4
Dic
2009

Ancora sul Cip6. 4.100 megawatt a gennaio, quanti a fine 2010?

Non sono ancora chiare tutte le conseguenze del decreto Mse sulla risoluzione anticipata volontaria delle concessioni Cip6. Sul Sole 24 Ore di oggi, Jacopo Giliberto parla efficacemente di “uno scivolo agevolato, un prepensionamento incentivato, un’offerta cui non si può dire di no”. Non è ancora chiaro, però, chi ci guadagna e chi ci perde, e dunque chi si adeguerà e chi, invece, proverà a opporsi al caloroso suggerimento che arriva da Via Veneto. Per mettere qualche punto fermo, è utile leggere questo informato e notizioso articolo, pubblicato ieri sulla Staffetta Quotidiana (che ringrazio per l’autorizzazione, qui in originale per abbonati): secondo il decreto, potrebbero chiudersi un massimo di 3.300 megawatt, su un monte complessivo dipotenza assegnabile pari a 4.100 megawatt a inizio anno prossimo. Quanti faranno ricorso alla risoluzione volontaria? E con quali conseguenze per il sistema?

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4
Dic
2009

Senza manovra sul debito pubblico, crisi peggiore

Stephen Cecchetti è uno dei più meticolosi e affidabili economisti dell’intermediazione finanziaria che io conosca, cresciuto alla grande scuola dell’Ufficio Studi della Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea, l’istituzione alla quale ho spesso reso omaggio come una delle pochissime che abbia cercato – inascoltata – di mettere sull’avviso dal 2002 in avanti dei rischi d’instabilità enormi “accesi” dai bassi tassi praticati da Greenspan. Nel suo più recente paper, Cecchetti e due junior della BRI approfondiscono che cosa oggi rischiamo. Paradossalmente, il costo della crisi è peggiore se non si realizzano crisi dei debiti sovrani. Può sembrare un controsenso, da parte di un’istituzione  che presiede alla stabilità. Al contrario, dà l’idea dei tempi pazzi che viviamo: grazie ai governi al potere, che aggiungono in proprio errori a quelli dei regolatori precrisi. Read More

3
Dic
2009

Fondo unico authority. Chi vince, chi perde, chi viene messo al guinzaglio

Puntuale come la morte e le tasse, anche questo mese è arrivato il consueto emendamento anti-autorità indipendenti. A differenza del passato, quando oggetto degli interventi (finora scampati) era questo o quel collegio, o le relative modalità di nomina, questa volta la strategia è del tutto diversa. Nel mirino entrano, infatti, le modalità di finanziamento delle authorities. Un emendamento alla finanziaria firmato dai deputati del Pdl Antonio Pepe, Maurizio Leo, Silvano Moffa e Donato Lamorte propone di creare, presso il Tesoro, un “fondo unico perequativo” dove dovrebbero confluire tutte le entrate proprie di Consob, Antitrust, Agcom, Autorità per l’Energia, Covip, Garante della Privacy, Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, Isvap e Commissione di garanzia per gli scioperi.

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3
Dic
2009

Copenaghen: non date retta a Rampini.

Che la lotta ai cambiamenti climatici sia senza confini è ovvio, che debba travalicare quelli dell’igiene intima personale, un po’ meno. Prima o poi saremmo arrivati a questo punto (sul clima è stato scritto di tutto di più) e ieri su Repubblica l’inviato da San Francisco, Federico Rampini, si è lanciato in un’“invettiva” che ha messo sul banco degli imputati il caffè, i vestiti semi nuovi e la lavatrice. Jeans e maglietta? Meglio tenerseli per molto tempo, anche se un po’ sdruciti, e lavarli poco, possibilmente con l’acqua fredda che si risparmia e si rovinano meno i tessuti. Questa la summa teologica di Rampini, citando come fonte l’ultimo rapporto pubblicato su New Scientist. Ma le fonti, dopo il “climagate” degli scienziati smascherati a truccare i dati dei rapporti Ippc, vanno prese con le pinze. Scrive Rampini: «Il quarto delitto ambientale è l’ossessione per la pulizia. In Inghilterra è stato calcolato che solo il 7,5% degli indumenti messi in lavatrice sono davvero sporchi». In che modo sia stata condotta un indagine di questo tipo, non è dato sapere. Ma il concetto è chiaro: se solo i vestiti puzzano un po’, è inutile lavarli, si sprecherebbe acqua calda. Come del resto noi stessi. Da riflettere: la prossima volta che ci laviamo le ascelle, dovremmo pensare a una passata di deodorante a coprire e basta: ma attenzione al deodorante, che sia stick e non spray, altrimenti ne risentirebbe il buco dell’ozono. Per Rampini, insomma, Copenhagen comincia in casa nostra ogni mattina. Guai a bere il caffè. Spiega Repubblica: «Se si calcola l’energia consumata per coltivarlo, raccoglierlo, trasportarlo, infine azionare la macchina del bar, 6 tazzine di espresso al giorno, in un anno equivalgono alla CO2 immessa nell’aria da un volo Roma-Londra». Infine l'”eco-crimine” dei vestiti: basta con il comprare un capo per indossarlo una sola stagione, avverte Rampini, è uno spreco inaudito. Pensateci ora sotto le feste natalizie. E non preoccupiamoci se i commercianti (e in genere il settore tessile) già messi in ginocchio dalla crisi e dalle tasse chiuderanno i battenti: con un po’ più di disoccupati, con vestiti sdruciti e maleodoranti, ma meno nervosi per aver bevuto un paio di caffè in meno, avremo salvato il pianeta. A San Francisco queste cose le avrebbero già capite. Tanto che il pamphlet “radical chic” di Rampini – sarebbe bello seguire per una settimana le abitudini dei redattori del New Scientist e del corrispondente di Repubblica – non manca di sottolineare quanto segue: «Se il mondo intero seguisse l’esempio californiano, in 20 anni ridurremmo le emissioni di CO2 di 24 miliardi di tonnellate cubiche, l’equivalente dell’anidride carbonica prodotta nel 2008». Come, come? L’esempio californiano? Ma l’America non era lo Stato-Canaglia che non aveva aderito a Kyoto, con un governatore della California tutto muscoli e niente cervello, che gira con un Hummer da 6 chilometri con un litro? C’è da sperare che la prossima settimana a Copenaghen si dibatta in modo più concreto.

3
Dic
2009

Cicero dixit

Willem Buiter è da poco diventato capo economista della gigantesca banca statunitense Citi. Il suo blog – il magnifico “Maverekon” sul Financial Times – è, purtroppo, chiuso. Nel post d’addio Buiter – un brillante economista di origine olandese – ricorda come le libertà espressive, volte a provocare chi detiene il potere decisionale, siano consentite ad un professore, non a chi svolge un compito istituzionale. Ora che lo svolge, Buiter afferma che si adeguerà. Sull’argomento osiamo dire la nostra. Seguiremo il trucco millenario di esporre le nostre idee nascondendole dietro quelle di un grand’uomo, nella fattispecie Alexandre Kojève – più precisamente quelle tratte dal suo libro “Il silenzio della tirannide”.

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3
Dic
2009

Cip6 Bye Bye?

Il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha firmato il decreto che, in applicazione della legge Sviluppo, fissa i criteri per la risoluzione anticipata volontaria delle convenzioni Cip6. Si tratta della famigerara delibera del Cipe che, nel 1992, definì un ricco sistema di incentivi a favore delle fonti rinnovabili “e assimilate“, categoria entro cui col tempo è entrata praticamente qualunque cosa. La vicenda del Cip6 – e le ragioni per cui esso è presto diventato uno scandalo, ma in verità lo era fin dall’inizio – è ben raccontata in questo dossier dei Verdi (al netto di alcuni toni, ma depurato dall’attualità è un lavoro ben fatto), mentre dati interessanti sulla dimensione industriale e finanziaria del Cip6 si trovano in questo dossier della Camera (che si basa largamente sui risultati di un’indagine conoscitiva della Commissione Attività produttive della Camera, condotta nel 2003 sotto la presidenza di Bruno Tabacci) e in questo documento dell’Autorità per l’energia. Dopo anni di tira e molla, il decreto Scajola finalmente individua un percorso ragionevole per chiudere questa brutta parentesi. Forse.

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3
Dic
2009

Creazionisti, evoluzionisti e mercatisti

Come dice Matt Ridley, in un articolo pubblicato su The Spectator, “se il mercato non ha bisogno di un pianificatore centrale, perché la vita dovrebbe necessitare di un artefice intelligente?”. Naturalmente si tratta di una semplificazione, ma fino a un certo punto. L’ordine spontaneo creato dal mercato ha molte analogie con quello che è il portato della selezione naturale, un modo di procedere per tentativi ed errori che spontaneamente e casulamente porta all’evoluzione biologica degli esseri umani. Ma se mercatisti e darwinisti dovrebbero andare a braccetto, perchè il più delle volte succede il contrario? Read More

2
Dic
2009

HHH e la proprietà privata, l’Africa e l’università italiana

Negli ultimi vent’anni, una delle tesi più discusse all’interno dei circoli libertari è quella formulata dallo studioso tedesco Hans-Hermann Hoppe (si vedano, ad esempio, i primi capitoli del volume Democrazia: il dio che ha fallito, edito da Liberilibri), secondo cui la monarchia sarebbe preferibile alla democrazia perché entro un sistema di alternanza le preferenze temporali dei governanti sono sempre “a breve termine” (il politico eletto cerca di sfruttare al massimo il suo momento), mentre se la successione è ereditaria diventa razionale, per il governante, preoccuparsi di arricchire il proprio Paese, così da lasciare ai figli una bella mucca da mungere. La prospettiva temporale, in questo caso, diventa “a lungo termine”. Read More