9
Feb
2010

Nessuno tocchi Saglia

Negli ultimi giorni sembrano essersi calmate le voci insistenti, che avevano impervesato la scorsa settimana, sulla possibile sostituzione – o comunque il ridimensionamento – di Stefano Saglia, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega all’Energia, per far posto a Daniela Santanché, su esplicita richiesta del premier. Il rischio era stato segnalato per primo da Stefano Agnoli, sul Corriere del 30 gennaio, che aveva anche evidenziato le ragioni per cui l’avvicendamento sarebbe stato un passo falso del governo. Il messaggio di Via Solferino ha guadagnato, strada facendo, l’adesione esplicita o implicita di innumerevoli stakeholder. La ragione è semplice: nel desolante panorama politico di questi giorni, Saglia è l’uomo giusto al posto giusto. Ed è un posto rovente. L’energia è uno snodo critico in qualunque paese del mondo, ma lo è tanto più per chi, contemporaneamente, si trovi a fare i conti con una liberalizzazione elettrica da registrare, un mercato del gas bisognoso di interventi (nota a margine: Saglia è uno dei pochi uomini di governo a dire pane al pane, monopolio all’Eni), e soprattutto il tormentato percorso di ritorno al nucleare. Non stupisce – ed è indicativo – che i due principali quotidiani di settore, Quotidiano energia e Staffetta quotidiana, quest’ultima con un duro intervento del direttore, Goffredo Galeazzi, abbiano preso le difese di Saglia. A maggior ragione, le posizioni si sono saldate tenendo conto che la candidata alla sua sostituzione non ha – che si sappia – competenze in tema energetico, mentre è bravissima nell’attirare polemiche e riflettori laddove polemiche e riflettori non dovrebbero esserci.

Raramente trovo appassionanti le discussioni sui nomi. Alla fine della giornata, quello che conta sono le funzioni. Ma in questo caso ci troviamo di fronte a una singolarissima occasione in cui il nome è la funzione. In cui un cambiamento di nome – cioè: la sostituzione di quel nome a quel nome – pregiudicherebbe gravemente la credibilità del governo, tra l’altro su un terreno dove, dietro le schermaglie politiche, s’intravvede un confronto parlamentare sereno tra maggioranza e opposizione. Sacrificare Saglia, in questo modo e a meno di un anno dal suo insediamento, sarebbe peggio di un errore: sarebbe una scemenza.

8
Feb
2010

Misurare il rischio e l’incertezza

Misura a separazione delle delicate categorie “rischio” e incertezza” rappresentano da sempre croce e delizia della triste scienza economica. Da Keynes a Knight, da Walras ad Hayek, rischio computabile e incertezza delle vicende e influenze umane hanno contraddistinto svolte fondamentali nell’interpretazione di come i mercati funzionino o falliscano, e di come vi operino individui e imprese. La teoria del rischio di portafoglio di Markovitz, che tutti noi abbiamo studiato per attenuare il rischio d’investimento finanziario attraverso la diversificazione, si continua a studiare e consigliare ma in realtà è poco più che preistoria e consigli della nonna, nella finanza globalizzata. Idem dicasi per il teorema Merton-Modigliani, assai più fondativo della stessa Efficiet Markets Hyphotesis di Eugene Fama ai fini dell’efficienza nell’abbattimento del rischio una volta note tutte le informazioni che al mercato e all’investitore servono. Che cosa capita invece del rischio e dell’incertezza, quando essi si applicano alla nostra salute e aspettativa di vita? È un tema che mi ritocca personalmente in questi giorni, quando sono alle prese con qualche problema da risolvere con un’operazioncina. Ed è un perfetto esempio di inefficienza di mercato da ritardo dottrinario e indifferenza del consumatore. Poiché lo sconto dell’aspettativa di vita si applica come all’ammortamento di un bene strumentale, a fare la differenza è il criterio con cui una società di assicurazione stabilisce il premio per una polizza: e non ci sono santi, il criterio è standard per tutti gli individui e s’incardina solo sulla statistica di sopravvivenza – aggiornata ogni ics anni – alle diverse patologie riscontrate. Come se fossimo tutti uguali e contasse solo il male, non il track record della tua individuale e irriducibile ad altri risposta al problema. Eccovi un esempio pratico di come l’ignoranza teorica su rischio e incertezza continuino a minare non solo il mondo della banca e della finanza, e senza Cigno Nero, visto che qui non stiamo parlando di polizze sul rischio di morte improvvisa. Per chi volesse invece credere alla statistica assoluta del rischio – io ne diffido, è pura tecnica di comunicazione al servizio del proprio punto di vista – ecco la più aggiornata tavola generale mondiale in cui mi sia appena imbattuto, da organizationsandmarkets.com.

8
Feb
2010

Intergovernmental Panel on Climate Lies

Da qualche tempo ho fatto voto di non occuparmi delle beghe sulla scienza del clima. L’ho fatto perché credo che la soluzione “kyotista” (o, se preferite, la linea Maginot che unisce l’Ipcc ad Al Gore) sia sbagliata anche se fossero vere tutte le previsioni più catastrofiste. Per questo, mi appassiona di più la discussione sugli aspetti economici e politici del riscaldamento globale, che quella sul rapporto tra CO2 e gradi centigradi. Quello che sta accadendo, però, è talmente grande, esteso e grave da richiedere attenzione esplicita.

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7
Feb
2010

Di Grecia e slippery slopes – parte II

Questo post non parla della Grecia: parla di pensatori che in alcuni casi forse non si sono mai neanche pensati a vicenda, e che hanno analizzato determinate dinamiche in contesti diversi e esprimendosi in linguaggi diversi, giungendo però a conclusioni simili. Certi fenomeni generano spontaneamente un processo che porta alla concentrazione del potere politico e alla limitazione della libertà, una china scivolosa in cui i paesi occidentali sono caduti da oltre un secolo, senza mostrare ancora alcuna intenzione di venirne fuori, a tutto vantaggio delle elite politiche e delle lobby organizzate. Gli strumenti concettuali necessari a capire questi fenomeni di “slippery slopes” sono molto diversi: si potrebbe parlare di inconsistenza temporale (Kydland e Prescott), di equilibri di Nash in paradossi del prigioniero, di logica dell’interventismo (Mises), di effetto ratchet (Higgs), di “storia naturale del Potere” (Jouvenel), di tragedia dei beni comuni (Hardin) o di teoria delle slippery slopes (Rizzo e Whitman).

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5
Feb
2010

Il divorzio auspicabile tra Fiat e governi

Se si prendono alla lettera le dichiarazioni rilasciate – in Italia, è sempre un esercizio pericoloso – ieri si è celebrata una svolta. Nella storia pluricentenaria della Fiat in Italia, per la prima volta sono gli industriali stessi a girare pagina. Si afferma infatti una distinzione che, in passato, mai era stata considerata possibile. La Fiat è un conto, la sua profittabilità, la sua storia di grande azienda simbolo della manifattura italiana nel mondo, con i suoi periodi di fulgore al pari di quelli di crisi nera sempre sinora seguiti da un rilancio, fino alla grande sfida americana e mondiale lanciata mesi fa da Sergio Marchionne. La politica nazionale dell’auto è un’altra cosa, e non coincide per forza di cose con la tutela da parte della politica nei confronti della casa torinese, come unico produttore italiano. Ed è di grande importanza, che a fare con chiarezza tale distinzione siano appunto gli industriali per primi, non la politica contro gli industriali. Read More

5
Feb
2010

E ora, SNAM

L’Eni vince o perde? La bozza di accordo raggiunta tra il gruppo di San Donato e la Commissione europea ha tutto l’aspetto di un compromesso doroteo. Formalmente, l’Eni dovrà sbarazzarsi della proprietà sui gasdotti Tenp, Transitgas e Tag (i primi due portano il gas dal Nordeuropa in Italia attraverso Germania e Svizzera, il terzo fa affluire gas russo via Austria). Di fatto, almeno nell’immediato cambierà poco: il Cane a sei zampe mantiene i diritti di transito, e il Tag – il tubo più delicato, per ragioni economiche e geopolitiche – non sarà ceduto al mercato ma a un interlocutore amico (probabilmnete la Cassa depositi e prestiti, o forse un ente pubblico italiano costituito ad hoc). A conti fatti, se non è zuppa è pan bagnato: ma a volte un sassolino nel breve termine può scatenare una frana nel lungo.

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5
Feb
2010

Lo spirito ribassista

Lo scorso anno c’era modo di guadagnare molto comprando le azioni e le obbligazioni private. Lo scorso anno si poteva guadagnare – dopo marzo – prendendo delle posizioni “lunghe”. La gran parte degli operatori non ha venduto le azioni ed ha comprato le obbligazioni pubbliche e private. Quest’anno sta prendendo corpo un comportamento opposto.

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