Trump sbaracca i guru presuntuosi, e vecchie leadership da seppellire
Stupendo il mondo, Donald Trump si è assicurato la vittoria in ben 6 degli swing States – Florida, Iowa, Nevada, North Carolina, Ohio e Pennsylvania –totalizzando 279 voti elettorali e diventando il 45esimo presidente egli Stati Uniti. Ci sarà tempo, e altri migliori di me, per l’analisi approfondita del voto, ma intanto pochi punti essenziali per spiegare perché stanotte ho goduto come un riccio.
Guru, sondaggi e media sconfessati. Il più onesto è stato Paul Krugman: “la gente come me – ha detto – davvero non ha capito il paese in cui viviamo. Negli Stati Uniti c’è una parte di popolazione che vive le sue dinamiche fuori dai radar dei sondaggisti, e non credo ci sia stato un dolo nel sottovalutarla, è stata ignorata senza colpe. Trump l’ha intercettata, capiremo come, ma lui è riuscito a dargli voce, perché non credo che sia nata con lui: credo che esistesse già, fosse già là, e finora, con un establishment forte, era sempre ovattata, ma c’era. Non è che i Nate Silver sono diventati improvvisamente dei pessimi sondaggisti, è soltanto che i modelli delle coordinate di riferimento erano tarati su un altro livello”. Sui sondaggi, può essere. Ma sull’informazione, negli Usa e qui da noi, ha pesato per l’ennesima volta lo stesso errore insopportabile che si ripete troppe volte ormai per non essere colto e denunciato nella sua gravità: dal voto in Francia alla Le Pen a quello in Ungheria a Orban, da quello in Austria ai nazionalisti alla Brexit, fino agli USA oggi. Una parte crescente degli elettorati occidentali non si ritrova affatto nei vecchi establishment della destra e della sinistra del dopoguerra. E si esprime scegliendo candidati dichiaratamente estranei a quelle tradizioni, programmaticamente e deliberatamente estremi nel linguaggio e nello stile per intercettare e rappresentare una rabbia vulcanica, spesso anche fine a se stessa. I vecchi partiti moderati e quelli socialisti, riproponendo vecchie parole d’ordine e vecchi leader, vengono ridotti ai minimi termini, e vincono i maverick. Contro i quali nelle campagne elettorali avversari e media scatenano campagne di derisione, odio, pregiudizio. Accusandoli di ignoranza, sessismo, sciovinismo, populismo, razzismo. Molte volte le accuse sono o appaiono fondate, ma perché il linguaggio estremo è parte voluta e vincente della comunicazione dei Trump. Cosa del tutto diversa è credere, scrivere e ripetere che: 1- questi leader perderanno; 2-non rappresentano che pulsioni psicotiche e bipolarismi vergognosi della personalità, di quella loro privata e di quella pubblica di milioni di disturbati mentali tra gli elettori. Stanotte ho goduto come un riccio guardando le dirette tv, perché c’erano dei colleghi così increduli del fatto che la Clinton non vincesse in due ore, che inventavano criteri di lettura dei dati sempre più assurdi, e via via sempre più lontani dal capire davvero e con rispetto che cosa scelgono gli elettori e perché. Non solo i giornali e l’informazione si mostrano così irrilevanti, soprattutto sono percepiti come parte integrante dell’establishment contro il quale gli elettori urlano la loro protesta. Rassegnatevi, cari colleghi guru progressisti dalla facile vena scomunicatoria: quegli elettori che a vostro giudizio sono sporchi, brutti, maleducati e cattivi votano, e non votano come volete voi.
Doppio suicidio in USA – Se Trump ha conquistato il 61% del voto maschile bianco e il 52% di quello femminile (altro che effetto traino del presidente-donna…), se Hillary si è fermata al 54% dei maschi non-bianchi rispetto al 61% di Obama, se Trump ha ottenuto l’88% dell’elettorato potenziale repubblicano e il 78% di quello evangelico (dati del Washington Post), su ciascuno di questi dati sconfessando totalmente le previsioni dei sondaggi, è perché molte parti dell’elettorato americano – non solo i bluecollar a basso reddito della rust belt – ha detto no all’establishment repubblicano, che da quasi 10 anni non capisce le botte elettorali che prende dal Tea Party, e che ancora una volta credeva di addomesticare il voto presidenziale attraverso uno dei 16 candidati che ha pazzescamente messo in campo nelle primarie. Basta Bush family e neocon, insomma. Esattamente come dall’altra parte vaste fette dell’elettorato democratico ha detto basta al Clinton clan: il sostegno a Sanders manifestava concretamente questa scelta, ribadita ieri nel voto. Hillary è l’impersonificazione del potere e della spregiudicatezza per ottenerlo: dall’appoggio di tutte le big corporations a quello di molti statisti esteri, dalla vicenda delle mail sparite dal server del Dipartimento di Stato alle trascrizioni dell’incontro riservato con Goldman Sachs, scegliendola come front runner il partito democratico ha sposato quanto di più vecchio e compromesso si potesse immaginare. E’ un bene che il no agli establishment sia stato forte e chiaro: la crisi dei vecchi partiti, negli Usa come in Europa, nasce da leadership che nel post 2008 non sanno leggere i tratti nuovi della protesta del ceto medio. Prima spariscono quelle leadership, prima si crea una nuova offerta politica diversa da quella dei maverick. Che altrimenti vincono, se i vecchi partiti non cambiano radicalmente. E se i vecchi partiti non capisconola copa è loro ed è peggio per loro, scompariranno o si frazioneranno. Esattamente come è capitato da noi a Forza Italia, e come rischia con le sue fratture il Pd trans-identitario.
Pensarla come Trump? Io no grazie, resto un liberal-liberista di tendenza austriaca. Ma questo non m’impedisce di pensare che il tanto in Europa ed Italia sperticamente elogiato Obama è stato drasticamente rigettato nel voto dagli americani, e non per la sua tentennante e disastrosa politica estera, quanto per Obamacare che ha esteso di 5-6 punti di Pil l’intermediazione pubblica del reddito, senza però risolvere il problema del ceto medio. Tale bocciatura è un bene, dal mio punto di vista. Non condivido di Trump l’attacco al libero commercio che rischia di generare altre ondate protezionistiche nel mondo, e voglio vedere come il suo programma di taglio alle tasse – cosa buona e giusta – sarà concretamente modellato, per evitare che esploda il deficit. Ma è ridicolo che il ritiro dall’impegno diretto su teatri mondiali di scontro operato da Obama passi per cosa sacrosanta, perché progressista marcia indietro rispetto ai neocon – che hanno votato però per Hillary, a questa tornata – mentre se è Trump a dire che gli europei devono ora pagarsi la propria difesa si paventano invece conseguenze da fine dei tempi. Non mi piace di Trump il suo sessismo implacabile e le berlusconate a raffica, che non risparmia. Ma i maverick costitutivamente sono così, in tutti i paesi in cui si sta producendo tale fenomeno. Il che non significa affatto che poi, vinte le elezioni e governando, si comportino allo stesso modo. Se Trump lo farà, si condannerà da solo. Troppe cose non sappiamo, di cosa farà in concreto: chi metterà alla FED? chi alla Corte Suprema? Ma se non lo sappiamo è perché nella campagna elettorale la Clinton ha preferito usare il dileggio, invece di incalzarlo. Vedremo come Trump si comporterà, ma questa è altra questione dal rigettare come follia il significato profondo della sua vittoria. Ricordate bene: anche Renzi al governo fa l’opposto di quel che aveva detto anno dopo anno alle Leopolde. Non è che se sei di sinistra va concesso il beneficio della benevolenza, e se sei di destra si applica invece il pregiudizio. Almeno: non io.