La meglio oil company del reame
Sberla del Financial Times, via Lex, a ConocoPhillips, la settima compagnia petrolifera al mondo per capitalizzazione di borsa (sesta, se si esclude Petrochina). Il gruppo guidato da James Mulva – le cui origini si possono far risalire alla fase eroica del greggio americano, nella seconda metà dell’800, e che ha assunto la sua struttura attuale tra il 2002 (merger tra Conoco e Phillips) e il 2006 (acquisizione di Burlington) – ha recentemente annunciato, assieme a un aumento del dividendo (la carota), la vendita di asset per un totale di circa 10 miliardi di dollari e un importante piano di contenimento dei costi (il bastone), allo scopo di puntellare il debito (circa 30 miliardi di dollari, contro una capitalizzazione di quasi 74). La mossa, pur apprezzata dai mercati, è il punto di caduta di una strategia discutibile. ConocoPhillips è anche una delle oil companies americane più sensibili (credo si dica così) ai temi ambientali, tanto da essere stata la prima in assoluto ad aderire alla Climate Action Partnership, un gruppo di aziende che chiedono agli Stati Uniti di adottare un piano di cap and trade per il controllo delle emissioni (vedi alla voce: rent seeking).