La grande occasione del maxi-concorsone
La notizia è che, nei prossimi quattro anni, quasi 500mila dipendenti pubblici andranno in pensione. “Un’occasione straordinaria”, ha commentato il sottosegretario al ministero della pubblica amministrazione. Per snellire finalmente il nostro mastodontico apparato pubblico? Per redistribuire risorse umane e funzioni in modo più efficiente? Per investire nella formazione del personale? Nella digitalizzazione della pubblica amministrazione?
Nulla di tutto ciò. L’occasione, secondo il governo, è ghiotta per effettuare una massiccia sostituzione di personale. Fuori 500mila pensionandi, dentro – tramite maxi-concorsone d’ordinanza – truppe di giovani selezionati secondo un grande “piano dei fabbisogni” effettuato su tutte le pubbliche amministrazioni del Paese. Un’analisi dei fabbisogni effettuata non più secondo la logica del turnover, che li quantifica secondo il personale a disposizione negli anni passati, bensì secondo la “sostenibilità finanziaria di lungo periodo”.
Cos’è la “sostenibilità finanziaria di lungo periodo”? In apparenza solo un criterio piuttosto vago, se non addirittura insensato, non essendo relazionato ad alcun obiettivo o indicatore di performance. In realtà un senso ce l’ha, se si considerano i dipendenti pubblici come i mitici scavatori di buche di Keynes. Prepensionare 500mila dipendenti pubblici e assumerne di più giovani in numero variabile secondo la “sostenibilità finanziaria di lungo periodo”, infatti, significa chiedersi una cosa sola: “quanti ce ne possiamo permettere?”.
Inutile dire che fa sorridere il tempismo con cui, proprio a pochi mesi dalle elezioni politiche, il governo s’inventa questa – non certo inedita – strategia. Ma l’aspetto peggiore della vicenda arriverà quando essa verrà dipinta come uno strumento di lotta alla disoccupazione giovanile, in scia a una logica – quella dei prepensionamenti e della sostituzione ‘uno a uno’, nel pubblico come nel privato – purtroppo largamente condivisa. Chissà se qualcuno, nel conteggio sui benefici dei “posti di lavoro creati”, inserirà mai il surplus di spesa pubblica generato tra prepensionamenti e nuovi stipendi.
Peraltro, sono proprio azioni come queste a scostare il velo sulla bassissima considerazione in cui chi ci governa tiene i dipendenti pubblici. Considerare il prepensionamento di 500mila unità come “una grande occasione” è un prosaico eufemismo per non dire di considerarle un inutile peso. Non è di prepensionamenti e maxi-concorsi che ha bisogno la pubblica amministrazione; bensì, più di ogni altra cosa, di percorsi di formazione e di strumenti per il riconoscimento del merito (e del demerito). L’ultima riforma Madia, su questi fronti, ha fatto poco o nulla, se non riconoscere per l’ennesima volta principi generali già noti e inapplicati da tempo. Il giorno in cui chi ci governa tornerà a considerare lo Stato come un mezzo per i suoi cittadini, e non come un fine per i suoi stipendiati, sarà un grande giorno.
Twitter: @glmannheimer