Il TREM-Posto e le ragioni di Tremonti
Confesso di avere un pregiudizio che mi induce istintivamente a reagire in maniera negativa alle proposte e alle analisi di Giulio Tremonti, siano esse la Banca del sud o la difesa del posto fisso: “Mioddio, il posto fisso proprio no…”, come ha titolato su questo blog Oscar Giannino. Subito dopo subentra però il dubbio. Nella controversia specifica chi ha ragione: noi di Chicago-blog che difendiamo a spada tratta la mobilità o Tremonti? In realtà la nostra analisi è normativa: mobilità secondo il merito e ascensore sociale sono strumenti irrinunciabili di qualsiasi società voglia essere equa ed efficiente. L’analisi di Tremonti mi sembra di tipo positivo/descrittivo: qui ed ora (Italia, 2009) il posto fisso è meglio.
Se la mia interpretazione è corretta noi e Tremonti stiamo tuttavia dicendo cose diverse. Perché il posto fisso è meglio? Non è forse nell’interesse delle persone innovative e meritevoli cercare posizioni più elevate di quelle detenute? Si, se le posizioni più elevate sono contendibili, se l’ascensore sociale funziona (e l’olio che gli serve per lubrificare gli ingranaggi si chiama competizione o concorrenza); no, invece, se è stato boicottato degli incompetenti che desiderano rimanere saldamente al loro posto e hanno pertanto necessità di ostacolare i meritevoli che potrebbero sostituirli. Sono loro i più grandi difensori del TREM-Posto (Tengo saldamente Riservato il mio EMerito Posto) e rendono di fatto la mobilità possibile solo in senso orizzontale, impedendo quella verticale. Ma la mobilità orizzontale è priva di senso: perché un agente razionale dovrebbe accettare costi di transizione per ambire a un posto che, nella migliore delle ipotesi, è altrettanto peggio di quello che ha lasciato? Non è sufficiente la propensione al rischio, dovrebbe anche essere masochista (e non poco). Questa è la dimostrazione che, nel caso specifico e in antitesi ai nostri pregiudizi, Giulio Tremonti ha ragione al 100% e che in Italia l’unica mobilità che funziona è quella dei meritevoli verso impieghi in società meritocratiche, cioè verso l’estero.
Tuttavia il Ministro dell’Economia ci ha raccontato solo metà della storia. Se l’avesse raccontata per intero avrebbe dovuto dire “In una società non meritocratica il posto fisso è meglio”. Quindi, in realtà, ha ragione solo al 50%. Poi ci saremmo anche aspettati che aggiungesse: “Una società non meritocratica è inaccettabile per ragioni sia di equità che di efficienza”. Una società non meritocratica diventa immobile e una società immobile perde posizioni relative rispetto alle altre, declina. Purtroppo non solo non la ha detto lui, e quindi in un’ottica normativa ha torto al 100%, ma non lo ha detto neppure nessun altro.
L’Italia è piena di fautori del TREM-Posto e più si sale di livello più se ne trovano: benzinai (un tempo si sarebbe iniziato con i camalli del porto di Genova), taxisti, farmacisti, liberi professionisti, baroni universitari, leader della sinistra e politici in generale, manager, banche, assicurazioni e grandi aziende, meglio se a controllo pubblico (ma rivestite dei panni della SpA e magari anche quotate in borsa). Il massimo risultato ottenibile al livello più elevato da questi fautori del TREM-Posto, personale o aziendale, si chiama monopolio. E i più bravi nel conservarlo si chiamano Poste e Ferrovie (Alitalia non è brava neanche in questo). Ma Poste e Ferrovie sono anche i maggiori soci (per quote contributive) di Confindustria che a parole difende la mobilità (quella solo orizzontale?) ma se la accettasse davvero non ammetterebbe monopolisti tra i suoi soci.