Low return on assets versus high yields push: come se ne esce?
Goldman Sachs e Jp Morgan escono con le loro trimestrali come le vere vincenti del credito americano post aiuti di Stato, e l’analisi dei loro risultati conferma che – grazie al fatto di essere state più prudenti nell’andare “corte” da metà 2007 a settembre 2008 sulle colossali nozionali di securities sintetiche che negli anni precedenti avevano loro fruttato utili stellari affettandole, reimpacchettandole e rivendendole in tutto il mondo – oggi possono meglio delle concorrenti assumersi di nuovo elevati rischi nel trading properties, massimizzando aiuti del Tesoro e oceanica liquidità. M’interessa assai poco seguire i toni alla Grillo di Paul Krugman, nel commentare tale fenomeno. Serve di più una fredda analisi sistemica. Da dove nasce, la relazione asimmetrica tra basso return on assets e spinta verso high yields? Quali responsabilità implica per il regolatore? Se bisogna uscirne e cioè occorre attenuarla- e dico “se” – come e che deve farlo al meglio? Le domande centrali sono queste, se vogliamo pensare a un’intermediazione finanziaria meno proclive a instabilità sistemica (il che non dovrebbe esimere noi europei dall’occuparci delle 30 banche continentali tra grandi e grandissime che attendono di essere ristrutturate dopo i salvataggi, come ha detto oggi Neelie Kroes per mascherare la sostanziale impotenza in materia della Commissione europea; né continuare a far finta di nulla di fronte all’accumulo tossico che resta nelle banche del Paese leader, la Germania, a fronte dell’aggravarsi della crisi bancaria nell’area baltica, vedi oggi i disastrosi risultati annunciati da Swedbank). Sono domande che ci riportano alla responsabilità del regolatore monetario, e a quella dei criteri di supervisione. La risposta non “unisce” affatto: anzi, per chi la pensa come noi, divide e anche profondamente, dal mainstream che riecheggia oggi nei fori internazionali.