21
Set
2009

Torna il credit crunch. O no?

Da qualche settimana sta verificandosi un fenomeno che desta qualche preoccupazione sull’evoluzione della congiuntura: gli aggregati monetari stanno contraendosi. Ciò ha indotto alcuni osservatori (ultimo in ordine di tempo Albert Edwards, lo strategist – e noto perma-bear azionario – di Société Générale) a parlare esplicitamente di ritorno del credit crunch.

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20
Set
2009

Unfit

I giornalisti italiani si dividono in quelli che ritengono l’Economist il settimanale più autorevole ed interessante del mondo – quando parla male di Berlusconi – e in quelli che lo ritengono un fogliaccio filodiretto da una ganga di soliti noti – perché parla male di Berlusconi. Agli uni e agli altri farebbe bene leggere questo  editoriale del settimanale britannico, che mette in fila spietatamente gli errori di un personaggio che sembra sempre più “unfit” a guidare un grande Paese occidentale. Nel caso specifico, non si tratta di Silvio Berlusconi.

20
Set
2009

Su quale Paese sia più giusto, se a minor dispersione o con ascensore veloce

Al workshop Ambrosetti di Venezia dei giovani di Confcommercio il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, a proposito di quale sia il modello di Paese più giusto, a un certo punto ha pianamente riconosciuto che le tante polemiche alimentate in Italia sull’eccessiva dispersione dei redditi siano in realtà infondate. In termini di coefficiente di Gini, l’indice che misura la forbice di distribuzione del reddito disponibile tra percettori, l’Italia sta assolutamente nella mediana dei Paesi europei, incomparabilmente meglio dei Paesi anglosassoni. Ma la domanda è un’altra. Qual è davvero il Paese più “giusto”? Quello con pochi ricchi e pochi poveri, come molti intuitivamente ritengono? La risposta è no, e qui trovate solidi numeri a dimostrarlo. Read More

20
Set
2009

Quattro lezioni del “socialista” Kristol

Di Irving Kristol hanno già parlato Oscar Giannino e Pasquale Annichino, e a quanto da loro scritto vorrei limitarmi ad aggiungere poche cose. Sono del partito che ritiene che la cosa migliore di Kristol fosse la moglie, Gertrude Himmelfarb, grandissima storica. Penso anche (come LucaF nei suoi diversi commenti) che l’influenza di Kristol sul movimento conservatore americano sia stata, dal punto di vista delle idee, almeno in parte deleteria: basti ricordare il suo celeberrimo articolo a favore di un “conservative welfare state” (che incorniciava idealmente il “big government conservatism”, su cui non si raccomanderà mai sufficientemente questo bel libro di Michael Tanner). Tuttavia, le cose non sono così semplici. Read More

20
Set
2009

Keynes totalitario: ricordate sempre

Nell’autunno del 1936, la Teoria Generale di Keynes fu tradotta e pubblicata in Germania, dove Hitler era al potere da oltre tre anni. Ai discepoli e nostalgici del grande ispiratore delle manovre economiche pubbliche non piace ricordarlo, e infatti praticamente tutti i libri su Keynes si guardano bene dal ricordarlo. Ma questa, testualmente, è la frase che scrisse nella sua presentazione al lettore tedesco della sua Teoria Generale:

The theory of aggregate production, which is the point of the following book, nevertheless can be much easier adapted to the conditions of a totalitarian state [eines totalen Staates] than the theory of production and distribution of a given production put forth under conditions of free competition and a large degree of laissez-faire. This is one of the reasons that justifies the fact that I call my theory a general theory. Since it is based on fewer hypotheses than the orthodox theory, it can accommodate itself all the easier to a wider field of varying conditions.

Non credo ci sia bisogno di alcun commento. Keynes se lo diceva da solo, che lo Stato totalitario era la miglior cornice per mettere in pratica il suo modello.

19
Set
2009

Le idee hanno delle conseguenze. Una nota su Irving.

Ci sarebbe molto da scrivere in merito al lascito intellettuale e politico di Irving Kristol. Non è questa la sede opportuna, Oscar Giannino ci ha già dato un contributo sostanziale.

Quello che i lettori di questo blog possono trovare interessante è il rapporto dei neoconservatori con i principi del libertarismo.  Molte analisi di Kristol e dei neoconservatori, sebbene critiche nei confronti del welfare state, non arrivano mai a negarne la necessità.  Certo c’è modo e modo. Quello che i neocon cercano è una riforma radicale e non una negazione di principio.

Non è una cosa da poco.

Dal punto di vista delle politiche interne l’analisi neocon ha influito molto nell’elaborazione delle politiche dell’amministrazione Bush. Esempio primario ne è stata la Faith Based and Community Initiative voluta dal Presidente Bush.

Quello che è incontestabile, utilizzando una distinzione cara a Lon Fuller, è che per molti neocon le istituzioni pubbliche siano responsabili per la promozione di una “morality of aspiration“. Questo si è tradotto nell’ambito delle policies pubbliche in una devoluzione di numerose competenze, prima affidate allo Stato centrale, ai gruppi intermedi della società civile. In primis i gruppi religiosi.

Se infatti le strutture statali sono viste come un ostacolo rispetto al processo di responsabilizzazione personale, i gruppi religiosi sono visti come fondamentali rispetto a questo fine ed a quello di “moralizzazione della società”.  Era infatti il nichilismo uno dei nemici fondamentali che Kristol vedeva prefigurarsi per il capitalismo in Occidente

The enemy of liberal capitalism today is not so much socialism as nihilism.

Ma le idee  di Kristol hanno fatto proseliti.

What rules the world is idea, because ideas define the way reality is perceived

Lew Daly (ora fellow a Demos, NY)  era stato molto critico delle iniziative di Bush (God and the Welfare State, MIT Press) (qui una mia breve recensione), ma la sua prossima pubblicazione, (God’s Economy, Chicago University Press) in uscita a dicembre 2009, sembra essere molto meno critica della svolta inaugurata da Bush e continuata con alcune modifiche da Obama.

Irriducibili rispetto ad ogni schematismo le idee di Kristol continuano ad influenzare la politica e le politiche. Difficile giudicare se siano giuste o sbagliate, ma hanno avuto le loro … conseguenze.

19
Set
2009

Exor-Fideuram, lettura autentica del Corriere

Chapeau al Corriere della sera di De Bortoli, che oggi in prima pagina pubblica un bel pezzo di Massimo Mucchetti critico dell’annunciata acquisizione di Banca Fideuram da parte dei torinesi di Exor. L’Italia dei poteri banco-industriali stamattina si è scambiata sul filo del telefono una caterva di interpretazioni autentiche dell’affondo del Corriere. Non è solo giornalismo a schiena dritta, non troppo diffuso di questi tempi. De Bortoli, come sempre, è anche un abile tattico, capace di lanciare più messaggi con la stessa bottiglia. Di conseguenza, quella che per forma e sostanza è una critica ai torinesi di Exor e un richiamo agli irrisolti problemi dell’auto che invoca aiuti di Stato minacciando altrimenti il disastro, per metafora e sillogismo si può anche leggere diversamente. È l’annuncio indiretto che è Passera, più che John Elkann, a registrare segni d’impasse. Il 29 settembre il comitato esecutivo di Banca Intesa non deciderà la cessione di Fideuram ai torinesi, perché la Banca d’Italia si è messa di mezzo e ha ricordato che una banca non si compra a debito, tanto meno di questi tempi. In più, alla fine Banca Intesa sottoscriverà i Tremonti bonds, dopo dieci mesi di polemica ininterrotta da parte di Passera. Così dicono alcuni autorevoli lettori del Corriere. Se è così è ancora più interessante, visto che nel frattempo in parecchi si aspettano che Passera svolga un ruolo non esattamente di secondo piano, in quell’ipotesi di “colpo di Stato delle élite finanziarie ed editoriali irresponsabili” di cui ha tuonato oggi Brunetta da Cortina, con l’occhio rivolto alla pronunzia della Corte costituzionale sul lodo Alfano.