Il governo sottovaluta, temo
Reduce dalla sedicesima assemblea provinciale di imprenditori in poco più di due mesi, era a Lecco dopo Lucca, Ancona, Brescia, Mantova, Piacenza, Padova, Rimini, Fermo, Milano, Alessandria e continuando, temo di avere proprio un’impressione dominante. Il governo sottovaluta la legnata in corso di incassamento da parte delle imprese, le manifatturiere esportatrici indebitate perché più avevano creduto nell’export, e soprattutto quelle che hanno capofiliere germaniche in testa, alle quali offrono semilavorati e componentistica. Dovunque, nella fascia pedemtonana del Nord come in quella adriatica fino all’Abruzzo, il pianto è greco, i dati sconfortanti, le prospettive peggio che atre.
Vedremo le misure nuove annunciate dal governo tra poche ore, col decreto che introduce la Tremonti- ter – oggi le mie orecchie l’hanno sentita fare a pezzi tra diluvi di applausi polemici a Lecco, dove pure la maggioranza nettissima è per PdL-Lega, al grido “ma chi farà utili da reinvestire, quest’anno?” – il bonus a chi non licenzia, e via continuando. Ma mi sembra sempre più che il problema del baratro che si apre sotto i piedi di migliaia di imprese manifatturiere esportatrici non si possa colmare solo con palliativi prenditempo. E’ l’ora di una strategia di interventi strutturali, per un quadro pluriennale di riduzione del gap che grava sulla terribile triade costo del lavoro- energia- tasse. Reggere a venti o trenta punti di svantaggio competitivo su questi tre input, quando i concorrenti europei si avvantaggiano purtroppo di interventi statuali assai più generosi o di condizioni standard più favorevoli all’impresa, significa condannarsi ad anni di crescita flat e a una vera e propria morìa di aziende.
Non è solo la previdenza da rimodulare, in un quadro pluriennale, per liberare risorse dalla spesa pubblica superiore al 50% del Pil. Occorre un trade off tra maggior reddito disponibile ai lavoratori e più produttività alle imprese – non basta la decontribuzione poco più che simbolica del salario di produttività varata l’anno scorso – e nei 4 anni che ci separano dal federalismo fiscale attuato, annunciare sin d’ora che sparirà del tutto l’Irap e che la spesa sanitaria sarà ricondotta per tutti allo standard lombardo-veneto. Il che significa aggredire bubboni come quello campano, siciliano e calabro, che nulla hanno a che vedere con lo standard di servizio offerto ma solo con l’assistenzialismo di chi assume migliaia di dipendenti pubblici senza altro scopo che clientelismo. La dimensione della spesa pubblica da abbattere è nell’ordine di 50 miliardi di euro. Una cifra analoga a quella che Passera vuole spendere in più ogni anno. Io sono per spenderla in meno, se vogliamo con meno tasse che le imprese vivano. Altrimenti, per carità, l’Italia non fallirà. Anni di declino resi meno evidenti dal troppo elevato stock patrimoniale di ricchezza delle famiglie: quello che Tremonti e Marco Fortis lodano come uno dei maggiori motivi di forza dell’Italia, e che io considero invece una classica e massiccia allocazione improduttiva di risorse finanziarie sottratte alla crescita.