Meno tasse? C’è una Confindustria che non le vuole
Poi ci s’interroga sul perché e sul per come le classi dirigenti nei diversi Paesi non siano affatto eguali. Senza addentrarsi nell’esegesi storico-sociale, ci sono degli esempi che parlano da soli. Mi riferisco al “no grazie” espresso dalla BDI, la Confindustria germanica, al confuso compromesso politico-programmatico alla base della nascita del neogoverno Merkel, qui già sconsolatamente commentato dopo le prime esultanze. E dire che il programma annunciato è di ben 24 miliardi di euro in meno tasse alle imprese. Eppure leggete qui, Hans-Peter Keitel, il presidente degli industriali tedeschi, al settimanale Focus ha detto che le aziende hanno un’altra priorità. Poiché il compromesso governativo indica che si aumenterà considerevolmente la spesa pubblica oltre a tagliare le imposte, per gli industriali la priorità è un bilancio pubblico con meno deficit a costo di sacrificare le meno tasse. Altrimenti sarebbe tutto inutile, visto che bisognerebbe pagare più oneri su un debito pubblico accresciuto. Ricordo che la Germania ha recentemente posto il pareggio di bilancio nel Grundgesetz, elevandolo a regola costituzionale. Non so se Tremonti userà questa presa di posizione per dire che non bisogna tagliare le tasse. Ma non è quello ciò che intendono gli imprenditori germanici. Bensì semplicemente che, quando e se la politica scassa il bilancio per far contenti tutti, allora le persone serie devono saper dire no grazie. Anche quando il governo con la Fdp appena formatosi è più amico dell’impresa di quello di prima, coi socialisti a bordo. Applausi ammirati.