Petrolio, mistero senza fine bello
Oggi, centocinquant’anni fa, cominciava l’era del petrolio. Non nel senso che il greggio fu scoperto allora: era noto da molto, molto prima. E neppure nel senso che venne allora intuito qualche nuovo possibile utilizzo del petrolio. Se ne conoscevano. Il 27 agosto 1859, però, la banda di matti guidata dal Colonnello Drake trovata, alla profondità di ventuno metri nel sottosuolo di Titusville, Pennsylvania, l’ “olio di roccia” grazie a un metodo mai usato prima, a quello scopo: perforando con una trivella e poi risucchiandolo con una pompa a mano. Di quella lontana giornata, ci sono rimaste due eredità durature: il barile (di whisky), come unità di misura. E un nuovo modo di estrarre il petrolio, che ri rivelò più efficiente e poi, attraverso innumerevoli e importanti innovazioni, diventerà sofisticato come lo è oggi. Quei primi giorni dell’epopea petrolifera, li racconta Renato Calvanese in questo Rapporto per l’IBL; e qualcosa l’ho scritto anch’io sul Foglio. La letteratura su questi temi, in italiano almeno, non è sconfinata, ma comunque offre ottime e interessanti letture: da Il prezzo del petrolio di Massimo Nicolazzi a L’era del petrolio di Leonardo Maugeri, fino allo splendido Il petrolio. Una storia antica di Luciano Novelli e Mattia Sella e, per i più fortunati che ancora riescono a trovarne (o già ne possiedono) una copia, Il Premio di Daniel Yergin. Per mettere la scoperta di un secolo e mezzo fa in una prospettiva storica, la Storia dell’energia di Vaclav Smil. Per comprenderne le implicazioni economiche, l’Economia e politica del petrolio di Alberto Clò e The Genie out of the Bottle di Morris Adelman (ok, questo è in inglese, ma davvero merita). Poi c’è molto altro, ma questo è quello che davvero serve leggere e meditare per capire una cosa importante: aver scoperto il petrolio, e attorno a esso aver costruito la nostra civiltà, non è stato una sfiga o una condanna.
Il petrolio è stato, per l’umanità, non solo una importante fonte energetica: è stato lo strumento grazie a cui l’uomo si è saputo conquistare il diritto alla mobilità e, più profondamente, ha saputo dare un impulso decisivo alla rivoluzione industriale. E’ vero che l’industria è sopratutto carbone, ma il progresso è nel petrolio. Quindi, in un giorno come questo, c’è poco da dire e molto da pensare. Quel poco che si può dire, con Samuele Furfari, è: “grazie per tutto il benessere che hai offerto agli uomini in questi ultimi 150 anni”. E, aggiungo io, centocinquanta di questi giorni. Non è un augurio al petrolio. E’ una speranza per noi.