6
Ago
2009

Dati che deludono, cicli che non si separano

Una nuova serie di dati poco incoraggianti dall’economia reale. Negli States, delusione dalle vendite al consumo nel mese di luglio, diminuite su giugno della bellezza del 5,1% e per l’undicesimo mese consecutivo. Persino il NYT – non noi poveri liberisti minoritari – scrive che non si può escludere che a ciò abbiano contribuito le stesse misure assunte dall’amministrazione Obama. A Londra, la Bank of England a sorpresa ha esteso la capienza delle riserve bancarie devolute al quantitative easing di altri 50 bn£, fino a 175 bn £: per i non addetti ai lavori, significa che il regolatore monetario britannico non solo non crede affatto che siamo i uscita dalla recessione, ma si prepara al peggio ulteriore, e di conseguenza procederà a massicci acquisti sul mercato per levereggiare i corsi di Borsa e sostenere il prezzo degli asset finanziari. Altra droga ai mercati. Nell’euroarea, la BCE non segue, e al contrario si sottolinea con speranza la ripresa degli ordini tedeschi che segnano un più 4% e rotti a luglio, dopo un dato analogo a giugno. Ma la produzione industriale italiana a giugno – resa nota oggi dall’Istat – ha deluso ogni aspettativa di segnali energici di ripresa. La domanda è: stiamo assistendo a un business cycle decoupling, tra Paesi Ocse? Sarebbe pure utile, se avvenisse, in modo che bilance dei pagamenti e commerciali potessero equilibrarsi a vicenda. Macché, non ci sperate. Il ciclo dei Paesi avanzati resta disperatamente appiattito su andamenti analoghi, come si può approfondire in questo paper e nelle sue charts.  Semmai, il fatto da notare è che noi siamo sulla parte bassa di replica di tutte le curve, purtroppo…

6
Ago
2009

Patto Intesa, l’Antitrust come il giudice su Risanamento: rinvia perché le banche hanno sempre ragione

Oggi l’Antitrust ha concesso un termine di altri 90 giorni a Banca Intesa per l’esercizio dei diritti di difesa, in merito alle contestazioni mosse dall’Autorità a seguito delle due diverse versioni del patto di sindacato intercorse tra Generali e Credit Agricole nell’azionariato della banca guidata da Corrado Passera. È un bis analogo alla decisione del Tribunale di Milano, che ha rinviato a fine settembre l’esame dell’istanza della procura di Milano per l’avvio a liquidazione della Risanamento di Zunino. Anche in questo caso, si prende tempo per venire incontro alle esigenze delle banche. In questo caso specificamente dell’Agricole, che sta attendendo la piena valutazione dello IASB – l’organo demandato ai princìpi contabili che fanno testo in Europa – in ordine al fatto che possa non procedere a svalutazione del 5.6% di Intesa che detiene al di là degli impegni sottoscritti nel 2006. Le banche possono non solo prendere impegni che non rispettano, ma anche contare sulla più che piena comprensione degli sceriffi del mercato. Per prime le autorità di mercato pensano che evitare perdite di bilancio bancarie venga prima del rispetto delle norme, quando le perdite stesse comporterebbero un’ovvia e legittima sanzione reputazionale ai manager che le hanno infrante. Ma se è così a che cosa servono, le Autorità regolatorie? I banchieri sono così generalmente abituati a darsi ragione da soli, che non vedo il bisogno di confermarli sempre nell’idea.

6
Ago
2009

Esportare lo Stato in Africa è stato una follia. Nota sulla Costa d’Avorio

Anche se il mondo è sempre più piccolo e globalizzato, è pur vero che le distanze permangono: e basta trascorrere una settimana in Costa d’Avorio per percepire con nettezza come il nostro abituale modo di vivere non sia affatto normale (ma proprio per nulla) nell’Africa sub-sahariana.

Da una decina di anni, la Costa d’Avorio è un paese al centro di difficoltà particolarmente gravi, poiché la ribellione scoppiata nella parte Nord del Paese rende quasi impossibile il ristabilimento di un’esistenza ordinaria. Dopo mezzanotte, ad esempio, per entrare ed uscire da Abidjan (la capitale, che conta circa 6 milioni di abitanti) è necessario disporre di speciali autorizzazioni. Non bastasse questo, chi deve muoversi in questa parte del mondo è costretto a superare vari posti di blocco, dove ogni volta è costretto a mettere mano al portafoglio. In un Paese in cui il reddito medio annuo si aggira intorno ai mille dollari, non ci si può stupire se questo taglieggio è divenuto parte della quotidianità.

Se sono stato in Costa d’Avorio è perché tra fine luglio e inizio agosto l’Institute for Economic Studies ha deciso di organizzare a Grand Bassam (antica capitale coloniale, a breve distanza da Adidjan) un seminario di introduzione ai temi del liberalismo, a cui hanno preso parte una cinquantina di studenti provenienti – oltre che dalla Costa d’Avorio – dalla Guinea, dal Burkina Faso e dal Camerun. A volere con forza questa iniziativa e a sostenerla personalmente in tutti i modi è stato Mamadou Koulibaly, economista uscito dalla scuola di Aix-Marseille e ora presidente dell’Assemblea Nazionale: uno studioso di limpidi convincimenti liberali, che sta in tutti i modi sforzandosi di fare il possibile per strappare l’Africa dal fatalismo pessimista che ne ostacola lo sviluppo e dallo statalismo che è all’origine di tanti suoi problemi. (Qui è possibile ascoltare un’intervista, in lingua francese, all’economista ivoriano.)

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5
Ago
2009

Goldman sotto inchiesta. E da noi sui derivati si tace sul rischio di esposizione

Il mascheramento dei dati macro ormai è la tendenza predominante in tutto il mondo, per “aiutare” le Borse nella tendenza rialzista. Per dire: in queste ore FT, WSJ e le testate americane  si affannano a sottolineare come molto positiva la stima di disoccupazione aggiuntiva relativa al mercato USA a luglio oggi rilasciata da ADP: sarebbero 378 mila i posti di lavoro persi dopo gli oltre 460 mila di giugno. La release ufficiale delle autorità federali è attesa tra qualche giorno, ma il fatto è che la stima convergente degli analisti era intorno ai 320 mila se non inferiore. Eppure, vai con la grancassa. Detto questo, Goldman Sachs ha oggi rivelato al mercato che parecchi dei suoi manager sono sotto indagine da parte di “diverse” autorità di regolazione e e federali. Inutile chiedere di più, del resto Goldman ancor oggi resta l’unica grande banca USA a non aver nemmeno rivelato al mercato l’ammontare delle sue operazioni in derivati. Tutto quel che si sa, è che le indagini sono appunto relative ai bonus dei manager – nel primo semestre 2009 GS ha accumulato oltre 11 miliardi di dollari a questo fine e si avvia a superare i 20 miliardi per l’intero 2009, direi che non c’è male no? – e proprio alle operazioni e posizioni su derivati. In ogni caso, almeno negli USA i regolatori intervengono. Qui da noi in Italia, abbiamo dovuto aspettare come al solito le Procure della Repubblica, per i vari casi in Lombardia, Campania, Puglia e compagnia. Al MEF da fine anno scorso funziona una banca dati “obbligatoria” di deposito delle posizioni aperte dagli Enti Locali sui derivati. Il rischio concreto è che di qui a pochi mesi – se davvero bisogna credere all’uscita a breve dalla crisi-  le curve dei tassi nell’euroarea cambino. A quel punto, il rischio di esposizioni inaspettate potrebbe salire di colpo. Perché nessuno allora ci informa con numeri precisi, relativi al rischio netto di chi si è impropriamente inderivato nelle Autonomie? Una crisi che procede nell’occultamento dei dati a fini precauzionali è l’opposto della total disclosure che per un anno tutti hanno predicato.

5
Ago
2009

Salario di produttività, non gabbie. Con meno tasse

La Lega ha in corso la più classica delle offensive agostane. Anch’io, quando ero portavoce nazionale del PRI, approfittavo della chiusura parlamentare in agosto per lanciare una raffica di ballon d’essai a fini mediatici, giorno dopo giorno. E la Lega lo fa sui suoi tipici temi identitari: dal no a nuovi denari al Sud all’inno regionale a fianco di quello nazionale, passando per la “classica” riproposizione delle gabbie salariali. Occasione di quest’ultima, un occasional paper della Banca d’Italia – che non impegna l’istiuto – secondo il quale la differenza media del costo della vita ammonta al 16,5% in meno nelle Regioni meridionali, una forbice che scende al 10% se si tiene conto dei fitti effettivi. Il problema risultante è dunque quello di come “costruire” salari reali commisurati – tra l’altro – anche ai diversi andamenti del costo della vita. Naturalmente, la Lega sa benissimo che la risposta al problema – che c’è, innegabilmente – non sta affatto nella ripresa dei 14 diversi parametri territoriali che dal 1945 al 1969 differenziavano le retribuzioni contrattuali, con una forbice che toccò un massimo del 17%. Tanto è vero che Calderoli ha fatto marcia indietro oggi stesso. Ma, come spesso avviene,  con un formula facilmente comprensibile ed evocativa la Lega coglie al volo un problema reale, lo cavalca ed è capace di attirare su di sé immediati consensi popolari. Qual è la risposta tecnicamente efficace, però, una volta riconosciuto alla Lega il solito fiuto politico per metà fatto di sentire popolare, e per metà di formule volutamente “non tecniche”? Ho una risposta del tutto personale, so che Maurizio Sacconi è d’accordo, il difficile sarà convincerne Giulio Tremonti.

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5
Ago
2009

Abolire le banche centrali (cominciando dalla Fed…)?

In uno storico passaggio delle sue “Considerazioni finali” (1976), l’allora Governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi scriveva:

In questo anno in cui ricorre il bicentenario di due storici messaggi di libertà, vale ricordare un principio che è parte del nostro retaggio democratico. Esso si compendia nella massima: No taxation without representation. Il principio è violato dall’inflazione, che pone in atto nella nostra società un meccanismo redistributivo gigantesco e interamente arbitrario. In una visione di legittimità democratica quel principio investe l’istituto di emissione del diritto-dovere di farsi assertore della difesa monetaria.

Posto che la citazione andrebbe contestualizzata (a straordinario merito di Baffi, tenendo presente cos’era l’Italia nel 1976), c’è da chiedersi quali siano i banchieri centrali che oggi, nel mondo, la sottoscriverebbero volentieri – e quali siano invece quelli convinti che quel “meccanismo reditributivo gigantesco e puramente arbitrario”, se ben “arbitrato”, possa menarci fuori dalle secche in cui ci troviamo. Read More

5
Ago
2009

I dati della “straordinaria” svolta di Ferrovie dello Stato

Lo scorso 4 Agosto la Corte dei Conti ha “approvato” l’amministrazione di Mauro Moretti a capo di Ferrovie dello Stato tanto che il comunicato stampa 36 del 2009 della stessa afferma: “Il biennio 2007/2008 ha rappresentato un periodo di svolta nella gestione del Gruppo Ferrovie dello Stato. La situazione di grave deficit strutturale  del Gruppo, registrata alla fine dell’esercizio 2006, chiuso con una perdita complessiva di 2115 milioni di euro e addebitale per oltre il 90% a Trenitalia, è stata pressoché totalmente risanata sotto il profilo gestionale nell’arco dei due anni.” Quale gestione potrebbe modificare in maniera così radicale una società nell’arco di così poco tempo? Forse un’azienda totalmente Statale che dipende in gran parte dai sussidi che riceve ogni anno proprio dallo Stato. È la ragione per la quale è necessario studiare la “svolta” e vedere quale tipologia di “svolta” vi è stata. La “svolta” si spiega infatti con un aumento dei contributi pubblici, minori accantonamenti ed esodi anticipati rispetto agli anni di svolta stessi. Una svolta “straordinaria” e “Statale” dunque, ma per le casse pubbliche e per i contribuenti che hanno dovuto finanziare questo cambio epocale. Vediamo come.

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5
Ago
2009

Caro pieno (dove si commenta anche una proposta dell’Adiconsum)

Puntuali come sempre, ad agosto si ripresentano le consuete polemiche sui prezzi dei carburanti. Ne danno conto tutti i quotidiani di oggi (per esempio qui e qui). Come da copione, e non senza ragioni, l’Unione petrolifera risponde che

Per quanto riguarda il petrolio, va rilevato che il valore del Brent datato è tornato per la prima volta dall’ottobre 2008 a superare i 73 dollari/barile rispetto ai 66 dollari/barile di fine luglio, pari ad un progresso di oltre l’11%. Quanto ai prodotti raffinati rilevati dal Platts, si segnala che la benzina nello stesso periodo ha mostrato un progresso di quasi 5 centesimi euro/litro tornando anch’essa sui valori dell’ottobre 2008. Analogo discorso si può fare per il gasolio. Sicuramente più cauto è stato l’andamento del prezzo interno (al netto delle tasse) le cui variazioni, sia per benzina che gasolio, nell’arco di tempo considerato sono state inferiori a quelle registrate dalle analoghe quotazioni internazionali.

Non varrebbe la pena entrare in una polemica sempre uguale a se stessa (una mia analisi degli andamenti, un po’ datata ma perfettamente sovrapponibile a quello che sta accadendo, si trova qui) se essa non finisse per evidenziare una nostalgia mai sopita: quella dei prezzi amministrati.

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4
Ago
2009

L’inchiesta sui Brontos: Intesa, Unicredit e l’evasione fiscale

Alcuni colleghi giornalisti mi chiamano saltando sulla sedia, per la notizia battuta intorno alle 19 dalle agenzie. La Procura di Milano avrebbe aperto da tre mesi un fascicolo a carico di Barclays, Intesa e Unicredit, per l’ipotesi di operazione appositamente costituite al fine di evadere il fisco. M’incazzo come una iena, ma al telefono sorrido. Do a tutti le indicazioni per ricostruire la vicenda. Perché non c’è proprio niente che non si sapesse. Semplicemente, i media italiani hanno fatto finta di non vedere. Tutto nasce da questo articolo del Guardian, del 16 marzo scorso. Le autorità britanniche trovano file che comprovano un’intensa attività di triangolazioni estere operata da Barclays, e l’articolo già dice molto. In Italia, l’unico ad occuparsene è Walter Riolfi del Sole, un mese dopo. Se leggete l’articolo, trovate descritta con apprezzabile precisione la triangolazione schermata realizzata da Intesa e Unicredit, attraverso la branch milanese di Barclays, due sue controllate lussemburghesi che formano bare trust ad hoc di diritto britannico, la sottoscrizione di PPI a triplo fine: swap monetari su monete ad alti tassi – lire turche, nella fattispecie; bassa tassazione degli utili per via del dopo schermo estero; perdite in Italia in deduzione. Tre miliardi e mezzo circa di euro di operazioni, tasse evase per un’ottantina di milioni di euro. Naturalmente: per questi soli veicoli, vattelapesca quanti sono e quanto le banche li utilizzano a gogo, per la loro operatività schermata. Nessun altro giornale ha mai scritto niente, nessuno ha fiatato. Viva la stampa cane da guardia della trasparenza bancaria, viva la nuova finanza etica.