diverse da ciò che gli inglesi chiamano wishful thinking, pensieri positivi ma che poi non si realizzano.

Qualche tempo fa avevo messo a confronto le previsioni sulla crescita economica emesse da alcune istituzioni internazionali con i valori successivamente registrati. La commissione europea pubblica ogni autunno un documento, intitolato European Economic Forecasts, in cui fornisce una previsione della crescita del PIL reale per i due anni successivi. Nell’autunno 2011, per esempio, stimava una crescita dello 0,1% per il 2012 e dello 0,7% per il 2013. Ex-post, l’Eurostat ha rilevato una variazione pari a -2,8% e -1,7%, rispettivamente, con un errore  di previsione a un anno pari a -2,9 punti percentuali (p.p.) e pari a -2,4 punti nella previsione a due anni.

Tasso di crescita del PIL reale in Italia (valori percentuali) secondo le previsioni European Economic Forecasts

Anno di

previsione

2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
2004 1,8
2005 1,5 1,6
2006 1,4 1,4
2007 1,4 1,6
2008 0 0,6
2009 0,7 1,4
2010 1,1 1,4
2011 0,1 0,7
2012 -0,5 0,8
2013 0,7 1,2
2014 0.6
Ex-post* 2 1,5 -1,1 -5,5 1,7 0,6 -2,8 -1,7 -0,3 0,8
*Fonte: Eurostat

Sorge allora la necessità di interrogarsi autonomamente sulle prospettive future della nostra economia. Quando torneremo a crescere? Come sarà l’economia italiana tra 5 o 10 anni? Come adattare le nostre scelte individuali rispetto a tali scenari?

La tabella mostra l’ampiezza degli errori di previsione. Di fronte alla domanda “quando torneremo a crescere?” non consiglierei insomma a nessuno di affidarsi alle previsioni “ufficiali”. Mi sembra infatti che queste previsioni abbiano chiaro solo su un punto: la promessa di una ripresa non il prossimo anno, quello dopo. Prospettiva, questa, certamente non sgradevole e che però – alla luce della tabella di cui sopra – suona un po’ come quei cartelli che certi ristoranti americani appendono all’entrata: “free lunch tomorrow”.

A quasi dieci anni dall’inizio della crisi finanziaria, ci si domanda se ci sarà mai una ripresa, se l’economia italiana tornerà ad essere come l’abbiamo conosciuta in passato. Mettendo da parte l’andamento altalenante e imprevedibile del PIL, sono tanti i trend che fanno pensare ad un continuo deterioramento dell’economia italiana nel medio e nel lungo periodo. Il debito pubblico che continua a crescere, la tassazione che non accenna a diminuire, la politica che non accenna a stabilizzarsi. Vorrei qui mettere l’accento su una variabile che più di tutte influisce sulle prospettive di lungo termine dell’economia: la demografia.

Da questo punto di vista assistiamo al ben noto fenomeno dell’invecchiamento demografico. Tra il 2002 e il 2016 l’Istat registrava la crescita dell’indice di dipendenza anziani – rapporto tra popolazione di 65 anni e più e popolazione in età attiva (15-64 anni), moltiplicato per 100. Una simile dinamica veniva registrata nell’indice di vecchiaia – rapporto tra popolazione di 65 anni e più e popolazione di età 0-14 anni, moltiplicato per 100 – e nell’età media. Quest’ultima è aumentata di quasi tre anni nell’arco di 15 anni, passando da 41,9 a 44,7.

Indice di dipendenza anziani Indice di vecchiaia Età media
2002 27,9 131,7 41,9
2003 28,4 133,5 42,2
2004 28,8 135,7 42,3
2005 29,4 138,1 42,5
2006 30,1 140,6 42,7
2007 30,5 142,3 42,9
2008 30,7 143,4 43,1
2009 30,9 144,1 43,2
2010 31,2 144,8 43,4
2011 31,3 145,7 43,6
2012 32,0 148,6 43,8
2013 32,7 151,4 44,0
2014 33,1 154,1 44,2
2015 33,7 157,7 44,4
2016 34,3 161,4 44,7

Tanti osservatori hanno spiegato cosa questo invecchiamento demografico significhi per l’economia italiana, soprattutto per la spesa pubblica (attraverso pensioni e sanità). Da un punto di vista più generale, e volendo restare nella metafora, ci si potrebbe chiedere quale destino attenda una società che continua a invecchiare: fatale. L’iceberg verso cui l’Europa sta facendo rotta, come ha detto José Piñera.

E a questo punto torna la domanda ineluttabile: un trend è un destino? La fine dell’economia italiana per come l’abbiamo conosciuta è irreversibile? Si dice che un destino è creato dalle abitudini, le abitudini sono create dalle azioni e le azioni sono create dai pensieri. Sicuramente il trend non si invertirà senza mettere in discussione alcune idee fondamentali che hanno dato forma alla economia in cui viviamo, ad esempio il patto intergenerazionale. E’ anche certo che non sarà la prossima riforma economica a cambiare questo destino, ma solo iniziative individuali potranno re-inventare il futuro. Nel bene e nel male, negli scorsi giorni abbiamo avuto – in politica – la prova che anche qualcosa che sembrava irreversibile, non lo era (semi-cit).