17
Ago
2009

Amato e la patrimoniale: l’eterno dirigismo

Oggi sul Messaggero Giuliano Amato ha rilanciato un suo vecchio pallino, l’imposta patrimoniale. Come rimedio per reperire risorse analoghe a quelle che verrebbero meno abbattendo in maniera significativa l’IRPEF, cosa di cui ci sarebbe gran bisogno, dice. del resto, è lo stesso uomo politico che nel 1992, da premier, dovendo fronteggiare una crisi della lira pressoché da default e un deficit pubblico fuori controllo, mise le mani nei conti correnti bancari degli italiani. Onestamente, lo ricorda egli stesso. La patrimoniale è un tema ricorrente a sinistra, e non a caso solo pochi mesi fa Giulio Tremonti sul Corriere della sera respinse chi, in cattedra ma da sinistra, citava Luigi Einaudi come fautore dell’imposta.  Non è questo il luogo per aprire un dibattito generale. Ma almeno per fissare almeno un punto fermo, ricordando un grande “classico” italiano di scienza delle finanze, direi di sì.

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17
Ago
2009

Il libertarismo secondo Michael Shermer

Michael Shermer e’ piu’ noto per i suoi lavori contro la “pseudo-scienza” e al sua rubrica su Scientific American, ma e’ anche (al pari di un altro famoso autore di divulgazione scientifica, Matt Ridley) un fervido libertario. Il suo ultimo libro, “The Mind of The Market”, e’ una interessante lettura dell’insorgenza delle istituzioni del mercato, e della cultura che vi e’ sottesa.
Sull’Huffington Post, Shermer pubblica un “The Case for Libertarianism” in cui spiega in modo semplicissimo, e persuasivo, senza citare Hayek e Mises ma piuttosto “Codice d’onore” (il film con Jack Nicholson, Tom Cruise e Demi Moore), perche’ la filosofia del governo limitato mette assieme il meglio di destra e sinistra. Il tutto in dodici punti. Personalmente, chiarirei solo che l’infrastruttura di cui al punto quattro non deve essere per forza finanziata coi soldi di tutti, e che l’educazione di massa di cui al punto sette puo’ e deve essere fornita in regime di concorrenza. Senza censori.

17
Ago
2009

Uomini, mezzi uomini, ominicchi, pigliainculo, quaquaraquà… e politici di professione

Non c’è bisogno di aver letto Gaetano Mosca per aver compreso che i politici sono una «classe» : che rappresentano, insomma, un gruppo separato. Quel che è peggio, però, è che essi perdono la stessa capacità di percepire la realtà, fino al punto di vivere in un universo tutto loro, in cui esiste da un lato la nostra realtà, piena di limiti e difetti, e dall’altro quell’eccezionale conglomerato di elezioni, visioni globali, posti di sottogoverno e destini da compiere che impregna la quotidianità della politica.

Chi ancora non si fosse avveduto di tale patologica deformazione percettiva che affligge quanti detengono un qualche potere, dovrebbe ascoltare questa intervista di Jan Helfeld a Nancy Pelosi, speaker della Camera statunitense. Il giornalista si limita a chiedere quanto siano retribuiti, dai parlamentari americani, i vari intern e collaboratori di cui i politici si avvalgono, e poi interroga l’esponente del partito democratico in merito al salario minimo obbligatorio.

L’intenzione è mostrare che non si può accettare che alla House of Representives vi sia chi lavora anche gratuitamente (“come volontario”, nelle parole della Pelosi), se poi si scende in guerra contro quanti lavorano per un pugno di dollari da McDonald’s o da Walmart.

Naturalmente la Pelosi trova offensive le stesse domande e pretende che il proprio interlocutore accetti la totale contraddittorietà di una posizione, la sua, che al tempo stesso contesta e legittima l’esistenza di retribuzioni sotto il minimum wage.

La parlamentare americana è però in buona fede. Servire la gente preparando panini imbottiti o sistemando beni alimentari sugli scaffali ai suoi occhi è un lavoro svilente, mentre il solo fatto di poter muoversi nei corridoi del Potere rappresenterebbe una promozione: un cambio di status. In fondo, nella linea di pensiero della parlamentare statunitense forse non ci sarebbe niente di male neppure se i suoi giovani collaboratori versassero qualcosa in cambio del privilegio che è riservato loro.

Il lavoro è per gli uomini comuni, mentre la politica è per il ceto superiore. Questo è il retropensiero che rende possibile uno schema argomentativo altrimenti del tutto irrazionale.

16
Ago
2009

Tirannia totale

Lo Stato che avanza. Quello con la “S” maiuscola, e vuole sempre di più. Non pensiate sia un divertimento per attivisti ed ultra-fan dei diritti civili. Il “Nuovo Stato nazionale di Sorveglianza”, così ben descritto da Jack Balkin avrà un impatto profondo anche sulle vicende economiche: “This new kind of State uses surveillance, data collection, collation and analysis to identify problems, to head off potential threats, to govern populations, and to deliver valuable social services”.

Avevo tempo fa già indicato un prezioso articolo di Tony Buyan pubblicato dal Guardian.  Statewatch ora torna alla carica e con questo report ci dice come la buona Unione Europea entra dritta dritta nei nostri pc. C’e’ ben poco da ridere, altro che  Tavaroli.

16
Ago
2009

Ferragosto Sartori mio non ti conosco

Ieri come ogni Ferragosto, il professor Giovanni Sartori ci ha spiegato, dalla prima pagina del Corriere, che il mondo è in grave pericolo a causa della crisi ambientale. Stranamente assente dal suo pezzo la consueta enfasi sui guasti della sovrappopolazione (gli sarà nato un nipotino), resta invece la sua verve anti-americana – del resto gli Usa sono il paese che, nonostante la crisi, più e meglio di tutti gli altri incarna l’idea capitalistica, almeno in punto di percezione pubblica – mitigata solo per la vittoria di Barack Obama, grazie al quale

ci siamo liberati del “texano tossico”, del nefsto ex presidente Bush.

Sartori però deve aver letto un po’ troppo rapidamente i giornali, perché attribuisce al nuovo inquilino della Casa Bianca l’approvazione, da parte del Congresso, di una fantomatica legge anti-inquinamento. Le cose sono un po’ diverse e, almeno per ora, migliori dal punto di vista mio e peggiori da quello di Sartori. Poi il professore se la prende con Silvio Berlusconi, reo di aver detto che

Trovo assurdo parlare di emissioni quando è in atto una crisi.

Chiosa Sartori:

Sì, ma no. Perché una catastrofe ecologica sarebbe mille volte più grave della crisi in atto.

Naturalmente, non possiamo saperlo. Nel senso che ancora non conosciamo il bilancio reale della crisi in atto, compreso l’effetto dell’immensa liquidità gettata sul terreno dalle banche centrali, né quello della violenza perpetrata dai governi ai mercati a suon di stimoli. Ma soprattutto, non sappiamo cosa Sartori intenda – e più ancora, quale possa essere l’effettivo aspetto – di una “catastrofe ecologica”. Probabilmente la collisione di un asteroide col pianeta Terra sarebbe effettivamente più grave della crisi in atto, e anche di quella del ’29, e anche di tutte e due messe assieme. Ma se parliamo dell’aumento graduale e moderato delle temperature medie, chissà.

Sul futuro, taccio. Ma il passato lo conosciamo: a fronte di un riscaldamento di circa 0,7 gradi, nel ventesimo secolo il Pil pro capite medio globale è aumentato del 1700 per cento. Alzi la mano chi avrebbe preferito un mondo più freddo.

15
Ago
2009

Milano, Italia: l’edilizia pubblica di ghetto in ghetto

In data 14 agosto, l’agenzia ANSA dava notizia di un’azione condotta dalle forze dell’ordine nella zona Nord di Milano all’interno di un quartiere Aler (gli edifici costruiti dallo Stato e messi a disposizione delle categorie più deboli).

Operazione congiunta di polizia e carabinieri in un quartiere periferico della zona Nord di Milano, il cosiddetto “ghetto”, una serie di palazzi popolari tra viale Zara e viale Fulvio Testi. Le forze dell’ordine hanno circondato i palazzi, eseguito controlli a persone e autoveicoli, e perquisizioni domiciliari per droga e armi.

Le case popolari del cosiddetto “ghetto”, quartiere periferico della zona Nord di Milano, sono state recentemente oggetto di un’inchiesta del Corriere della Sera per via del degrado, dell’abusivismo e dello spaccio di droga. Una sorta di “terra di nessuno”, come ha denunciato il quotidiano di via Solferino, di fronte alla quale si sono levate, da più parti, richieste di intervento.

Se l’opposizione in Comune a Milano ha chiesto a più riprese di far intervenire nel “ghetto” i militari, l’Aler ha anche proposto di assegnare case a poliziotti nel quartiere. Anche il sindaco di Milano, Letizia Moratti, ha affrontato la questione: in un’intervista ha riferito di aver “chiesto al prefetto un intervento più incisivo per questa e altre zone della città”.

Insomma : l’edilizia popolare produce non solo morosità, sprechi e corruzione, ma favorisce anche (per ragioni facilmente comprensibili) un progressivo degrado della vita sociale. Costruire quartieri e destinarli a quanti posseggono i requisiti per essere aiutati e si trovano in cima alle graduatorie significa “pianificare” (un po’ per stupidità, un po’ per superficialità) un fallimento. Significa far sì che i figli di persone caricate da problemi si trovino a convivere – nelle classi scolastiche come nei cortili – quasi esclusivamente assieme ad altri bambini che vivono in famiglie caricate da analoghi problemi.

Eppure solo il 21 luglio scorso l’assessore alla Casa del comune milanese, Gianni Verga, salutava con soddisfazione il varo dell’ennesimo piano casa governativo (i 100 mila alloggi in 5 anni promessi dal premier Silvio Berlusconi):

“Il Piano Casa decretato dal Presidente del Consiglio arriva in ritardo, ma rappresenta un avvio importante per sviluppare interventi utili che serviranno a dare una casa alle diverse fasce del bisogno”. Con queste parole l’assessore alla Casa Gianni Verga ha accolto il decreto che si pone l’obiettivo di costruire centomila alloggi in 5 anni. Beneficiari del Piano Casa saranno i nuclei familiari a basso reddito, le giovani coppie, gli anziani in condizioni sociali svantaggiate, gli studenti fuori sede, gli sfrattati e gli immigrati regolari a basso reddito e residenti da almeno 10 anni in Italia o da 5 nella stessa Regione. Insieme ai più bisognosi, potranno beneficiarne i ceti medi e medio-bassi che non possono sostenere i prezzi di mercato”.

È davvero bizzarro che un giorno si intervenga con il fucile spianato per tentare di porre rimedio ai guasti causati dal socialismo urbanistico, e un altro giorno – quasi senza avvedersi del nesso tra le due cose – ci si impegni a porre le basi per un’ulteriore espansione della gestione statale delle abitazioni e, quindi, per nuovi e sempre più pericolosi ghetti.

Non sarebbe molto meglio privatizzare (anche offrendo condizioni di favore per gli attuali residenti ) le abitazioni oggi di proprietà pubblica e con il ricavato avviare un programma di buoni-casa a favore di quanti hanno seri problemi economici, lasciando però che essi vadano a vivere in quartieri “normali”, e non nei dormitori predisposti da sindaci e assessori?

15
Ago
2009

L’Avv. Agnelli povera vittima? Ma per favore…

L’editoriale del Sole 24 ore di oggi è una perfetta espressione del riflesso condizionato che in spero esigue parti di classe dirigente italiana scatta ancora puntualmente, quando si tratta dell’Avvocato Agnelli. Oggi, per effetto dell’indagine tributaria aperta per effetto della lite patrimoniale sull’eredità dell’Avvocato, si scomoda a sua difesa addirittura un classico topos a metà tra il malinconico e l’eroico, quello di Francesco Ferruccio capitano della repubblica fiorentina ucciso a tradimento da Fabrizio Maramaldo, capitano degli imperiali vittoriosi nella battaglia di Gavinana che portò alla restaurazione dei Medici. Non stupisce ed anzi va a loro onore, che direttori di giornali che devono il più della loro carriera al sostegno iniziale e continuato dell’Avvocato Agnelli, continuino ad essergli devoti. Ma c’è modo e modo. L’indagine finalmente aperta è mera espressione dell’eguaglianza per tutti della legge. Bollarne i sostenitori come infami vigliacchi  non sanziona codardo oltraggio, dice solo del servo encomio che alcuni  legittimamente continuano a tributare: all’Avvocato, ai suoi eredi di comando, e ai suoi esecutori testamentari.

15
Ago
2009

Flat tax uguale più lavoro

È stato il grande teorico del modello neoclassico della crescita, Robert Solow, 53 anni fa in un famoso articolo sul Quarterly Journal of Economics, a riclassificare i 5 diversi effetti negativi esercitati da alte aliquote fiscali: meno investimenti, meno offerta di lavoro e minor propensione all’attività, allocazione dell’offerta di lavoro in settori meno produttivi, minor produttività marginale del capitale investito, minore efficacia e stock degli investimenti in tecnologie trainanti. Ed è stato un altro Nobel che ispirò Arthur Laffer e Ronald Reagan, Robert Mundell – che in Europa preferiamo ricordare solo per la sua teoria sulle aree monetarie ottimali da cui, in maniera un po’ bastarda, nacque l’euro – a studiare approfonditamente l’effetto che più basse aliquote marginali hanno sulla partecipazione al mercato del lavoro e sulla produttività comparata tra Usa e Ue (suoi studi, mi è capitato spesso di polemizzare negli anni passati in trasmissioni radiofoniche e televisive con Vincenzo Visco e Luigi Spaventa, secondo i quali non vi era “nessuna evidenza” dell’applicabilità all’Italia delle tesi fiscali di Mundell). Poiché per esperienza ho imparato quanto sia dura la resistenza dell’ambiente accademico, mediatico e politico italiano alle evidenze in materia di effetti benefici provocati da basse aliquote marginali, segnalo come molto utile questo recente paper.

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15
Ago
2009

Perché non copiare la Polonia?

La crisi nell’Est Europa continua a picchiare duro. La Repubblica Ceca ha visto il Pil nel ssecondo trimestre contrarsi del 4,9% sul trimestre precedente, l’Ungheria del 7,9%, in Estonia i disoccupati sono al 13,5%. L’aggancio all’euro, per chi lo aveva nel mirino, resta molto problematico rispetto alla svalutazione delle valute locali, inevitabilmente in corso per la fuga di capitali e la frenata degli IDE. In tale quadro che resta preoccupante, un’idea viene dal governo della Polonia. Poiché il deficit pubblico polacco veleggia più vicino al 7 che al 6% del Pil quest’anno, più del doppio di quanto inizialmente previsto dal governo, il premier Donald Tusk ha deciso che è venuto il momento di decisioni serie. A guai straordinari e imprevisti, soluzioni straordinarie e inattese.  Il governo si accinge a dichiarare – scrive il quotidiano Rzeczpospolita – una misura drastica. Entro la fine del 2010, i dipendenti dell’amministrazione pubblica centrale e della sanità pubblica dovranno diminuire di “almeno” il 10%. Obiettivo: risparmiare entro il 2013 spesa pubblica pari a 2,9 miliardi di zloty, poco più di un miliardo di dollari.

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