16
Lug
2009

Ancora sulle pensioni tedesche

Lastenverteilung in der gesetzlichen Rentenversicherung<br/>(zum Vergrößern klicken)Al nostro post di metà maggio sulle pensioni tedesche ha purtroppo fatto seguito un silenzio assordante. Nessun organo di stampa si è degnato di riportare una notizia così maledettamente importante. Sarà che il nostro paese è leader incontrastato in quanto a debito pensionistico; fatto sta che il blocco all’aggiustamento delle pensioni fissato ope legis dal governo di Große Koalition non ha fatto più di tanto scalpore qui da noi. In questi giorni la Rentengarantie (così si chiama questa trovata pre-elettorale) è però balzata nuovamente agli onori della cronaca per un doppio ordine di questioni.

Innanzitutto il Ministro delle Finanze Peer Steinbrück è ritornato sulla faccenda in maniera un po’ grottesca, definendo la normativa voluta dal collega Olaf Scholz e da lui stesso approvata non più di due mesi fa, irresponsabile e contraddittoria  rispetto al nuovo corso di contenimento della spesa pubblica (su quest’ultima affermazione ci sarebbe da sgranare gli occhi e farsi una bella risata..). Sia come sia, Steinbrück, caso mai ce ne fosse stato bisogno, ha contribuito con la sua proverbiale saccenza a mettere in ulteriore difficoltà il partito socialdemocratico ad appena due mesi dalle elezioni federali. Come dire: alla signora Merkel non serve affatto spremersi le meningi per la campagna elettorale, tanto ci pensa l’Spd a fare tutto, maggioranza ed opposizione ad un tempo. Volete mettere che goduria?

Il secondo motivo è da legarsi ad uno studio del think tank INSM che ha calcolato l’aggravio per le casse statali della prebenda elettoralistica. Ai lavoratori che pagano i contributi assicurativi e ai contribuenti la misura costerà la bellezza di 46 miliardi di euro, con aumenti già a partire dall’anno prossimo. Ma il governo non soltanto ha promesso la luna- ovvero che le pensioni -come per magia- non scenderanno più, ma ha altresì giurato che fino al 2020 il contributo assicurativo non supererà quota 20%. Insomma, la botte piena e la moglie ubriaca. Intanto sin dall’anno prossimo la spesa pensionistica comincerà a salire vertiginosamente. Se si mette in conto che una quota sempre minore di occupati dovrà sostenere un numero sempre maggiori di pensionati (vedi figura) e che l’aumento graduale dell’età pensionabile a 67 anni a partire dal 2012 (e a finire nel 2029) è stato di recente nuovamente messo in dubbio dall’Spd, la situazione anche in Germania appare tutt’altro che rosea.

*Aggiungo che i miliardi di aggravio  diventano ancora maggiori (ossia circa 73) se si contano i “tricks” degli anni scorsi, primo fra tutti il congelamento temporaneo del cosiddetto “Riester-Faktor”, elemento introdotto nel 2001 per consentire la formazione di pensioni integrative private. A tal proposito linko un articolo tratto sempre dal blog di INSM.


15
Lug
2009

Banche, promesse e debiti

Dice il Bollettino di Bankitalia reso noto oggi che raddoppiano le esposizioni dei prenditori in sofferenza, e naturalmente il presidente dell’ABI Faissola continua a ripetere che è un’invenzione la restrizione di credito alle imprese. Domani mattina incontro tra Confindustria, ABI e Tesoro sulle modalità applicative dell’annunciata moratoria di un anno degli interessi dovuti dalle imprese alle banche, strumento sul quale ribadisco personalmente molti dubbi. Le banche, questo è certo, spuntano una nuova consistente sforbiciata al proprio imponibile, dopo quelle già ottenuta un anno fa sul riallineamento dei valori storici degli avviamenti. Come poi si possano obbligare gli istituti ad attuare l’avviso comune, pur una volta che davvero l’ABI lo avesse sottoscritto, su questo punto esistono problemi di costituzionalità a mio avviso non proprio secondari. Nel frattempo, nessuno se n’è accorto, tranne noi e gli amici di MercatoLibero con cui tante volte abbiamo condotto battaglie comuni quando dirigevo un quotidiano, ma nel frattempo che le banche intonano il “tutto ben madama la marchesa” il valore dei loro intangible asset ha finito per diventare maggiore della loro capitalizzazione. Gli intangible, com’è noto, sono quelli che si azzerano in caso di fallimento: dunque bisognerebbe andarci piano e svalutarli, quando diventa assolutamente evidente che il loro valore gonfiato altera in maniera esiziale la credibilità dello stato patrimoniale. Per capirci, oggi a Intesa gli asset intangibili valgono 28,9 miliardi a fronte di una capitalizzazione della banca di poco superiore ai 27, a Unicredit valgono 27 miliardi per una capitalizzazione che supera di poco i 28, e a MPS pesano addirittura 8,5 miliardi con una capitalizzazione della banca inferiore ai 6. Sarebbe il caso che Bankitalia almeno dicesse qualcosa? E’ vero che Draghi ripete incessantemente che le banche devono ricapitalizzarsi, ma forse un esplicito avviso sugli intangibile sarebbe appropriato. Che almeno le nuove regalie fiscali – che alle imprese sono negate – avvengano a fronte di svalutazioni consistenti … Per chi volesse poi fare un po’ di conti, qui i grafici aggiornati da Barry Eichengreen e Kevin O’Rourke che provano ineluttabilmente che stiamo andando decisamente peggio del 1929, per via delle banche. Allegria… Ma in Italia ora parte la grande commedia polemica dello scudo fiscale, ovvero dell’arte di come dividersi sull’utile inessenziale, rispetto al necessario essenziale che non si può citare per non irritare i banchieri.

15
Lug
2009

Ci siamo, Obama alza le tasse

Obama lo ripete sempre, che tutto il necessario che occorre fare per uscire dalla crisi non lo distoglierà dai cambiamenti strutturali di lungo periodo agli States per i quali ha avuto il mandato. È di parola. Mentre ferve il dibattito lanciato da quel pazzerello di Paul Krugman sulla necessità di un nuovo piano d’intervento straordinario anti crisi, finalmente la proposta di riforma sanitaria dell’Amministrazione ha iniziato a svelare qualcuno dei suoi numeretti di riferimento.  O meglio, è la leadership democratica in Congresso a rivelarli, perché la Casa Bianca – memore del disastro sanitario di Hillary nel primo mandato Clinton – lascia ai congressmen il compito scomodo di enunciare come coprire finanziariamente la riforma, che intende estendere nel prossimo decennio ad almeno 37 milioni di americani oggi sprovvisti di assicurazione sanitaria privata una copertura essenziale. La stima del costo è di circa 1.200 miliardi di dollari, dei quali 500 dovrebbero venire – è del tutto irrealistico – da razionalizzazioni di Medicare  rivolto a disabili e anziani, mentre il resto dovrebbe venire da un corposo aumento delle tasse per i due milioni di contribuenti americani a più alto reddito.  L’aumento dell’aliquota sul reddito parte dall’1% in più per singoli contribuenti da 280mila $ annui e famiglie da 350mila $, per salire fino al 5,4% aggiuntivo per chi supera la soglia del milione di dollari l’anno. L’aliquota marginale americana tornerebbe così al 45%, con tanti saluti alla rivoluzione reaganiana in  nome dell’universalismo redistributore all’europea.  Vediamo che cosa succederà, nei mesi. Il solo fatto che Obama preferisca che sia il Congresso, a presentare questi numeri e questa proposta, dice che alla Casa Bianca non sottovalutano affatto la possibile reazione negativa dei contribuenti. Ma i repubblicani, oggi, semplicemente non sono in campo.

15
Lug
2009

Una rondine non fa primavera, ma Goldman Sachs vola alto

Goldman Sachs ha chiuso il secondo trimestre con un utile netto di 3,44 miliardi di dollari, pari a 4,93 dollari per azione contro i 3,65 previsti dagli analisti. Si tratta dell’utile trimestrale più alto nella storia della banca d’affari newyorchese. I ricavi della banca d’affari statunitense si sono attestati a 13,76 miliardi di dollari. Sui risultati hanno pesato i 426 mln di dollari pagati di interessi sui 10 mld ricevuti dal governo nell’ambito del Troubled Asset Relief Program (Tarp): esclusi gli interessi pagati al Tesoro, gli utili per azione sono stati pari a 5,71 dollari per azione.

Ad una prima lettura dei dati sintetici della performance della banca statunitense si potrebbe pensare che la fase acuta della crisi sia ormai alle spalle; tuttavia, entrando nel merito dei conti, si capisce come la strabiliante performance sia figlia, principalmente, del reparto trading della banca.

Dati confronati al trimestre dell’anno precedente:

Trading (10.78 bilion) + 93%

Asset management and Security Services ($1.54 bilion) –28%

Investment banking ($1.44 bilion) -15%

G.S. sarà pure giuridicamente una banca commerciale, tuttavia il core business della banca tradisce la sua vera natura. In definitiva aspettiamo i dati di Citi e Bank of America per tirare un, motivato, sospiro di sollievo.

15
Lug
2009

Abbandonate ogni speranza, o voi che andate (a Copenhagen)

Passato il G8 e scemata l’attenzione pubblica, iniziano i distinguo. Il presidente Usa, Barack Obama, sta spendendo tutto il suo capitale politico sulle misure domestiche per il contenimento delle emissioni (e anche lì la cosa gli è mezza scappata di mano, come nel caso dei dazi anti-cinesi infilati tra le pieghe del Waxman-Markey Bill). E’ poco plausibile che possa arrivare a Copenhagen offrendo più di quel che è già dato, perché qualunque obiettivo raggiunga a Washington (tanto o poco che sia) sarà il massimo compromesso che è possibile raggiungere. Sono curioso di vedere in che modo la verginità del presidente verrà conservata, nei resoconti compiacenti dei media.

14
Lug
2009

Conservatori Usa, sale l’astro di… Zingales

Da uno dei blog di riferimento americano per la nostra impostazione, la segnalazione di quattro nuove stelle in via di affermazione  nell’assai confuso cielo dei pensatori di riferimento del mondo conservatore. Il riferimento è a un articolo comparso l’altroieri sul Boston Globe, secondo il quale la perdurante perdita di punti di riferimento del partito repubblicano Usa e dell’universo conservatore nel suo complesso vede emergere nuovi pensatori e nuove idee, anche apparentemente non proprio in linea con la rivoluzione che giganti come Bill Buckley e Russel Kirk seppero promuovere da National Review, e che Irving Kristol seppe portare all’egemonia con il suo magnifico The Public Interest,  una fucina di teste da James Wilson a Charles Murray, da Leon Kass a Martin Feldstein a Irwin Stelzer.  Tra i quattro nuovi astri il primo è Luigi Zingales. Ma non so quanti siano disposti a seguire il nuovo criterio “inclusivo” proposto dal Boston Globe.

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14
Lug
2009

Que viva el presidente!

UPDATE: L’eterno ritorno dell’uguale.

 

Anche quest’anno non delude, l’intervento con cui Alessandro Ortis, presidente dell’Autorità per l’energia, presenta la “Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta” (qui la relazione e qui il discorso di Ortis). Pur formalmente ineccepibile, Ortis ha approfittato del palcoscenico privilegiato della Sala della Lupa non solo per rivendicare i meriti suoi e dell’organismo da lui presieduto, ma soprattutto per difenderne l’autonomia e il ruolo in un mondo sempre più sballottato dalla crisi economica, e in un paese sempre più incerto riguardo a chi, come, cosa, quando e perché liberalizzare. Tre, in particolare, i passaggi che mi sembrano “caldi”, al di là della polemica (se posso permettermi, un po’ stucchevole) sulla speculazione petrolifera che invece è stata più ampiamente ripresa. (Il che, per inciso, non stupisce, essendo la speculazione petrolifera questione talmente complessa e lontana che, qualunque cosa se ne pensi, non rischia di disturbare alcun manovratore).

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14
Lug
2009

La presa della Bastiglia digitale

Oggi vado un po’ di corsa, ma mi pare utile proporre ai lettori di Chicago Blog un breve ragguaglio su quello che è – almeno in rete – il tema del giorno: le reazioni dei blog all’obbligo di rettifica introdotto dal DDL sulle intercettazioni in discussione al Senato. Qui trovate la ragioni degli scioperanti; qui e qui (grazie a Gigi Cogo per la compilazione) il punto di vista dei crumiri 2.0. 🙂 Se ne parla anche su Friendfeed.

13
Lug
2009

Cattive notizie

UPDATE [22.00] Si apprende che la Banca d’Italia rimprovera a Zopa di effettuare raccolta del risparmio attraverso la giacenza sul conto prestatori (grazie anche a darmix nei commenti a questo post). Personalmente, credo che nella migliore delle ipotesi il provvedimento sia frutto una lettura capziosa delle norme. La più severa regolamentazione dell’attività bancaria rispetto alla semplice intermediazione finanziaria trova, infatti, la sua ratio nella divaricazione tra titolarità ed impiego delle somme versate. La giacenza del conto prestatori, viceversa, non entra mai nella disponibilità di Zopa. Assai più verosimile mi pare la ricostruzione del direttore Giannino, che allude all’arrocco corporativo delle banche. Come osserva correttamente Giacomo Dotta, d’altro canto, i rilievi di via Nazionale non riguardano unicamente Zopa, ma più in generale l’intero comparto del social lending. Insomma, la partita è appena iniziata.

Zopa, il servizio di social lending che ha già distribuito oltre 7 milioni di euro di prestiti, sospende l’attività.

In data 10 luglio 2009 è stato notificato a Zopa il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che, su indicazione di Banca d’Italia, ha cancellato dall’elenco degli intermediari finanziari ex art. 106 la nostra società. Come conseguenza immediata ci vediamo costretti a sospendere la trattazione di nuovi prestiti e l’ingresso di nuovi Prestatori.
La società sta valutando tutte le iniziative, anche di natura giurisdizionale, per tutelare la propria posizione e la community. Vi terremo informati su tutte le attività che metteremo in atto per salvaguardare un’iniziativa innovativa, etica, sociale e vantaggiosa per tutti i partecipanti.

[HT: Roberto Venturini]