13
Lug
2009

I tedeschi alla conquista del deserto

Map of the Desertec projectQui l’aggettivo faraonico calza a pennello. Non soltanto perché siamo nell’Africa sahariana, ma anche e soprattutto per la natura del progetto. Su imbeccata del Club di Roma, un consorzio di giganti del settore energetico tedesco- tra cui persino le tanto vituperate RWE, E.on e Siemens- ha lanciato stamane un’iniziativa a dir poco imponente quanto a costi di investimento e rischio di impresa: raccogliere energia solare direttamente dove il sole batte di più (che si tratti di un’implicita ammissione che piazzare pannelli a Lubecca serve a poco?), ossia nel deserto, per poi trasportarla in Europa.

L’obiettivo consiste nel soddisfare la sempre maggiore domanda energetica, nell’aiutare l’ambiente e nel contribuire a realizzare l’ormai fantomatica indipendenza energetica (sic) dell’Europa continentale dal cattivo zar Putin. Peccato che il Sahara non sia esattamente terra di nessuno, ma corrisponda a fette di territorio più o meno grandi, appartenenti a Stati non proprio “democratici”. Al di là del buonismo di maniera sugli standard di democraticità di questi paesi (più importante è capire il grado di affidabilità che essi garantiscono per la continuità dell’opera), ci permettiamo modestamente di ricordare che l’approccio al progetto trasuda di un colonialismo un po’ d’antan. Ricordate la boutade di Tremonti sulle centrali in Albania? Ecco, il substrato culturale non è poi molto diverso. Tutti paiono preoccuparsi dei benefici che un’opera simile produrrà per i cittadini tedeschi ed europei, senza porsi l’interrogativo fondamentale. A questi paesi africani sta bene? Non vogliono niente in cambio?

In secondo luogo, resta ignota l’entità dell’esborso e il nome dei soggetti che dovranno sobbarcarselo. Per quanto riguarda il primo, pare che la cifra si aggiri intorno ai 400 miliardi in uno spazio di quarant’anni…Cifre che fanno girare la testa, anche agli oltranzisti delle rinnovabili… Per quanto attiene i secondi, noi avremmo già un’ideuzza. La parola inizia per c, finisce per i e ha dodici lettere… Resta solo da capire di quale paese.

13
Lug
2009

Nucleare: consenso informato? Di Antonio Sileo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da parte di Antonio Sileo.

Vogliano perdonare i sempre più numerosi lettori l’incursione su queste colonne, su un tema, poi, di cui si parla (e si scrive) già tanto; ma energia nucleare (o atomica, come si diceva una volta) è proprio un argomentone: problema insolubile o soluzione ovvia a seconda dei punti di vista; come se la ripresa di una produzione elettronucleare fosse davvero dietro l’angolo. Forse si è già capito, ma voglio ribadire che sono abbastanza d’accordo con quanto ha qui scritto Carlo Stagnaro.
La produzione di energia da fonte elettronucleare è un percorso lungo, secolare, che proprio non si presta ad accelerazioni o strappi, anche se tantissimi dei proponenti hanno i capelli bianchi…

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13
Lug
2009

La Consob di Cardia, la caduta dei gravi

La Consob di questi tempi sta sperimentando un ritorno al passato. Non mi riferisco a precedenti presidenze, per instaurare antipatiche graduatorie personali. È tornata nel mondo descritto dalla legge gravitazionale di Newton del 1687, per la quale l’attrazione tra corpi fisici è direttamente proporzionale alla loro massa e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Noi tutti dal 1915 viviamo invece nel mondo della gravità modificata alla luce della relatività generale, per la quale ogni corpo con la sua massa genera campi gravitazionali che modificano le geodetiche e le curve spazio temporali. Nel primo mondo, l’interazione tra corpi si spiega con azioni a distanza. Nel nostro mondo, le azioni a distanza non esistono e non sono mai sincrone ma diacrone. Applicato alla Consob: il presidente Cardia ha ridotto la massa dell’Autorità che vigila sui mercati ma ritiene che il suo effetto gravitazionale non si sia modificato, perchè si tiene molto più vicino alla politica. Al contrario, così facendo Cardia modifica l’intero ambiente spazio-temporale di tutte le autorità indipendenti, contribuendo suo malgrado a snaturarne natura e funzione. Basti vedere il discorso pronunciato stamane, al rituale incontro annuale con il mercato finanziario a Palazzo Mezzanotte.

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13
Lug
2009

Pacs

11 – TONI NEGRI: VORREI INCONTRARE TREMONTI, E’ MOLTO ABILE…
(AGI) – “Penso che sia una persona molto abile e che la sua posizione politica lo castri”. Lo ha dichiarato l’ex leader dell’Autonomia Operaia, Toni Negri, intervistato a Venezia da Gigliola Santin e Stefano Golfari per la trasmissione televisiva Iceberg di Telelombardia. “La politica italiana – ha sostenuto – si trova in una generale condizione di miseriaÂà anzi non c’e’ proprio una scena pubblica (alla Habermas, alla Dahrendorf), manca del tutto un dibattito pubblico che agisca in termini di contraddittorio, e quindi la capacita’ di cogliere le emergenze, l’affacciarsi del nuovo, e’ ridotta praticamente a zero.

Ci sono tuttavia personalita’ italiane del mondo della politica, e dell’economia, che mi incuriosiscono molto. Tremonti, ad esempio. So che ha letto Impero, ed ha acquisito da tempo una prospettiva globale nel trattare i fenomeni della finanza. Credo che sia un uomo evidentemente molto abile. Mi piacerebbe incontrarlo una volta o l’altra. Penso che il suo andar vagando fra le varie posizioni politiche espresse in Italia e il fatto di costituire, in fondo, il legame tra la Lega e quel liberalismo confuso, ex-democristiano, che per altro sta attorno a Berlusco… lo castri, diciamo cosi’.”

13
Lug
2009

Sangue sudore e lacrime

Il 4 Luglio l’Economist ha scritto (p 26) che l’ottimismo di Berlusconi rischia di rendere ancora più improbabili le riforme di cui l’Italia ha bisogno, e che questo Governo (tanto quanto il precedente) non sembra neanche in grado di concepire. Certamente, del resto, non ci si può aspettare nulla di buono da un Ministro dell’Economia colbertista e da conti pubblici che stanno esplodendo, con un deficit salito al 9%, ma il tempo corre.

Eppure, ricorda l’Economist, se l’Italia fosse governata da un leader in grado di spiegare la gravità della crisi agli italiani, forse qualcuno lo seguirebbe, come quando si rese necessario sacrificarsi per entrare nell’euro. Se la crisi non esiste, d’altra canto, come giustificare profonde e dolorose riforme? Continuiamo ad illuderci di vivere nel paese dei balocchi.

A furia di dire che la crisi è un fenomeno puramente psicologico (e fare pressioni dissuasive su chi afferma il contrario), prima o poi il Governo proverà a curarla facendo incetta di Prozac. Bisognerebbe invece piantarla con questa recita e mostrare almeno per una volta un po’ di fegato. Ma, si sa, “il coraggio uno non se lo può dare”.

12
Lug
2009

Grandi, grosse e stupide oppure intelligenti?

Interessante dibattito sulle smart grid – una delle presunte panacee per salvare il sistema elettrico dal suo peccato originale – tra Lynne Kiesling (qui le parti uno, due, tre, quattro e cinque del suo intervento), Ken Maize (qui) e Robert Michaels (qui e qui). Le reti intelligenti possono essere un’idea furba da tanti punti di vista, ma certo l’argomento di Michaels secondo cui la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico può essere garantita solo da reti robuste e ridondanti, ancorché stupide, non è da buttar via.

11
Lug
2009

Londra, la capitale del Capitale in fermento

La bozza di direttiva europea sui fondi alternativi di investimento continua a fare discutere. In attesa della prossima mossa della Commissione Europea, il primo cittadino di Londra, Boris Johnson, attacca duramente la proposta. Il sindaco, in un intervento alla Royal Opera House, critica duramente la scelta di regolamentare un settore non direttamente responsabile della crisi.

Se da un lato appare evidente come Johnson voglia tutelare i propri interessi, l’industria Hedge e Private Equity infatti è concentrata per un buon 80% nella City, dall’altro appare altrettanto chiaro come questa normativa rischi di penalizzare non solo la città di Londra ma tutta l’Europa.

I limiti sul leverage e gli alti costi di implementazione potrebbero innescare una pericolosa fuga di capitali (da qui la preoccupazione del sindaco) dall’Europa verso i mercati meno regolamentati di New York e Shangai, con buona pace dello storico primato di capitale del business della City.

11
Lug
2009

Nucleare dove?

L’approvazione del ddl sviluppo ha scatenato una pluralità di reazioni, di segno diverso ma generalmente esagerate, sul possibile ritorno dell’Italia al nucleare. Infatti, bene o male, i tre articoli filo-nucleari della legge (gli articoli 25, 26 e 29) delineano l’inizio di un percorso ma si tratta, appunto, dell’inizio. Al di là degli aspetti singolarmente positivi o negativi, comunque, il governo ha dato un segnale importante in merito alla sua reale volontà di procedere su questa strada. Infatti, l’esecutivo ha sei mesi di tempo per mettere nero su bianco il suo progetto – con tanto di definizione degli standard, criteri per l’individuazione dei siti, norme di costruzione, esercizio e smantellamento degli impianti, eccetera. Si poteva fare meglio? Certo: per esempio si poteva evitare di assegnare al Cipe (?) il compito di scegliere la tecnologia, e si poteva creare un’Agenzia di sicurezza degna di questo nome. Si poteva evitare di mettere le mani su Sogin e si poteva evitare di attaccare ripetutamente l’indipendenza dell’Autorità per l’energia (a proposito: appuntamento a settembre per il prossimo round, mi dice la mia sfera di cristallo). Si poteva evitare tutto questo e si poteva fare meglio quel che si è fatto, ma, nella misura in cui il meglio è nemico del bene, qualcosa lo si è fatto e da lì bisogna partire. Quindi, come ha scritto oggi Il Foglio, “tre hurrà per Claudio Scajola” e speriamo che usi la finestra di opportunità che lui stesso ha aperto per mettere i puntini giusti sulle rispettive “i”. A questo punto, le questioni veramente aperte sono due più una. La prima: il lavorio dei tecnici del Mse per rispettare le scadenze e presentare i vari decreti. Cioè, rispondere alla domanda: nucleare come? La seconda: nucleare dove? Read More

10
Lug
2009

Draghi e l’esempio FSA sulla tutela del cliente

Mario Draghi ha tenuto un intervento superlativo all’assemblea dell’ABI dell’altroieri. Dalla governance bancaria da modificare alla riforma delle popolari, dalla necessità di pubblicità per i risultati degli stress test ai calci nel sedere per le intollerabili commissioni sul massimo scoperto addirittura maggiori rispetto a prima dell’intervento governativo, ho contato più di una decina  di giudizi assolutamente abrasivi, rispetto al quieto far finta di niente del sistema bancario italiano. Il pessimo segnale è che solo Repubblica, nell’intero panorama dei giornali italiani, ha ritenuto opportuno dedicare un pezzo veramente approfondito in cui dar conto di ciò che Draghi aveva veramente detto: e dire che sarebbe stato divertente, anche per le testate vicine al centrodestra, notare che il governatore scavalcava Tremonti criticando le banche nella misura di dieci a uno…

Su un punto essenziale, la tutela del cliente rispetto ai disservizi e all’informazione asimmetrica praticata dalla banca, temo però che sarà deludente la nuova riforma  alla quale Draghi si è riferito e di cui siamo in procinto di attuazione, il cosiddetto Arbitro Bancario Finanziario, con tre collegi nel Nord, Centro e Sud Italia, e accesso delle istanze anche tramite le filiali Bankitalia, che assicurerà le strutture tecniche per il suo funzionamento. Un buon esempio da seguire potrebbe essere quello ieri annunciato dalla FSA britannica. Stanca della sostanziale indifferenza degli intermediari finanziari britannici – nel modello UK ricadono tutti sotto la sua supervisione – l’Autorità ha preso una decisione radicale. Tutti gli intermediari che ricevano più di 500  richieste e proteste entro ogni semestre dovranno non solo girarle per esteso alla FSA, ma questa organizzerà cinque diversi files pubblici in cui istituto per istituto si renderà noto quanti sono i complaints sul totale della clientela, quali sono i tempi di risoluzione, quanti quelli che sfociano in contenzioso giudiziario, e  via proseguendo. Il tutto, naturalmente – ha aggiunto il capo della retail division della FSA Dan Waters, con un sorriso a 24 denti – a carico degli stessi soggetti regolati, visto che sarebbe improprio che l’Autorità spendesse più denaro del contribuente per l’inefficienza degli intermediari… Un bell’esempio da seguire, direi.