17
Lug
2009

Il segreto di Bank of America ($3.41 net income 2Q09)

Riporto alcuni dati su Bofa direttamente dalla sezione Investor della banca (la trovate nella sua forma completa qui). Come al solito la semplice lettura delle voci fatturato e utile non riflette la vera situazione dell’azienda (e del settore in generale). Contrariamente alle apparenze dunque, non possiamo tirare alcun sospiro di sollievo…

Credit Quality

Credit quality deteriorated further as the economic environment weakened. Consumers remained under significant stress as unemployment and underemployment increased and individuals spent longer periods without work. These conditions led to higher losses in almost all consumer portfolios compared with the prior quarter. Declining home values and reduced spending by consumers and businesses negatively impacted the commercial portfolios resulting in broad-based increases in criticized and nonperforming loans. Commercial loan losses rose from the prior quarter as commercial domestic and small business portfolios were impacted in sectors dependent on discretionary consumer spending. Losses in the commercial real estate portfolio also increased.

Countrywide Financial, which Bank of America formally acquired on July 1, reported a net loss of $2.33 billion in the second quarter. That included just under $4 billion in losses tied to mortgages, home equity and other loans. But investors fear that those losses could spiral higher, and Bank of America could face billions in costs from protracted legal battles. Read More

17
Lug
2009

Strategica tua sorella

Privatizzazioni? No, grazie. Anche quest’anno, il Documento di programmazione economica e finanziaria (approvato mercoledì dal Consiglio dei ministri) esclude il ricorso alle privatizzazioni, se non in casi marginali. Un paragrafo (p.39) è dedicato espressamente a questo tema, inserendosi nell’analisi che il documento svolge della situazione macroeconomica e degli andamenti della finanza pubblica. In generale, l’aspetto più interessante – che si inserisce nel mix un po’ naif di ottimismo della volontà e pessimismo delle cifre – consiste nel quadro delle misure anticrisi, che effettivamente, almeno dal punto di vista dell’impatto sulla spesa pubblica e quindi delle potenziali conseguenze di lungo termine, si confermano come un saggio tentativo di non incrinare ulteriormente un equilibrio che è già instabile. Ed è dominato dal peso del debito che si fa ancor più ingombrante rispetto a un Pil in ritirata e a un deficit che torna a salire anche a causa degli interessi sul debito stesso. Il contesto, dunque, non viene giudicato maturo per la cessione al mercato degli asset e le società pubbliche. Perché?

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17
Lug
2009

Se Bruxelles fa cascar il pan di mano

Come ricorda molto bene la FAZ, quotidiano bibbia dei liberali e dei conservatori tedeschi, la Corte Costituzionale teutonica avrà anche tanti difetti (a noi invece è garbato molto l’approccio prudente dei giudici di Karlsruhe e non condividamo affatto i recenti attacchi in salsa un po’ “montiana” di chi su Lisbona avrebbe preferito una delega in bianco a Bruxelles);  avrà anche i suoi difetti, dicevamo, ma non si è certo mai prodigata di stabilire se una pagnotta o un croissant debbano prima essere pesati e poi prezzati o viceversa. La tradizione della vendita al dettaglio tedesca, così come quella italiana, semplicemente non lo prevede. E spacciare per tutela del consumatore una misura così smaccatamente dirigista è offensivo per l’intelligenza dei consumatori stessi. Di qui l’ennesima protesta dei panificatori tedeschi contro tale grottesca direttiva proveniente da Bruxelles, che vieta di mettere in vendita una brioche o una pagnottina senza averla prima pesata.  La precedente polemica, altrettanto assurda, la trovate qui.
In ultimo, una breve considerazione. Finché l’approccio delle istituzioni comunitarie all’integrazione europea sarà di questo tenore (ovvero di diretta ostilità verso le “libertà del produttore”), dubito che anche la gente comune possa apprezzare quel che di positivo ancora fa e promuove la Commissione. D’altra parte, va preso atto che tale ritrosia verso l’UE ha due facce: quella nazionalista e protezionista da un lato e quella cui sono cari concetti quali la sussidiarietà e la concorrenza. Non ogni strepito rivolto a Bruxelles va confuso con le pur sempre risorgenti velleità neo-bismarckiane di qualche politico tedesco.

*Qui una lettura un po’ diversa e lontana dal solito mainstream della sentenza della Corte Costituzionale tedesca sul Trattato di riforma.

16
Lug
2009

Più patrimonio alle imprese: ho perso

Giorni fa su questo blog vi ho accennato all’idea di un Fondo Italia per ripatrimonializzare l’impresa. Con sincera e tempestiva onestà devo comunicarvi che l’idea è stata bocciata. Stamane Confindustria ha sollevato la questione, nell’incontro con Tremonti e ABI per avviare il confronto sull’avviso comune per la moratoria di un anno su interessi e restituzione del capitale relativi ai prestiti bancari alle aziende. Al ministro è stata prospettata la necessità di incentivi alla ripatrimonalizzazione volti a rendere più “sicuri” i crediti bancari alle imprese, stante anche la sottopatrimonializzazione cronica del nostro sistema, tallone d’Achille largamente preesistente alla crisi e specchio della larghissima prevalenza di piccole aziende nel nostro Paese. A Tremonti sono tate prospettate altre due strade, oltre al Fondo Italia che vi avevo illustrato: un meccanismo di compartecipazione bancaria incentivata, con un multiplo di conferimento pari o 3 o 4 rispetto all’apporto diretto di capitale da parte dell’imprenditore;  un’esenzione fiscale inizialmente pressoché totale e poi a scalare nel tempo ai fini della formazione del reddito lordo ‘impresa, per l’apporto patrimoniale del solo imprenditore. Tremonti, come purtroppo supponevo, ha scelto quest’ultima strada. Solleva le banche da qualsiasi intervento, e non mette la faccia del governo su un’operazione mista pubblico-privato ma a prevalenza privata, come quella che avevamo immaginato noi. È una grande occasione persa: peccato. Capisco che Emma Marcegaglia all’assemblea dell’Unione industriale di Macerata in corso in queste ore abbia annunciato il sì del ministro come una vittoria di Confindustria. Ma temo proprio che in questo modo non si arriverà neanche a un decimo, di quei 30-40 miliardi di ricapitalizzazione possibili con l’idea del Fondo, che avrebbero potuto agevolmente condurre ad alcune centinaia di miliardi di euro di impieghi bancari alle stesse aziende così rafforzate. Basta vedere la “cosiddetta” riforma pensionistica varata ieri: direi che proprio non è tempo di idee coraggiose:  Eppure, ciò non ci esime dal dovere di pensarle e di proporle. Anche se vengono bocciate, il nostro mestiere è un altro.

16
Lug
2009

Trimestrali da record, è la volta di Jp Morgan

Ricavi record per 27,7 miliardi di dollari per Jp Morgan nel secondo trimestre 2009. Il colosso bancario statunitense ha battuto il consensus che era fermo a 25,4 mld. Oltre le attese anche gli utili. L’utile netto si è attestato a quota 2,7 mld di dollari dai 2 mld dell’analogo trimestre del 2008. L’Eps risulta pari a 0,28 dollari rispetto agli 0,05 dollari attesi. Sull’utile per azione ha pesato il rimborso del programma Tarp (Troubled asset relief program) per 0,27 dollari e la valutazione speciale del Fdic (Federal Deposit Insurance Corp) per 0,10 dollari. Per chi volesse seguire la conference call dell CFO, ecco il link.

Jp Morgan è l’unica big bancaria statunitense che dallo scoppio della crisi nel 2007 è sempre riuscita a riportare conti trimestrali in utile.

Andando nel dettaglio si nota come a trascinare i conti siano ancora una volta le voci legate alle attività core del gruppo, in particolare gli utili da intermediazione e le commissioni derivanti da attività di banca d’investimento, che hanno più che compensato i crescenti default su prestiti al consumo e carte di credito.

Utile per divisione:

INVESTMENT BANK $1471 (+273%)

CORPORATE/PRIVATE EQUITY $808

ASSET MANAGEMENT $352 (+11% su Q2 08′)

TREASURY & SECURITIES SERVICES $379 (-11%)

COMMERCIAL BANKING $368 (+4%)

CARD SERVICES $(672) (valore positivo nel 08’+$250)

RETAIL FINANCIAL SERVICES $15 (-97%) di cui Retail Banking £970 e Consumer Lending $(955)

La banca ha reso noto inoltre di aver erogato nuovo credito per circa 150 miliardi di dollari nel secondo trimestre e di aver aumentato a 9,7 miliardi di dollari gli accantonamenti contro future perdite sul credito erogato, in rialzo rispetto ai 4,29 miliardi di un anno ma in calo rispetto ai 10,07 miliardi del primo trimestre. Non è di buono auspicio per il settore l’accantonamento di 4,6 miliardi per perdite legate alle attivita’ della divisione carte di credito. Il totale delle riserve per attivita’ di concessione del credito infine e’ salito ora a quota 30 miliardi di dollari.

Infine va ricordato il rimborso, effettuato il mese scorso, pari a 25 miliardi di dollari di aiuti di stato, oltre al pagamento di 795 milioni di dollari di dividendi.

16
Lug
2009

Ancora sulle pensioni tedesche

Lastenverteilung in der gesetzlichen Rentenversicherung<br/>(zum Vergrößern klicken)Al nostro post di metà maggio sulle pensioni tedesche ha purtroppo fatto seguito un silenzio assordante. Nessun organo di stampa si è degnato di riportare una notizia così maledettamente importante. Sarà che il nostro paese è leader incontrastato in quanto a debito pensionistico; fatto sta che il blocco all’aggiustamento delle pensioni fissato ope legis dal governo di Große Koalition non ha fatto più di tanto scalpore qui da noi. In questi giorni la Rentengarantie (così si chiama questa trovata pre-elettorale) è però balzata nuovamente agli onori della cronaca per un doppio ordine di questioni.

Innanzitutto il Ministro delle Finanze Peer Steinbrück è ritornato sulla faccenda in maniera un po’ grottesca, definendo la normativa voluta dal collega Olaf Scholz e da lui stesso approvata non più di due mesi fa, irresponsabile e contraddittoria  rispetto al nuovo corso di contenimento della spesa pubblica (su quest’ultima affermazione ci sarebbe da sgranare gli occhi e farsi una bella risata..). Sia come sia, Steinbrück, caso mai ce ne fosse stato bisogno, ha contribuito con la sua proverbiale saccenza a mettere in ulteriore difficoltà il partito socialdemocratico ad appena due mesi dalle elezioni federali. Come dire: alla signora Merkel non serve affatto spremersi le meningi per la campagna elettorale, tanto ci pensa l’Spd a fare tutto, maggioranza ed opposizione ad un tempo. Volete mettere che goduria?

Il secondo motivo è da legarsi ad uno studio del think tank INSM che ha calcolato l’aggravio per le casse statali della prebenda elettoralistica. Ai lavoratori che pagano i contributi assicurativi e ai contribuenti la misura costerà la bellezza di 46 miliardi di euro, con aumenti già a partire dall’anno prossimo. Ma il governo non soltanto ha promesso la luna- ovvero che le pensioni -come per magia- non scenderanno più, ma ha altresì giurato che fino al 2020 il contributo assicurativo non supererà quota 20%. Insomma, la botte piena e la moglie ubriaca. Intanto sin dall’anno prossimo la spesa pensionistica comincerà a salire vertiginosamente. Se si mette in conto che una quota sempre minore di occupati dovrà sostenere un numero sempre maggiori di pensionati (vedi figura) e che l’aumento graduale dell’età pensionabile a 67 anni a partire dal 2012 (e a finire nel 2029) è stato di recente nuovamente messo in dubbio dall’Spd, la situazione anche in Germania appare tutt’altro che rosea.

*Aggiungo che i miliardi di aggravio  diventano ancora maggiori (ossia circa 73) se si contano i “tricks” degli anni scorsi, primo fra tutti il congelamento temporaneo del cosiddetto “Riester-Faktor”, elemento introdotto nel 2001 per consentire la formazione di pensioni integrative private. A tal proposito linko un articolo tratto sempre dal blog di INSM.


15
Lug
2009

Banche, promesse e debiti

Dice il Bollettino di Bankitalia reso noto oggi che raddoppiano le esposizioni dei prenditori in sofferenza, e naturalmente il presidente dell’ABI Faissola continua a ripetere che è un’invenzione la restrizione di credito alle imprese. Domani mattina incontro tra Confindustria, ABI e Tesoro sulle modalità applicative dell’annunciata moratoria di un anno degli interessi dovuti dalle imprese alle banche, strumento sul quale ribadisco personalmente molti dubbi. Le banche, questo è certo, spuntano una nuova consistente sforbiciata al proprio imponibile, dopo quelle già ottenuta un anno fa sul riallineamento dei valori storici degli avviamenti. Come poi si possano obbligare gli istituti ad attuare l’avviso comune, pur una volta che davvero l’ABI lo avesse sottoscritto, su questo punto esistono problemi di costituzionalità a mio avviso non proprio secondari. Nel frattempo, nessuno se n’è accorto, tranne noi e gli amici di MercatoLibero con cui tante volte abbiamo condotto battaglie comuni quando dirigevo un quotidiano, ma nel frattempo che le banche intonano il “tutto ben madama la marchesa” il valore dei loro intangible asset ha finito per diventare maggiore della loro capitalizzazione. Gli intangible, com’è noto, sono quelli che si azzerano in caso di fallimento: dunque bisognerebbe andarci piano e svalutarli, quando diventa assolutamente evidente che il loro valore gonfiato altera in maniera esiziale la credibilità dello stato patrimoniale. Per capirci, oggi a Intesa gli asset intangibili valgono 28,9 miliardi a fronte di una capitalizzazione della banca di poco superiore ai 27, a Unicredit valgono 27 miliardi per una capitalizzazione che supera di poco i 28, e a MPS pesano addirittura 8,5 miliardi con una capitalizzazione della banca inferiore ai 6. Sarebbe il caso che Bankitalia almeno dicesse qualcosa? E’ vero che Draghi ripete incessantemente che le banche devono ricapitalizzarsi, ma forse un esplicito avviso sugli intangibile sarebbe appropriato. Che almeno le nuove regalie fiscali – che alle imprese sono negate – avvengano a fronte di svalutazioni consistenti … Per chi volesse poi fare un po’ di conti, qui i grafici aggiornati da Barry Eichengreen e Kevin O’Rourke che provano ineluttabilmente che stiamo andando decisamente peggio del 1929, per via delle banche. Allegria… Ma in Italia ora parte la grande commedia polemica dello scudo fiscale, ovvero dell’arte di come dividersi sull’utile inessenziale, rispetto al necessario essenziale che non si può citare per non irritare i banchieri.