14
Ago
2009

In difesa dei pirati

La liberazione dei sedici marinai del Bucaneer, che per quattro mesi sono stati ostaggio dei pirati somali, ha innescato un vasto dibattito sul ritorno dei corsari. Un tema che mi sembra sia stato sottovalutato è però relativo al contributo che la pirateria può dare alla lotta al riscaldamento globale: è infatti provato che l’aumento delle temperature medie globali è stato causato dalla riduzione del numero di corsari. Controprova ne è il fatto che l’ultimo decennio, caratterizzato da una stabilizzazione climatica, ha visto anche il ritorno dei corsari. Una forza coerentemente ecologista dovrebbe dunque chiedere ai governi occidentali di sussidiare i pirati. Del resto, come tutte le politiche climatiche attualmente in discussione, anche la pirateria riduce la crescita economica e danneggia il commercio internazionale.

14
Ago
2009

Il fisco: un nemico della globalizzazione?

C’è da augurarsi che alle parole non seguano i fatti, e che l’anticipazione giornalistica (cfr. Antonio Criscione e Antonio Iorio sul “Sole 24 Ore” del 13 agosto 2009) si riveli infondata. Ma se davvero dovessero diventare effettiva l’inversione dell’onere della prova a carico dei contribuenti prevista dal Dl 78/2009 (se, insomma, alle grida manzoniane faranno seguito azioni concrete da parte delle unità operative predisposte) e se tutto ciò riguarderà in particolare le attività fuori dai confini nazionali, l’annunciata stretta sulle controllate estere finirà per configurarsi come un attacco ai principi del diritto e, di conseguenza, alle prospettive di un’integrazione delle imprese italiane nell’economia globale.

L’idea che ora si debba dimostrare di non avere commesso reati – a parte le difficoltà “tecniche” della cosa – segna un momento di imbarbarimento, dal momento che un tratto della civiltà giuridica è proprio nella presunzione di innocenza. Fino a prova contraria, ognuno di noi è al di sopra di ogni sospetto.

Ma l’ennesimo sfregio, una volta di più, alle ragioni del diritto avrà conseguenze economiche rilevanti. E non solo di fronte agli investitori stranieri, che alle solite si terranno ben distanti dalla Penisola. E ora più che mai.

È chiaro che questo nazionalismo economico e la conseguente volontà di considerare pregiudizialmente evasore chi investe all’estero saranno un potente ostacolo all’internazionalizzazione delle aziende italiane. La voracità del fisco, bisognoso di entrate, e un’impostazione ideologica che celebra gli “inferni fiscali” e condanna i “paradisi” rischiano insomma di pregiudicare ancora di più il già difficile cammino delle nostre imprese sulla strada della loro integrazione nell’economia mondiale.

Non mancasse il protezionismo, ora spunta anche un fisco occhiuto che è pronto a saltarti addosso se solo provi a crescere, fare affari e avviare iniziative al di là della frontiera.

Lo ripetiamo: speriamo che alle parole non seguano i fatti. (Confidiamo, insomma, nell’italica cialtroneria di sempre).

14
Ago
2009

Martin su Les Paul: non c’è chitarra senza imprenditoria

La storia è quasi sempre presentata come una successione di guerre, lotte per il potere, decisioni di uomini di Stato e pianificatori. In realtà, una parte rilevante della storia è fatta da uomini operosi e ricchi di ingegno, molti dei quali sono imprenditori che si applicano a rispondere nel miglior modo possibile alle esigenze, alle preferenze e alle attese del prossimo.

La morte di Lester William Polfuss, meglio conosciuto come Les Paul e di cui molto si è parlato nelle scorse ore, ha offerto a Emmanuel Martin l’occasione per una riflessione (Une histoire d’entrepreneurs) sul ruolo dell’ingegno e della creatività umani nella storia. A Les Paul, nato nel 1915, si deve infatti un contributo fondamentale nell’invenzione della chitarra elettrica. A partire dal 1952 il marchio americano Gibson ha così iniziato a distribuire il modello «Les Paul», senza il quale non sarebbe stato possibile avere – come rileva Martin (che oltre che economista, è pure musicista) – «Money for Nothing» dei Dire Straits, la ritmica dei Led Zeppelin, dei Guns n’ Roses o di Bob Marley, ecc. ecc.

Scrive Martin:

«Il problema è che se Les Paul non avesse avuto la fortuna di vivere in una società libera non avrebbe mai potuto sviluppare le sue invenzioni, e io stesso non avrei mai avuto il piacere di far vibrare la mia Les Paul grazie ad un amplificatore, la cui origine si deve a un altro imprenditore, stavolta inglese, Jim Marshall».

Quando si parla di economia della cultura e dello spettacolo bisognerebbe costantemente ricordare che il ruolo dell’imprenditoria e dell’inventiva umane è sempre fondamentale, anche quando non è immediatamente percepito.

13
Ago
2009

Mercati efficienti: contro Lucas

Oscar Giannino ha segnalato su queste pagine un magnifico articolo di Robert Lucas apparso sull’Economist della settimana scorsa. E’ un articolo molto interessante, sia per l’autore (un grande economista dei nostri tempi, ma anche “the a-historical problem solver”, per usare un’espressione un po’ abrasiva di McCloskey, se non ricordo male), sia per la tesi. Lucas propone una visione “laica” dell’ipotesi dei mercati efficienti, che si basa sulla superiore capacita’ dei mercati di incorporare tutte le informazioni disponibili nei prezzi. Di qui viene piu’ facile difendere la tesi di Eugene Fama, ma anche accendere i lumi sulla presunta “eta’ oscura” della macroeconomia in cui ci troveremmo. L’autore risponde un po’ allo speciale dell’Economist sul tema, e un po’ alle tesi di autori come Nassim Taleb sulla hybris di certa teoria economica. Read More

13
Ago
2009

Banche e crisi, quale va meglio e perché. Regolatori, che fare?

A due anni dai primi segni sui mercati della crisi poi “esplosa” dopo il fallimento di Lehman, inizia a essere tempo di studi comparati sulle performances di coloro dai quali la crisi è nata, banche e intermediari finanziari. Tra i tanti, questo mi sembra particolarmente utile, a opera di Andrea Beltratti della Bocconi e Rene Stulz dell’Ohio State University.  Adoperando un vasto data set riferito alle maggiori banche dei Paesi Ocse e utilizzando il criterio del ritorno azionario, i ricercatori si pongono quattro domande. In che modo per le grandi banche i diversi andamenti all’esplodere della crisi e successivamente sono correlati ai modelli di governace degli istituti e a quelli dei Paesi d’origine in cui sono incardinati, poi se e come crisi più accentuate siano legate al modello di regolazione e supervisione nazionale, e infine quali relazioni vi siano con il conto patrimoniale e lo specifico modello di attività dei diversi istituti. Le conclusioni  di Beltratti e Stulz offrono una miniera di buoni argomenti su cui riflettere, per i regolatori alle prese con la modifica delle architetture di vigilanza e dei princìpi contabili.

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13
Ago
2009

Perché $ non potrà che scendere

Perché, come e quanto scenderà ancora il dollaro, che ha perso più di 10 punti percentuali da marzo a oggi? Una buona risposta agli interessati da un paper fresco di rilascio, opera di due economisti che operano a Oxford, UK, David Vines e Karlygash Kuralbayeva. I due studiosi estendono ed aggiornano al comportamento dei consumatori il modello già messo a punto nel 2005, per studiare gli andamenti del dollaro, da Francesco Giavazzi e Olivier Blanchard. E’ uno studio che si adatta esattamente alla situazione oggi in corso negli States: quando i consumatori “anticipano” l’aggiustamento  della bilancia commerciale e dei pagamenti, riducono i consumi ancor più di quanto lo farebbero in situazioni – come l’attuale – di contrazione del reddito disponibile. In conseguenza di questo processo, il regolatore monetario dovrebbe abbassare il tasso d’interesse, e scontando questo effetto il tasso di cambio della valuta si deprezza in maniera ancor più significativa. L’effetto sul cambio sarebbe contenuto qualora il tasso d’interesse non fosse sceso rapidamente. Ma quando esso è a tasso reale negativo – come oggi – e con la prospettiva inoltre di restarci molto a lungo, ecco che il presumibile deprezzamento del dollaro diventa rapido ed energico. E la Cina col suo reminmbi gode.

13
Ago
2009

Germania e Francia meglio: attenti all’errore

Ok ok, listini europei a go go oggi dopo i dati venuti da Parigi e Berlino con una crescita del Pil dello 0,3% nel secondo trimestre, meglio del previsto e con un ritorno al segno positivo per la prima volta da inizio 2008. Negli Usa, al contrario, le vendite al dettaglio a luglio sopno state peggiori del previsto, e ancora con un segnale negativo rispetto a giugno. Faccio rispettosamente presente ai lettori che dopo questo dato che completa quelli degli altri Paesi dell’eurozona, la crescita 2009 complessiva prevista per il 2009 passa dal -4,2% al -4%. Non mi pare ci sia un granché da festeggiare. Oltretutto, il contributo che viene al dato del secondo trimestre tedesco dalla ripresa dell’export germanico è veramente modestissimo. Il più è venuto dalla ripresa di accumulo di scorte che si erano ormai esaurite, dopo quattro trimestri, mentre alta è la componente del settore auto, drogato dagli aiuti di Stato.

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13
Ago
2009

Il terrorismo fiscale serve solo a far decollare lo scudo

Non solo sono integralmente d’accordo con quanto oggi ha ottimamente scritto Alberto Mingardi. Purtroppo, di mio offro una lettura ancor meno incoraggiante, delle notizie odierne sul fronte fiscale. Non solo una vera opposizione al “terrorismo” degli accertamenti tributari non c’è, né sul terreno politico né su quello mediatico, e nemmeno tra le categorie visto che non si è riuscititi a convincere neanche Confcommercio e tanto meno Confartigianato e le altre organizzazioni artigiane – che storicamente stanno “a sinistra” – a provare almeno a organizzare una seria campagna contro le promesse mai mantenute per ricondurre gli studi di settore alla natura di puri strumenti sintetici indicativi, invece che a clave nelle mani dell’amministrazione tributaria per accertamenti in cui è lo Stato a decidere cifra d’affari realizzata, imponibile teorico e imposta minima concretamente dovuta. Io penso di peggio.

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