22
Set
2009

Il “garantismo” dell’Antitrust e’ come quello della Regina di Alice. “Tagliategli la testa!”

Immaginate un tribunale che vi condanna a maggio, spiegandovi perche’ a settembre. Non e’ l’ennesima storia di malagiustizia: e’ l’Antitrust europeo. Quando si parla di presunte violazioni degli articoli 81 e 82, la Commissione e’ pubblico ministero, giudice e giuria. Il primo grado di giudizio indipendente che le imprese possano incontrare e’ il Tribunale di prima istanza della UE: cioe’, uno viene giudicato da altri che i suoi accusatori soltanto in appello.
Che ci sia qualcosa che non va nel sistema, e’ noto non da oggi, e in una certa misura chiaro anche a Bruxelles. Negli anni si e’ tentato di aumentare la trasparenza, di rendere meglio conoscibili agli “indagati” i capi di accusa, di stimolare un confronto con le imprese anche prima di raggiungere un verdetto.
Il caso di Intel dimostra che ci sono ancora molti passi in avanti da fare. Read More

22
Set
2009

Vigilanza europea, che pastrocchio

Nella tarda serata il Financial Times ha rivelato che la Commissione Europea è omai a un punto decisivo nel wording delle nuove norme in materia di vigilanza bancaria e finanziaria, sulla scorta delle modifiche concordate al rapporto De Laroisiere. Barocche erano le proposte del rapporto, rococò sarebbe la proposta della Commissione. Nascerebbe un European Systemic Risk Board composto dalla somma delle banche centrali e delle Consob di tutti e 27 Paesi membri, nonché tre organi di vigilanza per soggetti, uno per le banche , uno per le assicurazioni, uno per le securities. Questi tre soggetti dovrebbero prima procedere a stilar enuove norme e princ^pi comuni, poi sottoporli nuovamene alla Commissione. I nuovi supoervisori non potrebbero intromettersi nelle decisioni assunte per competenza di finanza pubblica dagli Stati membri, ma potrebbero intervenire in controversie tra soggetti nei diversi ambiti nazionali, o in decisioni riguardanti soggetti appartenenti a Paesi membri diversi. Ma in quest’ultimo caso il potere di appello e di decisione finale spetterebbe al Consiglio europeo, a maggioranza qualificata. E’ un pastrocchio pletorico e inefficiente. Poiché l’Europa politica non esiste in quanto i debiti pubblici nazionali restano diversi, e così restano nazionali le politiche in materia di quali intermediari finanziari salvare a spese del contribuente, si tratta al più di comitati di scambio infomativo e di coordinamento d’azione, nel caso in cui i governi ritengano di avere interessi convergenti. Finora, non è accaduto: basti considerare la decisione di rinviare al dopo elezioni germaniche ogni misura concreta di pulizia delle scassatissime banche tedesche.

22
Set
2009

Risanamento: non lo dico mai, ma questa volta sì, viva la Procura

La Procura di Milano oggi è stata limpidamente coerente, glie ne va dato atto. Chiedendo il fallimento del gruppo Risanamento per cessata continuità aziendale già dall’anno scorso, e contestando dunque come falso e illegale il bilancio al 31 dicembre 2008 regolarmente approvato, i pm milanesi a mio giudizio non potevano in alcun modo considerare una ristrutturazione del gruppo volta a ripristinarlo rapidissimamente in bonis il piano sottoscritto da Banca Intesa, Banco Popolare, Unicredit e BPM. Per Risanamento, si parla di un’esposizione debitoria intorno ad almeno 3 miliardi e mezzo di euro, ben superiore ai 2,8 inizialmente dichiarati. All’attivo, immobili per un valore stimato in 4,1, ma che non hanno trovato compratori neanche per poco più di 2. A fronte di ciò, i 760 milioni di euro dichiarati dal piano bancario vedono solo 150 mio di apporto di capitale immediato, in una manovra per altro estesa sino al 2014. Dunque appare più che corretto il no al piano oggi ribadito dai pm milanesi, e vedremo quale sarà stamane la decisione del giudice fallimentare.  Mentre le società operative sono state avviate alla liquidazione dallo stesso Zunino ancora in sella, prima della sua stessa estromissione, affidandole a professionisti “amici”, emerge il chiaro sospetto che le banche siano solo intente a rinviare la registrazione delle perdite  proquota su propri libri contabili, e a ricercare un compratore amico e a buon prezzo per l’area di Santa Giulia. Corrado Passera ha ribadito ai pm che il piano delle banche è serissimo. E’ proprio l’ad di Intesa il più esposto, e non a caso nel travagliato confronto preaccordo altre banche mi risulta abbiano messo a verbale che la misura era colma.  Mi auguro solo che il giudice fallimentare abbia la schiena dritta. Sarebbe la prima volta che davvero si sancisce il ruolo di primo piano esecitato dalle grandi banche nel sostenere i cosiddetti “furbetti”, mentre sino ad ora sembrava quasi che fossero dei nani malefici prodotti improvvisamente da chissà quali sortilegi. Non commendevole la figuretta rimediata dalla Consob, che si era precipitata a esentare le banche dall’obbligo di Opa, accogliendo la loro richiesta di tale condizione come pregiudiziale per depositare il piano in Tribunale.

21
Set
2009

Nucleare: il tempo della credibilità

C’è un tempo per la propaganda, e c’è un tempo per la credibilità. Sul nucleare, le promesse un po’ fru-fru sulla “prima pietra in cinque anni” sembrano ormai lontani un secolo. Va dato atto al governo di essere riuscito a predisporre una “traccia” di quelle che saranno le tappe per il ritorno all’atomo, sebbene i problemi aperti siano ancora molti e non secondari. Alcune scelte le trovo molto giuste – come la determinazione a garantire la linearità del percorso amministrativo. Altre, molto discutibili – come i vari tracheggiamenti sull’Agenzia di sicurezza, per non dire dei siluri scajoliani all’Autorità per l’energia. Comunque, lo sfondo dell’azione governativa è impostato: si tratta ora di guardare avanti, cercando di correggere i passi falsi e indurre il paese a prendere le misure necessarie e sufficienti (non di più) alla realizzazione di nuova capacità nucleare, dopo un blackout durato trent’anni. Un interessante contributo alla comprensione di cosa la maggioranza abbia in mente viene dalla lettura della ricca intervista concessa da Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’energia, a Quotidiano Energia (subscription required).

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21
Set
2009

Torna il credit crunch. O no?

Da qualche settimana sta verificandosi un fenomeno che desta qualche preoccupazione sull’evoluzione della congiuntura: gli aggregati monetari stanno contraendosi. Ciò ha indotto alcuni osservatori (ultimo in ordine di tempo Albert Edwards, lo strategist – e noto perma-bear azionario – di Société Générale) a parlare esplicitamente di ritorno del credit crunch.

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20
Set
2009

Unfit

I giornalisti italiani si dividono in quelli che ritengono l’Economist il settimanale più autorevole ed interessante del mondo – quando parla male di Berlusconi – e in quelli che lo ritengono un fogliaccio filodiretto da una ganga di soliti noti – perché parla male di Berlusconi. Agli uni e agli altri farebbe bene leggere questo  editoriale del settimanale britannico, che mette in fila spietatamente gli errori di un personaggio che sembra sempre più “unfit” a guidare un grande Paese occidentale. Nel caso specifico, non si tratta di Silvio Berlusconi.

20
Set
2009

Su quale Paese sia più giusto, se a minor dispersione o con ascensore veloce

Al workshop Ambrosetti di Venezia dei giovani di Confcommercio il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, a proposito di quale sia il modello di Paese più giusto, a un certo punto ha pianamente riconosciuto che le tante polemiche alimentate in Italia sull’eccessiva dispersione dei redditi siano in realtà infondate. In termini di coefficiente di Gini, l’indice che misura la forbice di distribuzione del reddito disponibile tra percettori, l’Italia sta assolutamente nella mediana dei Paesi europei, incomparabilmente meglio dei Paesi anglosassoni. Ma la domanda è un’altra. Qual è davvero il Paese più “giusto”? Quello con pochi ricchi e pochi poveri, come molti intuitivamente ritengono? La risposta è no, e qui trovate solidi numeri a dimostrarlo. Read More