11
Mar
2010

La bambola gonfiata e quelle… gonfiabili

Negli scorsi giorni, ha provocato un certo rumore la decisione del supermercato più famoso al mondo, Wal-Mart, che in un suo negozio della Louisiana ha abbassato a 3 dollari il prezzo di Theresa, la versione afro-americana della Barbie, che costa invece 5,93 dollari. L’eco della notizia è rimbalzato fino al nostro paese, trovando spazio anche sul Corriere e su La Stampa, la quale lascia che siano le parole di una attivista a spiegare le – o meglio la – ragione dello scontento di alcuni. Così facendo, si sostiene, Wal-Mart sminuirebbe il valore delle “persone di colore”. È veramente questo il caso? Parrebbe davvero strano che un grande supermercato “calmierasse” i propri prezzi, per esprimere un (di per sé, inopportuno e insostenibile) giudizio di carattere razziale. Read More

11
Mar
2010

Ci salverà il micro-mecenatismo?

Supponiamo che l’Italia detenga davvero il cinquanta per cento del patrimonio culturale del mondo interno. Come facciamo allora a conservarlo e a valorizzarlo? Lo Stato italiano destina una quota pari a circa lo 0,3 per cento del Pil alla cultura. Poco? Troppo? Secondo i più, tale cifra è insufficiente per preservare il nostro patrimonio. Naturalmente dovremmo intenderci prima di tutto su cosa sia un “bene culturale”. Cosa merita di essere conservato? E da chi? Ogni scavo che permetta di scandagliare il suolo italico porta alla luce reperti. Cosa salviamo e cosa “gettiamo”? Read More

10
Mar
2010

Non è la panacea di ogni male, ma il Fme è meglio delle sue concrete alternative

– Lo dico apertis verbis: a differenza di Oscar Giannino, a me la proposta di Daniel Gros e Thomas Mayer d’istituire un Fondo monetario europeo non dispiace. L’idea dei due mi convince alquanto soprattutto in termini ‘relativi’, e cioè rispetto alle alternative immaginabili: il governo economico della politica monetaria (di cui Sarkozy e sodali vanno troppo spesso discorrendo), la discrezionalità e la violazione sistematica del Trattato UE in materia di salvataggio degli Stati membri, la sempreverde armonizzazione fiscale.

Tra l’esercizio intellettuale di Gros e Mayer e l’eventuale implementazione c’è una distanza siderale, ovviamente, soprattutto se si considera quanti e quali passaggi politici ci vorrebbero per trasformare la proposta in un’istituzione reale, con tutti i danni che i Governi nazionali potrebbero arrecare al progetto originario. In concreto, Gros e Mayer partono da due assunti: primo, di fronte al dirompere di crisi finanziarie come quella greca, l’obiettivo delle istituzioni politiche non può essere quello di prevenire a tutti i costi i default sovrani, quanto quello di renderli possibili e possibilmente più ‘ordinati’; secondo, va limitato l’azzardo morale. Read More

9
Mar
2010

Bernabè, l’IPtv e il sospetto che s’avvera

Qualche giorno fa ha fatto discutere, il post su Fastweb, Telecom Italia e l’inchiesta bomba. A tutti faccio notare che intanto è venuto un primo segnale che a mio giudizio conferma i sospetti avanzati. Il convegno in cui l’amministratore delegato di TI si è rivolto a Rai, Mediaset e Sky per la compartecipazione in una società per la banda ultralarga e l’lptv ha registrato per la prima volta da anni un’iniziativa che l’incumbent offre alle imprese tv broadcaster, digitali e satellitari. Inutile dire che Fastweb, semplicemente, non è più presente neanche nel novero degli interlocutori. Quando dovrebbe essere un protagonista.

9
Mar
2010

FME, un’idea che non capisco

L’idea di un Fondo Monetario Europeo che ha preso piede nelle cancellerie continentali sembra a me assai singolare. Per quattro ragioni. Non mi piaceva la versione iniziale proposta un mese fa (qui) da Daniel Gros e Thomas Mayer. Non mi piace, per ragioni diverse, la proposta del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaüble. Capisco invece la frenata di Angela Merkel, ma è una furbata anch’essa, almeno dal mio punto di vista. Non capisco per nulla, poi, in che misura i politici europei che propongono un simile strumento lo colleghino alla questione dei pesi nel FMI. Read More

9
Mar
2010

Sui CDS aggiungo che…

Condivido le considerazioni di Mario Seminerio in merito alla vicenda CDS-debiti sovrani. Il punto è la luna rappresentata dai debiti e deficit pubblici, più che il dito che la indica. Detto questo, stiamo attenti a considerare anche altri aspetti della nuova bilancia del rischio-insolvenza dei debiti pubblici. Messo alla strette, preferisco questa nuova bilancia – i CDS – a quella precedente, il rating emesso dalle solite quattro agenzie internazionali che si occupano anche del debito corporate: il loro track record è scandalosamente gravato da un bias favorevole ai grandi Paesi rispetto a quelli medio-piccoli, quanto a giudizio dei debiti pubblici e piani fiscali annuali. Tuttavia se nella terza settimana di gennaio il CDS greco è salito di 180 punti e, nelle due giornate successive al megabond greco della scorsa settimana – piazzato con successo con enorme overbooking a praticamente 300 punti base più del Bund germanico – è sceso di quasi 160 punti, c’è comunque qualcosa che non va. Invito a riflettere sul fatto che non sono solo i politici – greci e francesi ma anche italiani, con Tremonti – a invitare alla diffidenza verso i CDS.  Mario Draghi, ieri, ha “escluso” che i CDS possano restare su mercati OTC come avvenuto fino a ora, poiché ciò che riguarda il rischio sistemico abbisogna di regole sistemiche. Read More

9
Mar
2010

Ma la colpa non è dei CDS

Cosa c’è di meglio, per la classe politica, che trovare un capro espiatorio eclatante come la speculazione? E’ perfetta, si porta in tutte le stagioni, crea un discreto ricompattamento del campo domestico, anche in caso di adozione di misure impopolari. Ecco spiegato il motivo della caccia alle streghe nei confronti dei Credit Default Swap (CDS), lo strumento più citato (e meno capito) da media ed eletti, in questo periodo.

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8
Mar
2010

Per una breve storia del capitalismo nelle campagne italiane

Parlando dell’opportunità di liberalizzare il mercato agricolo e liberarlo dalle insopportabili pastoie della Pac, una delle obiezioni che mi sento più spesso rivolgere è quella secondo la quale il mercato non si adatta all’agricoltura. All’agricoltura europea, e in particolare a quella italiana, fatta di aziende poco estese e poco competitive, sarebbe estranea la mentalità capitalistica, e la sussistenza garantita dalla Pac è il “meno peggio” a cui il settore può ambire, soprattutto nel mondo globalizzato contemporaneo. Ora, io ritengo questa idea profondamente sbagliata, per molte ragioni. La prima delle quali è il fatto che il capitalismo non solo non è estraneo alle campagne, ma addirittura nelle campagne è nato e si è sviluppato, molto tempo prima della rivoluzione industriale. E proprio nelle campagne dell’Italia centrale e settentrionale, in particolare, tra il XV e il XVI secolo.

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8
Mar
2010

Ancora su Street-View

Sul tema Street-View, di cui abbiamo discusso di recente, mi piace segnalare due contributi di notevole interesse, entrambi pubblicati sulla rivista libertaria “Eigentümlich Frei”, quest’anno al secondo lustro di attività (auguri!). Il primo riecheggia sostanzialmente il nostro modo di vedere le cose ed è stato scritto da Gérard Bökenkamp, vincitore nel 2009 del premio per l’articolo liberale dell’anno istituito dalla Friedrich Naumann Stiftung, fondazione vicina all’FDP. Il secondo, invece, a firma dell’amico Dirk Friedrich, è estremamente originale e distingue tra la soluzione del problema nell’ambito di una società di proprietari e la soluzione in un quadro giuridico, dove esiste la proprietà pubblica (nella fattispecie quella delle strade). Read More