Tassa-e-spendi o spendi-e-tassa? La seconda che hai detto, in Italia
Antonio Alfonso economista presso la BCE e Christophe Rault presso la Università di Orléans Cedex 2 hanno appena reso noto un divertente studio che stabilisce una tassonomia nel meccanismo di trasmissione della politica fiscale dei paesi dell’UE. La domanda è: dall’osservazione degli andamenti intertemporali della spesa pubblica e dell’imposizione fiscale è possibile osservare delle inferenze di Granger-causality tra i due aggregati, in modo da distinguere i Paesi che tendenzialmente prima spendono di più e poi tassano di più, da quelli che invece spendono di più grazie all’effetto cassa-piena del buon gettito fiscale raccolto? La differenza è fondamentale. I Paesi spendi-e-tassa hanno com’è ovvio sistemi pubblici più tendenzialmente fuori controllo dal punto di vista della stabilità di medio-lungo periodo. I Paesi tassa-e-spendi sono intrinsecamente più stabili, hanno cioè un track record storico che testimonia una migliore capacità di tenere il freno tirato sulla spesa, per evitare deficit e aumento del debito pubblico, in caso di scelte di alleggerimento fiscale o in caso di contrazione del gettito a seguito di crisi economiche. In una fase storica come l’attuale, in cui i debiti pubblici per ragioni di “dichiarata” anticiclicità – noi siamo molto scettici su questo punto, come avrete capito dai mille post critici del moltiplicatore keynesiano – tendono a crescere esponenzialmente, è intuitivo che i Paesi spendi-e-tassa sono esposti a rischi maggiori di quelli tassa-e-spendi. E dunque i loro politici e regolatori devono usare un’attenzione maggiore, prima di pestare con troppa energia il piede sul pedale della spesa pubblica. Domanda: secondo voi dove sta l’Italia? Ma che domande: tra i Paesi più di tutti spendi-e-tassa, naturalmente.