15
Lug
2009

Ci siamo, Obama alza le tasse

Obama lo ripete sempre, che tutto il necessario che occorre fare per uscire dalla crisi non lo distoglierà dai cambiamenti strutturali di lungo periodo agli States per i quali ha avuto il mandato. È di parola. Mentre ferve il dibattito lanciato da quel pazzerello di Paul Krugman sulla necessità di un nuovo piano d’intervento straordinario anti crisi, finalmente la proposta di riforma sanitaria dell’Amministrazione ha iniziato a svelare qualcuno dei suoi numeretti di riferimento.  O meglio, è la leadership democratica in Congresso a rivelarli, perché la Casa Bianca – memore del disastro sanitario di Hillary nel primo mandato Clinton – lascia ai congressmen il compito scomodo di enunciare come coprire finanziariamente la riforma, che intende estendere nel prossimo decennio ad almeno 37 milioni di americani oggi sprovvisti di assicurazione sanitaria privata una copertura essenziale. La stima del costo è di circa 1.200 miliardi di dollari, dei quali 500 dovrebbero venire – è del tutto irrealistico – da razionalizzazioni di Medicare  rivolto a disabili e anziani, mentre il resto dovrebbe venire da un corposo aumento delle tasse per i due milioni di contribuenti americani a più alto reddito.  L’aumento dell’aliquota sul reddito parte dall’1% in più per singoli contribuenti da 280mila $ annui e famiglie da 350mila $, per salire fino al 5,4% aggiuntivo per chi supera la soglia del milione di dollari l’anno. L’aliquota marginale americana tornerebbe così al 45%, con tanti saluti alla rivoluzione reaganiana in  nome dell’universalismo redistributore all’europea.  Vediamo che cosa succederà, nei mesi. Il solo fatto che Obama preferisca che sia il Congresso, a presentare questi numeri e questa proposta, dice che alla Casa Bianca non sottovalutano affatto la possibile reazione negativa dei contribuenti. Ma i repubblicani, oggi, semplicemente non sono in campo.

15
Lug
2009

Una rondine non fa primavera, ma Goldman Sachs vola alto

Goldman Sachs ha chiuso il secondo trimestre con un utile netto di 3,44 miliardi di dollari, pari a 4,93 dollari per azione contro i 3,65 previsti dagli analisti. Si tratta dell’utile trimestrale più alto nella storia della banca d’affari newyorchese. I ricavi della banca d’affari statunitense si sono attestati a 13,76 miliardi di dollari. Sui risultati hanno pesato i 426 mln di dollari pagati di interessi sui 10 mld ricevuti dal governo nell’ambito del Troubled Asset Relief Program (Tarp): esclusi gli interessi pagati al Tesoro, gli utili per azione sono stati pari a 5,71 dollari per azione.

Ad una prima lettura dei dati sintetici della performance della banca statunitense si potrebbe pensare che la fase acuta della crisi sia ormai alle spalle; tuttavia, entrando nel merito dei conti, si capisce come la strabiliante performance sia figlia, principalmente, del reparto trading della banca.

Dati confronati al trimestre dell’anno precedente:

Trading (10.78 bilion) + 93%

Asset management and Security Services ($1.54 bilion) –28%

Investment banking ($1.44 bilion) -15%

G.S. sarà pure giuridicamente una banca commerciale, tuttavia il core business della banca tradisce la sua vera natura. In definitiva aspettiamo i dati di Citi e Bank of America per tirare un, motivato, sospiro di sollievo.

15
Lug
2009

Abbandonate ogni speranza, o voi che andate (a Copenhagen)

Passato il G8 e scemata l’attenzione pubblica, iniziano i distinguo. Il presidente Usa, Barack Obama, sta spendendo tutto il suo capitale politico sulle misure domestiche per il contenimento delle emissioni (e anche lì la cosa gli è mezza scappata di mano, come nel caso dei dazi anti-cinesi infilati tra le pieghe del Waxman-Markey Bill). E’ poco plausibile che possa arrivare a Copenhagen offrendo più di quel che è già dato, perché qualunque obiettivo raggiunga a Washington (tanto o poco che sia) sarà il massimo compromesso che è possibile raggiungere. Sono curioso di vedere in che modo la verginità del presidente verrà conservata, nei resoconti compiacenti dei media.

14
Lug
2009

Conservatori Usa, sale l’astro di… Zingales

Da uno dei blog di riferimento americano per la nostra impostazione, la segnalazione di quattro nuove stelle in via di affermazione  nell’assai confuso cielo dei pensatori di riferimento del mondo conservatore. Il riferimento è a un articolo comparso l’altroieri sul Boston Globe, secondo il quale la perdurante perdita di punti di riferimento del partito repubblicano Usa e dell’universo conservatore nel suo complesso vede emergere nuovi pensatori e nuove idee, anche apparentemente non proprio in linea con la rivoluzione che giganti come Bill Buckley e Russel Kirk seppero promuovere da National Review, e che Irving Kristol seppe portare all’egemonia con il suo magnifico The Public Interest,  una fucina di teste da James Wilson a Charles Murray, da Leon Kass a Martin Feldstein a Irwin Stelzer.  Tra i quattro nuovi astri il primo è Luigi Zingales. Ma non so quanti siano disposti a seguire il nuovo criterio “inclusivo” proposto dal Boston Globe.

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14
Lug
2009

Que viva el presidente!

UPDATE: L’eterno ritorno dell’uguale.

 

Anche quest’anno non delude, l’intervento con cui Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia, presenta la “Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta” (qui la relazione e qui il discorso di Ortis). Pur formalmente ineccepibile, Ortis ha approfittato del palcoscenico privilegiato della Sala della Lupa non solo per rivendicare i meriti suoi e dell’organismo da lui presieduto, ma soprattutto per difenderne l’autonomia e il ruolo in un mondo sempre più sballottato dalla crisi economica, e in un paese sempre più incerto riguardo a chi, come, cosa, quando e perché liberalizzare. Tre, in particolare, i passaggi che mi sembrano “caldi”, al di là della polemica (se posso permettermi, un po’ stucchevole) sulla speculazione petrolifera che invece è stata più ampiamente ripresa. (Il che, per inciso, non stupisce, essendo la speculazione petrolifera questione talmente complessa e lontana che, qualunque cosa se ne pensi, non rischia di disturbare alcun manovratore).

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14
Lug
2009

La presa della Bastiglia digitale

Oggi vado un po’ di corsa, ma mi pare utile proporre ai lettori di Chicago Blog un breve ragguaglio su quello che è – almeno in rete – il tema del giorno: le reazioni dei blog all’obbligo di rettifica introdotto dal DDL sulle intercettazioni in discussione al Senato. Qui trovate la ragioni degli scioperanti; qui e qui (grazie a Gigi Cogo per la compilazione) il punto di vista dei crumiri 2.0. 🙂 Se ne parla anche su Friendfeed.

13
Lug
2009

Cattive notizie

UPDATE [22.00] Si apprende che la Banca d’Italia rimprovera a Zopa di effettuare raccolta del risparmio attraverso la giacenza sul conto prestatori (grazie anche a darmix nei commenti a questo post). Personalmente, credo che nella migliore delle ipotesi il provvedimento sia frutto una lettura capziosa delle norme. La più severa regolamentazione dell’attività bancaria rispetto alla semplice intermediazione finanziaria trova, infatti, la sua ratio nella divaricazione tra titolarità ed impiego delle somme versate. La giacenza del conto prestatori, viceversa, non entra mai nella disponibilità di Zopa. Assai più verosimile mi pare la ricostruzione del direttore Giannino, che allude all’arrocco corporativo delle banche. Come osserva correttamente Giacomo Dotta, d’altro canto, i rilievi di via Nazionale non riguardano unicamente Zopa, ma più in generale l’intero comparto del social lending. Insomma, la partita è appena iniziata.

Zopa, il servizio di social lending che ha già distribuito oltre 7 milioni di euro di prestiti, sospende l’attività.

In data 10 luglio 2009 è stato notificato a Zopa il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che, su indicazione di Banca d’Italia, ha cancellato dall’elenco degli intermediari finanziari ex art. 106 la nostra società. Come conseguenza immediata ci vediamo costretti a sospendere la trattazione di nuovi prestiti e l’ingresso di nuovi Prestatori.
La società sta valutando tutte le iniziative, anche di natura giurisdizionale, per tutelare la propria posizione e la community. Vi terremo informati su tutte le attività che metteremo in atto per salvaguardare un’iniziativa innovativa, etica, sociale e vantaggiosa per tutti i partecipanti.

[HT: Roberto Venturini]

13
Lug
2009

I tedeschi alla conquista del deserto

Map of the Desertec projectQui l’aggettivo faraonico calza a pennello. Non soltanto perché siamo nell’Africa sahariana, ma anche e soprattutto per la natura del progetto. Su imbeccata del Club di Roma, un consorzio di giganti del settore energetico tedesco- tra cui persino le tanto vituperate RWE, E.on e Siemens- ha lanciato stamane un’iniziativa a dir poco imponente quanto a costi di investimento e rischio di impresa: raccogliere energia solare direttamente dove il sole batte di più (che si tratti di un’implicita ammissione che piazzare pannelli a Lubecca serve a poco?), ossia nel deserto, per poi trasportarla in Europa.

L’obiettivo consiste nel soddisfare la sempre maggiore domanda energetica, nell’aiutare l’ambiente e nel contribuire a realizzare l’ormai fantomatica indipendenza energetica (sic) dell’Europa continentale dal cattivo zar Putin. Peccato che il Sahara non sia esattamente terra di nessuno, ma corrisponda a fette di territorio più o meno grandi, appartenenti a Stati non proprio “democratici”. Al di là del buonismo di maniera sugli standard di democraticità di questi paesi (più importante è capire il grado di affidabilità che essi garantiscono per la continuità dell’opera), ci permettiamo modestamente di ricordare che l’approccio al progetto trasuda di un colonialismo un po’ d’antan. Ricordate la boutade di Tremonti sulle centrali in Albania? Ecco, il substrato culturale non è poi molto diverso. Tutti paiono preoccuparsi dei benefici che un’opera simile produrrà per i cittadini tedeschi ed europei, senza porsi l’interrogativo fondamentale. A questi paesi africani sta bene? Non vogliono niente in cambio?

In secondo luogo, resta ignota l’entità dell’esborso e il nome dei soggetti che dovranno sobbarcarselo. Per quanto riguarda il primo, pare che la cifra si aggiri intorno ai 400 miliardi in uno spazio di quarant’anni…Cifre che fanno girare la testa, anche agli oltranzisti delle rinnovabili… Per quanto attiene i secondi, noi avremmo già un’ideuzza. La parola inizia per c, finisce per i e ha dodici lettere… Resta solo da capire di quale paese.

13
Lug
2009

Nucleare: consenso informato? Di Antonio Sileo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da parte di Antonio Sileo.

Vogliano perdonare i sempre più numerosi lettori l’incursione su queste colonne, su un tema, poi, di cui si parla (e si scrive) già tanto; ma energia nucleare (o atomica, come si diceva una volta) è proprio un argomentone: problema insolubile o soluzione ovvia a seconda dei punti di vista; come se la ripresa di una produzione elettronucleare fosse davvero dietro l’angolo. Forse si è già capito, ma voglio ribadire che sono abbastanza d’accordo con quanto ha qui scritto Carlo Stagnaro.
La produzione di energia da fonte elettronucleare è un percorso lungo, secolare, che proprio non si presta ad accelerazioni o strappi, anche se tantissimi dei proponenti hanno i capelli bianchi…

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