19
Dic
2009

Yegor Gaidar (1956 – 2009). Il coraggio di essere impopolare

Oggi la città di Mosca ha reso l’ultimo saluto a Yegor Gaidar, l’architetto delle riforme che hanno consentito la transizione della Russia dalla bancarotta del comunismo a un sistema, più o meno, di mercato. Il presidente russo, Dmitri Medvedev, lo ha ricordato per i suoi

passi decisi per riformare i fondamentali del libero mercato e spostare il nostro paese verso un sentiero di sviluppo fondamentalmente nuovo… In un momento di cambiamento radicale, egli si è assunto la responsabilità di misure impopolari, sebbene cruciali.

Non so se le parole di Medvedev siano sincere, né so se Medvedev davvero interpreti – come alcuni sostengono – lo slancio riformista ancora presente nel paese. Di certo, però, ha colto perfettamente la funzione svolta da Gaidar.

Read More

19
Dic
2009

Tremonti s’interroga sui “modelli attrattivi di sistema”

Ampia intervista stamane di Giulio Tremonti all’ottimo Nicola Porro del Giornale.  A un certo punto, giustamente l’intervistatore chiede al ministro se non sia il caso di por mano a condizioni meno “respingenti”, per imprese e capitali esteri che volessero esaminare l’ipotesi di investire in Italia. La risposta fa molto riflettere, almeno chi la pensa come noi. E stride con il pacchetto ieri approvato in Germania dal Bundesrat. Read More

19
Dic
2009

Un patto contro lo sviluppo

Intendiamoci: da Copenhagen non è uscito nulla, e contemporaneamente è uscito qualcosa. Non è uscito nulla, nel senso che il mini-accordo non contiene alcun obiettivo specifico, alcuna indicazione sugli strumenti di policy, neppure il più vago accenno di una roadmap operativa. E questo è bene. Però contiene anche il germe di uno scenario che, nell’improbabile caso in cui abbia conseguenze, lascerebbe completamente fuori il Sud del mondo, che infatti non ha mancato di comunicare il proprio disappunto. Non senza ragioni.

Read More

18
Dic
2009

La scelta di Obama

Vi sono due modi per discutere una tesi: 1) contestarne le premesse fin dall’inizio; 2) accettarle e vedere “dove si va a parare”. Nel caso degli Stati Uniti, si può contestare la premessa dell’Amministrazione, asserendo che la politica economica comunque non cura la crisi, oppure, accettare la premessa, e vedere dove si “va a parare”. Seguiamo il secondo approccio. Riassumiamo così il lavoro del Levy Institute, un’organizzazione che raccoglie i seguaci di H. Minsky – sorta di keynesiani “estremisti”. A nostro avviso, il loro lavoro riflette bene il punto di vista dei Liberal. Semplificando oltremisura – riportiamo il testo originale per chi volesse approfondire (1) – essi affermano quanto segue.

17
Dic
2009

Obama (forse) può salvare (le apparenze di) Copenaghen, ma vuole?

L’ultima parola ce l’ha messa Pechino, ed è una parola di onestà e trasparenza: a Copenaghen non si chiuderà nessun compromesso. In queste ore i delegati si stanno accapigliando per coagulare il consenso almeno su una vaga dichiarazione che possa contenere i germi di un trattato futuro, ma le probabilità di costruire un documento che abbia un qualche peso sono più basse che mai. Semplicemente gli interessi in gioco sono troppo distanti. Chi sperava che Barack Obama, che sbarcherà domani nella capitale danese, avrebbe portato gli Usa sulla strada europea, oggi deve fare i conti con la realtà. Come ha scritto Peter Brown su Capital Journal, il blog del Wall Street Journal, sul clima “Obama, il presidente più progressista della storia americana, è una voce conservatrice”.

Read More

17
Dic
2009

Premiato per bancarotta

Se un ingegnere difendesse una teoria che fa crollare i ponti e fa ammazzare un sacco di persone, potrebbe non essere penalmente responsabile, ma perlomeno dovrebbe essere considerato tale intellettualmente. Se poi quell’ingegnere continuasse a dispensare consigli su come costruire ponti, e magari a provare a progettarne qualcuno, si dovrebbe pensare a fare qualcosa per fermarlo, come cacciarlo dall’Albo, perseguendolo in tribunale per i suoi progetti sistematicamente erronei, fargli pagare i risarcimenti per le vittime della sua incapacità. Qualsiasi cosa, purché lui e i suoi seguaci non progettino più ponti.

In economia no. In economia al progettista folle si dà il Premio Nobel proprio mentre il ponte sta crollando. Sto ovviamente parlando di Paul Krugman, che se non è il più self-righteous dei supposti salvatori della patria tramite debiti e inflazione (la palma spetta a Brad DeLong), non è in genere carente di arroganza, e ciò spero scusi il divertito tono di questo articoletto. Read More