4
Lug
2009

Ronde e demagogia

Tutto questo accanimento sulle ronde fa proprio un po’ sorridere. Non mi voglio dilungare. Giorgio Topa, su NfA, attacca sommariamente il provvedimento varato dal governo in tipico stile, si parva licet, “zagrebelskiano”. Ci preme ricordare a lorsignori che l’arresto in flagranza da parte di singoli cittadini è già oggi previsto dal codice di procedura penale. Si veda l’articolo 383, rubricato “facoltà di arresto da parte dei privati”. Insomma, intorno a questa polemica,  circola molta demagogia. Al paragone con le organizzazioni criminali citate, rispondo con questo bel paper di Piero Vernaglione, che traccia una linea netta tra che cosa è mercato e che cosa è sfruttamento. Per il resto mi limito a soggiungere che la possibilità che associazioni volontarie presidino liberamente il territorio non aveva effettivamente bisogno di una legge ad hoc. Dovrebbe essere garantito dalla Costituzione. E non mi riferisco a quella americana. Buon 4 luglio…

Update 5/07/09: Ci fa piacere constatare che anche Alberto Lusiani su NfA dichiari apertamente la sua non-ostilità alla “trovata” leghista.

3
Lug
2009

Quel diavolo di Passera

Vi stavo ammannendo un’articolessa su Keynes eterno nemico del capitalismo, figlio di notturne riletture di articoli del divinizzato che mi han fatto andare per traverso un ottimo Jadot dell’81, e correre dai medici. Ma poi le agenzie mi han fatto sussultare. Ah no, il diavolo è molto più vicino. E come sempre occorre inchinarsi alle sue astuzie, quando fa guizzare a mo’ di coda di frac la sua appendice forcuta.  Perdonate il colore, ma è cosa da Cinquecento del Machiavelli, quella andata in onda oggi sul grande palcoscenico dei poteri bancari italiani. Mi aveva colpito che, del tutto fuor d’opera rispetto al convegno in cui annunciava 5 miliardi 5 di impieghi destinati alla piccola impresa italiana, stamane l’ad di Banca Intesa Corrado Passera avesse speso parole mielate verso il nuovo patto di sindacato “leggero” sottoscritto in Intesa da Generali e Credit Agricole, dopo che quello “pesante” di metà aprile era stato bocciato dall’Antitrust.  A Passera, inevitabilmente, quel patto non può piacere: neither heavy, nor light, nor ultralight. E infatti l’ad aveva anche aggiunto un “i nostri azionisti non creeranno mai problemi alla banca…”, a metà tra l’avvertimento a stare al posto proprio e l’esplicita diffida.

Senonché nessuno aveva dato peso all’ultima righetta: aspettiamo ora che dirà l’Antitrust, aveva concluso Passera.  Naturalmente, quel gran diavolo di Passera sapeva perfettamente già stamane che l’Antritrust, a mercati appena chiusi, stasera avrebbe scomunicato anche il nuovo patto “leggero”. Oggi Passera gli ha fatto marameo, alla Mediobanca geronziana che voleva stringere un pochino le viti a Intesa in vista della partita futura in Generali. Ma riderà bene chi riderà ultimo. Passi per gli schiaffi che Passera ha menato nelle nomine a Corriere, Sole e Stampa. Ma qui la cosa diventa più seria. E chissà che al diavolo alla fine riesca la pentola, ma salti il coperchio.

3
Lug
2009

Quesiti in attesa di risposta/ D’Alema, i voti, e la televisione.

Riceviamo e pubblichiamo da Franco Debenedetti questo quesito in attesa di risposta:

“In Italia vale la regola: chi è al governo perde le elezioni” L’ha detto Massino D’Alema alla presentazione di ieri. Ma poco prima aveva detto che il problema italiano è il  dominio di Berlusconi sulle televisioni, un’anomalia che riguarda la democrazia stessa. Come conciliare le due affermazioni?

3
Lug
2009

Legge e ordine, sciopero cardine

Quando si dice “la solita Italia”. Altrove vale il principio legge e ordine, qui da noi si traduce: sciopero cardine. È infatti diventato definitivo il provvedimento con cui lo scorso dicembre il gup di Milano aveva prosciolto 4.106 autoferrotranvieri accusati di interruzione di pubblico servizio, in quanto l’1 20 e 21 dicembre 2003 e il 12 e13 gennaio 2004 violarono le fasce protette e scioperarono tutto il giorno. Lo ha reso noto uno dei legali dei lavoratori dell’Atm riferendo quanto spiegato dallo stesso giudice che decise quel proscioglimento di massa: nessuno ha impugnato in Cassazione la sentenza con cui il gup aveva respinto quella mole di decreti di condanna chiesti dalla Procura ritenendo che lo sciopero selvaggio attuato dai dipendenti dell’Azienda dei Trasporti milanese nell’inverno di sei anni fa fosse da considerare un illecito non penale ma amministrativo. Ma perché mai i sindacati confederali devono accettare le direttive a tutela dei diritti di viaggiatori e utenti, se poi i cobas bloccando tutto senza preavviso non rischiano nulla? Che cosa sarà mai stato, ad aver fatto mutare idea alla Procura di Milano, che prima ha chiesto le condanne e poi non si è opposta al proscioglimento? Che triste vergogna.

3
Lug
2009

Il segreto delle pecore ristrette

Ricevo e volentieri pubblico da parte del prof. Luigi Mariani.

Il dato citato dal Corriere non è uno scherzo (si veda per esempio qui). Proviamo comunque a verificare. A St. Kilda non mi risulta l’esistenza si stazioni meteo. C’è invece una stazione alle Shetland (500 chilometri a nordest di St. Kilda) che si chiama Lerwick. I dati giornalieri di precipitazione e temperatura sono liberamente disponibili sul sito Ecad. Spero che i dati di Lerwick dicano qualcosa anche per St. Kilda vista l’omogeneità dell’ambiente oceanico. Come è possibile verificare osservando le medie annue delle temperature minime/massime e delle precipitazioni in tale stazione, le temperature per il periodo 1931-2000 sono stazionarie e non manifestano trend particolari (lieve calo per le massime, lieve aumento per le minime, e dunque in sintesi minore escursione termica). Ciò concorda con il fatto che le precipitazioni sono in crescita. Deduzione: le pecore dell’isola di Hirta si sono ristrette non per il caldo ma per la troppa pioggia. Evidentemente non erano di pura lana vergine…

3
Lug
2009

Se D’Alema vuol privatizzare la Rai

Oggi alcuni giornali riportano una dichiarazione di Massimo D’Alema, il tg di Minzolini e’ come la televisione sovietica, uscita di bocca all’ex primo ministro ieri sera, alla presentazione romana del libro di Debenedetti-Pilati (qui su Radio Radicale). Coordinava i lavori il nostro direttore, Oscar Giannino, e assieme con D’Alema c’era Maurizio Sacconi, che all’uscita del Presidente di Italianieuropei ha risposto con l’ironia di un “se lo dici tu…”.
Tuttavia, bisogna constatare che la vera notizia sui giornali manca. Non si da conto cioe’ di come ieri sera Massimo D’Alema si sia in buona sostanza dichiarato favorevole alla privatizzazione della Rai, come unico modo per “attutire” (e non attraverso norme, leggi e leggine del resto facilmente aggirabili, cui ha giustamente riconosciuto una salienza limitata) il conflitto d’interessi in capo a Berlusconi.
Ora, si puo’ giustamente obiettare a D’Alema (come ha fatto Franco Debenedetti): scusa, ma perche’ non ci hai pensato quando potevi? D’Alema sul punto qualche giustificazione l’ha accampata, ma e’ stato divertente ascoltare il leader piu’ attrezzato della sinistra fare l’elogio di Murdoch e di una competizione accesa e muscolare, come migliore antidoto alla anomalia berlusconiana.

2
Lug
2009

Ancora sui think-tank…

Ricevo da Pasquale Annicchino e volentieri pubblico:

Il fiorire di iniziative think-tankistiche, o presunte tali, ha aperto un importante dibattito che l’Italia affronta da una posizione di assoluta retroguardia.

Negli interventi precedenti Alberto Mingardi ha giustamente messo in evidenza l’importanza che i think tank americani hanno nel “calare nella realtà concreta idee a livello di policies“. Si domanda ancora Mingardi: “Da noi (…) quand’è che si parla nei vari centri studi?”. La risposta di Mingardi (con sua buona pace) è simile a quella che avrebbe dato il marxista eterodosso Bordieu. Nei think tank italici si parla “quando si fa salotto”.

Strategie di investimento sociale che gli agenti sviluppano per trarne profitti materiali e simbolici. Il capitale sociale diventa così la base del capitalismo di relazione.

La realtà americana, presa a modello, è stata invece caratterizzata dalla presenza di veri e propri intellectual enterpreneurs capaci di investire nel valore delle idee e di coordinare gruppi di intellettuali e di network enterpreneurs spesso lontani l’uno dall’altro. La traduzione di questa “ricerca di base” in opzioni di policy è stato successivamente il compito dei political enterpreneurs. La differenza con la realtà italiana è che alla “dimensione non elettorale dell’attività politica” (Teles, 2008) è stata sempre garantita ampia indipendenza. Questo ha permesso il formarsi di centri studi autorevoli ed in concorrenza fra loro nel dibattito pubblico.

Se si osserva il paesaggio italiano nulla di nuovo appare sotto il cielo. Strani ircocervi si affacciano all’orizzonte e sembrano convergere nel nuovo mantra: l’esperienza doxica di Stato e di partito. Se le “idee hanno delle consequenze”, i pochi che lavorano su quelle e non dal “Bolognese” hanno poco da temere.

Bibliografia “think-tankista” minima:

Weidenbaum M. L., The competition of ideas: the world of Washington think tanks, New Brunswik, NJ, Transaction Publishers, 2009

Teles S. M., The rise of the Conservative legal movement, Princeton, Princeton University Press, 2008

Stone D.,  Denham A., Think tank traditions: policy research and the politics of ideas, New York, New York Universityb Press, 2004

Ricci D., The transformation of American politics: the new Washington and the rise of think tanks, New Haven, Yale University Press, 1993

Smith J.A., The idea brokers: think tanks and the rise of the new policy elite, New York, Free Press, 1991

2
Lug
2009

Perché non sempre è meglio prevenire che curare

Commentando su “L’Occidentale” la condanna inflitta a Madoff per la truffa colossale messi in piedi negli scorsi anni, Salvatore Rebecchini rileva giustamente che ora bisogna evitare

la facile ricetta che vuole regole più severe come soluzione del problema. Certamente una riflessione su eventuali fallacie del sistema si impone, ma la lezione più importante da trarre è che occorre massimizzare l’incentivo da parte degli investitori a verificare la reputazione dei soggetti a cui affidano i loro risparmi. Come d’altra parte occorre che i soggetti affidatari siano incentivati a promuovere e a investire in reputazione. Purtroppo il rischio di nuova e ulteriore regolamentazione è di obnubilare tali incentivi e indurre i soggetti all’acquiescenza, rifugiandosi nella più facile e meno onerosa strategia del tipo: “Adesso ci sono nuove regole e queste ci assicurano correttezza e onestà”.

Rebecchini riprende e opportunamente attualizza una lezione tenuta nei giorni scorsi da Jonathan Macey, persuaso che quanto più la regolazione invade lo spazio economico e sociale, quanto meno è avvertita la necessità di farsi una reputazione e – di conseguenza – di tenere comportamenti corretti: tali da dare effettive garanzie ai nostri interlocutori.

È un altro modo per dire che la moralità si sviluppa nelle società più libere e che la pretesa interventista di chi vuole prevenire ogni errore con una limitazione della libera iniziativa (e quindi con l’adozione di meccanismi regolatori) finisce per depotenziare quelle regole spontanee dell’interazione umana su cui maggiormente possiamo fare affidamento se vogliamo affrontare non del tutto disarmati la dimensione sempre strutturalmente aleatoria del futuro.

In talune circostanze si può affermare che “prevenire è meglio che curare”, ma questo non vale sempre. In particolare non vale dinanzi alla pretesa dei pianificatori della vita sociale di eliminare ogni rischio ed ogni errore attraverso una crescente compressione degli spazi di libertà.