17
Set
2009

Meno credito: ciò che le banche centrali NON riescono a impedire, e perché

Negli Stati Uniti, dove a differenza che da noi non comanda l’ABI, da un paio di giorni media e bloggers si interrogano a centinaia su questa chart. Si riferiva a questo, Pietro Monsurrò nel suo post di questa mattina. A produrla e commentarla, sono stati economisti come Tim Congdon del FMI e David Rosenberg di Gluksin Shelf. La massa degli impieghi continua a diminuire negli USA a un tasso dell’1% al mese, per ogni mese da 11 mesi a questa parte. La deflazione del credito si aggiunge a quella dei prezzi, dei salari, degli asset immobiliari. Non  male, se si pensa che tutti intonano la canzone “siamo fuori dalla crisi”. Tra i tanti commenti, mi limito a segnalarne alcuni, come quello di Ambrose Evans-Pritchard sul Telegraph, quello di Tyler Durden su Zerohedge, quello di Mr Practical su Minyanville. Si potrebbe pensare che questi dati interessano solo gli americani. È sbagliato: perché la restrizione di credito, con molta più opacità sui dati, è in corso anche da noi. Di conseguenza, ne de derivano tre importanti constatazioni. Read More

17
Set
2009

2009 Fuga da Copenhagen / Washington si allontana da Kyoto

Il solco tra l’America di Barack Obama e l’Europa di Josè Manuel Barroso e Nicolas Sarkozy si allarga, rendendo i due vasi sempre meno comunicanti. Almeno sulle faccende climatiche. Dopo le indiscrezioni raccolte dal Guardian di cui ho dato conto ieri tocca a Harry Reid, capo dei democratici al Senato, tirare lo sciacquone sulle velleità di Bruxelles. Ecco le parole con cui Reid getta la spugna:

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17
Set
2009

Una recessione alle porte?

Non si fa in tempo a dire che la recessione sia finalmente finita che “il lungo urlante ed inamabil gufo” di macphersoniana memoria fa capolino, stavolta incarnandosi in questo articolo del Telegraph, che sostiene che M1 sta calando, M2 sta calando, M3 (come fanno a saperlo lo ignoro) sta calando, i prestiti delle banche stanno calando, e quindi ristiamo al ’29.

Un rapido controllo mi ha convinto che i dati non sono campati per aria, e quindi parrebbe che ci siano condizioni di stress in molti aggregati monetari e creditizi americani, anche senza tirare in ballo la disoccupazione, che ormai ha raggiunto livelli europei. E’ possibile dunque che la discesa non sia ancora finita e che ci saranno nuove crisi da qualche parte, anziché la tanto auspicata ripresa.

In ogni caso, diciamocelo, una buona volta: questa storia del ’29 ha un po’ stufato. La depressione che è seguita alla crisi del  ’29, senza pressioni (sin dai tempi di Hoover) a non tagliare i salari, senza protezionismo,  senza le spinte a rafforzare i sindacati e i cartelli, sarebbe stata così grave e così duratura? Probabilmente non ci sarebbe stata la disoccupazione al 20% fino al ’41 senza le grandi riforme del salvatore della patria dell’epoca, Barack… no, volevo dire F. D. Roosevelt. Il resto è più difficile da dire, e in letteratura credo di aver contato quasi una dozzina di spiegazioni possibili (e non credo di aver esaurito la lista), ma, essendo il ’29 un unicum nella storia economica, non bisogna esagerare con i paragoni.

Di rischi ce ne sono, ovviamente, ma non bisogna vedere la grande depressione guardando solo agli aggregati monetari e finanziari: c’era molto di più, purtroppo per loro e per nostra fortuna. Che quel di più torni, sfortunatamente, non me la sento, comunque, di escluderlo. Voglio essere ottimista, e quindi il paragone tra Smoot-Hawley Act e pneumatici cinesi non ho intenzione di farlo: nel primo c’erano 20,000 merci.

17
Set
2009

Riforma SPL. Qualcosa non va.

L’ennesima modifica in un breve lasso di tempo questa volta è arrivata all’improvviso. Proprio quando ci si aspettava l’adozione del regolamento di attuazione della riforma dello scorso anno, il governo ha emanato un decreto legge omnibus “salva infrazioni” che sorprendentemente non ha risparmiato la già martoriata disciplina dei servizi pubblici locali. Alcuni emendamenti si sono rivelati sì necessari, ma di altri invece non si sentiva davvero la mancanza. Per adempiere gli obblighi comunitari sarebbe stato sufficiente riordinare la disciplina transitoria, sistemando i termini per effettuare le gare. Read More

16
Set
2009

Studi di settore, ancora una presa in giro

Lo scorso autunno, al mordere della crisi, cominciò a essere chiaro che gli studi di settore – gli oltre 200 strumenti analitico-sintetici nati per indicare presuntivamente in maniera condivisa cifra d’affari e imponibile di commercianti, artigiani e professionisti, e divenuti sempre più strumento unilaterale di definizione da parte dell’amministrazione finanziaria dell’imposta dovuta, come diceva Totò, “a prescindere” – non avrebbero registrato gli effetti restrittivi del rallentamento delle attività economiche. Di conseguenza, avrebbero aggiunto ingiustizia ulteriore a una violazione patente degli articoli 23 e 53 della Costituzione, in materia di riserva di legge per imporre tributi e definizione della capacità impositiva. Come direttore allora di LiberoMercato, patrocinai una dura serie di proteste da parte delle categorie, che ebbero un certo seguito nel Nord e soprattutto nel Nordest. Non mi fidavo molto della capacità di autocorrezione da parte dell’Agenzia delle Entrate, in un anno nel quale inevitabilmente il gettito sarebbe stato in contrazione per via della crisi. Nella finanziaria per il 2009, il governo a muso duro respinse la definizione di un impegno esplicito alla revisione concordata degli strumenti e relativi parametri. Passarono risoluzioni in aula, in tal senso. E alle categorie il governo promise che si sarebbe proceduto quanto prima alla ridefinizione degli studi. Temo di aver avuto ragione. A dieci mesi di distanza, non è accaduto nulla. Se non di peggio. Read More

16
Set
2009

Aiuti all’auto, Scajola batte la Fiat

Al salone di Francoforte Sergio Marchionne avveva appena finito di richiedere la proroga degli incentivi per l’auto anche per l’anno prossismo, che immediatamente il ministro per le Attività Produttive Claudio Scajola ha definito la sua concessione come “auspicata e auspicabile”.  Ho grande rispetto per il ministro, ma è un triplice grave errore. Read More

16
Set
2009

Ibra in exchange for Eto’o: About A Positive Sum Game

Tra un paio di ore (scrivo questo post mercoledì 16 settembre alle ore 18 e 30) inizia Inter-Barcellona, ma nel frattempo è curioso leggere questa dichiarazione di José Mourinho: “A Barcellona sono tutti entusiasti di Ibrahimovic e lui è contento perché ha ottenuto quello che voleva. All’Inter Eto’o è il giocatore perfetto, il più adatto per il gioco che vogliamo esprimere. È stato un affare per tutti, l’affare ideale perché sono tutti felici”. Read More

16
Set
2009

Alitalia, riprendono gli scioperi e c’è chi ripensa allo Stato

La prima cattiva notizia è che in Alitalia si torna a scioperare. La pace sindacale sulla base della quale nacque il nuovo gruppo appartiene al passato. Sarà sciopero di quattro ore, l’11 ottobre, dei piloti di Air One. Lo hanno indetto le sigle sindacali Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl. Lo stop è stato proclamato in attesa di terminare le procedure di raffreddamento in corso anche per le violazioni degli accordi inerenti il PNT Alitalia, per le quali – spiegano i sindacati – è già giunta formale convocazione da parte del ministero per il 18 settembre. La seconda notizia – cattiva se fosse vera, ma pregevole nell’analisi di chi avanza l’ipotesi, viene dal professor Ugo Arrigo, che insegna Finanza Publica e Teoria delle scelte collettive in Bicocca. Per la prima volta in maniera aperta, Arrigo argomenta che, se entro due trimestri le perdite ipotizzabili dovessero condurre all’ipotesi di ricapitalizzare Alitalia e i soci riottosi si sottraessero, Air France-KLM – alle prese a propria volta con conti non brillanti – difficilmente si troverebbe nelle condizioni di subentrare subito. A quel punto, perché non pensare a Cassa Depositi e Prestiti e tornare sotto l’ala pubblica?  Non voglio credere a una simile eventualità. Sarebbe il sigillo su un colossale fiasco condiviso a tre: di Banca Intesa capofila della cordata, dei soci di maggior spicco della cordata stessa – alcuni, di gran nome – nonché, naturalmente, del governo. Banca Intesa dovrebbe preferire qualunque cosa purché di mercato, credo, a una simile soluzione. Ma il solo fatto che se ne parli, purtroppo, testimonia lo stato dell’arte. Naturalmente, immagino che i più direbbero che la colpa è del mercato che non funziona. E magari che bisogna assassinare le compagnie low cost, che qualcuno sarebbe pronto a indicare come  le vere colpevoli. Ma qui il fatto vero invece, l’unico che continua a pesare in maniera irrefutabile, è che il mercato non è MAI stato messo nelle condizioni di funzionare, nel trasporto aereo italiano.