19
Ott
2009

Mioddio, il posto fisso proprio no…

Lo dirò seccamente. L’elogio del posto fisso come base della coesione sociale in Italia potrà essere pure popolare, dalla Lega alla Cgil. Ma è sbagliato in generale. È sbagliato nel nostro Paese più che altrove. E il posto fisso non sarà certo ripristinato dalla crisi in corso, né nel mondo né da noi. Mi riferisco, naturalmente, a quanto stamane è stato detto a Milano, a un convegno organizzato dagli amici della BPM che domani avrà vasti echi di stampa. Read More

18
Ott
2009

La voglia di potere che frena l’Eni. Di Alessandro Penati

 

Volentieri ripubblichiamo questo articolo di Alessandro Penati, comparso ieri sulla Repubblica.

Con 72 miliardi di capitalizzazione, l’Eni è la regina della Borsa italiana (quasi 15% della capitalizzazione totale). Così la recente richiesta di un fondo americano, Knight Vinke, di scindere il gruppo in due per aumentarne il valore complessivo e migliorare l’efficienza della gestione, potrebbe sembrare una stravaganza. Invece, ha dei meriti.

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18
Ott
2009

L’acqua non cade dal cielo

Per illustrare le ragioni della liberalizzazione dei servizi idrici occorre preliminarmente sgomberare il campo da due equivoci che di solito dominano i dibattiti sull’acqua, e quindi muovere due critiche a come viene generalmente impostata la discussione. Il primo equivoco è quello che vede l’acqua essere definita un bene pubblico, anziché un servizio come gli altri. Il secondo, diretta conseguenza del primo, è quello che fa coincidere il carattere pubblico di un servizio con la sua gestione da parte di enti pubblici o aziende di loro emanazione.

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17
Ott
2009

Banca del sud: le ragioni del pessimismo, le condizioni per il successo

Giovedì sera Oscar Giannino ed io abbiamo postato, quasi in sincronia, due opinioni di segno opposto sul progetto di Banca del sud, ma la mia, che per ragioni temporali di inserimento precede nel blog quella di Oscar, non ha fatto in tempo ad avvalersi della lettura della sua. Ho rimediato solo ieri sera e dopo aver letto peraltro anche la sua analisi più ampia sul Messaggero mi sono posto la seguente domanda: potrebbe funzionare il progetto (e quindi avere ragione Oscar) e a quali condizioni? Che cosa giustifica invece il mio pessimismo, in linea con quello di Francesco Forte? Cerco di rispondere con questa breve integrazione al post precedente.
Inizio col premettere che se l’articolo di Oscar Giannino fosse uscito non sul Messaggero ma su Le Figaro e commentasse un progetto di Nicolas Sarkozy e Christine Lagarde mi troverebbe pienamente d’accordo con lui. Non sarei d’accordo sull’ampliamento dell’intervento pubblico ma non avrei dubbi sulle aspettative di successo dell’iniziativa. Cosa fa la differenza tra un identico progetto proposto in Francia o in Italia e spiega il mio pessimismo? La minore qualità relativa della classe politica italiana e, soprattutto, della burocrazia pubblica.
Il colbertismo in Italia non può funzionare perché si pone obiettivi ‘napoleonici’ ma deve perseguirli con eserciti burocratici nostrani. E’ per questa ragione che gli unici progetti pubblici sui quali posso trovarmi d’accordo a priori sono quelli che prevedono una riduzione del perimetro dello stato e del suo intervento; è anche per questa ragione che sono pessimista sulla Banca del sud e ho riportato nel post di giovedì quella bella citazione da Francesco Forte. Che cosa sintetizza essa se non l’inadeguatezza della classe politica che, quanto più grandi sono i progetti, tanto più si perde su aspetti ridicoli (ad esempio di che regione debba essere il presidente o il vicepresidente o in quale palazzo storico debba avere sede il gestore dell’Expo 2015). L’esempio dell’Expo è particolarmente istruttivo e viene da Milano, non dal sud; per questo sono pessimista, à bien plus forte raison, sulla Banca del sud.
Le qualità personali di Giulio Tremonti sono tuttavia indiscutibili, non risentono del mio pessimismo sulla qualità media della classe politica italiana e non hanno nulla da invidiare alla grande tradizione degli interventisti pubblici francesi. Potrebbe quindi riuscire nel progetto di Banca del sud, a cui sembra tenere molto, ma solo a condizione di seguirne i passi personalmente e prioritariamente e se riuscisse a imprimere una svolta, improbabile ma non impossibile, nel modello italiano di bassa politica e di bassa burocrazia. Estrapolando dal passato la Banca del sud non funzionerà, anzi non riuscirà neppure a divenire operativa; con una drastica rottura rispetto al passato potrebbe anche farcela.

16
Ott
2009

La dialettica distinzione tra conservative e libertarian

Non siamo i soli, a discutere e confrontarci sull’ipotesi “realismo” rispetto a quella “avversione”, in materia di Stato e governo da una parte e individui e mercati dall’altra. A noi è capitato oggi sulla Banca per il Mezzogiorno, ma in termini aristotelici l’argomento concreto è l’accidente, mentre la sostanza è un’altra. E’ l’equilibrio non troppo stabile tra l’anteporre la libertà dell’individuo e delle sue aggregazioni d’indole e interesse – sulle diverse issues della vita sociale attraverso associazioni e corpi intermedi, come nell’impresa attraverso i contratti – e l’osservanza invece al contempo dovuta alle statuizioni dell’ordinamento pubblico, dello Stato come di ogni sua altra espressione. Read More

16
Ott
2009

Cha fare dell’ “Imposta RAPina”?

L’intervista di Innocenzo Cipolletta al Corriere, pubblicata giovedì, spiega meglio di tante denunce urlate le ragioni per le quali l’Irap va superata. E lo fa inquadrando il problema da un punto di vista “storico” ed ideologico: a metà degli anni Novanta i sindacati lamentavano il progressivo spostamento delle risorse delle imprese dal lavoro al capitale (che era in realtà un necessario ammodernamento della struttura produttiva italiana) e, con esso, il rischio che i contributi sanitari a carico dei dipendenti non fossero più sufficienti a finanziare il sistema sanitario universale. Visco tirò allora fuori dal cilindro questo ircocervo tributario, mezzo IVA e mezzo Ires (e da qui i continui borbottii di Bruxelles, della Corte di Giustizia Europea e di questa o quella sezione della Cassazione), che includeva nella base imponibile il costo del lavoro e gli interessi passivi a carico delle imprese. Costo della manodopera e costo del capitale, insomma. Read More

16
Ott
2009

La politica vola basso sugli aeroporti

La questione aeroportuale è stata riaperta dall’ottimo articolo di Carlo Lottieri nell’analisi dei casi degli aeroporti di Siena e Brescia.

La politica sia a livello locale che a livello nazionale è sempre voluta entrare direttamente nella pianificazione degli aeroporti. Era il caso del Ministro dei Trasporti del Governo Prodi (2006-2008) Alessandro Bianchi che propose di “mettere un bollino” su ogni aeroporto in modo da attribuire loro una funzione regionale, nazionale o internazionale. Se il Piano Bianchi fosse passato, sarebbe stata la politica a scegliere quale tipologia di passeggeri sarebbe dovuta transitare in un determinato aeroporto. Se una tale normativa fosse stata in vigore dieci anni fa, Bergamo Orio al Serio non sarebbe mai diventato un aeroporto internazionale con oltre 6 milioni di passeggeri internazionali. Il traffico nello scalo bergamasco è esploso negli ultimi sei anni, grazie all’arrivo della compagnia low cost Ryanair e la politica non lo aveva certo intuito. Read More