14
Ago
2009

Chi la pensa come noi: la bolla Fed si sgonfierà

Segnalo due report di straordinario interesse sulle condizioni del mercato americano. Il primo è di Bob Chapman per Global Research , e la sua conclusione è che “the depression is only pausing to catch its breath”. Il secondo è di Naufal Sanaullah, Qasim Khan e Tyler DeBoer, per www.shadowcapitalism.com. e conclude drasticamente: “a market crash is imminent and necessary”. Vediamoli nel merito.

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14
Ago
2009

Val più un’immagine

A ottobre dello scorso anno, nove grandi istituzioni finanziarie statunitensi hanno ricevuto 125 miliardi di dollari di denaro dei contribuenti nell’ambito del Troubled Asset Relief Program, che aveva già subito una mutazione dall’originaria versione di Hank Paulson, che prevedeva il riacquisto di attivi tossici, poi fallito per le insuperabili difficoltà di pricing dei medesimi. Il programma venne poi declinato in una gigantesca iniezione di capitale, secondo alcuni realizzata erga omnes per evitare problemi di stigma. Ad alcuni mesi di distanza, sappiamo come è andata. Quello che forse non sappiamo è che, secondo quanto accertato dall’ufficio dell’Attorney General di New York, Andrew Cuomo, alcuni bonus pagati ai top manager delle nove banche sono risultati superiori al risultato netto delle medesime.

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14
Ago
2009

Una battuta sul Concordato e… la Fiat

Consentitemi una battuta sulla questione del Concordato, dell’ora di religione, e di tutto ciò che rientra nel regime di accordo preferenziale con la Chiesa cattolica espresso anche dal Nuovo Concordato, dovuto a Bettino Craxi e negoziato da Gennaro Acquaviva. Una battuta che deriva dalla mia storia personale. Da adolescente e giovane dirigente politico che teneva i campi estivi della propria organizzazione insegnando a ragazzini ancora più piccoli canzoni anticlericali risorgimentali – tipo “bruceremo le chiese e gli altari/ bruceremo le ville e le regge/ coi budelli dell’ultimo prete/impiccheremo il papa e il re…”, finirò tra pochi giorni, all’ultimo giorno del meeting di Rimini, a parlare di don Giussani al popolo ciellino.  Mettiamola così, la teoria della libera concorrenza applicata alla religione non solo non fa una grinza, sarebbe con ogni probabilità il first best. Ma le norme e le autorità antitrust nascono e si affermano solo dopo secoli di mercato, dunque…

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14
Ago
2009

In difesa dei pirati

La liberazione dei sedici marinai del Bucaneer, che per quattro mesi sono stati ostaggio dei pirati somali, ha innescato un vasto dibattito sul ritorno dei corsari. Un tema che mi sembra sia stato sottovalutato è però relativo al contributo che la pirateria può dare alla lotta al riscaldamento globale: è infatti provato che l’aumento delle temperature medie globali è stato causato dalla riduzione del numero di corsari. Controprova ne è il fatto che l’ultimo decennio, caratterizzato da una stabilizzazione climatica, ha visto anche il ritorno dei corsari. Una forza coerentemente ecologista dovrebbe dunque chiedere ai governi occidentali di sussidiare i pirati. Del resto, come tutte le politiche climatiche attualmente in discussione, anche la pirateria riduce la crescita economica e danneggia il commercio internazionale.

14
Ago
2009

Il fisco: un nemico della globalizzazione?

C’è da augurarsi che alle parole non seguano i fatti, e che l’anticipazione giornalistica (cfr. Antonio Criscione e Antonio Iorio sul “Sole 24 Ore” del 13 agosto 2009) si riveli infondata. Ma se davvero dovessero diventare effettiva l’inversione dell’onere della prova a carico dei contribuenti prevista dal Dl 78/2009 (se, insomma, alle grida manzoniane faranno seguito azioni concrete da parte delle unità operative predisposte) e se tutto ciò riguarderà in particolare le attività fuori dai confini nazionali, l’annunciata stretta sulle controllate estere finirà per configurarsi come un attacco ai principi del diritto e, di conseguenza, alle prospettive di un’integrazione delle imprese italiane nell’economia globale.

L’idea che ora si debba dimostrare di non avere commesso reati – a parte le difficoltà “tecniche” della cosa – segna un momento di imbarbarimento, dal momento che un tratto della civiltà giuridica è proprio nella presunzione di innocenza. Fino a prova contraria, ognuno di noi è al di sopra di ogni sospetto.

Ma l’ennesimo sfregio, una volta di più, alle ragioni del diritto avrà conseguenze economiche rilevanti. E non solo di fronte agli investitori stranieri, che alle solite si terranno ben distanti dalla Penisola. E ora più che mai.

È chiaro che questo nazionalismo economico e la conseguente volontà di considerare pregiudizialmente evasore chi investe all’estero saranno un potente ostacolo all’internazionalizzazione delle aziende italiane. La voracità del fisco, bisognoso di entrate, e un’impostazione ideologica che celebra gli “inferni fiscali” e condanna i “paradisi” rischiano insomma di pregiudicare ancora di più il già difficile cammino delle nostre imprese sulla strada della loro integrazione nell’economia mondiale.

Non mancasse il protezionismo, ora spunta anche un fisco occhiuto che è pronto a saltarti addosso se solo provi a crescere, fare affari e avviare iniziative al di là della frontiera.

Lo ripetiamo: speriamo che alle parole non seguano i fatti. (Confidiamo, insomma, nell’italica cialtroneria di sempre).

14
Ago
2009

Martin su Les Paul: non c’è chitarra senza imprenditoria

La storia è quasi sempre presentata come una successione di guerre, lotte per il potere, decisioni di uomini di Stato e pianificatori. In realtà, una parte rilevante della storia è fatta da uomini operosi e ricchi di ingegno, molti dei quali sono imprenditori che si applicano a rispondere nel miglior modo possibile alle esigenze, alle preferenze e alle attese del prossimo.

La morte di Lester William Polfuss, meglio conosciuto come Les Paul e di cui molto si è parlato nelle scorse ore, ha offerto a Emmanuel Martin l’occasione per una riflessione (Une histoire d’entrepreneurs) sul ruolo dell’ingegno e della creatività umani nella storia. A Les Paul, nato nel 1915, si deve infatti un contributo fondamentale nell’invenzione della chitarra elettrica. A partire dal 1952 il marchio americano Gibson ha così iniziato a distribuire il modello «Les Paul», senza il quale non sarebbe stato possibile avere – come rileva Martin (che oltre che economista, è pure musicista) – «Money for Nothing» dei Dire Straits, la ritmica dei Led Zeppelin, dei Guns n’ Roses o di Bob Marley, ecc. ecc.

Scrive Martin:

«Il problema è che se Les Paul non avesse avuto la fortuna di vivere in una società libera non avrebbe mai potuto sviluppare le sue invenzioni, e io stesso non avrei mai avuto il piacere di far vibrare la mia Les Paul grazie ad un amplificatore, la cui origine si deve a un altro imprenditore, stavolta inglese, Jim Marshall».

Quando si parla di economia della cultura e dello spettacolo bisognerebbe costantemente ricordare che il ruolo dell’imprenditoria e dell’inventiva umane è sempre fondamentale, anche quando non è immediatamente percepito.

13
Ago
2009

Mercati efficienti: contro Lucas

Oscar Giannino ha segnalato su queste pagine un magnifico articolo di Robert Lucas apparso sull’Economist della settimana scorsa. E’ un articolo molto interessante, sia per l’autore (un grande economista dei nostri tempi, ma anche “the a-historical problem solver”, per usare un’espressione un po’ abrasiva di McCloskey, se non ricordo male), sia per la tesi. Lucas propone una visione “laica” dell’ipotesi dei mercati efficienti, che si basa sulla superiore capacita’ dei mercati di incorporare tutte le informazioni disponibili nei prezzi. Di qui viene piu’ facile difendere la tesi di Eugene Fama, ma anche accendere i lumi sulla presunta “eta’ oscura” della macroeconomia in cui ci troveremmo. L’autore risponde un po’ allo speciale dell’Economist sul tema, e un po’ alle tesi di autori come Nassim Taleb sulla hybris di certa teoria economica. Read More

13
Ago
2009

Banche e crisi, quale va meglio e perché. Regolatori, che fare?

A due anni dai primi segni sui mercati della crisi poi “esplosa” dopo il fallimento di Lehman, inizia a essere tempo di studi comparati sulle performances di coloro dai quali la crisi è nata, banche e intermediari finanziari. Tra i tanti, questo mi sembra particolarmente utile, a opera di Andrea Beltratti della Bocconi e Rene Stulz dell’Ohio State University.  Adoperando un vasto data set riferito alle maggiori banche dei Paesi Ocse e utilizzando il criterio del ritorno azionario, i ricercatori si pongono quattro domande. In che modo per le grandi banche i diversi andamenti all’esplodere della crisi e successivamente sono correlati ai modelli di governace degli istituti e a quelli dei Paesi d’origine in cui sono incardinati, poi se e come crisi più accentuate siano legate al modello di regolazione e supervisione nazionale, e infine quali relazioni vi siano con il conto patrimoniale e lo specifico modello di attività dei diversi istituti. Le conclusioni  di Beltratti e Stulz offrono una miniera di buoni argomenti su cui riflettere, per i regolatori alle prese con la modifica delle architetture di vigilanza e dei princìpi contabili.

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13
Ago
2009

Perché $ non potrà che scendere

Perché, come e quanto scenderà ancora il dollaro, che ha perso più di 10 punti percentuali da marzo a oggi? Una buona risposta agli interessati da un paper fresco di rilascio, opera di due economisti che operano a Oxford, UK, David Vines e Karlygash Kuralbayeva. I due studiosi estendono ed aggiornano al comportamento dei consumatori il modello già messo a punto nel 2005, per studiare gli andamenti del dollaro, da Francesco Giavazzi e Olivier Blanchard. E’ uno studio che si adatta esattamente alla situazione oggi in corso negli States: quando i consumatori “anticipano” l’aggiustamento  della bilancia commerciale e dei pagamenti, riducono i consumi ancor più di quanto lo farebbero in situazioni – come l’attuale – di contrazione del reddito disponibile. In conseguenza di questo processo, il regolatore monetario dovrebbe abbassare il tasso d’interesse, e scontando questo effetto il tasso di cambio della valuta si deprezza in maniera ancor più significativa. L’effetto sul cambio sarebbe contenuto qualora il tasso d’interesse non fosse sceso rapidamente. Ma quando esso è a tasso reale negativo – come oggi – e con la prospettiva inoltre di restarci molto a lungo, ecco che il presumibile deprezzamento del dollaro diventa rapido ed energico. E la Cina col suo reminmbi gode.