Come l’assenza di diritti di proprietà diffusi causò la Grande carestia irlandese—di Giuseppe Portonera
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Giuseppe Portonera.
La Grande carestia, che colpì l’Irlanda (in gaelico irlandese: An Gorta Mór) tra gli anni 1845-1850, uccise circa un milione di persone e ne costrinse all’emigrazione altrettante, causando un crollo tra il 20 e il 25% della popolazione dell’isola. Eric Hobsbawm la definì «la più terribile catastrofe umana della storia europea» di quel periodo. Com’è noto, la carestia scoppiò a seguito dell’attacco di un microrganismo conosciuto come “peronospora” che distrusse gran parte del raccolto di patate, il cibo principale della dieta irlandese. Ma il diffondersi del fungo fu solo la causa scatenante di quella tragedia: altre e ben più ataviche situazioni erano alla base del fragile sistema economico irlandese, come dimostra il libro “An Gorta Mór. La Grande carestia irlandese (1845-1850)” (edito da La vita felice per la Fondazione Ivo de Carneri e curato da Valeria Carozzi e Luigi Mariani). Il volume è di particolare interesse perché raccoglie una serie di scritti di Carlo Cattaneo e John Stuart Mill pubblicati nel periodo della Grande carestia e che ci offrono, quindi, il punto di vista sul tema di due grandi intellettuali del tempo, in presa quasi diretta.
Siamo abituati a leggere nella carestia irlandese un fallimento delle politiche liberiste. I saggi e gli articoli di Cattaneo e Mill ci aiutano, invece, a indagare le cause vere e profonde di An Gorta Mór, senza farci fermare da facili ma devianti interpretazioni. Come mostrano nei propri scritti Cattaneo e Mill, la colpa della Grande carestia non fu affatto del laissez-faire, ma della situazione istituzionale irlandese, che non conosceva una proprietà diffusa e tutelata dall’ordinamento. Proprio An Gorta Mór è una delle prove storiche dell’ineludibile nesso che lega il riconoscimento dei diritti di proprietà alla crescita economica.